Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della Regione. (25-11-2014)
Sardegna
Legge n.24 del 25-11-2014
n.57 del 4-12-2014
Politiche ordinamentali e statuti
29-1-2015 / Impugnata
Con la legge regionale in esame, la Regione Sardegna reca disposizioni urgenti in materia di organizzazione della Regione e incide prevalentemente sulla modifica della legge regionale n. 31/1998 recante: "Disciplina del personale regionale e dell'organizzazione degli uffici della Regione, oltre che su alcune altre leggi regionali.
Gli articoli 10, 11 e 12 eccedono dalla competenza legislativa statutaria attribuita alla Regione dagli articoli 3, 4 e 5 dello Statuto speciale (Legge Cost. n. 3/1948) e si pongono in contrasto con i principi fondamentali stabiliti in materia di pubblico impiego e con l'articolo 117, comma 2, lettera l) e comma 3, Cost.

La legge regionale è censurabile per le seguenti motivazioni:

1) L'articolo 10, che sostituisce l'articolo 26 della legge regionale 31/1998, prevede l'istituzione di unità di progetto per il conseguimento di obiettivi specifici, coordinate da personale dirigente del sistema Regione, ovvero da dipendenti in possesso dei requisiti per l'accesso alla qualifica dirigenziale. Al personale preposto al coordinamento di tali Unità di progetto è riconosciuta la retribuzione di risultato prevista dal CCNL per l'area dirigenziale.

Invero, l'attribuzione a personale non dirigente della retribuzione di risultato prevista dal CCNL per l'area dirigenziale non è compatibile con il vigente ordinamento normativo e contrattuale, in violazione quindi, dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi).

2) L'articolo 11, apporta modifiche all'articolo 28 della legge regionale n. 31/1998 in materia di attribuzioni dirigenziali. In particolare, il comma 4-bis prevede la possibilità per la Giunta regionale di autorizzare, fino all’espletamento dei concorsi pubblici per l’accesso alla dirigenza e nei limiti del 10 per cento delle posizioni dirigenziali del sistema Regione, l’attribuzione temporanea delle funzioni di direzione di servizio a dipendenti in possesso dei requisiti per l’accesso alla qualifica dirigenziale.
Il comma 4-quater, poi, prevede che la Giunta regionale stabilisca i criteri e le modalità per l'attribuzione degli incarichi di cui al comma 4-bis e, valutata la necessità organizzativa, autorizza l’avvio delle relative procedure selettive per titoli e colloquio.
Il comma 4-quinquies, prevede che al dipendente spetta per la durata dell'incarico il trattamento accessorio del personale con qualifica dirigenziale.

Tale disposizione non consente di ricondurre l’attribuzione delle funzioni in parola né all’istituto della reggenza, né a quello dell’assegnazione di mansioni superiori. Difatti, il conferimento delle mansioni superiori non potrebbe essere disposto nei casi in cui queste comportino il passaggio dal livello del comparto a quello della dirigenza, mentre, ove si trattasse di reggenza (come dovrebbe essere), il reggente non dovrebbe avere diritto all’incremento della retribuzione, come risulta, invece, dalla norma in esame.
La normativa in oggetto regola una specifica ipotesi di assegnazione di personale ad altre mansioni (nella specie di rango dirigenziale), che tipicamente attiene allo svolgimento del rapporto di lavoro. Ne concreta, cioè, una modificazione temporanea con riguardo al contenuto della prestazione lavorativa. Trattandosi di un mutamento provvisorio di mansioni, la relativa disciplina rientra dunque, nella materia del rapporto di lavoro e, per esso, dell'ordinamento civile.

La disposizione in esame, dunque, viola la normativa vigente in materia di pubblico impiego di cui all'articolo 52 del decreto legislativo n. 165/2001 e, pertanto, l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi).
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 17/2014 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di analoga disposizione della Regione Abruzzo ( l.r. n. 71/2012, art. 2).

3) L'articolo 12, sostituisce l'articolo 30 della legge regionale n. 31/1998. La disposizione prevede che, in caso di vacanza, le funzioni di direttore di servizio sono esercitate dal dirigente con maggiore anzianità nella qualifica fra quelli assegnati alla direzione generale di cui il servizio fa parte o, in mancanza di dirigenti, dal funzionario con maggiore anzianità. Il direttore generale individua il funzionario in possesso dei requisiti per l’accesso alla qualifica dirigenziale, che può svolgere le funzioni sostitutive, cui compete la quota parte dell’indennità di risultato attribuita per l’anno di competenza alla struttura dirigenziale in relazione alle funzioni esercitate.

Per tale disposizione valgono le medesime considerazioni in merito all'attribuzione temporanea di funzioni consistenti in mansioni superiori espresse con riferimento agli articoli 10 e 11 della legge regionale in esame.
La disposizione in esame, dunque, viola la normativa vigente in materia di pubblico impiego e, pertanto, il già richiamato art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi).

Inoltre, le disposizioni citate si pongono in contrasto con il principio di coordinamento della finanza pubblica di cui all’articolo 117, comma 3, della Costituzione cui la Regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare nonché con gli articoli 3 e 97 della Costituzione. Il vincolo del rispetto dei principi statali di coordinamento della finanza pubblica connessi ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, è vincolante per le Regioni, al fine di soddisfare esigenze di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica.

Per i suesposti motivi si ritiene, pertanto, di promuovere le questione di legittimità costituzionale della legge regionale in esame dinanzi alla Corte Costituzionale.

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