Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2014). (21-1-2014)
Sardegna
Legge n.7 del 21-1-2014
n.5 del 23-1-2014
Politiche economiche e finanziarie
21-3-2014 / Impugnata
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L’art. 1, comma 1 stabilisce che ai sensi dell’art. 8, primo comma, lettera d) e secondo comma dello Statuto speciale per la Sardegna (approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3) nelle entrate spettanti alla Regione sono comprese anche le “imposte di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati generate nel territorio dello Stato”.
Il comma 1 lett. d) del menzionato art. 8 dello Statuto speciale per la Sardegna individua le entrate regionali tra le quali sono annoverati “i nove decimi dell'imposta di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati, percetta nel territorio della regione"; il successivo comma 2 dispone, poi, che "nelle entrate spettanti alla Regione sono comprese anche quelle che, sebbene relative a fattispecie tributarie maturate nell’ambito regionale, affluiscono, in attuazione di disposizioni legislative o per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati fuori del territorio della regione".
La norma regionale in esame così formulata presenta una duplice criticità che la rende inconciliabile:
1. sia con le disposizioni che regolano la gerarchia delle fonti,
2. sia con il sistema impositivo in materia di accise.

Per quanto attiene alla prima criticità si rileva che l’art. 1 della legge regionale in esame si configura come una norma interpretativa della disposizione statutaria relativa all’art. 8 lettera d).
Nella norma regionale l’introduzione del termine “generate” ha l’intento di interpretare il criterio di quantificazione del gettito delle accise (gettito compartecipato dalla regione Sardegna nella misura dei nove decimi per effetto di quanto previsto dallo stesso articolo 8, primo comma lettera d) e secondo comma), dello Statuto di autonomia) — sulla base appunto del "generato" ("le imposte di fabbricazione generate nel territorio regionale anche se riscosse nel restante territorio dello Stato".)
Tale criterio di quantificazione introdotto in via interpretativa non risulta coerente con il criterio del "percetto", cui fa invece testualmente riferimento lo stesso articolo 8 dello Statuto. Mentre, infatti, il criterio del "generato", è riferito alla produzione complessiva che si realizza nel territorio della regione, anche se relativa a prodotti che poi scontano il tributo nella restante parte del territorio nazionale, il criterio del "percetto", invece, si riferisce esclusivamente ai prodotti immessi in consumo nel territorio regionale.
Alla luce di quanto sopra esposto, pertanto, l'utilizzo dello strumento legislativo regionale non sembra idoneo a definite l'ambito applicativo di una disposizione costituzionale, stante evidentemente il rapporto di gerarchia esistente tra le diverse fonti del diritto. E', infatti, appena il caso di far presente, a tal proposito, che qualsiasi modifica, integrazione, o anche solo interpretazione di norme statutarie (quale, nel caso di specie, l'articolo 8 della Legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3) non potrebbe che essere affidato a disposizioni di pari rango nella gerarchia delle fonti, ovvero alle norme di attuazione statutaria; norme, quest'ultime, che pur non avendo natura di norme costituzionali, sono peraltro dotate di forza "superlegislativa" in virtù del peculiare procedimento di approvazione previsto dagli stessi Statuti speciali. Procedimento che tra l’altro rimette ad una apposita Commissione paritetica (e quindi alla concertazione tra lo Stato e la regione) l’approvazione di tali norme (art. 56 Statuto).
Ove infatti l’intento del legislatore regionale fosse quello di modificare direttamente la norma statutaria — e non già, come, verosimilmente, nel caso di specie, interpretare diversamente un criterio di quantificazione previsto in maniera generica e atecnica dallo Statuto — la legge regionale non si configurerebbe, comunque, come uno strumento idoneo.
Infatti la possibilità di modificare le norme statutarie "con leggi ordinarie della Repubblica su proposta del Governo o della Regione", è consentita (ai sensi dell'articolo 54, quinto comma, dello Statuto) solo per le disposizioni di carattere finanziario ricomprese nel Titolo III dello stesso Statuto.

Con riguardo alla seconda criticità e cioè alla materia disciplinata, occorre poi considerare la illegittimità dello stesso criterio di quantificazione del gettito delle accise introdotto dal legislatore regionale.
Le disposizioni comunitarie in materia stabiliscono che le accise costituiscono tributi armonizzati a livello comunitario e distinguono chiaramente il momento generatore dell'obbligazione tributaria dal momento di esigibilità dell’imposta.
La direttiva comunitaria n. 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise, stabilisce che “ai fini del corretto funzionamento del mercato interno rimane necessario che la nozione di accisa e le condizioni di esigibilità dell’accisa siano uguali in tutti gli Stati membri, occorre precisare a livello comunitario il momento in cui i prodotti sottoposti ad accisa sono immessi in consumo e chi è il debitore dell’accisa.”
La predetta direttiva è stata successivamente recepita dal decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 e s.m.i. (T.U. delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulle produzioni e sui consumi).
Per quanto concerne la nascita dell’obbligazione tributaria e l’esigibilità delle accise, l’art. 2 del medesimo d.lgs. dispone al comma 1 che “per i prodotti sottoposti ad accisa l’obbligazione tributaria sorge al momento della loro fabbricazione…ovvero dalla loro importazione ” e, al comma 2, che “l'accisa a esigibile all'atto della immissione in consumo del prodotto nel territorio della Stato...”
L’esigibilità dell'accisa si realizza, quindi, a seguito dell'estrazione dei prodotti dal deposito fiscale e il trasferimento a depositi o impianti. E' infatti solamente in tale momento che è possibile individuare la destinazione dei prodotti e la conseguente aliquota da applicare. Appare evidente che nessun introito si concretizza per l’erario al mero sorgere dell’obbligazione tributaria, vale a dire al momento della fabbricazione dei prodotti sottoposti ad accisa.
In considerazione dei menzionati principi il termine "percetto", ai fini dell'individuazione delle somme spettanti alla Regione Sardegna, non può che essere inteso con riferimento all'accisa relativa ai prodotti immessi in consumo.
L'interpretazione derivante dalla norma regionale in esame mira invero ad attribuire alla Regione una quota della accise potenzialmente riconducibili ai prodotti fabbricati nel territorio regionale. Tale disposizione, pertanto contrasta con il quadro normativo comunitario citato.
Anche la Corte costituzionale ha più volte ha evidenziato (sentenze n. 185 del 2011 e 115 del 2010) il nesso che lega l’accisa al territorio in cui si realizza il consumo del prodotto.

Alla luce di quanto sopra esposto, l'articolo 1 della legge regionale Sardegna in esame, nel derogare all’applicazione di norme comunitarie e nel prevedere una diversa ripartizione del gettito delle accise spettanti alla Regione, eccede dalle competenze statutarie di cui agli articoli 8, 54 e 56 dello Statuto speciale e viola le competenze esclusive dello Stato in materia di ordinamento comunitario e obblighi internazionali di cui all’articolo 117, primo comma della Costituzione, nonché nelle materie di politica estera, sistema tributario e contabile dello Stato e dogane di cui all’articolo 117, secondo comma, lettere a), lettere e) e q).

Il predetto articolo 1 viola altresì l’art. 119 della Costituzione che al primo comma riconosce “alle Regioni autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea”) e con il secondo comma dispone che “le Regioni stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.”
Per le motivazioni esposte, le disposizioni sopra indicate devono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell’art. 127 Cost.

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