Dettaglio Legge Regionale

Norme di interpretazione autentica in materia di beni paesaggistici. (12-10-2012)
Sardegna
Legge n.20 del 12-10-2012
n.45 del 18-10-2012
Politiche infrastrutturali
6-12-2012 / Impugnata
La legge regionale in esame reca norme d’interpretazione autentica in materia di beni paesaggistici.

Essa, stabilendo che: “…..la Giunta regionale, nel rispetto della norma fondamentale di riforma economico-sociale di cui all’art. 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 4…… assume una deliberazione di interpretazione autentica dell’articolo 17, comma 3, lettera g), delle norme di attuazione del Piano Paesaggistico regionale nel senso che la fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia è da riferirsi esclusivamente, come in tali disposizioni già stabilito, ai laghi naturali e agli invasi artificiali, e non si applica alle “zone umide”, presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale:



A) La disposizione di cui all’art.1 della legge in esame contrasta con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., con le norme interposte, di fonte ordinaria, direttamente attuative degli artt. 9 e 117 cit. Cost., contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, concernenti la pianificazione paesaggistica congiunta (articoli 135 e 143), nonché con la stessa disciplina di statuto speciale, attributiva, sì, alla regione Sardegna di una potestà legislativa regionale propria in materia di tutela del paesaggio, ma nei limiti del rispetto delle norme statali di “grande riforma economico sociale”.

Il principio della pianificazione necessariamente congiunta (Stato-Regione) sui beni paesaggistici, contenuto negli artt. 135 e 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004 (e successivi decreti correttivi del 2006 e del 2008), costituendo una norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica, si impone, come tale, uniformemente su tutto il territorio nazionale, in tutte le Regioni, ivi incluse quelle che godono di autonomia speciale. Lo stesso legislatore regionale, nella legge in esame, riconosce del resto testualmente alle disposizioni di cui all’art. 142 del Codice il carattere di “norma fondamentale di riforma economico-sociale” (come già affermato da diverse sentenze della Corte Costituzionale).

Tale qualificazione deve attribuirsi anche al principio di co -pianificazione obbligatoria (Stato-Regione) per quanto riguarda i beni paesaggistici, che rappresenta il cuore del sistema attorno al quale ruotano sia i vincoli che gli strumenti autorizzatori e sanzionatori di gestione e controllo come strumento di tutela dinamica del territorio.

La norma che si censura viola questi fondamentali canoni costituzionali, poiché attribuisce alla sola Giunta regionale, senza alcun coinvolgimento degli organi ministeriali, il compito di “interpretare” unilateralmente l’articolo 17, comma 3, lettera g), delle norme di attuazione del vigente piano paesaggistico regionale, che individua tra le categorie di beni paesaggistici, tipizzati ed individuati nella propria cartografia, le “zone umide, laghi naturali ed invasi artificiali e territori contermini compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi”, predeterminando, peraltro, il contenuto di tale delibera regionale nel senso, riduttivo dell’ambito di tutela, che la tutela paesaggistica della fascia di rispetto di 300 metri dalla linea di battigia non si applica per le suddette zone umide.



B) La stessa norma regionale viola altresì gli articoli 24, 103 e 113 della Costituzione, sotto il profilo del contrasto con il giudicato del Giudice amministrativo formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 2188, del 16 aprile 2012, che ha annullato una concessione edilizia rilasciata in assenza dell’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di un edificio collocato nella fascia di rispetto di 300 metri dalla linea di battigia di una zona umida, e ciò proprio in forza di un’interpretazione dell’art. 17, comma 3, lett. g) delle n.t.a. al P.P.R. della Regione Sardegna di segno opposto a quello che, invece, vorrebbe imporre la legge regionale n. 20 del 2012 qui contestata: il Consiglio di Stato, infatti, contrariamente alla tesi regionale (svolta dalla Regione, peraltro, anche nello stesso contenzioso dinanzi al Giudice amministrativo, dove si è costituita in resistenza all’appello), ha interpretato espressamente la surriferita norma tecnica di attuazione “nel senso di accordare la tutela paesaggistica alla fascia compresa nei trecento metri dal confine della zona umida”.

La norma “interpretativa” mira, dunque, a ribaltare la decisione giurisdizionale, imponendo “per legge” la soluzione opposta a quella affermata dal giudice. Il che non è consentito dalla Costituzione, per il principio di divisione dei poteri, consacrato negli articoli 24, 103 e 113 citati.



C) Il vizio censurato determina altresì la violazione dell’art. 117, primo comma, e degli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata con legge 4 agosto 1955, n. 848, nella parte in cui impone al potere legislativo, anche regionale, il limite del rispetto degli obblighi internazionali. Come chiarito più volte dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (Grande Camera, 6 ottobre 2005, causa Draon contro Francia), la legge, anche se non connessa ad una norma interpretativa, comunque non può retroattivamente eliminare gli effetti di una decisione irrevocabile.



Per tutte le considerazioni esposte, si ritiene che la predetta disposizione della legge regionale della Sardegna in esame sia incostituzionale e debba essere deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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