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Riforma del sistema sanitario regionale e riorganizzazione sistematica delle norme in materia. Abrogazione della legge regionale n. 10 del 2006, della legge regionale n. 23 del 2014 e della legge regionale n. 17 del 2016 e di ulteriori norme di settore. (11-9-2020)
Sardegna
Legge n.24 del 11-9-2020
n.58 del 24-9-2020
Politiche socio sanitarie e culturali
20-11-2020 / Impugnata
La legge della Regione Sardegna n. 24 dell’11 settembre 2020, recante “Riforma del sistema sanitario regionale e riorganizzazione sistematica delle norme in materia. Abrogazione della legge regionale n. 10 del 2006, della legge regionale n. 23 del 2014 e della legge regionale n. 17 del 2016 e di ulteriori norme di settore”, eccede dalle competenze statutarie della regione in materia di igiene e sanità pubblica di cui all’articolo 4, comma 1, lett. i), della Legge Costituzionale 26 febbraio 1948, n.3, recante “Statuto speciale per la Sardegna”- in violazione della predetta norma statutaria nonché dei limiti alle competenze statutarie di cui all’articolo 3 dello Statuto medesimo (e, quindi, tra l’altro, del limite costituito dall’armonia con la Costituzione) e dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato - e presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento all’articolo 11, comma 2, all’articolo 13, comma 1, ed all’articolo 47, comma 9, per violazione della competenza concorrente in materia di tutela della salute di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

La legge regionale in esame ha ad oggetto il riordino del sistema sanitario regionale e definisce, attraverso le disposizioni introdotte, il modello di governo del sistema sanitario della Regione, avviandone il processo di riforma. Vengono, quindi, previsti e disciplinati gli enti del Servizio sanitario regionale; l’ordinamento delle aziende sanitarie e degli enti del Servizio sanitario regionale; lo status della dirigenza sanitaria; le prestazioni sanitarie erogate a tutela della salute e del benessere del cittadino; la programmazione sanitaria; il finanziamento, la gestione ed il controllo del Servizio sanitario regionale; gli investimenti strutturali, ai fini sia del rinnovo e della sostituzione delle strutture ospedaliere esistenti sia della ristrutturazione e manutenzione dei presidi ospedalieri; l’amministrazione straordinaria delle aziende sanitarie, nelle more del processo di adeguamento dell’assetto istituzionale ed organizzativo degli enti di governo del Servizio sanitario regionale; la stabilizzazione del personale precario in servizio presso le aziende sanitarie; l’abrogazione di precedenti normative insistenti nel medesimo ambito sanitario disciplinato.

In particolare, l'articolo 11, rubricato "Direttore generale delle aziende sanitarie", al comma 2, prevede che “I direttori generali sono nominati con deliberazione della Giunta regionale su proposta dell'Assessore regionale competente in materia di sanità, attingendo obbligatoriamente all'elenco regionale di idonei, oppure all’elenco nazionale di cui al decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171 (Attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera p) della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria).”.

Al riguardo, va osservato che la normativa regionale in esame si pone in contrasto con l'articolo 2 del d.lgs. n. 171 del 2016, il quale prevede, al 1° cpv. del comma 1, che "le Regioni nominano direttori generali esclusivamente gli iscritti all'elenco nazionale dei direttori generali di cui all'art. 1", a sua volta recante disposizioni in materia di "Elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale".
Il legislatore nazionale non ha, dunque, contemplato un elenco regionale di idonei cui fare riferimento per la nomina a direttore generale; tale elenco regionale è, invece, espressamente previsto dall'articolo 3 del medesimo d.lgs. 171/2016 ai fini dell'attribuzione, ad opera del direttore generale, degli incarichi di direttore amministrativo, sanitario e dei servizi socio-sanitari (cfr. articolo 3 cit.: "I1 direttore generale, nel rispetto dei principi di trasparenza (...) nomina il direttore amministrativo, il direttore sanitario e, ove previsto dalle leggi regionali, il direttore dei servizi socio sanitari, attingendo obbligatoriamente agli elenchi regionali di idonei, anche di altre regioni, appositamente costituiti ").
Sul punto si rammenta, altresì, che non sono più vigenti, in quanto abrogate dall'articolo. 9, comma 1, del richiamato d.lgs. 4 agosto 2016, n. 171, le disposizioni di cui all'articolo 3-bis, comma 3, del d.lgs. 502/1992 - [La regione provvede alla nomina dei direttori generali delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale, attingendo obbligatoriamente all'elenco regionale di idonei (...)] - che in effetti si riferivano ad elenchi regionali ai fini delle nomine in parola. Tale procedura ha trovato, quindi, una nuova sistematizzazione con il d.lgs. n. 171 del 2016, che ha previsto un elenco nazionale degli idonei (articolo 1), istituito presso il Ministero della Salute ed aggiornato ogni due anni, sulla base di una valutazione operata da una commissione nazionale, previa pubblicazione di un avviso pubblico di selezione. Alle Regioni spetta effettuare un'ulteriore selezione, sulla base di apposito avviso, a cui possono partecipare unicamente gli iscritti nell'elenco nazionale, con valutazione dei titoli e colloquio, in esito alla quale viene proposta una rosa di candidati da cui il Presidente della Regione provvede a scegliere il direttore generale, motivando le ragioni della nomina (articolo 2).

A tale proposito, si rammenta che, secondo il consolidato orientamento della Corte Costituzionale - ex multis sentenze n. 422 del 2006 e n. 295 del 2009 - sono da riferirsi alla materia concorrente della «tutela della salute» le disposizioni statali dettate in tema di governance delle aziende sanitarie le quali si pongono come principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione.

Più in particolare, la Corte Costituzionale, con la sentenza n.159 del 2018, ha statuito che la normativa nazionale di cui al d.lgs. n. 171 del 2016 deve ritenersi espressione di un principio fondamentale in materia di tutela della salute e che i “principi generali” della materia ai quali deve attenersi la legislazione - nella fattispecie riguardata dalla pronuncia, della Regione Sicilia - corrispondono ai “principi fondamentali” che, nella stessa materia, vincolano le Regioni a statuto ordinario.


Pertanto, l’articolo 11, comma 2, della legge regionale in esame, laddove prevede la nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie “attingendo obbligatoriamente all’elenco regionale di idonei”, si pone in contrasto con l’articolo 2 del d.lgs. n. 171 del 2016, violando la competenza legislativa concorrente dello Stato in materia di tutela della salute, di cui all’articolo 117, terzo comma.


L'articolo 13, rubricato "Elenchi regionali degli idonei alle cariche di vertice aziendali delle aziende ed enti del Servizio sanitario regionale", al comma 1, prevede che “Gli elenchi regionali degli idonei alle cariche di direttore generale, amministrativo e sanitario sono costituiti previo avviso pubblico e selezione effettuata, secondo modalità e criteri individuati con apposita deliberazione della Giunta regionale, da parte di una commissione nominata dalla Giunta regionale su proposta dell'Assessore regionale competente in materia di sanità, composta da cinque membri, di cui uno con funzioni di presidente scelto tra magistrati ordinari, amministrativi, contabili e avvocati dello Stato, anche in quiescenza, o del libero foro. abilitati al patrocinio difronte alle magistrature superiori e quattro esperti di comprovata competenza ed esperienza, in particolare in materia di organizzazione sanitaria o di gestione aziendale, dei quali uno può essere indicato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. I componenti della commissione possono essere nominati una sola volta e restano in carica per il tempo necessario alla formazione dell'elenco e all'espletamento delle attività connesse e consequenziali.”.

Al riguardo, va ribadito – analogamente a quanto già osservato con riferimento all’articolo 11, comma 2, della legge censurata - che la normativa regionale in esame si pone in contrasto con l'articolo 2 del d.lgs. n. 171 del 2016, il quale prevede, al 1° cpv. del comma 1, che "le Regioni nominano direttori generali esclusivamente gli iscritti all'elenco nazionale dei direttori generali di cui all'art. 1", a sua volta recante disposizioni in materia di "Elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale". Come sopra detto, il legislatore nazionale non ha, dunque, contemplato un elenco regionale di idonei cui fare riferimento per la nomina a direttore generale; tale elenco regionale è, invece, espressamente previsto dall'articolo 3 del medesimo d.lgs. 171/2016 ai fini dell'attribuzione, ad opera del direttore generale, degli incarichi di direttore amministrativo, sanitario e dei servizi socio-sanitari.

Pertanto, l’articolo 13, comma 1, della legge regionale in esame, laddove prevede la costituzione degli “elenchi regionali degli idonei alle cariche di direttore generale….” , si pone anch’esso, conseguentemente, in contrasto con l’articolo 2 del d.lgs. n. 171 del 2016, violando la competenza legislativa concorrente dello Stato in materia di tutela della salute, di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.


L'articolo 47, rubricato "Amministrazione straordinaria delle aziende sanitarie", al comma 9, prevede che “I commissari straordinari sono scelti in applicazione all'articolo 3, comma 2, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria), convertito con modifiche dalla legge 25 giugno 2019, n. 50, e sono in possesso dei seguenti titoli: a) diploma di laurea di cui all'ordinamento previgente al decreto ministeriale n. 509 del 1999, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 4 gennaio 2000, n. 2, oppure laurea specialistica o magistrale; b) comprovata esperienza nella qualifica di dirigente, almeno quinquennale, nel settore sanitario o settennale in altri settori, con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche e o finanziarie, maturata nel settore pubblico o nel settore privato.”.

Al riguardo, si evidenzia, preliminarmente e per mera accuratezza formale, un refuso rinvenibile nella disposizione in questione, riguardante il richiamato decreto legge 30 aprile 2019, n. 35, che risulta convertito dalla legge 25 giugno 2019, n. “60” in luogo della citata legge 25 giugno 2019, n. “50”.

Va, poi, sempre in via preliminare, ma nel merito, osservata l’assoluta inconferenza, ai fini della nomina dei Commissari straordinari chiamati a definire il processo di adeguamento dell'assetto istituzionale ed organizzativo degli enti di governo del servizio sanitario della Sardegna, del riferimento all'articolo 3, comma 2, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 35 (“Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure urgenti in materia sanitaria”), provvedimento, quest'ultimo, recante disposizioni speciali applicabili alla sola Regione Calabria.

Nel più stretto merito, va, altresì, osservato che la disposizione normativa regionale in esame si pone in contrasto con l'articolo 2 del d.lgs. n. 171 del 2016, il quale prevede, al comma 2, ultimo capoverso, che “…In caso di commissariamento delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, il commissario è scelto tra i soggetti inseriti nell'elenco nazionale.”.

Pertanto, l’articolo 47, comma 9, della legge regionale in esame, laddove prevede la scelta dei commissari straordinari per le aziende sanitarie “in applicazione dell’articolo 3, comma 2, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 35…..”, si pone ancora una volta in contrasto con l’articolo 2 del d.lgs. n. 171 del 2016, violando la competenza legislativa concorrente dello Stato in materia di tutela della salute, di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.


Per le ragioni sopra esposte le disposizioni regionali sopra indicate debbono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell'art. 127 della Costituzione.

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