Dettaglio Legge Regionale

Seconda legge di semplificazione 2019. (10-12-2019)
Lombardia
Legge n.21 del 10-12-2019
n.50 del 13-12-2019
Politiche economiche e finanziarie
6-2-2020 / Impugnata
L’art. 5 introduce diverse modifiche alla precedente legge regionale n. 6/2012 (articoli nn. 7, 26 e 42), in relazione al funzionamento dell'Agenzia per il Trasporto Pubblico Locale. Le novità, peraltro, intervengono mentre sono in corso le procedure per l'affidamento del servizio di TPL per il relativo bacino di competenza.
Le modifiche riguardano in particolare:
1. la determinazione delle quote di partecipazione dei singoli enti locali aderenti all’Agenzia per il Trasporto Pubblico Locale, quale risultanti dall’art. 7, comma 10, della l.r. n. 6/2012 (e della conseguente delibera di Giunta Regionale n. IX/4261 del 25.10.2012);
2. la definizione del quorum partecipativo e deliberativo dell’Assemblea dell’Agenzia per il Trasporto Pubblico Locale necessario per approvare le decisioni di cui all’art. 7, comma 10bis, della l.r. n. 6/2012.
Per effetto della prima modifica in questione le norme regionali novellate non si limitano ad introdurre i criteri generali per la determinazione delle quote di partecipazione dei diversi Enti territoriali, come accadeva in precedenza, ma prevedono la partecipazione obbligatoria come socio della Regione ed introducono un meccanismo di quantificazione di dettaglio di tali quote, vincolante per la Giunta Regionale, per la Città Metropolitana e per la stessa Agenzia TPL.
Le nuove norme accrescono in modo sproporzionato il potere di governo degli enti di dimensioni minori, cosicché le scelte strategiche in materia di mobilità e trasporto pubblico riguardanti la maggior parte degli utenti e dei territori dell’ambito di competenza dell’Agenzia de qua potranno essere condizionate in misura determinante dalle amministrazioni locali minoritarie, anche riguardo a porzioni di territorio di cui non sono competenti.
Il secondo intervento innovativo è dato dalla riformulazione del quorum partecipativo e deliberativo necessario per approvare le decisioni di cui al comma 10 bis, lett. a), b) e c), della l.r.. n. 6/2012. Peraltro, tale modifica, che ha un evidente impatto sulle regole di gestione del servizio e di funzionamento dell’Agenzia, è intervenuta senza alcun coinvolgimento degli Enti locali aderenti, come invece previsto dall’art. 7, commi 7 e 10, della l.r. n. 6/2012.
Alla luce di quanto sopra esposto, le norme di cui trattasi sono censurabili sotto distinti profili.
Innanzitutto si evidenzia che la materia del TPL è strettamente connessa con materie che rientrano negli ambiti attribuiti alla legislazione esclusiva dello Stato, tra le quali, in primis, le “funzioni fondamentali dei Comuni, Province e Città Metropolitane” di cui all’art. 117, comma 2, lett. p) della Cost.
Si ricorda al riguardo che le Città metropolitane sono enti territoriali di area vasta che perseguono, tra le proprie finalità istituzionali generali, la cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano e la promozione e la gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione di interesse della città metropolitana.
Con riferimento invece ai comuni, dalla lettura di diverse disposizioni del TUEL emerge come l’organizzazione di un servizio pubblico locale a rilevanza economica, qual è il trasporto pubblico locale, rientri nelle funzioni fondamentali dei comuni. Il Comune è, infatti, “l’ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo” (art. 3, comma 2 TUEL).
Fra gli interessi della comunità affidata alla cura dei Comuni vi è, per l’appunto, quello di fruire dei servizi pubblici locali, ovvero di quelle attività dirette al soddisfacimento di bisogni essenziali della comunità di riferimento. Fra tali servizi rientrano anche i servizi economici, erogati in forma imprenditoriale, la cui gestione è demandata dall’art. 112 del TUEL agli enti locali.
L’art. 42, poi, TUEL prevede la competenza del consiglio comunale in tema di organizzazione dei pubblici servizi, i quali possono essere erogati anche mediante la partecipazione dell’ente locale a società di capitale.
Al riguardo, la giurisprudenza costituzionale ha più volte affermato che non è consentito alle Regioni alcun margine di intervento in ordine a queste funzioni, da considerarsi, secondo la definizione della stessa Corte Costituzionale, “componenti essenziali dell’intelaiatura dell’ordinamento degli enti locali” (cfr. sentenza Corte Cost. n. 22 del 2014).
Lo stesso articolo 5 della legge in parola viola altresì l’art. 118, 1° comma, Cost. che riserva agli enti territoriali, in grado di rappresentare tutti gli interessi dell’area da essi gestita, le relative funzioni amministrative negli ambiti di rispettiva competenza.
Il principio di sussidiarietà e adeguatezza richiamato in tale articolo deve, in particolare, essere inteso nel senso che il livello di governo individuato dalla legge deve essere in grado di gestire una specifica funzione, dovendosi altrimenti affidare la stessa ad un livello di governo più adeguato.
Il predetto art. 118 della Costituzione risulta violato anche con riferimento alla modifica del quorum.
Il legislatore regionale, infatti, perviene alla modifica delle regole di funzionamento dell’Agenzia e delle norme statutarie che stabiliscono i quorum partecipativi e deliberativi dell’Assemblea, senza acquisire il parere o, comunque, consultare le amministrazioni interessate (la L.R. n. 6/2012 prevedeva la Conferenza regionale per il trasporto pubblico per la determinazione delle quote e la conferenza di servizi per la predisposizione degli Statuti). Risulta palese, dunque, la violazione del principio di leale collaborazione tra i diversi livelli di autogoverno, che informa l’avocazione della competenza ad un livello più alto.
La disposizione regionale si pone infine in contrasto con il principio costituzionale di ragionevolezza, anche sotto i diversi profili di incoerenza, incongruenza, sproporzionalità ed arbitrarietà di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione.

A fronte delle considerazioni suesposte la regione Lombardia ha controdedotto asserendo che l’art.7, della l.r.n.6/2012, così come modificato dalla l.r.n.21/2019, al comma 10.4 prevede un percorso per il rinnovo degli organi delle Agenzie del tpl (assemblee e cda) che si concluderà entro 10 mesi dall’adozione della delibera della giunta regionale che ridetermina le quote di partecipazione dei singoli enti aderenti alle Agenzie (in quanto subentra il nuovo componente rappresentato dai Comuni non capoluogo), quindi 31 gennaio 2021.
Il successivo punto 10.5 è stato introdotto proprio per non interrompere le attività delle Agenzie in corso, soprattutto con riferimento ai sistemi tariffari in corso di approvazione e agli atti di gara già avviati (preinformative pubblicate sulla GUCE, consultazioni e relazioni trasmesse all’Autorità di Regolazione dei Trasporti, ecc.) avviate dalle attuali agenzie.
Infatti, tale comma prevede che le decisioni riguardanti i temi sopra indicati e esplicitati al comma 10 bis (lett. a, b e c) siano assunte dall’Assemblea (ovviamente quella nella composizione in essere ad oggi) con la partecipazione di almeno la metà dei soci e a maggioranza dei quattro quinti delle quote.
Inoltre, il medesimo punto 10.4 prevede altresì che i cda, i direttori e gli organi di revisione delle agenzie restino in carica sino alla scadenza naturale dei loro incarichi/contratti, proprio per non interrompere l’attività delle Agenzie in corso.

Alla luce di quanto sopra evidenziato, considerato che le amministrazioni interessate (Ministeri del Lavoro e dell’Interno) non hanno rilevato motivi di illegittimità costituzionale) ci si rimette alle superiori determinazioni del Consiglio dei Ministri in ordine alla possibilità di impugnare l’art. 5 della legge della regione Lombardia n. 21 del 2019 ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.

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