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Assestamento del bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2013 e del bilancio pluriennale 2013/2015 della Regione Basilicata (8-8-2013)
Basilicata
Legge n.18 del 8-8-2013
n.29 del 8-8-2013
Politiche economiche e finanziarie
4-10-2013 / Impugnata
La legge della Regione Basilicata 08/08/2013, n. 18, recante “Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013 e del bilancio pluriennale 2013/2015 della Regione Basilicata”, presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale:
l’art. 30, in particolare, apporta modifiche alla precedente l.r. n.1/2010 recante “Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale”, introducendo l’art. 4 bis “Norme di salvaguardia”.
Tale integrazione, ai commi 2, 3 e 4, prevedono che, nelle more dell’approvazione del Piano Paesaggistico Regionale di cui all’art. 135 del D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (d’ora innanzi “Codice Urbani”) e della individuazione delle aree non idonee di cui al punto 17 delle “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili” approvate con il D.M. 10 settembre 2010 (anche “Linee Guida”), “allo scopo di meglio salvaguardare le valenze paesaggistiche ed ambientali della Basilicata, il Comitato Tecnico Paritetico Stato Regioni, istituito a seguito dell’intesa sottoscritta in data 14 settembre 2011, esprime parere obbligatorio nell’ambito del procedimento unico previsto dall’art. 12 del D.Lgs. 387/2003 con le modalità previste dalla L. 241/1990 e s.m.i. “(comma 2).
“Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano in relazione ai procedimenti per i quali la pertinente Conferenza di Servizio non si è già chiusa con esito favorevole.” (comma 3) e “si applicano anche agli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile diversa da quella eolica”. (comma 4).
Nel merito si evidenzia che il suddetto Comitato Tecnico è un organo paritetico costituito in attuazione dell’intesa interistituzionale fra Ministero per i Beni e le Attività Culturali (d’ora innanzi MiBAC), Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (anche “MATTM”) e Regione Basilicata del 14 settembre 2011 (d’ora innanzi “Protocollo d’Intesa”), finalizzata a realizzare una forma di collaborazione fra Amministrazioni centrali e regionale per la “definizione di modalità di elaborazione congiunta del Piano Paesaggistico Regionale”, secondo la funzione assegnata a tali accordi dall’art. 143 comma 2 Codice Urbani.
Nel Protocollo d’Intesa, nel caso specifico, le parti individuano il perimetro delle attività rimesse al processo “codecisionale” con le seguenti previsioni:
a) definizione condivisa delle “modalità procedurali attuative del Codice” (art. 1, comma 2);
b) attuazione degli impegni assunti con verbale siglato in Roma il 15 marzo 2011 tra MiBAC e Regione (art. 1, comma 3);
c) individuazione prioritaria e congiunta di una “metodologia” per il riconoscimento delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti da fonti rinnovabili, ai sensi del DM Sviluppo economico 10 settembre 2010 (anche “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”) (art. 1, comma 4);
d) elaborazione congiunta di un Disciplinare attuativo che stabilisca contenuti tecnici e modalità operative, nonché cronoprogramma delle fasi di redazione del Piano (art.7);
e) definizione del Piano entro i termini stabiliti dal successivo Disciplinare attuativo (art. 6 comma 1);
f) costituzione di un Comitato Tecnico paritetico composto da rappresentanti del MiBAC, del MATTM, della Regione Basilicata (art. 5, comma 2);
g) affidamento al Comitato Tecnico delle funzioni di (art. 5, comma 1): di definizione dei contenuti del Piano e di coordinamento delle azioni necessarie alla sua redazione e la verifica del rispetto dei tempi previsti per ciascuna delle fasi scandite dal crono programma previsto al disciplinare attuativo.
E’ di tutta evidenza, dunque, che nel Protocollo di Intesa lo strumento della codecisione sia limitato esclusivamente al processo di “pianificazione” e, in questo contesto, al Comitato Tecnico siano affidate alcune attività strumentali e prodromiche alla redazione del Piano.
Tutto ciò premesso, la norma regionale di cui trattasi, affidando al Comitato Tecnico il compito di esprimere un “parere obbligatorio” nell’ambito del procedimento unico autorizzatorio per gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili di cui all’art. 12 del D.Lgs. 387/2003, assegna unilateralmente a tale organismo una funzione totalmente nuova.
Ciò presenta profili di illegittimità costituzionale sotto diversi aspetti:
1) In primo luogo le norme si pongono al di fuori del perimetro individuato dal Protocollo d’Intesa, violando in tal modo il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni (artt. 117 e 118 della Costituzione);
2) L’ampliamento di competenze, peraltro, non è in alcun modo supportato dalla legislazione ordinaria di settore, né nella disciplina sull’autorizzazione paesaggistica (Codice Urbani) e neppure d. lgs. n. 387/2003 (in materia di autorizzazione unica per gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili) che elenca in modo dettagliato la tipologia di “atti di assenso” che debbono confluire nel procedimento unico finalizzato all’emanazione dell’autorizzazione di competenza Regionale, tra cui non figura alcun parere obbligatorio dei MiBAC e del MATTM (Allegato I, Linee Guida).
Le Linee guida, inoltre, specificano le ipotesi per le quali viene riservato, all’interno della conferenza dei servizi, un ruolo ben preciso dei Ministeri (oggi parti del Comitato Tecnico in questione). In particolare, le Linee guida richiedono la partecipazione al procedimento per l’autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili del MiBAC in alcune specifiche ipotesi (art. 14), mentre il preventivo “parere” del MATTM, invece, è richiesto nell’ambito della sola procedura statale per l’autorizzazione di impianti offshore rilasciata dal Ministero dei Trasporti, ex art. 12 comma 3 d. lgs. n. 387/2003.
Parimenti, nemmeno il Codice Urbani prescrive la preventiva audizione delle Amministrazioni Centrali nel procedimento finalizzato all’autorizzazione paesaggistica (atto di assenso che confluisce, ex Allegato V delle Linee Guida, nell’autorizzazione unica ex art. 12 d. lgs. n. 387/2003). L’art. 146 del Codice Urbani dispone, infatti, che “sull’istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la Regione (o i soggetti da essa delegati a norma dell’art. 146 comma 6) dopo avere acquisito il parere vincolante del soprintendente, in relazione agli interventi da eseguirsi su immobili ed aree sottoposti a tutela dalla legge o in base alla legge”.
La stessa legge, all’articolo 148, prescrive l’istituzione di appositi Organismi regionali (“Commissioni per il paesaggio”) competenti ad esprimere pareri nel corso dei procedimenti autorizzatori, di supporto ai soggetti ai quali sono delegate le competenze in materia di autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell'articolo 146, comma 6.
Il legislatore è in più occasioni intervenuto ad abrogare disposizioni dello stesso Codice Urbani che prevedevano il coinvolgimento delle Amministrazioni Centrali nei procedimenti autorizzatori, proprio a sottolineare la separazione delle funzioni fra queste ultime e le Regioni, e contemplando il parere obbligatorio, vincolante e preventivo della Soprintendenza dei Beni Culturali, quale unico intervento statale anticipato ai fini del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
La Regione Basilicata, pertanto, con la legge regionale n. 18/2013, non solo apporta unilateralmente delle modifiche ad un Protocollo d’Intesa siglato con due Ministeri dello Stato, assegnando al Comitato Tecnico nuove funzioni non preventivamente concordate, ma assegna surrettiziamente ai due Ministeri citati funzioni consultive nell’ambito di un procedimento autorizzatorio di competenza regionale, non altrimenti previste dalla legge nazionale, con violazione della competenza esclusiva statale in materia (art. 117, comma 2, lett. s) Cost.).
Tale situazione appare, peraltro, configurare un conflitto di interessi considerato il ruolo di vigilanza e controllo affidato al MATTM dalla legislazione ordinaria in materia di Siti della rete europea Natura 2000 (D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357) e di aree naturali protette (legge 6 dicembre 1991, n. 394).
Nell’ambito della legge n. 394/1991, infatti, il MATTM – quale autorità controllante – interviene nelle fasi di approvazione degli strumenti di regolamentazione del territorio, nei quali sono individuate le regole generali ed astratte di utilizzo dello stesso; mentre l’attività di gestione del territorio è rimessa integralmente agli Enti gestori territorialmente competenti (Enti Parco ecc.). A questi ultimi è richiesto, infatti, di esprimere un preventivo nulla osta rispetto a qualsiasi procedimento di rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all’interno dell’area naturale protetta, senza che sia prevista alcuna procedura di audizione preventiva del MATTM.
Il D.P.R. 357/1997, in materia di Siti della rete europea Natura 2000, parimenti rimette integralmente la gestione delle aree (ZPS e ZSC) alle Regioni, riservando al Ministero dell’Ambiente le funzioni di indirizzo per la gestione dei siti (art. 4 comma 2) finalizzate a garantire l’applicazione uniforme sul territorio nazionale delle prescrizioni nazionali e comunitarie, di controllo e di raccordo con gli Organismi Comunitari. Si evidenzia, tra l’altro che, per progetti o interventi che possono avere incidenze significative sui siti Natura 2000, le procedure di Valutazione di Incidenza prescritte dall’art. 5 del D.P.R. 357/1997 s.m.i. sono di competenza Regionale e non richiedono fasi endoprocedimentali di consultazione del Ministero competente;
3) L'art.12, D.lgs. n. 38712003, infine, recependo un preciso indirizzo comunitario, ha previsto che il procedimento preordinato al rilascio deI1'autorìzzazone per la costruzione e l'esercizio degli impianti a fonti rinnovabili è svolto nel rispetto dei. principi di semplificazione e con le modalità stabilite dia legge 7 agosto 1990, n. 241.
Mediante tale disposizione il legislatore nazionale ha, non sola inteso conformarsi alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità, ma, soprattutto, esteso tali prerogative in modo uniforme sull'intero territorio nazionale al fine di promuovere la massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili.
La previsione normativa regionale censurata contraddice i suindicati principi statali.
Va anzitutto segnalato, sul piano dell'economicità dell'azione amministrativa, elle il parere in discorso si rivela del tutto ultroneo dal momento che le finalità di salvaguardia delle valenze paesaggistiche ed ambientati della Basilicata, enunciate dalla norma, trovano già un'adeguata e qualificata ponderazione all' interno del procedimento unico, mercé l'intervento delle soprintendenze e delle altre amministrazioni preposte alla tutela ambientate (§ 13.3 e Allegato 1, Linee guida nazionali).
Peraltro, secondo la giurisprudenza amministrativa, l'intervento delle soprintendenze nel procedimento unico è limitato ai soli casi di impianti che ricadono in aree sottoposte a vincolo (Consiglio di Stato, Sez. V, 10 maggio 2010, n. 2756), mentre la normativa regionale impone l'acquisizione del parere dei Comitato Tecnico Paritetico indifferentemente per tutte le fattispecie di impianti a fonti rinnovabili.
Sotto tale aspetto la norma si rivela contraria al principio di non aggravamento e, sempre in tale ottica, contraria alla ratio dell'art. 12, D.lgs. n. 387/2003, che, come visto, mira alla creazione di un sistema di regole certe, trasparenti ed uniformi su tutto il territorio nazionale al fine di promuovere la massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili.
Infine, va segnalato che la norma in questione, proprio perché aggrava il procedimento unico mediante l'acquisizione di un parere che si è dimostrato essere superfluo dal punto di vista istruttorio, è contraria al generale canone di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97. Cost.) che richiede che l'attività amministrativa risponda al canoni dell'efficienza, sia cioè in grado di realizzare il miglior rapporto tra mezzi impiegati e risultati conseguiti, e dell'efficacia, sia cioè capace di raggiungere gli obiettivi prefissati.
Pertanto, in considerazione di quanto sopra esposto e sulla scorta della giurisprudenza costituzionale richiamata, sussiste altresì la violazione dell' art. 117, terzo comma, Cost.
Peraltro si sottolinea, un ulteriore aspetto di criticità della normativa regionale che potrebbe esporre l’Italia al rischio di una procedura d'infrazione comunitaria in quanto l'attribuzione al MATTM del citato "parere obbligatorio" potrebbe configurare un conflitto di interessi considerato il ruolo di vigilanza e controllo affidato al medesimo ministero dalla legislazione ordinaria in materia di Siti della rete europea Natura 2000 (D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357) e di aree naturali protette (legge 6 dicembre 1991, n. 394).
Infatti, nell'ambito della legge n. 394/1991, il MATTM quale autorità controllante interviene nelle fasi di approvazione degli strumenti di regolamentazione del territorio, nei quali sono individuate le regole generali ed astratte di utilizzo dello stesso; mentre l'attività di gestione del territorio è rimessa integralmente agli Enti gestori territorialmente competenti (Enti Parco ecc.), A questi ultimi è richiesto, appunto, di esprimere un preventivo nulla osta rispetto a qualsiasi procedimento di rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all'interno dell'area naturale protetta, senza che sia prevista alcuna procedura di audizione preventiva del MATTM. Il D.P,R. 357/1997, in materia di Siti della rete europea Natura 2000, parimenti rimette integralmente la gestione delle aree (ZPS e ZSC) alle Regioni, riservando al Ministero dell'Ambiente le funzioni di indirizzo per la gestione dei Siti (art. 4 comma 2) finalizzate a garantire l'applicazione uniforme sul territorio nazionale delle prescrizioni nazionali e comunitarie, di controllo e di raccordo con gli Organismi Comunitari. Si evidenzia, tra l'altro che, per progetti o interventi che possono avere incidenze significative sui siti Natura 2000, le procedure di Valutazione di Incidenza prescritte dall'art. 5 del D.P.R. 357/1997 e s.m.i. sono di competenza Regionale e non richiedono fasi endoprocedimentali di consultazione del Ministero competente.

In conclusione, si ritiene che i commi 2, 3 e 4 dell’art. 30 della legge regionale Basilicata 8 agosto 2013, n. 18 (pubblicata nel B.U. Basilicata 8 agosto 2013, n. 29), avente ad oggetto “Assestamento del Bilancio di Previsione per l’esercizio finanziario 2013 e del Bilancio Pluriennale per il triennio 2013/2015”, che apporta modifiche alla l.r. Basilicata 19 gennaio 2010, n. 1 “Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale”, aggiungendo l’art. 4 bis “Norme di salvaguardia”, risulti in conflitto con le disposizioni della Carta Costituzionale:
a) assegnando unilateralmente al Comitato Tecnico Paritetico Stato Regioni, istituito a seguito dell’intesa sottoscritta dalla Regione Basilicata, MiBAC e MATTM in data 14 settembre 2011, una funzione totalmente nuova, al di fuori del perimetro individuato dal Protocollo d’Intesa, violando in tal modo il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni (artt. 117 e 118 della Costituzione);
b) assegnando surrettiziamente ai due Ministeri citati funzioni consultive nell’ambito di un procedimento autorizzatorio di competenza regionale, non altrimenti previste dalla legge nazionale, con violazione del principio di riserva di legge statale in materia (art. 117 Costituzione);
c) aggravando il procedimento autorizzatorio ex d. lgs. n. 387/2003 con l’acquisizione di pareri da parte di Organismi incaricati di mere funzioni pianificatorie in violazione del principio di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione).
Per i motivi esposti la disposizione regionale indicata deve essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.

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