Dettaglio Legge Regionale

Istituzione e disciplina del Registro regionale telematico dei Comuni e dei relativi prodotti a denominazione comunale De.Co. Modifiche alla legge regionale 28 marzo 1995, n. 22. (18-3-2022)
Sicilia
Legge n.3 del 18-3-2022
n.13 del 25-3-2022
Politiche infrastrutturali
17-5-2022 / Impugnata
La legge della Regione Siciliana n. 3 del 18 marzo 2022, recante “: Istituzione e disciplina del registro telematico dei Comuni e dei relativi prodotti a denominazione comunale De.Co. Modifiche alla legge regionale 28 marzo 1995, n.22” è censurabile relativamente alle disposizioni contenute negli articoli 1 (commi 1 e 3), 2 , 3 e 4 che, per i motivi di seguito indicati, eccedono dalle competenze statutarie riconosciute alla Regione Siciliana dallo Statuto Speciale (R.D.lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2,) andando a violare l’articolo 117 comma 1 della Costituzione in quanto in contrasto con la disciplina recata dagli articoli 3, 5, 7, 11, 19, 22 del Regolamento (UE) n. 1151/2012 e delle analoghe disposizioni dei Regolamenti (UE) n. 1308/2013 e n. 2019/787 in materia di denominazioni protette di prodotti agroalimentari.

La legge in questione introduce norme dirette alla promozione di strumenti per la salvaguardia, la tutela e la diffusione di produzioni territoriali che, in quanto espressione del patrimonio costituito dalle tradizioni storiche e culturali con specifico riguardo a taluni Comuni, vengono considerate dal legislatore regionale quale risorsa da valorizzare, mediante apposito strumento, come previsto dall’articolo 1 comma 2 della legge in esame che specifica che la denominazione comunale (De.Co.) non è un marchio di qualità o di certificazione e che tale normativa viene dettata nel rispetto della disciplina europea e nazionale in materia di protezione delle II.GG. dei prodotti agricoli e alimentari.

Le denominazioni comunali sono nate in seguito alla Legge n. 142 dell’8 giugno 1990, che consente ai Comuni la facoltà di disciplinare, nell’ambito dei principi sul decentramento amministrativo, le attività agroalimentari tradizionali.
In premessa necessita segnalare che negli ultimi anni si assiste al proliferare di Denominazioni Comunali (De.Co.) istituite sempre più frequentemente in numerosi Comuni italiani, determinando da un lato, profili di interferenza tra le De.Co. e la tutela delle Indicazioni Geografiche registrate e dall’altro, cagionando la questione della legittimità Costituzionale delle De.Co. dal punto di vista giuridico.
Per quanto riguarda il primo aspetto, ossia il rapporto tra Indicazioni Geografiche registrate e De.Co., occorre che sia garantita la piena tutela delle Indicazioni Geografiche come prevista dall’art.13 del Reg. (UE) n.1151/2012 per i prodotti agricoli e alimentari e dall’art. dall’art.103 del Reg. (UE) n.1308/2013 per il vino. In particolare, pur essendo istituti diversi tra loro, la creazione di De.Co. ed il loro uso nella comunicazione commerciale possono interferire negativamente con gli scopi e con l’ambito di applicazione del sistema comunitario di tutela delle DOP e IGP. Come noto, in presenza dell’iscrizione di una denominazione nel Registro comunitario delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette, una denominazione comunale può rientrare nel campo di applicazione dei sopracitati artt. 13 o 103, che assicurano una tutela molto ampia alle denominazioni di origine. Infatti le denominazioni registrate sono tutelate contro “qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l'origine vera del prodotto è indicata o se la denominazione protetta è una traduzione o è accompagnata da espressioni quali «genere», «tipo», «metodo», «alla maniera», «imitazione» o simili; qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all'origine, alla natura o alle qualità essenziali dei prodotti usata sulla confezione o sull'imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi ai prodotti considerati nonché l'impiego, per il condizionamento, di recipienti che possono indurre in errore sull'origine; qualsiasi altra prassi che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine dei prodotti”.

La giurisprudenza comunitaria ha riconosciuto una certa tutela anche a segni di qualità diversi dalle Indicazioni Geografiche registrate, in particolare elaborando la nozione di Indicazioni Geografiche Semplici e Indirette (cfr in particolare la sentenza della Corte di Giustizia Warsteiner, C-312/98, 7 novembre 2000, par.40 e par.47, nonché il par.81 della recente sentenza, Budejovický Budvar, národní podnik contro Rudolf Ammersin GmbH, C-478/07, dell’ 8 settembre 2009 ) e ha affermato in primo luogo che tali segni non devono rappresentare un’indebita restrizione alla libera circolazione delle merci nel mercato comune, ai sensi dell’art. 28 del Trattato UE, a meno che non ricorrano i presupposti per l’applicazione dell’art. 30 del Trattato stesso. In secondo luogo, i relativi regolamenti/disciplinari devono essere soggettivamente aperti ai produttori di altri Stati membri e basarsi sulla qualità obiettiva dei prodotti, né essere in alcun modo discriminatori. Infine, tali segni devono essere specifici dal punto di vista merceologico (cioè contraddistinguere prodotti di un determinato tipo e prodotti affini) e precedere un ambito di operatività che non coincida con l’intero territorio nazionale.

La giurisprudenza costituzionale con la sentenza n. 66 del 12 aprile 2013 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge regionale n.1/2012 con la quale la Regione Lazio creava un marchio collettivo regionale di qualità poiché in contrasto a parere della Corte Costituzionale con gli artt. da 34 a 36 del Trattato UE. Pertanto, si rileva una generale incompatibilità delle De.Co con il Trattato sul funzionamento dell‘UE e, laddove inoltre si ricorre ai nomi di DOP/IGP, viene evidenziata come siano suscettibili di sanzioni ai sensi della normativa che espressamente tutela le Indicazioni Geografiche.

Con il combinato disposto dell’articolo 1, commi 1 e 3 e dell’articolo 4, la legge regionale in oggetto intende istituire, promuovere la conoscenza e valorizzare i prodotti a denominazione comunale (De.Co.) della Regione siciliana. Per quanto concerne i prodotti agroalimentari di detta Regione, si ritiene che tali disposizioni, insieme all’articolo 2 e all’articolo 3 della medesima legge si pongano in aperto contrasto con l’articolo 1, comma 1 della Costituzione - a tenore del quale “la potestà legislativa è esercitata (…) dalle Regioni nel rispetto (…) dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario (…)” - per i seguenti motivi.
In particolare sono censurabili:
- l’articolo 2, sebbene infatti l’articolo 1, come abbiamo visto, specifichi che la denominazione comunale (De.Co.) non sia un marchio di qualità o di certificazione e che tale normativa venga dettata nel rispetto della disciplina europea e nazionale in materia di protezione delle II.GG. dei prodotti agricoli e alimentari, definisce la De.Co. come una “attestazione di identità territoriale […] che individua l’origine ed il legame storico culturale di un determinato prodotto con il territorio comunale ” (comma 1) e che per De.Co. si intendono, tra l’altro, “prodotti tipici […] in cui si realizza la concomitanza di fattori riconducibili alla localizzazione geografica dell’area di produzione o alle relative tecniche di preparazione […] ottenuto o realizzato sul territorio comunale, secondo modalità consolidate nei costumi e nelle consuetudini locali, anche mediante tecniche innovative che ne costituiscono il naturale sviluppo e aggiornamento” (comma 2, lett. a)), nonché “prodotti tradizionali locali […] caratterizzati da metodi di lavorazione e trasformazione praticati su un territorio e consolidati nel tempo, per un periodo non inferiore ai venti anni ” (comma 2, lett. b)).

Tali definizioni si sovrappongono a quelle di cui agli articoli 3 e 5 del regolamento Ue 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari nonchè alle definizioni omologhe di cui ai regolamenti (UE) n. 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio e n. 2019/787 relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione e all'etichettatura delle bevande spiritose, all'uso delle denominazioni di bevande spiritose nella presentazione e nell'etichettatura di altri prodotti alimentari, nonché alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose e all'uso dell'alcole etilico e di distillati di origine agricola nelle bevande alcoliche, e che abroga il regolamento (CE) n. 110/2008.
Gli articoli 1, comma 3, 3 e 4, relativi ai registri , nonché quelle relative ai “disciplinari di produzione da adottare per ottenere il riconoscimento di prodotto a denominazione comunale” di cui all’articolo 3, comma 2, lett. b, presentano analoghe sovrapposizioni, evocando rispettivamente, quanto ai Registri, le disposizioni di cui agli articoli 11 e 22 e, quanto ai Disciplinari, gli articoli 7 e 19 (nonché le analoghe disposizioni recate dai regolamenti (UE) n. 1308/2013 e (UE) n. 2019/787).

Tenuto in debito conto che il campo di applicazione dei Regolamenti (UE) n. 1151/2012, n. 1308/2013 e n. 2019/787 è costituito proprio da quelle denominazioni che permettono di identificare il legame tra prodotto e origine geografica e che per queste ultime viene previsto un regime esclusivo di registrazione a livello di Unione, soggetto a specifiche e stringenti condizioni non si ravvisa spazio alcuno per denominazioni di origine alternative a quelle previste dalla normativa UE che, peraltro, potrebbero ingenerare anche grave confusione nel consumatore.
Per queste ultime viene previsto un regime esclusivo di registrazione a livello di Unione, soggetto a specifiche e stringenti condizioni. Anche nella recente proposta di revisione dei regolamenti sopra citati, presentata dalla Commissione Europea – COM (2022) 134 final –, l'Unione ha istituito un sistema esauriente per la protezione di nomi di prodotti specifici, al fine di promuoverne le caratteristiche uniche, connesse all'origine geografica e al know-how tradizionale nel campo dei prodotti agricoli, dei vini e delle bevande spiritose. Gli Stati membri non possono, pertanto, agire individualmente per conseguire tale obiettivo strategico, in quanto il rafforzamento dell'attuale sistema delle II.GG. può essere raggiunto soltanto con un'azione a livello dell'Unione.
Inoltre, occorre considerare che uno dei 6 obiettivi specifici perseguiti dalla suddetta proposta di revisione consiste nel miglioramento della corretta percezione del mercato e della conoscenza da parte dei consumatori della politica in materia di II.GG. e dei simboli dell'Unione, per consentire loro di compiere scelte di acquisto informate. È pertanto evidente che, la presenza di De.Co. e, quindi, di denominazioni di origine “alternative” a quelle previste dalla normativa UE, potrebbe ostacolare il raggiungimento di tale obiettivo, determinando confusione, anche in ordine al diverso regime di registrazione e protezione applicabile.

Per i motivi sopraesposti, la legge regionale limitatamente alle disposizioni contenute negli articoli 1 (commi 1 e 3), 2, 3 e 4 deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione

« Indietro