Dettaglio Legge Regionale

Norme in tema di donazione degli organi e tessuti (7-10-2014)
Calabria
Legge n.27 del 7-10-2014
n.51 del 16-10-2014
Politiche socio sanitarie e culturali
12-12-2014 / Impugnata
La legge della regione Calabria n. 27 del 2014, recante “Norme in tema di donazione degli organi e tessuti”, presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale:
l’articolo 1, nel disciplinare le dichiarazioni di volontà in materia di donazione di organi e tessuti, prevede, al comma 1, che ogni cittadino maggiorenne possa esprimere il proprio consenso o diniego, presso l’Ufficio Anagrafe del proprio Comune di appartenenza, in sede di rilascio o rinnovo del documento di identità. Sono altresì regolamentati, al comma 2, gli obblighi dell’Ufficiale dell’anagrafe ai fini dell’acquisizione del consenso informato alla predetta dichiarazione di volontà, da parte dei soggetti maggiorenni, in occasione del rilascio o rinnovo della carta di identità. A tal riguardo è prevista, al comma 3, la compilazione di un apposito modulo che dovrà essere fornito in tali occasioni. Sono, altresì, disciplinati, al comma 4, i compiti dell’Ufficiale dell’anagrafe dopo che sia stato acquisito il consenso o diniego alla donazione degli organi, in particolare gli obblighi di trasmissione al Sistema informativo trapianti delle informazioni fornite dal cittadino, nonché gli obblighi di tenuta, presso i medesimi Uffici dell’anagrafe, delle citate dichiarazioni di volontà, con le relative modalità. Infine, al comma 5, è previsto che la dichiarazione di volontà possa essere modificata in ogni momento tramite una dichiarazione successiva che può essere resa presso la propria ASL, o anche mediante dichiarazione scritta in carta semplice da portare con sé.
Le disposizioni contenute nell’art. 1 sono costituzionalmente illegittime in quanto esorbitanti, a vario titolo, dalle competenze legislative regionali costituzionalmente riconosciute. Esse, infatti, involgono diverse materie, alcune delle quali sono riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, altre alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni.
In particolare:
a) le disposizioni in esame, disciplinando i compiti degli Uffici-anagrafe, ai fini dell’acquisizione delle dichiarazioni di volontà finalizzate alla donazione di organi dopo la morte, e della relativa trasmissione al Sistema informativo trapianti, interviene in una materia – quella, appunto, dell’anagrafe – riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma , lett. i) della Costituzione.
b) Le disposizioni regionali intervengono, inoltre, sulla materia del consenso informato alla donazione degli organi, in particolare sulla disciplina delle modalità tramite le quali può essere espresso tale consenso. In tal modo, le disposizioni in esame regolamentano profili che, in base alla giurisprudenza costituzionale, sono da configurarsi come attinenti ai principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute in violazione dell’art. 117,terzo comma, Cost.
Viene in rilievo, a tal riguardo, la sentenza della Corte Costituzionale n. 438/2008, che ha precisato che “il consenso informato […] si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell’art. 2 della Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono, rispettivamente, che «la libertà personale è inviolabile», e che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge»”.
La Corte ha altresì rilevato che “il consenso informato trova il suo fondamento negli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione”, sottolineandone la funzione di “sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all’autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative; informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale, conformemente all’art. 32, secondo comma, della Costituzione.”.
Sulla base di tali considerazioni, il Giudice delle leggi ha tratto la conclusione che “il consenso informato deve essere considerato un principio fondamentale in materia di tutela della salute, la cui conformazione è rimessa alla legislazione statale”.
In particolare, la Corte ha osservato come l’individuazione dei soggetti legittimati al rilascio del consenso informato (nel caso in esame, i cittadini maggiorenni), nonché le modalità con le quali esso deve essere prestato e acquisito (nel caso di specie, rispettivamente, mediante compilazione di apposito modulo e mediante l’attribuzione di specifici compiti agli Uffici Anagrafe), costituiscono aspetti di primario rilievo dell’istituto del consenso informato, non potendosi, dunque, configurare quali norme di dettaglio, attuative dei principi fondamentali della legislazione statale.
Si segnala che la possibilità di manifestare la propria volontà al momento del rilascio della carta di identità in ordine alla donazione degli organi è stata prevista da norme di legge statale, ed in particolare dai seguenti provvedimenti legislativi:
- decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, che, all’articolo 3, comma 8-bis, modificando l’articolo 3, comma 3, del Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), stabilisce che “la carta d’identità può altresì contenere l’indicazione del consenso ovvero del diniego della persona cui si riferisce a donare gli organi in caso di morte.”
- decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, che all’articolo 43, comma 1, intervenendo a modificare nuovamente il citato articolo 3, comma 3, del Regio decreto n. 773/1931, ha aggiunto alla richiamata disposizione la seguente: “I comuni trasmettono i dati relativi al consenso o al diniego alla donazione degli organi al Sistema Informativo Trapianti, di cui all’articolo 7, comma 2, della legge 1 aprile 1999, n. 91”.
Tali norme statali costituiscono, per un verso, esercizio della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di anagrafe, e, per altro verso, espressione di un principio fondamentale in materia di tutela della salute, concernente i profili legati al consenso informato. Si tratta, dunque, di aspetti che non possono tollerare regolamentazioni differenziate sul territorio nazionale, come ben evidenziato dalla citata sentenza della Corte Costituzionale n. 438/2008.
c) Le disposizioni regionali in esame, disciplinando la donazione degli organi, oltre che attenere alla materia “tutela della salute” (essendo finalizzata a curare coloro i quali necessitano degli organi medesimi), costituisce certamente un atto di disposizione del proprio corpo, tanto che le diverse fonti che ne recano la disciplina si pongono in rapporto di specialità rispetto al generale divieto di cui all’articolo 5 del codice civile, che disciplina gli atti di disposizione del proprio corpo. Essa, pertanto, attiene, altresì, alla materia dell’ordinamento civile, anch’essa rimessa alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera l) della Costituzione. E’ peraltro da ritenere che siano connessi alla predetta materia anche i profili concernenti le modalità di espressione del consenso alla donazione di organi, quale atto di disposizione del proprio corpo. Da questo punto di vista, dunque, il consenso informato alla donazione degli organi è espressione di un intreccio di materie: tutela della salute e ordinamento civile. Si ritiene, pertanto, che la legge regionale in esame violi anche il citato articolo 117, comma 2, lettera l), della Costituzione.
d) Le disposizioni in esame, inoltre, attribuendo specifici compiti all’ufficiale di anagrafe, che, ai sensi dell’articolo 54 del d. lgs. n. 267/2000, riveste il ruolo di ufficiale di Governo ed ha natura di organo statale, viola la competenza esclusiva dello Stato nella materia dell’ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato, di cui all’art. 117, secondo comma, lett. g) della Costituzione. Al riguardo, la Corte Costituzionale ha più volte affermato "che - pur non essendo ovviamente escluso che si sviluppino auspicabili forme di collaborazione tra apparati statali, regionali e degli enti locali volte a migliorare le condizioni di sicurezza dei cittadini e del territorio - tuttavia le forme di collaborazione e di coordinamento che coinvolgono compiti e attribuzioni di organi dello Stato non possono essere disciplinate unilateralmente e autoritativamente dalle regioni, nemmeno nell'esercizio della loro potestà legislativa: esse debbono trovare il loro fondamento o il loro presupposto in leggi statali che le prevedano o le consentano, o in accordi tra gli enti interessati" (cfr. sentenze Corte costituzionale n.134 del 2004, n. 429 del 2004 e n. 322 del 2006).
Per tali motivi le disposizioni sopra indicate, e pertanto l’intera legge, avente contenuto omogeneo, deve essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 Cost.

« Indietro