Dettaglio Legge Regionale

Norme in materia di individuazione degli ambiti ottimali per l’esercizio delle funzioni relative al servizio idrico integrato e alla gestione integrata dei rifiuti (24-2-2014)
Liguria
Legge n.1 del 24-2-2014
n.2 del 26-2-2014
Politiche infrastrutturali
18-4-2014 / Impugnata
La legge della Regione Liguria n. 1/2014, recante “Norme per l’individuazione degli ambiti ottimali per l’esercizio delle funzioni relative al servizio idrico e alla gestione integrata dei rifiuti” presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento all’articolo 8, comma 3, all’articolo 10, comma 1, all’articolo 11 e all’articolo 15, comma 2, lettere c) ed e), per i motivi di seguito specificati.

L’articolo 8, comma 3, secondo cui il Piano d’ambito “deve prevedere agevolazioni tariffarie e adeguati interventi a sostegno dei piccoli comuni”, contrasta con l’art. 3, comma 1, lettera d), d.P.C.M. 20 luglio 2012, attuativo dell’articolo 21, comma 19, d.l. n. 201/2011, che attribuisce alla Autorità per l’energia elettrica, il gas e i servizi idrici (AEEGSI) il compito di definire, sulla base dei principi stabiliti con legge dello Stato, i criteri per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato e l’individuazione delle agevolazioni tariffarie, tramite la previsione di “forme di tutela per le categorie di utenza in condizioni economico sociali disagiate individuate dalla legge”. Poiché la disposizione appena richiamata è espressione della potestà legislativa statale in materia di tutela dell’ambiente e tutela della concorrenza, cui – per consolidata giurisprudenza costituzionale - sono riconducibili le disposizioni statali che attribuiscono all’AEEGSI il compito di approvare le tariffe (si vedano le sentenze C. Cost. nn. 246/2009; 307/2009; 29/2010; 142/2010; 63/2013), la disposizione regionale censurata viola l’art. 117, comma 2, lettere e) ed s) della Costituzione.

L’articolo 10, comma 1, che attribuisce ai comuni già appartenenti alle comunità montane con popolazione inferiore o uguale a tremila residenti la possibilità di “gestione autonoma del servizio” si pone in contrasto con i criteri relativi alla modalità dell'organizzazione del servizio idrico fissati nel d.lgs. n. 152/2006, violando l’articolo articolo 117, comma 2, lettera e) (tutela della concorrenza) e lettera s) (tutela dell’ambiente) della Costituzione.
La disciplina del servizio idrico integrato (SSI) contenuta nel Codice dell’ambiente, specialmente nella parte in cui concerne la forma di gestione del servizio e le procedure di affidamento dello stesso, è infatti funzionale al superamento della frammentazione della gestione delle risorse idriche e alla razionalizzazione del mercato, garantendone la concorrenzialità e l'efficienza (C.Cost. sentenze n. 142 e n. 29 del 2010; n. 246 del 2009).
Una deroga generale e astratta al principio di unitarietà della gestione del SII sancito dall’articolo 147, comma 2, lett. b) del D.Lgs. 152/2006, quale quella introdotta dalla disposizione impugnata, non è compatibile con quanto previsto dal richiamato art. 147 che, nel consentire alle Regioni di modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali, richiede che ciò risponda all’esigenza di migliorare la gestione del servizio, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, e tenendo conto dell’adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici. La disposizione censurata, introducendo una deroga al principio dell'unitarietà della gestione ancorata a una soglia meramente quantitativa di tipo demografico, senza considerare specifici parametri fisici e tecnici, non appare idonea a perseguire i criteri di efficienza, efficacia ed economicità fissati dalla normativa statale, e pertanto viola l’art. 117, comma 2, lettera e) ed s) della Costituzione.

L’articolo 11, che disciplina l’esercizio dei poteri sostitutivi regionali, prevede che “Il Presidente della Giunta Regionale, decorsi inutilmente i termini di cui all’articolo 8, comma 1, ovvero qualora non vengano posti in essere gli atti per la realizzazione delle opere previste dal piano d’ambito e necessarie a garantire il rispetto degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, previa diffida ad adempiere entro un congruo termine non inferiore a quindici giorni, nomina un Commissario ad acta che provvede in sostituzione, rispettivamente, degli enti d'ambito o dei comuni inadempienti”. La generica previsione di tale potere sostitutivo, suscettibile di estendersi anche alla materia tariffaria, è invasiva delle funzioni attribuite all’AEEG dall’art. 10, comma 4, del d.l. n. 70/2011, sul punto confermato dall’art. 3, comma 1, del d.P.C.M. 20 luglio 2012. Si estendono, inoltre, a questa disposizione, i vizi riscontrati con riferimento art. 8, comma 3, che introduce una delle funzioni per le quali è configurabile il potere sostitutivo. Pertanto, la disposizione regionale censurata invade le competenze statali in materia di ambiente e di tutela della concorrenza, alle quali è ascrivibile l’esercizio delle funzioni amministrative riguardanti la determinazione delle tariffe cui si riferisce il potere sostitutivo, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e) ed s) della Costituzione (similmente, C. Cost. n. 67/2013, relativa alla l.r. Veneto n. 17/2012).

L’articolo 15, comma 2, lettera c), nel disciplinare le funzioni del Comitato d’ambito in materia di gestione dei rifiuti, attribuisce al Comitato il compito di definire “l’articolazione degli standard di costo intesi come servizi minimi da garantire al territorio omogeneo e i criteri per la determinazione delle tariffe da applicare a fronte della erogazione dei servizi nelle aree territoriali omogenee”. Tale disposizione contrasta con quanto previsto all’articolo 238, comma 3, d.lgs. n. 152/2006, che rimette la determinazione della tariffa all’Autorità d’ambito, sulla base dei criteri definiti da un apposito regolamento emanato dal Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare. Al riguardo, l’articolo 5, comma 2-quater, del d.l. 208/2008 ha disposto che, ove il suddetto regolamento non fosse approvato “i comuni che intendono adottare la tariffa integrata ambientale (TAI) possono farlo ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti”. Pertanto, a legislazione vigente, deve ritenersi che i criteri per la determinazione della tariffa vengano definiti sulla base del D.P.R. n. 158/1999 (“Regolamento recante norme per l’elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani”). Tale conclusione è confermata dall’art. 3-bis, comma 1-bis, del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, come modificato dal d.l. n. 179/2012, che attribuisce alle autorità d’ambito del ciclo dei rifiuti varie funzioni, tra cui quelle di “determinazione delle tariffe all’utenza per quanto di competenza”. La disposizione va intesa nel senso che è rimessa alla competenza regionale solamente (e limitatamente alla parte di competenza) la determinazione delle tariffe all’utenza, non già quella di definire i criteri per la determinazione della tariffa. Per questi motivi, la disposizione regionale censurata deve considerarsi invasiva della potestà legislativa esclusiva statale in materia di “tutela dell’ambiente” (art. 117, comma 2, lettera s), Cost.) e di tutela della concorrenza (art. 117, comma 2, lettera e), Cost.).

La lettera e) dello stesso articolo 15, comma 2, attribuisce al Comitato d’ambito in materia di gestione dei rifiuti il compito di individuare “gli enti incaricati della gestione delle procedure per la realizzazione e/o l’affidamento della gestione degli impianti terminali di recupero o smaltimento di livello regionale …” (lett. d). Tale disposizione, configurando in termini alternativi il conferimento dell’incarico per le procedure di “realizzazione” e/o “affidamento della gestione degli impianti”, deroga al principio comunitario della libera concorrenza e dell’affidamento dei servizi mediante procedura ad evidenza pubblica, principio consacrato all’articolo 202 del d.lgs. n. 152/2006, privilegiando anzi l’affidamento diretto che, invece, ai sensi della normativa comunitaria e nazionale, può essere disposto solo in casi eccezionali (cfr. art. 34, comma 20, D.L. 179/2012). Posto che “le regole che concernono l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica ineriscono essenzialmente alla materia “tutela della concorrenza” (cfr. C. Cost. sentenza n. 325/2010), la disposizione censurata viola la potestà legislativa esclusiva statale di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione.

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