Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2012 e per il triennio 2012-2014 (Legge finanziaria 2012). (21-12-2011)
Bolzano
Legge n.15 del 21-12-2011
n.52 del 27-12-2011
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia parziale
RINUNCIA PARZIALE
Con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2012 è stata impugnata da parte del Governo la legge della Provincia Autonoma di Bolzano n. 15 del 21/12/2011, pubblicata sul BUR n. 52 del 27/12/2011, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2012 e per il triennio 2012-2014 (Legge finanziaria 2012)”.
Tra le varie disposizioni per le quali è stata deliberata l’impugnativa ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, sono ricompresi l’art.17, comma 1, e l’art. 18, comma 2, che, nel modificare rispettivamente le leggi provinciali n.5 del 2008 e n. 12 del 2009, disponevano che la Giunta provinciale potesse intervenire sull’articolazione dell’orario delle lezioni scolastiche e definire il monte ore annuale d’insegnamento, eccedendo in tal modo dalla competenza concorrente attribuita alla Provincia di Bolzano in materia di “istruzione elementare e secondaria” dall’art. 9, n. 2, dello Statuto speciale, e incidendo sulla competenza esclusiva statale in materia di norme generali di istruzione e in materia di livelli essenziali delle prestazioni, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. m) e n), della Costituzione.
Successivamente la Provincia Autonoma di Bolzano con la legge provinciale n. 13 del 13 luglio 2012, recante “Modifica di leggi provinciali nel settore scolastico” ha apportato nei confronti delle disposizioni oggetto di censure modifiche tali da eliminare i motivi di illegittimità costituzionale.
Il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca ha espresso parere favorevole in merito alla rinuncia dell’impugnativa delle disposizioni sopra indicate.
Pertanto, considerato che appaiono venute meno le ragioni che hanno determinato l'impugnativa delle disposizioni della legge provinciale sopra indicate, sussistono i presupposti per rinunciare al ricorso nei confronti di dette disposizioni.
Si propone pertanto la rinuncia parziale all'impugnazione della legge della Provincia Autonoma di Bolzano indicata in oggetto (l. p. n. 15 del 2011) limitatamente all’art.17, comma 1, e all’art. 18, comma 2.
Permangono ancora validi gli ulteriori motivi di impugnativa di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2012.
14-2-2012 / Impugnata
La legge regionale in esame, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l’anno finanziario 2012 e per il triennio 2012-2014 (legge finanziaria 2012)”, presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale:

1) L’art. 2, comma 6, che aggiunge l’art. 21-quindicies dopo l’art. 21-quaterdecies nella l. p. n. 9 del 1998, dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, l’aliquota dell’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, è ridotta di tre punti percentuali. Tale disposizione, che consente alla Provincia autonoma di Bolzano la manovrabilità dell’aliquota dell’imposta menzionata, eccede dalla competenza legislativa riconosciuta alla Provincia stessa in materia di tributi dall’art. 73 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. n. 670 del 1972) e invade una competenza esclusiva dello Stato in materia di “sistema tributario” di cui all’art. 117, secondo comma, lett. e) della Costituzione. Essa contrasta, in particolare, con l’art. 17, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 68 del 2011, che, nel disciplinare l’imposta in oggetto, consente, con il richiamo dei soli commi 2, 3 e 5 dell’art. 60 del d. lgs. n. 446 del 1997, la modifica della relativa aliquota alle sole regioni a statuto ordinario. L’esclusione delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome dalla possibilità di modificare l’aliquota è del resto confermata dalla circostanza che il comma 5 del menzionato art. 17, del d. lgs. n. 68 del 2011, che prevedeva l’applicabilità delle disposizioni in esso contenute anche alle regioni speciali e alle province autonome, è stato abrogato con successivo provvedimento legislativo (art. 28, comma 11-bis, del del d.l. n. 201 del 2011). Ciò premesso, la disposizione provinciale in esame, che apporta modifiche non consentite dalla legislazione statale alle aliquote dei tributi, viola innanzitutto l’art. 73, comma 1-bis, dello Statuto speciale, che consente alle Province di modificare le aliquote solo “relativamente ai tributi erariali per i quali lo Stato ne prevede la possibilità”. Essa incide inoltre, come sopra precisato, nella competenza legislativa riservata allo Stato in materia di “sistema tributario”, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione.

2) l’art. 7, comma 4, prevede che all’obiettivo complessivo di saldo finanziario dei comuni concorrono le economie di spesa risultanti dall’istituzione di unioni di comuni e da altre forme di collaborazione tra comuni per l’esercizio di servizi di interesse generale. Tale disposizione si pone in contrasto con i principi di coordinamento della finanza pubblica stabiliti dall’art. 119, secondo comma, Cost., in quanto tali economie di spesa non sono quantificabili a priori e non possono concorrere a determinare l’obiettivo complessivo di saldo finanziario dei comuni.

3) l’art. 9, comma 1, prevede, all’ultimo periodo, che “Fermo restando il termine previsto dall’ordinamento regionale per l’approvazione del bilancio di previsione dei comuni, questi possono adottare provvedimenti in materia tributaria e tariffaria anche dopo l’adozione del bilancio di previsione, limitatamente alle materie sulle quali sono intervenute modificazioni legislative per l’anno di riferimento, ovvero altri atti normativi che incidono sulle modalità di applicazione del tributo o della tariffa”. Tale disposizione eccede dalla competenza legislativa riconosciuta alla Provincia in materia di tributi dall’art. 73 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. n. 670 del 1972). Infatti, dovendo ritenersi ricompresi tra “i provvedimenti in materia tributaria e tariffaria” anche le modifiche di aliquote e tariffe di tributi locali, la disposizione provinciale si pone in contrasto con il combinato disposto dell’art. 53 della legge n. 388/2000 con l’art. 151 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (d. lgs. n. 267 del 2000), che prescrivono la simultaneità tra la fissazione delle medesime aliquote e tariffe ed il termine fissato per la deliberazione del bilancio di previsione. Tale disposizione oltre a violare l’art. 73 dello Statuto, già menzionato, invade altresì la competenza legislativa riservata allo Stato in materia di “sistema tributario”, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione.

4) l’art. 17, comma 1, che aggiunge alla l.p. n. 5 del 2008 l’art. 1 ter, riguardante il calendario scolastico, dopo aver confermato la competenza della Giunta provinciale alla determinazione di detto calendario (inizio e termine dell’attività educativa e didattica) prevede, al comma 3 di detto art. 1 ter, che la stessa Giunta emani direttive in ordine all’articolazione dell’orario delle lezioni. Quest’ultima parte della disposizione eccede dalla competenza legislativa concorrente attribuita alle Province autonome dall’art. 9, n. 2 delo Statuto in materia di “istruzione elementare e secondaria (media, classica, scientifica, magistrale, tecnica, professionale ed artistica)” ed incide sul principio dell’autonomia scolastica, costituzionalmente garantito dall’art. 117, terzo comma, della Costituzione. Tale disposizione provinciale, infatti, demandando alla Provincia di Bolzano la potestà di intervenire sull’articolazione dell’orario delle lezioni, incide sull’autonomia scolastica, soprattutto nella sua espressione di autonomia organizzativa e didattica ed eccede pertanto dai limiti imposti alla legislazione provinciale dal menzionato art. 9 dello Statuto speciale, in violazione dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Detto art. 17, comma 1, risulta inoltre censurabile sotto altro profilo, se inteso – come deve – in combinato disposto con l’art. 18, comma 2. Tale ultima disposizione, infatti, nel modificare l’art. 7 della l.p. n. 12 del 2009, riguardante l’autonomia organizzativa delle scuole, abroga dal comma 4 la seguente disposizione: “fermo restando il rispetto del monte ore annuale previsto per le singole discipline e attività obbligatorie nonché l’articolazione delle lezioni in non meno di cinque giorni settimanali”.
La soppressione della clausola sopra descritta, che vincolava la Provincia al rispetto del monte ore minimo in materia di istruzione definito dallo Stato e l’eliminazione della articolazione delle lezioni in cinque giorni settimanali, congiuntamente alla facoltà attribuita alla Giunta provinciale dall’art. 17, comma 1, di emanare direttive in ordine all’articolazione dell’orario delle lezioni, fanno sì che possa essere la Provincia di Bolzano in luogo dello Stato a definire il monte ore annuale di insegnamento. Detta previsione contrasta con l’art. 17 del d. lgs. n. 226/2005, con gli artt. 3 e 10 del d. lgs. N. 59/2004 e con gli artt. Da 4 a 9 del d.P.R. n. 89/2010, che, come statuito dalla Corte Costituzionale (con sentenze n. 279/2005 e n. 200/2009), nel definire per ogni ordine e grado di scuola il monte ore di insegnamento, stabiliscono “le norme generali e i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione”. Il descritto combinato disposto degli artt. 17, comma 1 e 18, comma 2, incide pertanto sulla competenza esclusiva statale in materia di norme generali di istruzione e in materia di livelli essenziali delle prestazioni, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. m) ed n), della Costituzione.

5) L’ art. 24, detta modifiche alla legge provinciale 30 settembre 2005, n. 7, in materia di utilizzazione di acque pubbliche e di impianti elettrici”
In proposito , si premette, in via generale, che la Provincia, ai sensi dell'art. 8, comma 1, punti nn. 5, 10 e 14 , del D.P.R. n.670/1972 recante lo Statuto speciale per il Trentino Alto Adige ha competenza primaria in materia di urbanistica, edilizia, miniere, comprese le acque minerali e termali, cave e torbiere, e, in base ai punti nn. 9 e 10 dell’articolo 9 dello stesso Statuto speciale, competenza legislativa concorrente in materia di utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni a scopo idroelettrico, nonché di igiene e sanità .
Ai sensi delle citate norme statutarie dette competenze legislative devono svolgersi con i limiti esplicitati negli articoli 4 e 5 dello stesso Statuto di autonomia, ovvero in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali nonché delle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica e, per le competenze di tipo concorrente, nei limiti dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. In particolare per quel che concerne la materia “ambiente”, secondo una consolidata giurisprudenza costituzionale, confermata nella pronuncia n. 378/2007, la potestà di disciplinare l'ambiente nella sua interezza è stata affidata in via esclusiva allo Stato dall'art. 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione, il quale, come è noto, parla di "ambiente" (ponendovi accanto la parola "ecosistema") in termini generali e onnicomprensivi. Ne consegue che spetta allo Stato disciplinare l'ambiente come una entità organica, dettando delle norme di tutela che hanno ad oggetto il tutto e le singole componenti considerate come parti del tutto. Ed è da notare che la disciplina unitaria e complessiva del bene ambiente inerisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale primario (sent. n. 151/1986) ed assoluto (sent. n. 210/ 1987) e deve garantire, come prescrive il diritto comunitario, un elevato livello di tutela, come tale inderogabile da altre discipline di settore. Inoltre, la disciplina unitaria del bene complessivo ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni o dalle Province autonome, in materie di competenza propria, ed in riferimento ad altri interessi. La Consulta ha inoltre affermato, nella sentenza n. 315/2009, che la competenza statale, allorché sia espressione della tutela dell’ambiente, costituisce “limite” all’esercizio delle competenze regionali e provinciali.
Sulla scorta di tali considerazioni, la norma provinciale in esame risulta eccedere dalle competenze statutarie, in quanto invasive di competenze legislative che l’articolo 117, secondo comma, lettere e), l) ed s) della Costituzione riserva in via esclusiva allo Stato, nelle materie della tutela della concorrenza, dell’ordinamento civile e della tutela dell’ambiente, per i seguenti motivi : .
- L’ art. 24, comma 1, prevede di non dare ulteriore corso alle domande di concessione per impianti alimentati da fonti rinnovabili che siano contrarie “al buon regime delle acque e del suolo” nonché “alle normative vigenti….”
Tale formulazione appare vaga nella misura in cui la stessa norma, ovvero altre norme alle quali si faccia rinvio, non fornisce una univoca definizione di “buon regime delle acque e del suolo”, in mancanza della quale potrebbe risultare eccessivamente discrezionale ogni decisione da parte dell’amministrazione concedente in ordine alla procedibilità delle domande di concessione stesse.
- Il successivo comma 2 del medesimo articolo 24 sostituisce il comma 1 dell’art. 16 della l.p. n. 7 del 2005, lasciando inalterato il testo già presente nell’art. 2, comma 10, della l. p. n. 4 del 2011 (anch’esso sostitutivo del comma 1 dell’art. 16 della l.p. 7/2005) che è stato oggetto di impugnativa da parte del Governo con delibera del 1 settembre 2011. Il Governo ha, in quella occasione, censurato la norma provinciale in quanto essa, nel disporre ex lege il rinnovo trentennale delle concessioni, viola l’art. 117, comma 1, e l'art. 117, comma 2, lett. e) Cost., ponendosi in contrasto con i principi dell’ordinamento comunitario e le leggi statali in materia di tutela della concorrenza, di esclusiva competenza statale. La stessa disposizione, inoltre, non subordinando il rinnovo delle concessioni di derivazione dell'acqua alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale per il rinnovo delle concessioni di derivazione dell’acqua, come di contro previsto dal D.lgs.152/2006 non include una verifica di assoggettabilità a VIA per il rinnovo delle concessioni di derivazione dell’acqua , in contrasto con la normativa statale vigente e in violazione quindi dell’ art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione.
La nuova formulazione della norma regionale ripropone, ancora una volta, il rinnovo per ulteriori trent’anni di tutte le concessioni di derivazione di acque in scadenza, ad eccezione di quelle a scopo idroelettrico (che sono disciplinate dal successivo art. 3 della medesima L.P. 4/2010), a condizione che siano verificati una serie di presupposti.
La modifica apportata con la legge in esame si limita ad inserire, in premessa, al citato art. 16, comma 1 della l. p. 7/2005 la frase seguente: nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica e previo espletamento della procedura di valutazione di impatto ambientale o previa verifica di assoggettabilità a VIA… Rimane inalterata la precedente formulazione del testo successivo, che recita: tutte le concessioni, ad eccezione delle concessioni a scopo idroelettrico, alla loro scadenza sono rinnovate per un periodo di trenta anni, fatta salva la fissazione di un termine più breve ai fini dell’esame di misure necessarie al buon regime delle acque e per minimizzare l’impatto ambientale,….
E’ evidente che, in presenza di una prescrizione di rinnovo trentennale delle concessioni in scadenza, il mero richiamo al rispetto di procedure ad evidenza pubblica non appare in grado di superare l’impugnativa governativa dal momento che l’uso del termine “rinnovo” presuppone che la nuova concessione di derivazione rimanga in capo al medesimo titolare, sia pure sulla base di una revisione dei termini e delle modalità del rapporto concessorio. La nuova formulazione non appare pertanto idonea a superare le censure sollevate: essa avrebbe dovuto contenere una espressa previsione di indizione delle procedure di gara alla scadenza delle concessioni. Appare inoltre illogica ed inappropriata la fissazione di un termine più breve nell’atto di concessione quale strumento atto a minimizzare l’impatto ambientale. La mitigazione degli impatti deve essere realizzata attraverso la prescrizione di idonee misure, sia in sede di procedura di VIA che di definizione – nel disciplinare di concessione - delle modalità di prelievo e restituzione delle acque e non già mediante una contrazione della durata temporale nel corso della quale si manifestano impatti non compatibili con l’ambiente, i cui effetti sarebbero in ogni caso rilevabili anche in un periodo inferiore al trentennio ma pur sempre di durata pluriennale.
Le citate norma provinciali risultano pertanto eccedere dalle competenze statutarie, in quanto invasive di competenze legislative che l’articolo 117 , secondo comma , lettere e), l) ed s) della Costituzione riserva in via esclusiva allo Stato, nelle materie della tutela della concorrenza, dell’ordinamento civile e della tutela dell’ambiente.

6) L’art. 32, comma 1, che aggiunge il comma 8 all’articolo 14 della legge provinciale n. 10/1992, stabilisce che, “ai fini di un migliore snellimento della gestione delle materie di competenza di un componente di Giunta e dei compiti attribuiti nell’ambito di tali materie a enti strumentali della Provincia o a società controllate dalla stessa, è consentito il cumulo fra incarichi dirigenziali presso la provincia e tali enti”
Tale disposizione, che consente il cumulo in capo ad un’unica persona degli incarichi dirigenziali conferiti dalla Provincia e di quelli affidati dagli enti strumentali della Provincia stessa, contrasta con le disposizioni contenute nell’art. 53 del decreto legislativo n. 165/2001 in materia di incarichi dirigenziali. La norma in esame, pertanto, viola l’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, il quale riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e, quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal Codice civile (contratti collettivi).
La medesima disposizione provinciale inoltre, avendo come conseguenza anche il cumulo delle retribuzioni, si pone in contrasto, con l’articolo 9, comma 1, del decreto legge n. 78/2010. Ne consegue una lesione dei principi stabiliti dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, in materia di coordinamento della finanza pubblica, cui la Provincia, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.
7) La norma contenuta nell’articolo 34 inserisce l’articolo 22 bis alla l.p. n. 6/1997 che detta una la disciplina per la revisione tecnica dei veicoli a motore di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate, prevedendo, al fine di completare e ottimizzare l'organizzazione delle revisioni periodiche dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, che la Provincia possa autorizzare le imprese altamente specializzate a svolgere il prescritto controllo tecnico, nel rispetto della normativa tecnica vigente in materia, anche per i veicoli a motore di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate.
La Giunta provinciale stabilisce i criteri per l'individuazione delle imprese in possesso delle attrezzature, delle esperienze e conoscenze tecniche richieste per garantire un'elevata qualità del controllo tecnico in conformità alla normativa dell'Unione europea e alle vigenti prescrizioni tecniche, subordinando la prevista 'autorizzazione ad una formazione specifica ed un esame di idoneità del responsabile preposto al controllo tecnico.
Tale previsione si pone in contrasto con l’articolo 80 del codice della Strada (d. lgs. 285/1992) che riconosce in capo allo Stato il compito di stabilire i criteri, i tempi e le modalità per l'effettuazione della revisione generale o parziale delle categorie di veicoli a motore e dei loro rimorchi, al fine di accertare che sussistano in essi le condizioni di sicurezza per la circolazione e di silenziosità e che i veicoli stessi non producano emanazioni inquinanti superiori ai limiti prescritti , consentendo, al comma 8, che soltanto le revisioni periodiche dei veicoli a motore capaci di contenere al massimo sedici persone compreso il conducente, ovvero con massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 t, possano essere affidate in concessione ad imprese di autoriparazione.
Si rappresenta che la Provincia autonoma di Bolzano gode di competenza primaria, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, numeri 17) e 18) , dello Statuto speciale di autonomia, in materia di viabilità e trasporti di competenza provinciale e che il DPR n. 527/1977 ha dettato norme di attuazione dello Statuto speciale in tali materie, delegando gli Uffici provinciali allo svolgimento di attribuzioni di competenza della direzione compartimentale della motorizzazione civile. Tale competenza , ai sensi dello stesso articolo 8 dello Statuto, “può esercitarsi solo in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali - tra i quali è compreso quello della tutela delle minoranze linguistiche locali - nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica “
La Corte Costituzionale con sentenza n. 428/2004, ha affermato che la circolazione stradale – pur non essendo espressamente menzionata nell’art. 117 della Costituzione - non per questo può essere collocata nell’ambito residuale ascritto alla potestà legislativa esclusiva delle Regioni, poiché in relazione ai vari profili sotto i quali essa può venire in esame, considerazioni di carattere sistematico inducono a ritenere che essa sia riconducibile, sotto diversi aspetti, a competenze statali esclusive, ai sensi del citato art. 117, secondo comma. “ In primo luogo l’esigenza, connessa alla strutturale pericolosità dei veicoli a motore, di assicurare l’incolumità personale dei soggetti coinvolti nella loro circolazione (conducenti, trasportati, pedoni) certamente pone problemi di sicurezza, e così rimanda alla lettera h) del secondo comma dell’art. 117, che attribuisce alla competenza statale esclusiva la materia «ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale». Del tutto correttamente, quindi, l’art. 1 del decreto legislativo n. 285 del 1992, recante il nuovo codice della strada, nell’individuare i «principi generali» della disciplina, esplicitamente dichiara che «la sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato” In quanto funzionale alla tutela dell’incolumità personale, la disciplina della circolazione stradale mira senza dubbio a prevenire una serie di reati ad essa collegati, come l’omicidio colposo e le lesioni colpose; e pertanto spiega la sua collocazione, sotto questo profilo, nella citata materia non contrasta con la giurisprudenza della Corte che riferisce la «sicurezza» prevista dalla ricordata norma costituzionale all’adozione delle misure relative alla prevenzione dei reati ed al mantenimento dell’ordine pubblico.
Inoltre gli indubbi aspetti relativi alla responsabilità civile per i danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore si inquadra agevolmente nella lettera l) del secondo comma dell’art. 117, nella parte che attribuisce alla competenza statale esclusiva la materia dell’«ordinamento civile».
Poiché, come detto , il comma 1 dell’articolo 80 del Codice della Strada afferma che la revisione dei veicoli a motore è disposta per verificare la sussistenza in essi delle condizioni di sicurezza della circolazione , nonché di silenziosità e contenimento delle emanazioni inquinanti nei limiti prescritti, risulta chiaro come la stessa revisione sia materia riferibile alla salvaguardia della incolumità fisica degli utenti della strada, quindi alla sicurezza, nonché alla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
La norma provinciale in esame dunque, stabilendo che la Provincia possa autorizzare imprese all’effettuazione delle revisioni periodiche di veicoli a motore di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate, si pone in contrasto con la previsione recata dall’articolo 80, commi 1 e 8, del d.lgs n. 285/1992 (codice della Strada), che attribuisce al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti il compito di effettuare il controllo tecnico dei veicoli a motore, consentendo che tale controllo possa essere affidato ad officine meccaniche idoneamente attrezzate, solo relativamente a veicoli a motore con massa a pieno carico inferiore alle 3, 5 tonnellate . La norma provinciale eccede quindi dalle competenza statutarie incidendo su di ambiti di legislazione riservati alla competenza esclusiva dello Stato in materia di sicurezza, ordinamento civile e tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di cui all’ articolo 117, comma 2, lettere h), l) e s) della Costituzione.

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