Dettaglio Legge Regionale

Disposizione pe la formulazione del bilancio annuale e pluriennale della regione (legge finanziaria 2011). (19-1-2011)
Sardegna
Legge n.1 del 19-1-2011
n.3 del 29-1-2011
Politiche economiche e finanziarie
10-3-2011 / Impugnata
La legge regionale è illegittima per i motivi che di seguito si espongono.

L'articolo 3, rubricato “Misure a favore dei comuni montani”, prevede che, al fine di ridurre le diseconomie esistenti nei comuni montani della Sardegna il cui territorio presenti un dislivello tra quota altimetrica inferiore e superiore pari ad almeno 1.000 metri e il 30 per cento del territorio sia situato ad un livello superiore ai 400 metri, è concesso un contributo, nella forma del credito d'imposta, in favore delle imprese aventi sede legale e unità operativa ubicata nei comuni montani della Sardegna individuati dalla Regione. Il contributo è pari al 20 per cento delle imposte sui redditi ed IRAP effettivamente pagate, a titolo di acconto, saldo o versamento periodico, nel corso dell'anno 2011, fino ad un importo massimo di euro 10.000 per ciascun beneficiario. Il medesimo articolo 3 prevede, infine, che con deliberazione della Giunta regionale siano determinate le condizioni, i limiti e le modalità di applicazione del beneficio in questione.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 123 del 2010 – con la quale è stata dichiarata la illegittimità costituzionale dell’articolo 12 della legge regionale Campania n. 1 del 2009 (norma, questa, che introduceva, in analogia alla previsione normativa della Sardegna, agevolazioni fiscali sotto forma di crediti d’imposta) – ha chiarito che la previsione di un’agevolazione tributaria nella forma del credito d’imposta applicabile a tributi istituiti e disciplinati dalla legge statale, costituisce una integrazione della disciplina dei medesimi tributi erariali, preclusa alle regioni. Ciò, anche in riferimento ai tributi regionali quali l’Irap, in quanto allo stato attuale della normativa, non risultano sussistere tributi regionali “propri” (ovvero tributi istituiti e disciplinati con legge regionale), ma solo tributi regionali “derivati”, cioè tributi istituiti e disciplinati con legge statale e il cui gettito è attribuito alle regioni. E, proprio in relazione all’Irap, la stessa Consulta ha osservato (sentenza n. 357 del 2010) che anche dopo la sua regionalizzazione, tale imposta resta un tributo erariale, in quanto lo Stato continua a regolare compiutamente la materia e a circoscrivere con precisione gli ambiti di intervento regionali (sentenza n. 216 del 2009).
E, sempre con riferimento all’Irap, va precisato che l'art. 16 del decreto legislativo n. 446 del 1997 attribuisce agli enti territoriali che ne percepiscono il gettito soltanto la facoltà di variazione delle aliquote.
Conseguentemente, l’introduzione da parte di una legge regionale di tale meccanismo agevolativo a valere su tributi statali (Ire e Ires) e regionali derivati (Irap) si risolve in una violazione della competenza legislativa in materia di sistema tributario dello Stato. Neanche le disposizioni statutarie legittimano la Regione Sardegna all’introduzione di siffatti meccanismi agevolativi. Infatti l’articolo 10 dello Statuto di autonomia, nel prevedere che “la Regione, al fine di favorire lo sviluppo economico dell’isola, può disporre, nei limiti della propria competenza tributaria, esenzioni e agevolazioni fiscali per nuove imprese”, circoscrive tale facoltà “nei limiti della competenza tributaria… alle nuove iniziative produttive”.
Non trattandosi, nella fattispecie, di iniziative produttive, il legislatore regionale eccede dalla propria competenza statutaria di cui agli artt. 3 e 10 dello Statuto di autonomia ed invade la competenza esclusiva in materia di sistema tributario di cui all'art.117, comma 2 lett.e) della Costituzione.
Inoltre, nel rimettere alla Giunta la determinazione della disciplina di dettaglio per l’applicazione del beneficio fiscale, viola anche l'art.23 della Costituzione, il quale dispone che nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.

- L'art.7, modifica l'art.3 della l.r. n.3/2009, introducendo alcune disposizioni che di seguito si elencano.
Innanzitutto, introduce il comma 1 bis il quale prevede che l'Amministrazione regionale è autorizzata a finanziare programmi pluriennali di stabilizzazione dei lavoratori precari delle amministrazioni locali, di durata triennale, previo superamento di specifica selezione concorsuale funzionale alla verifica della idoneità all'espletamento delle mansioni di servizio della qualifica di inquadramento.
Introduce, poi, il comma 1-ter che stabilisce che i comuni, singoli o associati, possano provvedere alla realizzazione dei programmi di stabilizzazione dei lavoratori precari, attribuendo priorità ai lavoratori provenienti dai cantieri a finanziamento regionale e a quelli già assunti con contratti a termine, di natura flessibile, atipica e con collaborazioni coordinate e continuative in ambito di analoghe attività a finanziamento pubblico regionale. I programmi di stabilizzazione possono essere attuati dagli enti locali interessati con maggiore riguardo del personale precario che abbia maturato almeno trenta mesi di servizio nelle pubbliche amministrazioni locali a far data dal 1° gennaio 2002.
Inserisce, ancora, il comma 1 quater, il quale dispone che al personale di cui al comma 1 ter viene attribuito, in via prevalente, l’esercizio di compiti relativi a materie delegate o trasferite dalla regione al sistema delle autonomie locali ai fini delle necessarie deroghe ai limiti posti in materia di spesa e organici degli enti locali.
Infine, introduce il comma 1 quinquies stabilendo il piano di spesa per la stabilizzazione stabilità dai commi 1 bis, 1 ter e 1 quater, con il concorso da parte degli enti locali.
Con riferimento ai commi introdotti dalla legge regionale, si rappresenta che gli stessi si pongono in contrasto con l’art. 17, commi 10 e 12, del d.l. n. 78/2009, convertito con modificazioni dalla l. n. 102/2009, il quale non consente una generica stabilizzazione del personale.
Infatti, le disposizioni statali su richiamate dispongono che, nel triennio 2010-2012, le amministrazioni pubbliche, nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno nonché dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di assunzioni e di contenimento della spesa di personale, possono bandire concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato con una riserva di posti, non superiore al 40 per cento dei posti messi a concorso.
Inoltre, i commi introdotti si pongono in contrasto anche con l'art. 14, comma 9, del d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010 che fissa, a decorrere dal gennaio 2011, il limite percentuale di assunzioni, rispetto alle cessazioni di personale verificatesi nel 2010.
Sul punto è opportuno segnalare la Sentenza della Corte Costituzionale n.235/2010, la quale, pronunciandosi su una precedente legge regionale della Sardegna (lr.n.3/2009), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme in materia di finanziamento di programmi pluriennali di stabilizzazione del personale dei lavoratori precari.
Il legislatore regionale, prevedendo ai commi 1 bis, 1ter, 1quater e 1quinquies dell'art.7 disposizioni in contrasto con l'art.17, commi 10 e 12 del dl n.78/2009 e con l'art.14, comma 9 del dl n.78/2010, eccede dalla propria competenza statutaria di cui all'art.3 dello Statuto di autonomia ed invade la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile di cui all'art.117, comma 2 lett. L) della Costituzione nonché l'art.117, comma 3, nell’ottica del coordinamento della finanza pubblica, cui la regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.
Inoltre, le disposizioni regionali nel consentire genericamente lo stabile inserimento dei lavoratori nei ruoli delle amministrazioni pubbliche regionali, senza condizionare tali assunzioni al previo superamento di alcun tipo di procedura selettiva pubblica, viola anche l'art.97 della Costituzione, nella parte in cui non prevede il concorso quale modalità di reclutamento del personale. (Cfr. Sent. C.C. n.235/2010).

L'art. 7, comma 2 stabilisce una riserva di posti, per i dipendenti regionali di cui trattasi pari al 40 per cento dei posti vacanti nella dotazione organica inseriti nel piano di reclutamento 2010 – 2012. Tale riserva opera relativamente ai posti messi a concorso ed agli altri posti che si rendano disponibili sino al 31 dicembre 2013 per effetto delle cessazioni dal servizio.
La disposizione regionale contrasta con l’art. 14, comma 9, del d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni dalla l. n. 122/2010, il quale fissa, a decorrere dal gennaio 2011, il limite percentuale di assunzioni, rispetto alle cessazioni di personale verificatesi nel 2010.
Il legislatore regionale, prevedendo al comma 2 dell'art.7 disposizioni in contrasto con l'art.14, comma 9 del dl n.78/2010, eccede dalla propria competenza statutaria di cui all'art.3 dello Statuto di autonomia ed invade l'art.117, comma 3, nell’ottica del coordinamento della finanza pubblica, cui la regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.

L'art. 7, comma 3 stabilisce che i dipendenti laureati dell’amministrazione, inquadrati nell’area C- terzo livello retributivo e assunti con concorsi pubblici e i dipendenti regionali di categoria C, assunti con concorso pubblico, che hanno superato le selezioni interne svolte entro il 31 dicembre 2006 per il passaggio alla categoria superiore e con almeno 30 mesi di anzianità siano inquadrati nella categoria D al primo livello retributivo a decorrere dal 1° gennaio 2011.
La disposizione regionale configura un concorso riservato, in contrasto con il principio del pubblico concorso di cui all’art. 97 della Costituzione e con l’art. 3, sempre della Costituzione, in quanto viene violato il principio di eguaglianza fra i cittadini.
Pur riconoscendo alla Regione competenza legislativa in materia di organizzazione amministrativa regionale, non può non censurarsi, sul piano della imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione, la scelta operata dal legislatore regionale. Trattasi, nella fattispecie, di una assunzione totalmente riservata, in palese contrasto con le disposizioni in materia di accesso ai pubblici uffici, anche alla luce della consolidata giurisprudenza costituzionale che, peraltro, stabilisce che "l'area delle eccezioni" al concorso deve essere "delimitata in modo rigoroso"(Cfr. da ultimo sentenza n. 9/2010). Le deroghe sono legittime solo in presenza di "peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico" idonee a giustificarle.
Si evidenzia in proposito la violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, in riferimento al principio di uguaglianza, imparzialità e buon andamento nonché alla regola del concorso pubblico per accedere alla Pubblica Amministrazione, regola posta a tutela non solo dell’interesse pubblico alla scelta dei migliori, mediante una selezione aperta alla partecipazione di coloro che siano in possesso dei prescritti requisiti, ma anche del diritto dei potenziali aspiranti a poter partecipare alla relativa selezione.
La Corte costituzionale, con specifico riferimento a tale principio, ha recentemente ribadito (sent. N.52/2011) che “il principio del pubblico concorso costituisce la regola per l’accesso all’impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, da rispettare allo scopo di assicurare la loro imparzialità ed efficienza. Tale principio si è consolidato nel senso che le eventuali deroghe possono essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico” ( si vedano anche le sentenze nn. 195-150 e 100 del 2010, 293 del 2009). Nella medesima pronuncia la Corte ha altresì escluso che tali peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico possano essere ravvisate nella personale aspettativa degli aspiranti, pur già legati da rapporto di impiego con la pubblica amministrazione.
Pertanto, per i motivi sopra evidenziati e per il costante orientamento giurisprudenziale, il legislatore regionale eccede dalla propria competenza statutaria di cui all'art.3 dello Statuto di autonomia e viola i principi costituzionali di uguaglianza, buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione di cui gli articoli 3 e 97 della Costituzione, secondo cui agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso pubblico, salvo i casi stabiliti dalla legge.

Per i suddetti motivi, si ritiene di promuovere la questione di legittimità costituzionale della legge regionale dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.

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