Dettaglio Legge Regionale

Legge di tutela della natura ed altre disposizioni. (12-5-2010)
Bolzano
Legge n.6 del 12-5-2010
n.21 del 25-5-2010
Politiche infrastrutturali
22-7-2010 / Impugnata
La legge provinciale, che disciplina la tutela degli animali selvatici, delle piante a diffusione spontanea, dei loro habitat, nonché dei fossili e minerali, presenta aspetti di illegittimità costituzionale.
Si premette, in via generale, che, nonostante la Provincia, ai sensi dell'art. 8, comma 1, punti nn. 15 e 16, del D.P.R. 670/1972 recante lo Statuto speciale per il Trentino Alto Adige, abbia una potestà legislativa primaria in materia di caccia e di parchi per la protezione della flora e della fauna, secondo una consolidata giurisprudenza costituzionale, (cfr. sent. n.378/2007) la potestà di disciplinare l'ambiente nella sua interezza è stata affidata in via esclusiva allo Stato, dall’art. 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione, il quale, come è noto, parla di “ambiente” (ponendovi accanto la parola “ecosistema”) in termini generali e onnicomprensivi. Ne consegue che spetta allo Stato disciplinare l’ambiente come una entità organica, dettare cioè delle norme di tutela che hanno ad oggetto il tutto e le singole componenti considerate come parti del tutto. Ed è da notare che la disciplina unitaria e complessiva del bene ambiente, inerisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale primario (sent. n. 151/1986) ed assoluto (sent. n. 210/ 1987) e deve garantire, come prescrive il diritto comunitario, un elevato livello di tutela, come tale inderogabile da altre discipline di settore. Inoltre, la disciplina unitaria del bene complessivo ambiente, rimessa in via esclusiva allo Stato, viene a prevalere su quella dettata dalle Regioni o dalle Province autonome, in materie di competenza propria, ed in riferimento ad altri interessi. Ciò comporta che la disciplina ambientale, che scaturisce dall’esercizio di una competenza esclusiva dello Stato, investendo l’ambiente nel suo complesso, e quindi anche in ciascuna sua parte, viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza (cfr. sent. n. 380/2007).
E' indubbio, in particolare, che l'esercizio dell'attività venatoria sia da ricomprendersi nella nozione di ambiente ed ecosistema, che la Corte Costituzionale ha ricostruito nelle sentenze citate, dal momento che tale attività incide sulla tutela della fauna e di conseguenza sull'equilibrio dell'ecosistema.
Pertanto, nelle materie oggetto di disciplina della legge in esame il legislatore provinciale, nell'esercizio della propria competenza legislativa piena, è sottoposto al rispetto degli standards minimi ed uniformi di tutela posti in essere dalla legislazione nazionale, ex art. 117, comma 2, lettera s) Cost., oltre che al rispetto della normativa comunitaria di riferimento (direttive 79/409/CEE, 92/43/CEE,88/22/CEE) secondo quanto disposto dall'articolo8, comma 1 dello Statuto speciale di autonomia e dall'articolo117, primo comma, Cost.
Sulla base di queste premesse sono censurabili, in violazione dei vincoli posti al legislatore provinciale dal suindicato art. 8, comma 1 dello Statuto, nonché in quanto invasive della competenza esclusiva statale di cui all'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione, le disposizioni della legge in esame che non recano i necessari richiami alle norme statali di settore di cui alla legge 157/92 recante “Norme per la protezione della Fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio” e al DPR 357/97 recante “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche”. Tale mancato richiamo alle definizioni recate dalla normativa statale rende non univocamente interpretabili le disposizioni riguardanti le azioni, le specie e i luoghi oggetto delle previste attività di tutela e conservazione.
In particolare :
1)la norma contenuta nell’articolo 4, rubricato “Specie animali integralmente protette”, ricorre a nozioni non coincidenti con quelle utilizzate nella normativa statale e comunitaria (nello specifico, quelle previste dalla Direttiva 92/43/CEE e dalla Direttiva 79/409/CEE e dalle relative norme di recepimento statale che prevedono “specie protette e particolarmente protette”). Analoga osservazione va formulata con riguardo all’articolo 8. In relazione a tale ultima norma si rileva in particolare , con riferimento al comma 4, che detta disposizione consente ai proprietari e ad altri soggetti la raccolta senza limitazioni dei funghi e di specie vegetali parzialmente protette. La norma statale di rifermento, contenuta nell’articolo 4, comma 1, della l. 352/1993, pone invece limiti derogabili solo subordinatamente a determinate condizioni. Detta norma statale, dettata a tutela dell’ecosistema, deve ritenersi vincolante anche per la Provincia di Bolzano in quanto pone standards minimi di tutela in materia ambientale.

2) la disposizione contenuta nell’articolo 11, concernente la concessione, da parte del responsabile della Ripartizione provinciale Natura e Paesaggio, di deroghe alle disposizioni previste dall’articolo 4, comma 5 e dall’art. 7, comma 4, risulta non conforme a quanto disposto dall’art. 11, comma 1, del DPR 357/97, in quanto le deroghe alla cattura di specie riferibili all’Allegato IV della Direttiva, ovvero Allegato D del DPR 357/97, devono in ogni caso essere autorizzate dal Ministero dell’Ambiente. Infatti alcune popolazioni delle specie elencate all’ allegato D, ovvero allegato IV della Direttiva 92/43/CEE, presentano areali piuttosto frammentati, sicché la loro conservazione dipende dalla gestione delle eventuali deroghe al loro prelievo a livello nazionale, atteso fra l’altro che la fauna selvatica è come noto patrimonio indisponibile dello Stato. Di conseguenza, una gestione a livello provinciale non garantisce che vengano tenute in debita considerazione esigenze che riguardano la situazione della specie sull’intero territorio nazionale.
Inoltre, il comma 2 del medesimo articolo, che dispone l’invio della relazione informativa alle Autorità competenti, non prevede l’obbligo di corredarla di quanto, invece, espressamente specificato dall’art. 16 della Direttiva Habitat. Infatti, il rapporto sulle catture o le uccisioni accidentali delle specie faunistiche elencate nell’allegato D) lettera a) del DPR 357/97 devono essere trasmesse annualmente al Ministero dell’Ambiente , così come previsto dal art. 8 comma 4 del medesimo decreto.

3) L’articolo 22, rubricato “Valutazione d’Incidenza” , al comma 6, prevede che le misure compensative necessarie per garantire la coerenza globale della rete ecologica europea Natura 2000, siano comunicate alla DG Ambiente della Commissione Europea. Tale comunicazione, così come previsto dal DPR 357/97, art.5, commi 9 e 10 e collegato art.13, deve avvenire per il tramite del Ministero dell’Ambiente e non direttamente ad opera dell’Autorità provinciale.Così come affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.378/2007, in base al principio sancito dai commi terzo e quinto dell'art. 117 Cost. - che attribuiscono allo Stato la competenza a disciplinare i rapporti delle Regioni e delle Province autonome con l'Unione europea e a definire le procedure di partecipazione delle stesse, nelle materie di loro competenza, alla formazione degli atti comunitari - spetta allo Stato, ai sensi dell'art.5 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (che attribuisce al Ministro dell'ambiente il compito di rappresentare l'Italia presso gli organismi della Comunità Europea in materia di ambiente e di patrimonio culturale), il potere di interloquire con la Commissione europea ;

4) Infine, l’art. 33 comma 3, dispone che, per l’abbattimento di determinate specie nelle oasi di protezione per particolari motivi, l’Assessore provinciale competente in materia di caccia si avvalga dei pareri dell’Osservatorio Faunistico e della Ripartizione provinciale Natura e Paesaggi. Tale disposizione si pone in contrasto con gli articoli 7 e 19 della Legge 157/92 che, per le specie elencate negli allegati dal II al IV della Direttiva 92/43/CEE, prevede il parere dell’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica, ora ISPRA.
In proposito si rileva come la più recente giurisprudenza Costituzionale sul tema della caccia abbia ribadito la permanenza della sussistenza delle prerogative statali di regolazione delle specie cacciabili anche nel caso in cui lo statuto regionale (o provinciale, come nel caso in oggetto) annoveri la materia tra quelle di propria competenza (sent. 233/2010): “La norma regionale impugnata, sebbene sia riconducibile alla materia «caccia» spettante alla competenza legislativa primaria della Regione Friuli-Venezia Giulia ai sensi dell’art. 4 del relativo statuto di autonomia, nell’individuare le specie cacciabili sul territorio regionale, incide in un ambito attribuito alla competenza esclusiva del legislatore statale. Ciò risulta confermato dall’art. 7 della direttiva n. 79/409/CEE, secondo cui «In funzione del loro livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Comunità le specie elencate nell’allegato II possono essere oggetto di atti di caccia nel quadro della legislazione nazionale».
In attuazione della menzionata normativa, l’art. 18 della legge n. 157 del 1992 contempla appositi elenchi nei quali sono individuate le specie cacciabili, i relativi periodi in cui ne è autorizzato il prelievo venatorio, nonché i procedimenti diretti a consentire eventuali modifiche a tali previsioni.
Ne consegue che lo stesso art. 18 garantisce, nel rispetto degli obblighi comunitari contenuti nella direttiva n. 79/409/CEE, standard minimi e uniformi di tutela della fauna sull’intero territorio nazionale e, pertanto, ha natura di norma fondamentale di riforma economico-sociale, in quanto indica il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica il cui rispetto deve essere assicurato sull’intero territorio nazionale e, quindi, anche nell’ambito delle Regioni a statuto speciale (sentenze n. 227 del 2003 e n. 536 del 2002).”
Per questi motivi la legge deve essere impugnata di fronte alla Corte Costituzionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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