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Misure per la promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili previsti dal decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili), e modifiche di disposizioni connesse. (2-5-2022)
Trento
Legge n.4 del 2-5-2022
n.17 del 3-5-2022
Politiche infrastrutturali
22-6-2022 / Impugnata
La legge della Provincia Autonoma di Trento n. 4 del 2 maggio 2022 recante “Misure per la promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili previsti dal decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili), e modifiche di disposizioni connesse.” Eccede dalle competenze riconosciute alla Provincia autonoma di Trento dagli articoli 4 e 8 dello Statuto speciale di autonomia della Regione Trentino Alto Adige ed è censurabile relativamente alle disposizioni contenute negli contenute nell’ art. 4, commi 1 e 2, art. 5, art. 7, commi 1 , 2 e 3 e art.10 andando a violare l’articolo 117 comma terzo della Costituzione e, nello specifico, i principi fondamentali posti dallo Stato nella materia di legislazione concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». Le medesime disposizioni, inoltre, ponendosi in contrasto con norme statali di recepimento di direttive europee in materia energetica, si pongono in contrasto con l’articolo 117, primo comma, della Costituzione, violando altresì, con specifico riferimento all’articolo 7, comma 1, la competenza esclusiva statale in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione oltre a violare il medeismo articolo 117, secondo comma lettera m) della costituzione che assegna allo Stato la competenza esclusiva in materia di livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili i e sociali e che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
La legge in questione persegue la finalità di promuovere il ricorso alla produzione di energia da fonti rinnovabili nel territorio provinciale, nonché di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili previsti dal decreto legislativo 8 novembre 2021, n.191 (recante Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti innovabili) e introduce disposizioni volte “a semplificare i relativi procedimenti amministrativi e ad assicurare il loro corretto inserimento nel contesto paesaggistico” (art. 1, comma 1).
Si premette che in relazione alla materia dell'energia, lo Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige non prevede specifiche competenze da parte delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Prima della modifica al Titolo V della Parte seconda della Costituzione, l’art. 1, del d.P.R. n. 235 del 1977 (aggiunto dal d.lgs. 11 novembre 1999, n. 463, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di demanio idrico, di opere idrauliche e di concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione di energia elettrica») attribuiva alle Province autonome le funzioni esercitate dallo Stato, concernenti le attività di ricerca, produzione, stoccaggio, conservazione, trasporto e distribuzione di qualunque forma di energia.
Con l'entrata in vigore, quindi, delle modifiche del Titolo V della Parte II della Costituzione viene devoluta alle Regioni ordinarie una competenza legislativa concorrente in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», e tale previsione, nella misura in cui conferisce una potestà più ampia di quella connessa all’autonomia statutaria delle Province autonome in materia di energia, si applica anche alle predette, in base all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 (cfr. Corte cost. sentenza n. 383 del 2005).
Ciò, non significa affermare che la competenza legislativa esclusiva de qua possa esercitarsi (così come per tutte le altre) senza alcun limite, rimanendo dette funzioni, comunque condizionate all’osservanza “dei limiti dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato e in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica,”, tra cui, per quanto di interesse, rilevano quelle derivanti, dal decreto legislativo n. 387/2003, recante “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità”, dal decreto legislativo 3 novembre 2011, n. 28 (“Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/ CE), dalle Linee guida di cui al decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 10 settembre 2010, nonché dal più recente decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 (“Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili”) che introduce importanti misure di semplificazione.
Tale necessaria premessa, si pone in linea con gli indirizzi interpretativi espressi dalla Corte Costituzionale in caso di impugnazione di leggi delle Regioni ad autonomia speciale tendenti a evidenziare - ai fini della compiuta definizione dell'oggetto - il valore imprescindibile dell'indicazione delle competenze legislative assegnate dallo Statuto speciale (Corte Cost., sentenze n. 16 del 2020, n. 122 del 2018, n. 109 del 2018, n. 103 del 2017, n. 252 del 2016, n. 151 del 2015 e n. 142 del 2015).
In tale ambito previsionale, per costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, le Regioni sono infatti tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati dal legislatore statale e in buona parte racchiusi nel menzionato d.lgs. n. 387/2003 (ex multis sentenze n. 11 del 2022, n. 177 del 2021 e n. 106 del 2020), costituente parametro statale interposto e, in specie dall’art. 12 ( ex multis , sentenze n.14/2018 e n.177/2018).
I tratti essenziali della disciplina disegnata dall’anzidetto articolo 12 si compendiano nell’obiettivo di razionalizzare e di semplificare le procedure autorizzative per la costruzione e per l’esercizio degli impianti di produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili. Di regola, si prevede il rilascio di un’autorizzazione unica da parte della Regione o delle Province delegate da quest’ultima o, nel caso di impianti di potenza particolarmente elevata, del Ministero dello sviluppo economico.
Anche le Linee guida, approvate con decreto ministeriale 10 settembre 2010, sono annoverate, per giurisprudenza costante della corte Costituzionale, tra i principi fondamentali della materia, vincolanti nei confronti delle Regioni in quanto «costituiscono, in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa primaria” (sentenza n. 86 del 2019, n.177 del 2021 e n. 106 del 2020), costituente parametro statale interposto e, in specie, dall’art. 12.
In particolare, l’art. 12 del decreto stabilisce che, per lo svolgimento del procedimento di cui al terzo comma, devono essere approvate le linee guida in sede di Conferenza unificata le quali sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le Regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti. Tali “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili” sono state, infine, approvate con D. M. 10 settembre 2010.
Sebbene in linea di principio, appaiano condivisibili le dichiarate finalità di promozione e sostegno alla produzione di energia da fonti rinnovabili e di semplificazione, per raggiungere gli obiettivi derivanti dagli impegni nazionali ed europei, l’intervento legislativo provinciale suscita perplessità introducendo una disciplina in materia di regimi amministrativi per la realizzazione e l’esercizio di impianti alimentati da fonti rinnovabili che si sovrappone, in parte discostandosene, da quella statale.
La legge provinciale in esame, nel disciplinare i predetti regimi autorizzativi, è riconducibile, al pari di quanto riconosciuto alle Regioni ad autonomia ordinaria, alla materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, rimessa alla potestà legislativa concorrente ex art. 117, comma 3, Cost., in cui le Regioni sono vincolate ai principi stabiliti dalla legislazione statale (sentenze n. 124, n. 168, n. 332 e n. 366 del 2010).
Secondo l’orientamento della Corte Costituzionale in tema di energie rinnovabili (ex plurimis, sentenze n. 224/2012, n. 275/2012, n. 192/2011, nn. 194, 168, e 119/2010, n. 282//2009, n. 364/2006), fondata sul criterio funzionale della individuazione degli interessi pubblici sottesi alla disciplina, le procedure autorizzative per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili integrano una normativa riconducibile alla materia di potestà legislativa concorrente della “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”.
Nella predetta materia, alla Provincia autonoma di Trento si deve estendere, in virtù del richiamato art. 10, della legge cost. n. 3/2001, la stessa disciplina dettata dagli artt. 117 e 118 Cost. per le Regioni a statuto ordinario (sentenza n. 383/2005).
Peraltro, ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 “Al fine di favorire lo sviluppo delle fonti rinnovabili e il conseguimento, nel rispetto del principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni, degli obiettivi di cui all'articolo 3, la costruzione e l'esercizio di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sono disciplinati secondo speciali procedure amministrative semplificate, accelerate, proporzionate e adeguate, sulla base delle specifiche caratteristiche di ogni singola applicazione”.
Secondo il costante insegnamento della giurisprudenza costituzionale la disciplina dei regimi abilitativi degli impianti alimentati da fonti rinnovabili deve conformarsi ai principi fondamentali ricavabili dalla legislazione statale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 117, comma terzo, Cost., vincolanti per le Regioni nella materia di legislazione concorrente di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia (Corte Cost. Sentenze 26-03-2010, n. 119; 01-04-2010, n. 124; 15-06-2011, n. 192; 21-10-2011, n. 275; 20-04-2012, n. 99) in quanto il citato regime non può che essere uniforme lo stesso su tutto il territorio nazionale, pena l’ingiustificata discriminazione tra le iniziative economiche nelle diverse Regioni del Paese.
Infatti, la Corte Costituzionale ha più volte sottolineato che il quadro normativo internazionale, europeo e nazionale presenta un ampio favor per le fonti energetiche rinnovabili, rivolto all’eliminazione della dipendenza dalle fonti fossili di energia e ad favorire la massima diffusione di impianti FER.
La stessa Consulta ha ritenuto che alle Regioni fosse concesso dettare discipline volte alla più ampia diffusione possibile delle fonti rinnovabili: Alle stesse, infatti, è attribuita la facoltà di estenderne l’ambito massimo di applicazione, non potendo, viceversa, intervenire con disposizioni restrittive, impedendo che la generalità dei soggetti abilitata a ricorrervi possa beneficiarne.
Tale affermato principio si estende anche per le Regioni a statuto speciale, in quanto non verrebbe in alcun modo messa in discussione la loro competenza, di rango primario, in materia di tutela del paesaggio (Corte Cost. sent. nn. 44/2011 e 166/2014).
D’altronde, tale filone giurisprudenziale riflette la sempre più penetrante azione del diritto europeo, il cui concreto spiegarsi all’interno di tutti gli Stati membri richiede la soddisfazione dell’esigenza di “un sistema di regole tendenzialmente uniformi (…) perseguita dalla normativa statale di attuazione”,
Peraltro, il complesso normativo statale in materia è stato oggetto di un incisivo percorso di semplificazione intrapreso con il decreto legge 16 luglio 2020 n. 763, poi ulteriormente ampliato con il decreto legge 31 maggio 2021 n. 77, coordinato con la legge di conversione 29 luglio 2021, n. 108 (recante “Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure”) nonché con l’anzidetto decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, sino ad arrivare ai recentissimi decreti legge 1 marzo 2022, n. 174, 21 marzo 2022, n. 215 e 17 maggio 2022, n. 506, finalizzati, per l’appunto, ad introdurre un rilevante pacchetto di misure finalizzate a velocizzare in modo significativo l’installazione delle fonti rinnovabili.
Pertanto, il legislatore statale attraverso tale strutturato e complesso quadro normativo, ha inteso perseguire un obiettivo di accelerazione della diffusione delle installazioni FER in maniera armonica ed efficace su tutto il territorio nazionale, al fine di ridurre ostacoli, normativi e non, all’aumento della componente rinnovabile e razionalizzando, e garantire, altresì, un quadro autorizzativo omogeneo e rapido che consenta lo sviluppo dei progetti in un arco temporale ben definito atto a favorire la promozione degli investimenti.
E’, quindi, alla luce di tali considerazioni che occorre valutare la disciplina introdotta dalla legge provinciale in esame, al fine di verificarne la coerenza con il quadro normativo nazionale di riferimento, interpretato alla luce delle indicazioni della giurisprudenza costituzionale.
Quanto sopra premesso, dall’esame dell’articolato si individuano talune disposizioni che appaiono censurabili, per contrasto con il predetto articolo 117, commi primo e terzo, in particolare:
1. l’articolo 4, della legge provinciale in oggetto disciplina “L’installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili nelle aree idonee, stabilendo, in particolare, che siano ritenute tali le aree elencate nell’Allegato B, e che in tali zone “è ammessa l'installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili anche in deroga agli strumenti urbanistici subordinati al PUP e in assenza di una specifica previsione urbanistica. L'installazione degli impianti avviene nel rispetto degli standard urbanistici e in modo da non limitare la destinazione d'uso della zona prevista dagli strumenti urbanistici. Lo stesso articolo 4, prevede altresì, ai successivi commi 3, 4, 5 e 6, quanto segue:“3. Con riferimento alle aree idonee, al procedimento per il rilascio dell'autorizzazione integrata disciplinato dall'articolo 3 si applicano le seguenti misure di semplificazione ed accelerazione: a) l'autorizzazione paesaggistica prevista dall'articolo 64 della legge provinciale per il governo del territorio 2015 è sostituita da un parere obbligatorio non vincolante. Decorso inutilmente il termine per l'espressione del parere non vincolante il comune o la struttura provinciale competente in materia di energia provvedono comunque sulla domanda; b) i termini del procedimento sono ridotti di un terzo. 4. La Giunta provinciale può definire i criteri per l'installazione, nelle aree elencate nell'allegato B, delle diverse tipologie di impianti alimentati da fonti rinnovabili. 5. I comuni, con variante semplificata al piano regolatore generale ai sensi dell'articolo 39, comma 2, della legge provinciale per il governo del territorio 2015, possono individuare ulteriori aree idonee, con particolare riguardo alle aree compromesse, alle aree non più utilizzabili per altri scopi e alle aree acquisite al patrimonio dell'ente pubblico in esito a procedimenti repressivi di abusi edilizi. 6. In attuazione del piano energetico ambientale provinciale e al fine di garantire il raggiungimento della potenza complessiva individuata dai decreti attuativi previsti dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021, la Giunta provinciale quantifica la potenza complessiva fotovoltaica da installare nelle aree idonee”.
La Provincia individua aprioristicamente aree considerate “idonee” e rimette, tra l’altro, ai Comuni l’individuazione di ulteriori aree idonee, ponendosi in contrasto con la normativa statale di riferimento, volta invece ad introdurre una apposita disciplina per l’individuazione di siffatte aree, coinvolgendo in prima battuta i Ministeri di riferimento (MTE, MIC e MIPAAF) per la definizione dei criteri mediante apposito decreto interministeriale, e attribuendo la titolarità del processo programmatorio alle Regioni e Province autonome, conformemente ai principi e criteri ivi stabiliti. Pertanto, la norma provinciale che qui si contesta, volta a disciplinare le modalità di individuazione delle aree idonee da parte delle Regioni, peraltro, attraverso l’attribuzione agli enti locali di una funzione ad essi non delegabile, si pone in contrasto con la disciplina nazionale in materia e, in particolare, con l’art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021, dalla cui lettura risulta desumibile la chiara volontà legislativa di pervenire all’adozione di criteri omogenei ed uniformi su tutto il territorio per la localizzazione degli impianti da fonti rinnovabili, al fine precipuo di scongiurare applicazioni difformi a livello locale, implicanti, medio tempore, potenziali effetti distorsivi;
2. l’articolo 5 recante apposita disciplina in tema di “procedura abilitativa semplificata”, stabilisce che “gli interventi di installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza inferiore alle soglie della tabella A del decreto legislativo n. 387 del 2003 e dell'allegato A sono assoggettati a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), nell'ambito della procedura abilitativa semplificata disciplinata dal presente articolo”. Altresì, è disciplinato il relativo iter procedurale, prevedendosi che la SCIA sia accompagnata dalla relazione e dagli elaborati tecnici per la connessione redatti dal gestore della rete tecnica e che venga presentata al Comune almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori. Laddove, poi, l’ente locale accerta la mancanza dei requisiti vieta l’inizio dei lavori, altrimenti l'attività è da ritenersi assentita. Per gli aspetti non disciplinati dall’articolo in rassegna, si prevede, infine, il rinvio all’art. 86 della l.p. del 2015.
La scelta del legislatore provinciale di assoggettare tale tipologia di interventi al meccanismo di carattere generale della SCIA, in difformità da quanto previsto dal quadro normativo nazionale che, invece, con particolare riguardo al settore degli impianti a fonte rinnovabile, detta una disciplina che si connota per i suoi caratteri di specialità, risulta illegittima. In particolare, per questa tipologia di interventi si richiama l’articolo 6 del decreto legislativo n.28 del 2011 che prevede l’applicazione di una procedura autorizzativa semplificata c.d. PAS. I due istituti, PAS e SCIA costituiscono titoli abilitativi diversi e sono caratterizzati da un regime giuridico differente. A tale proposito è utile evidenziare che nella disciplina previgente al decreto legislativo n. 28/2011, anche in materia di impianti FER si prevedeva il regime della SCIA (che era subentrata alla DIA). Successivamente, a seguito, poi, dell’entrata in vigore della disciplina di cui al citato d.lgs. n. 28 del 2011, il legislatore nazionale ha inteso introdurre una apposita e peculiare procedura speciale volta a promuovere la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, con la conseguenza che la scelta di prevedere la SCIA in relazione a fattispecie ormai sottoposte a PAS non appare aderente al dato normativo nazionale e ai principi fondamentali ivi dettati;
3. l’articolo 7 in tema di interventi in edilizia libera, stabilisce: 1. “L'installazione, con qualunque modalità, di impianti solari fotovoltaici e termici sulle coperture delle costruzioni esistenti e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nelle predette costruzioni possono essere liberamente effettuate, previa comunicazione al comune, e non sono subordinate all'acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, inclusa l'autorizzazione paesaggistica. Restano fermi l'acquisizione delle autorizzazioni previste dalle norme di settore a tutela dei beni ambientali e dei beni culturali e il rispetto delle norme sulla sicurezza, antisismiche, igienico-sanitarie e di tutela del pericolo idrogeologico”. 2. Il comma 1 si applica anche all'installazione, nelle pertinenze delle costruzioni, di impianti solari fotovoltaici e termici a terra con capacità di generazione inferiore alle soglie previste dall'articolo 3, comma 1, per l'applicazione dell'autorizzazione integrata. 3. Fermo restando quanto previsto dai commi 1 e 2, nei centri storici e negli insediamenti storici sparsi gli impianti solari fotovoltaici e termici devono essere installati in modo da minimizzarne la visibilità, con inclinazione identica o coerente rispetto alla copertura nel caso di tetti a falda in aderenza o integrati, e possono essere installati a terra nelle pertinenze delle costruzioni solo in caso di insufficienza o inidoneità della copertura della costruzione medesima”. 5 “Sono interventi liberi ai sensi dell'articolo 78, comma 3, della legge provinciale per il governo del territorio 2015 e possono essere realizzati previa comunicazione al comune gli interventi di cui ai commi 1 e 2 e gli interventi elencati nell'allegato D, nonché le modifiche di impianti esistenti, o di progetti autorizzati e non ancora realizzati, che rientrano entro i limiti previsti per le variazioni in corso d'opera di cui all'articolo 92, comma 3, lettera b), della legge provinciale per il governo del territorio 2015. Si applica l'articolo 3 se le modifiche previste da questo comma comportano il superamento delle soglie di potenza della tabella A del decreto legislativo n. 387 del 2003 e dell'allegato A”.
Anche la richiamata disposizione, con cui la Provincia individua le categorie di intervento realizzabili in edilizia libera, risulta contrastare con la normativa statale, necessitando di specifico coordinamento con quanto statuito in relazione ai medesimi interventi, previsti dall’art. 7-bis, comma 5, del decreto legislativo n. 28 del 2011, che così dispone: “Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa sull'energia elettrica, l'installazione, con qualunque modalità, anche nelle zone A degli strumenti urbanistici comunali, come individuate ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici, come definiti alla voce 32 dell'allegato A al regolamento edilizio-tipo, adottato con intesa sancita in sede di Conferenza unificata 20 ottobre 2016, n. 125/CU, o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, ivi compresi strutture, manufatti ed edifici già esistenti all'interno dei comprensori sciistici, e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici o strutture e manufatti, nonché nelle relative pertinenze, compresi gli eventuali potenziamenti o adeguamenti della rete esterni alle aree dei medesimi edifici, strutture e manufatti, sono considerate interventi di manutenzione ordinaria e non sono subordinate all'acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, ivi compresi quelli previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, a eccezione degli impianti installati in aree o immobili di cui all'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del citato codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, individuati mediante apposito provvedimento amministrativo ai sensi degli articoli da 138 a 141 e fermo restando quanto previsto dagli articoli 21 e 157 del medesimo codice. In presenza dei vincoli di cui al primo periodo, la realizzazione degli interventi ivi indicati è consentita previo rilascio dell'autorizzazione da parte dell'amministrazione competente ai sensi del citato codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004. Le disposizioni del primo periodo si applicano anche in presenza di vincoli ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettera c), del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, ai soli fini dell'installazione di pannelli integrati nelle coperture non visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, eccettuate le coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale” (come sostituito, da ultimo, dall’ art. 9, comma 1, D.L. 1 marzo 2022, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 aprile 2022, n. 34). In particolare, per quel che riguarda il comma 1 dell’articolo 7 in argomento, nonché il collegato comma 2, si evidenzia che l'articolo 9, comma 1 del decreto legge 1 marzo 2022, n. 17, sostituendo il comma 5 dell'articolo 7-bis del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, ha stabilito che l'installazione di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici o su strutture e manufatti fuori terra, diversi dagli edifici, è considerata intervento di "manutenzione ordinaria" non subordinato "all'acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, ivi compresi quelli previsti dai codice dei beni culturali e dei paesaggio, di cui ai decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ad eccezione degli impianti installati in aree o immobili di cui all'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), dei citato codice di cui al decreto legislativo n. 42 dei 2004, individuati mediante apposito provvedimento amministrativo ai sensi degli articoli da 138 a 141 e fermo restando quanto previsto dagli articoli 21 e 157 dei medesimo codice. In presenza dei vincoli di cui al primo periodo, la realizzazione degli interventi ivi indicati è consentita previo rilascio dell'autorizzazione da parte dell'amministrazione competente ai sensi del citato codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004. Le disposizioni del primo periodo si applicano anche in presenza di vincoli ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettera c), del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, ai soli fini dell'installazione di pannelli integrati nelle coperture non visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, eccettuate le coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale".

La norma provinciale, come formulata, esula dall’ambito delle competenze riconosciute alla Provincia autonoma nella misura in cui, mediante l’inclusione dell’autorizzazione paesaggistica tra gli atti di assenso non necessari per l’installazione di impianti solari fotovoltaici e termici, introduce fattispecie di esonero dal predetto titolo non contemplate dal legislatore nazionale, neanche a seguito delle recenti modifiche intervenute in materia di semplificazione delle procedure per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.

In tal senso, preliminarmente, giova ricordare che, in base all’articolo 8 del relativo Statuto speciale, la Provincia ha potestà legislativa in materia di “urbanistica e piani regolatori” (n. 5), nonché in materia di “tutela del paesaggio” (n. 6). Tuttavia, tale potestà deve essere esercitata – come pure richiamato dal medesimo articolo 8 – nel rispetto dei limiti indicati all’articolo 4 dello Statuto, ossia “In armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali […] nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica”.
Tali competenze sono esercitate dalla Provincia autonoma con proprie leggi, tra le quali, in particolare, si segnalano: (i) la legge provinciale n. 1 del 2008 (anche denominata “legge urbanistica”, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera d), delle Norme di attuazione al Piano Urbanistico Provinciale, c.d. “PUP”, di cui all’Allegato B della legge provinciale n. 5 del 2008); (ii) la legge provinciale n. 5 del 2008, la quale ha previsto specifiche disposizioni relativamente alla carta del paesaggio e alla carta delle tutele paesistiche; (iii) la legge provinciale n. 15 del 2015, che detta disposizioni per il governo e la valorizzazione del territorio provinciale (“Legge provinciale per il governo del territorio”).
L’articolo 10, della legge provinciale n. 5 del 2008, in particolare, nel prevedere lo strumento procedurale della “Carta delle tutele paesistiche” individua anche, tra gli altri, i “beni ambientali” sottoposti a tutela secondo il PUP e identificati, ai sensi del successivo articolo 12, in “1. I manufatti e siti di particolare pregio paesaggistico e ambientale individuati ai sensi della legge urbanistica” che “sono compresi negli elenchi contenuti nell'allegato D e schematicamente indicati nella Carta delle tutele paesistiche. Per l'esatta individuazione catastale si fa riferimento ai provvedimenti di individuazione adottati dalla Giunta provinciale. 2. La Giunta provinciale, con propria deliberazione, può aggiornare e integrare i beni ambientali sulla base di studi e approfondimenti ulteriori, con le procedure stabilite dalla legge urbanistica.”.
La potestà della Provincia in tale ambito è ribadita dalle previsioni della legge provinciale n. 15 del 2015 e, in particolare, dall’articolo 4, comma 1, lettera a), ai sensi del quale spettano alla medesima le attribuzioni in materia di “pianificazione provinciale, anche con valenza paesaggistica, relativa all’intero territorio provinciale”, benché secondo le modalità ed entro i limiti indicati, tra gli altri, all’articolo 21 della medesima legge provinciale n. 15 del 2015, rubricato “Obiettivi, contenuto e struttura del PUP”.
L’articolo 21 della legge provinciale n. 15 del 2015, al comma 1, dispone che “Il PUP è lo strumento unitario di governo e di pianificazione del territorio provinciale, che definisce le strategie, le direttive e le prescrizioni da seguire per il governo e le trasformazioni territoriali. Il PUP costituisce il quadro di riferimento per l'approvazione degli altri strumenti di pianificazione del territorio e assicura il raccordo con gli strumenti di programmazione socio-economica”. Il medesimo articolo 21, inoltre, al comma 2, statuisce che “Il PUP ha valenza di piano paesaggistico ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).”. Inoltre, ai sensi del comma 4, lettera c), del citato articolo 21, il PUP contiene, tra le altre, “l'individuazione e la disciplina delle aree di tutela ambientale e l'individuazione dei beni ambientali sottoposti a tutela con le modalità indicate nel titolo III”.
Al riguardo, si evidenzia che il Capo I del Titolo III della legge provinciale n. 15 del 2015 individua gli interventi assoggettati ad autorizzazione paesaggistica, gli organi competenti al rilascio della medesima e i relativi profili procedurali.
Le diverse categorie di interventi soggetti a tale disciplina sono individuate all’articolo 64, il quale, in particolare, al comma 2, lettera d), menziona anche quelli che interessano “i beni ambientali di cui all’articolo 65”, ossia i beni ambientali, così come definiti all’articolo 12 della legge provinciale n. 5 del 2008, individuati dalla Giunta provinciale, sentita la Commissione per la Pianificazione territoriale e il paesaggio delle Comunità di Valle (CPC) competente per territorio, tra “a) i beni immobili, anche non compresi nelle aree di tutela ambientale individuate dal PUP, che rivestono cospicui caratteri di bellezza naturale o di singolarità ecologica o formano punti di vista o di belvedere; b) gli alberi monumentali perché appartengono a specie rare o hanno una forma particolare o un peculiare pregio paesaggistico o rappresentano una testimonianza o un simbolo della storia, della tradizione o della cultura locale, e gli alberi monumentali riconosciuti come beni ambientali tra quelli censiti ai sensi dell'articolo 7 della legge 14 gennaio 2013, n. 10 (Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani); c) le opere d'infrastrutturazione del territorio, le aree terrazzate e i manufatti, anche non soggetti alle norme per la tutela delle cose d'interesse storico o artistico, che si distinguono, singolarmente o nel loro insieme, per il loro peculiare interesse architettonico.” (articolo 65, comma 1, della legge provinciale n. 15 del 2015).
Tanto premesso, la Provincia intende ricondurre la coerenza della previsione di cui al comma 1, dell’articolo 7, della legge provinciale in oggetto al fatto che l’esenzione dall’autorizzazione paesaggistica prevista dal predetto articolo sarebbe coerente con il nuovo articolo 7-bis, comma 5, del d.lgs. n. 28 del 2011 come sostituito dall’articolo 9, comma 1, del d.l. 1° marzo 2022, n. 17, convertito con modificazioni, dalla l. 27 aprile 2022, n. 34 e che, coerentemente con la richiamata disposizione statale, la norma provinciale prevede “l’esenzione dall’autorizzazione paesaggistica e dalle altre autorizzazioni ad eccezione di quelle previste ‘dalle norme di settore a tutela dei beni ambientali e dei beni culturali […]”, evidenziando che “quest’ultima specificazione è fatta proprio per assicurare che, anche con riguardo agli interventi oggetto delle semplificazioni previste dall’articolo, siano comunque acquisite le autorizzazioni previste per i beni che sono riconosciuti di particolare rilievo culturale o paesaggistico e quindi destinatari di misure specifiche di tutela secondo quanto previsto dal Codice dei beni culturali.”.
La norma provinciale ha però, al contrario, l’effetto di escludere, in via generalizzata, il procedimento di valutazione dell’interesse paesaggistico, sottoponendo a specifiche forme di tutela previste dalla Provincia soltanto i beni paesaggistici individuati tra i beni ambientali, di cui all’articolo 65, comma 1, della legge provinciale n. 15 del 2015, i quali non esauriscono tutte le categorie di cui all’articolo 134 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
L’assunto provinciale, del resto, mostra una evidente aporia interna laddove, (i) da un lato, esclude in via generalizzata la subordinazione degli interventi in questione al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, anche nei casi in cui il legislatore statale prevede tale forma di tutela; (ii) dall’altro, pur intendendo fare salva l’acquisizione delle “autorizzazioni previste dalle norme di settore” – peraltro, in evidente contraddizione con quanto statuito al primo periodo della disposizione – limita l’operatività della previsione ai soli “beni ambientali”, individuati nei termini di cui alla legislazione provinciale sopra richiamata (articolo 12 della legge provinciale n. 5 del 2008; articolo 65 della legge provinciale n. 15 del 2015).
La normativa in esame presenta, inoltre, rilevanti difformità rispetto alla disciplina statale in materia di installazione di produzione di energia da fonti rinnovabili e, in particolare, di impianti solari fotovoltaici e termici.
In proposito, si ricorda che il legislatore nazionale ha introdotto, di recente, una serie di misure di semplificazione in materia, tra le quali rientrano anche: (i) le previsioni introdotte dal decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017 e, più in particolare, quelle di cui agli articoli 2 e 3, del medesimo decreto, che rinviano alle disposizioni contenute ai relativi Allegati A e B; (ii) le ulteriori disposizioni in materia di “Semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione di interventi di efficienza energetica e piccoli impianti a fonti rinnovabili” introdotte dall’articolo 7-bis, comma 5, del decreto legislativo n. 28 del 2011, come sostituito dall’articolo 9, comma 1, del decreto legge 1° marzo 2022, n. 17, convertito con modificazioni, dalla legge 27 aprile 2022, n. 34.
Al riguardo, con riferimento all’installazione e realizzazione di impianti solari fotovoltaici e termici, per determinate categorie di interventi incidenti su coperture e su strutture, manufatti ed edifici, anche già esistenti – tra i quali quelli di cui ai citati Allegati A e B del decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017 e, rispettivamente, ai punti A.6 e B.8 – il legislatore nazionale ha previsto l’applicazione di procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, secondo quanto previsto dall’articolo 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017.
A tali previsioni si aggiungono, inoltre, quelle relative ai casi in cui, a scopo di ulteriore semplificazione dei procedimenti, la disciplina nazionale ha previsto l’esonero dall’autorizzazione paesaggistica per interventi di installazione di impianti solari fotovoltaici e termici nelle medesime circostanze, come nei casi previsti dall’articolo 7-bis, comma 5, del decreto legislativo n. 28 del 2011.
L’articolo 7-bis, comma 5, del decreto legislativo n. 28 del 2011, in particolare, prevede che tali interventi non siano sottoposti ad autorizzazione paesaggistica qualora essi avvengano su edifici, su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, strutture e manufatti già esistenti all’interno dei comprensori sciistici oppure laddove essi interessino la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici, strutture e manufatti e relative pertinenze agli interventi appena richiamati si aggiungono, inoltre, la realizzazione di opere funzionali ai potenziamenti o adeguamenti della rete, esterne alle aree dei medesimi strutture edifici e manufatti.
La medesima disciplina, recante l’esonero anche dall’autorizzazione paesaggistica, si applica anche ai “complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici” di cui all’articolo 136, comma 1, lettera c), del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai soli fini dell’installazione di pannelli integrati nelle coperture, non visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, eccettuate le coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale.
estano, in ogni caso, sottoposti ad autorizzazione paesaggistica gli impianti installati in aree o immobili quali ville, giardini, parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza (articolo 136, comma 1, lettera b), del Codice), nonché quelli installati sui beni paesaggistici di cui all’articolo 136, comma 1, lett. c), in mancanza delle condizioni sopra indicate (ossia, laddove i pannelli non siano integrati nelle coperture oppure siano visibili dagli spazi pubblici esterni o da punti di vista panoramici oppure in presenza di coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale).
Come sopra illustrato, a fronte del quadro ora tratteggiato della disciplina statale, la legge provinciale in esame esclude in ogni ipotesi l’autorizzazione paesaggistica, e quindi rende il predetto titolo non necessario anche nei casi in cui dovrebbe essere acquisito (con procedura ordinaria o semplificata) i base alla normativa nazionale.
Il contrasto della normativa provinciale rispetto a quella statale non viene meno per effetto della previsione del comma 3 dell’articolo 7, ove si prevede che “Fermo restando quanto previsto dai commi 1 e 2, nei centri storici e negli insediamenti storici sparsi gli impianti solari fotovoltaici e termici devono essere installati in modo da minimizzarne la visibilità, con inclinazione identica o coerente rispetto alla copertura nel caso di tetti a falda in aderenza o integrati, e possono essere installati a terra nelle pertinenze delle costruzioni solo in caso di insufficienza o inidoneità della copertura della costruzione medesima.”. La suddetta previsione indica infatti meri criteri, peraltro elastici, per la collocazione degli impianti; tuttavia, l’autorizzazione paesaggistica non viene comunque richiesta anche nel caso di impianti non integrati e visibili su immobili di cui all’articolo 136, comma 1, lett. c), del Codice, o anche su immobili caratterizzati da coperture tradizionali, per i quali il titolo sarebbe necessario in base alla disciplina statale. Inoltre, come pure detto, per gli immobili di cui alla lettera b) la disciplina statale richiede sempre necessariamente il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, proprio al fine di verificare che l’impatto dell’installazione dell’impianto sia effettivamente minimizzato e compatibile con gli specifici profili di pregio del bene.
Tanto premesso, benché sia espressamente riservata alla competenza legislativa primaria della Provincia la “tutela del paesaggio”, si evidenzia che tale potestà deve essere esercitata nel rispetto delle norme fondamentali delle riforme economico-sociale, tra le quali la costante giurisprudenza della Corte costituzionale annovera l’individuazione delle fattispecie nella quali è necessario il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, dettate dallo Stato nell’esercizio della potestà di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Inoltre, secondo quanto pure chiarito dalla Corte costituzionale, la potestà della Provincia non opera per quanto concerne i profili di carattere procedurale, ossia quali debbano essere le regole che disciplinano l’attività amministrativa – quindi, anche i procedimenti amministrativi in genere – in quanto riconosciuti come riconducibili alla materia “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni”, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e, pertanto, materia attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
La riconducibilità della disciplina nazionale che ha semplificato e, in alcuni casi, escluso l’autorizzazione paesaggistica per l’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili sulle coperture degli edifici ai livelli essenziali delle prestazioni è desumibile dall’oggettiva necessità di dettare regole uniformi e valide in ogni contesto geografico della Repubblica. Del resto, come più volte affermato dalla Corte costituzionale, “l’esigenza comune che caratterizza questo tipo di attività procedurale è quella di impedire che le funzioni amministrative risultino inutilmente gravose per i soggetti amministrati ed è volta a semplificare le procedure, evitando duplicazioni in un’ottica di bilanciamento tra l’interesse generale e l’interesse particolare all’esplicazione dell’attività”. Nello stesso senso, fin dalla sentenza n. 282 del 2002, la medesima Corte ha sottolineato che “alla base dei livelli essenziali vi è l'esigenza, che giustifica la competenza esclusiva statale, di «porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle»” (nello stesso senso, tra le molte, anche Corte cost., sent. n. 322 del 2009).
Si evidenzia, inoltre, che ad avviso della stessa Corte, la procedura di autorizzazione paesaggistica disciplinata dalla normativa statale, in via generale, ai sensi dell’articolo 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, fatte salve le deroghe introdotte dai regimi semplificatori stabiliti con legge nazionale, non è derogabile da parte delle province autonome in quanto rientrante tra le norme di grande riforma economico sociale di cui allo Statuto speciale, essendo volta a stabilire proprio se un determinato intervento abbia o meno un impatto paesaggistico significativo (Corte cost. n. 189 del 2016) e “[i]l principio di prevalenza della tutela paesaggistica deve essere declinato nel senso che al legislatore regionale è impedito […] adottare normative che deroghino o contrastino con norme di tutela paesaggistica che pongono obblighi o divieti, ossia con previsioni di tutela in senso stretto” (sentenza n. 74 del 2021; nello stesso senso, anche sentenze n. 101, n. 54 e n. 29 del 2021).
Il legislatore provinciale altera pertanto in modo sostanziale la ratio sottesa agli interventi di semplificazione introdotti dal legislatore nazionale, allo scopo di consentire l’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, senza autorizzazione paesaggistica, anche nei casi in cui il predetto titolo – per i particolari profili di pregio del bene paesaggistico e/o per le caratteristiche dell’intervento – è richiesto dalla disciplina statale.
Da ciò la violazione degli articoli 4 e 8, comma 1, n. 5) e 6), dello Statuto speciale, nonché dell’articolo 117, secondo comma, lettere s) e m), della Costituzione, rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 136, 146, 149 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, come attuati mediante il d.P.R. n. 31 del 2017, nonché l’articolo 7-bis, comma 5, del decreto legislativo n. 28 del 2011.

Analoghe considerazioni possono svolgersi in merito all’articolo 7, comma 2, il quale dispone che “Il comma 1 si applica anche all'installazione, nelle pertinenze delle costruzioni, di impianti solari fotovoltaici e termici a terra con capacità di generazione inferiore alle soglie previste dall'articolo 3, comma 1, per l'applicazione dell'autorizzazione integrata.”.
La suddetta disposizione estende, infatti, l’esonero dall’autorizzazione paesaggistica, previsto al comma 1, ad ulteriori fattispecie, diversamente disciplinate dal legislatore statale, nei termini sopra richiamati e, in particolare, dagli articoli 6 e 6-bis del decreto legislativo n. 28 del 2011, come da ultimo modificati dal decreto legge n. 76 del 2020, dal decreto legge n. 17 del 2022 e dal decreto legge n. 21 del 2022, i quali recano la disciplina degli impianti alimentati da fonti di energia rinnovabili non soggetti all’autorizzazione di cui all’articolo 12 del d.P.R. n. 387 del 2003.
Al riguardo, è sufficiente rilevare che per gli interventi soggetti alla procedura semplificata di cui all’articolo 6 del decreto legislativo n. 28 del 2011 l’autorizzazione paesaggistica è sempre indefettibile, in presenza di vincoli.
Per le ragioni sopra illustrate, la suddetta disposizione normativa è costituzionalmente illegittima, per violazione degli articoli 4 e 8, comma 1, n. 5) e 6), dello Statuto speciale, nonché dell’articolo 117, secondo comma, lettere s) e m), della Costituzione, rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 136, 142, 146, 149 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, come attuati mediante il d.P.R. n. 31 del 2017, nonché gli articoli 6 e 6-bis, del decreto legislativo n. 28 del 2011.

4. l’art. 10 della legge provinciale in esame, modifica il secondo comma, dell’art. 114, della l.p. n.15 del 2015, stabilendo che gli impianti di biogas devono essere alimentati con materiali e sostanze definiti con delibera della Giunta, chiamata ad individuare “la tipologia e il territorio di provenienza dei materiali e delle sostanze che alimentano l’impianto”, e con l'utilizzo prevalente di effluenti zootecnici prodotti dall'azienda, che devono rappresentare almeno il 70 per cento del combustibile. A livello nazionale, gli impianti biogas sono disciplinati, da diverse norme contenute nel più volte citato decreto legislativo n. 387/2003 (artt. 5 e 12), nel decreto legislativo n. 28/2011 (artt. 8-bis e 24-26) e nel decreto legislativo n. 199/2021 (artt. 11 e 14); gli stessi impianti sono, inoltre, interessati da alcuni incentivi a tariffa, regolamentati da appositi decreti ministeriali. Tale disposizione introduce, per il funzionamento di tali impianti, requisiti che non trovano alcun riscontro nella normativa statale, la cui previsione –peraltro rimessa a delibera della Giunta – potrebbe limitare gli investimenti sul biogas ed essere in controtendenza con la finalità di promozione delle energie rinnovabili seguita dal Legislatore nazionale. Pertanto, anche tale disposizione appare di dubbia compatibilità con il paradigma normativo statale interposto di riferimento.
Per i motivi sopra esposti, la legge provinciale, limitatamente alle disposizioni contenute negli articoli 4, commi 1 e 2, 5; 7, commi 1, 2 e 3, e 10 deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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