Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennnale della regione Campania - Legge finanziaria 2009. (19-1-2009)
Campania
Legge n.1 del 19-1-2009
n.5 del 26-1-2009
Politiche economiche e finanziarie
27-2-2009 / Impugnata
La legge in esame è censurabile per i motivi che di seguito si espongono.

1. L'articolo 12, recante "Azioni di sostegno volte a favorire il rientro di risorse umane qualificate sul territorio regionale", prevede, al comma 1, la possibilità che, attraverso lo strumento del credito d'imposta, possano concedersi agevolazioni per le assunzioni di persone che abbiano avuto la residenza anagrafica nella Regione Campania per almeno 10 anni e che siano in possesso di uno dei seguenti requisiti:
a) essere residenti da almeno ventiquattro mesi all’estero o nelle regioni italiane non comprese nell’obiettivo Convergenza dei fondi strutturali comunitari, non occupati ovvero occupati con contratto di lavoro non a tempo indeterminato presso unità produttive ubicate all’estero o in regioni italiane non comprese nell’obiettivo Convergenza;
b) essere occupati a tempo indeterminato da almeno ventiquattro mesi presso unità produttive ubicate all’estero o in regioni italiane non comprese nell’obiettivo Convergenza.
Parimenti, il comma 2 destina una quota dei fondi stanziati per il credito d'imposta regionale per gli investimenti, alle imprese (di cui all'articolo 2 del regolamento regionale 28 novembre 2007, n. 5) il cui capitale sociale sia detenuto da soggetti con residenza storica da almeno dieci anni nella Regione Capania ed in possesso di diploma di laurea in discipline tecnico-scientifiche nonché di uno dei seguenti requisiti:
a) essere residenti da almeno ventiquattro mesi all’estero o nelle
regioni italiane non comprese nell’obiettivo Convergenza e che risultino non
occupati ovvero occupati con contratto di lavoro non a tempo indeterminato
presso unità produttive;
b) essere occupati a tempo indeterminato da almeno ventiquattro mesi presso
unità produttive ubicate all’estero o in regioni italiane non comprese
nell’obiettivo Convergenza.
Al riguardo si rileva che la norma in esame viola molteplici principi del Trattato CE, primo tra tutti l'articolo 12 che reca il principio per cui è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità.
È altresì violato l'articolo 39 del Trattato CE che garantisce la libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità ed al contempo esclude qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità. In applicazione delle citate disposizioni del Trattato, il Regolamento del Consiglio n. 1612/68, relativo, appunto alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità, fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, dispone l'abolizione di qualsiasi forma di discriminazione fra i lavoratori degli Stati membri, per quanto concerne tutte le condizioni riguardanti l'impiego e il diritto di spostarsi liberamente per esercitare un'attività subordinata.
Secondo la costante giurisprudenza della Corte di giustizia, poi, l'articolo 39 del Trattato CE e l'articolo 7 del regolamento n. 1612/68, in materia di parità di trattamento, vietano non soltanto le discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, pervenga al medesimo risultato (cfr., in particolare, sent. Corte di Giustizia C - 337/97). Ciò vale, in particolare, nel caso di una condizione relativa alla residenza, che è più facilmente soddisfatta da lavoratori nazionali o, addirittura, da lavoratori residenti nelle regioni italiane comprese nell’obiettivo Convergenza, che da quelli degli altri Stati membri o delle altre Regioni. Infine, nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, anche il diritto di stabilimento di cui all'articolo 43 del Trattato CE - che assicura l'accesso alle attività non salariate ed al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società - esclude tutte quelle discriminazioni che se pure non fondate sulla nazionalità, comportano di fatto una discriminazione a danno di tutti gli altri cittadini.
Ciò premesso, la norma in esame risulta idonea a determinare discriminazioni oltre per per gli altri lavoratori nazionali anche per i lavoratori provenienti dagli altri Stati membri, ponendosi in contrasto con i principi enunciati del Trattato di cui agli articoli 12, 39 e 43, nonché con il regolamento n. 1612/68, in materia di libera circolazione dei lavoratori e di non discriminazione in base alla nazionalità, nonché con l'articolo 3 della Costituzione in relazione al principio di uguaglianza.
La disposizione inoltre viola l'articolo 117, comma 1, della Costituzione per violazione dei limiti derivanti dall'Ordinamento comunitario nell'esercizio della potestà legislativa regionale.
La stessa norma viola, infine, l'articolo 120, comma 1, della Costituzione che fa espressamente divieto al legislatore regionale di adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persona tra le Regioni, né di lòimitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
Identiche motivazioni valgono in riferimento al comma 2 di cui sopra che, inoltre, viola l'articolo 48 del Trattato CE in materia di diritto di stabilimento.
L'articolo 12 viola anche le disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato, stante la mancanza della previsione della previa notifica alla Commissione delle agevolazioni previste o, in alternativa, dell'indicazione che le stesse sono concesse nei limiti indicati dal regolamento CE n. 1998/2006 sugli aiuti cd "de minimis".
Infine l'articolo 12, comma 1, non circoscrive espressamente l'operatività delle suddette misure di agevolazione entro l'ambito dei soli tributi regionali, estendendo quindi la misura del credito d'imposta anche ai tributi erariali; tale estensione è preclusa al legislatore regionale: la Corte Costituzionale, in relazione ai tributi statali, con la sent. n. 37/2004, ha chiaramente evidenziato che, fino a quando non avrà avuto luogo l’introduzione dei principi di coordinamento del sistema tributario ai sensi dell’art. 119 della Costituzione, la determinazione dei quali compete allo Stato (che dovrà provvedervi con legge, sent. Corte Cost. n. 303/2003), le Regioni non possono innovare la vigente disciplina di promanazione nazionale.
Per i motivi sopra esposti, la disposizione viola anche l'articolo 117 , comma 2 , lettera e), della Costituzione, in materia di sistema tributario.

2. L'articolo 25, comma 2, della legge in esame dispone che "le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, comprese le aziende ospedaliero-universitarie di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, i policlinici universitari a gestione diretta, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico, gli istituti zooprofilattici sperimentali e le agenzie sanitarie regionali che hanno stipulato l’accordo previsto dall’articolo 1, comma 180 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), limitatamente alla durata dell’accordo, non possono essere sottoposti a pignoramenti".
La suddetta norma, nel sottrarre al regime dell'esecuzione forzata i beni delle aziende sanitarie summenzionate, introduce una deroga al principio di responsabilità patrimoniale del debitore (art. 2740 c.c.), intervenendo in una materia che attiene alle norme processuali e all'ordinamento civile.
Così disponendo, quindi, il legislatore regionale legifera in una materia riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lett. l), della Costituzione.
La possibilità di disporre in materia di pignoramenti o, come nel caso di specie, la generica previsione di divieti di pignoramenti, infatti, incide sul diritto civile e tale possibilità è esclusivamente nella disposizione del legislatore statale e non anche in quella del legislatore regionale.
Si rappresenta, peraltro, che il comma 2 suddetto non è applicabile anche perché il soggetto che ha stipulato l'accordo ai sensi del comma 180, dell'articolo 1 della l. n. 311/04, è la Regione e non anche le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, comprese le aziende ospedaliero-universitarie, i policlinici universitari a gestione diretta, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico, gli istituti zooprofilattici sperimentali e le agenzie sanitarie regionali. La disposizione regionale, quindi, non solo è dettata in chiaro difetto di potestà legislativa ma non ha alcun aggancio alla normativa statale di riferimento, in quanto erroneamente indicata.
Si evidenzia, a tal fine, la violazione del principio di nuon andamento della Pubblica Amministrazione.

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