Dettaglio Legge Regionale

Legge di stabilità 2019. (28-12-2018)
Sardegna
Legge n.48 del 28-12-2018
n.2 del 4-1-2019
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia parziale
27-2-2019 / Impugnata
La legge regione Sardegna n. 48 pubblicata sul B.U.R n. 2 del 28/12/2018 recante: “Legge di stabilità 2019.” Presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale e va impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

a) L'art. 4, comma 26, dell'indicata legge regionale inserisce un comma 2 bis nel corpo dell'art. 3 della legge regionale n. 35 del 1995 che dispone che "L'Azienda regionale per l'edilizia abitativa (AREA) è autorizzata, con il medesimo spirito di sussidiarietà e nell'ottica di valorizzare l'interesse pubblico e sociale prevalente, ad alienare a prezzo simbolico alle Onlus riconosciute dalla Regione. iscritte nel Registro generale di volontariato previsto dalla legge regionale 13 settembre 1993, n. 39 (Disciplina dell'attività di volontariato e modifiche alla L.R. 25 gennaio 1988, n. 4, e alla L.R. 17 gennaio 1989, n. 3), detentrici da almeno tre anni continuativi, gli immobili di proprietà in cui siano svolte attività di valenza sociale e assistenziale, di aggregazione giovanile e di assistenza all'infanzia e alla terza età". Una previsione normativa di tal sorta, che attribuisce un trattamento di favore unicamente agli Enti del Terzo Settore riconosciuti dalla Regione Sardegna ed iscritti nei suoi registri, trascura tutta la platea delle associazioni di promozione sociale che, pur operando nel medesimo ambito territoriale, risultano iscritte nel registro Nazionale, conformemente alla disciplina degli artt. 7 e 8 della Legge n. 383/2000 e del Decreto Ministeriale n. 471 del 14 novembre 2001. Ne conseguirebbe, quindi, un'ingiustificata discriminazione per le Onlus a carattere nazionale, immotivatamente escluse - in violazione del principio di uguaglianza espresso dall'art. 3 della Costituzione - dal godimento delle agevolazioni concesse ai soli Enti filantropici riconosciuti dalla Regione Sardegna. Una tale disparità risulta ancor più ingiustificata alla luce del dettato normativo espresso dall'art. 7, comma 3, della legge n. 383/2000, laddove viene esplicitamente ribadito che "L'iscrizione nel registro nazionale delle associazioni a carattere nazionale comporta il diritto di automatica iscrizione nel registro medesimo dei relativi livelli di organizzazione territoriale e dei circoli affiliati mantenendo a tali soggetti i benefici connessi alla iscrizione nei registri di cui al comma 4" (vale a dire quelli di Regioni e Province autonome). (Si segnala che per analoga questione, peraltro, il Consiglio del Ministri, con delibera del 24/01/2019, ha deciso di impugnare davanti alla Consulta la legge della Regione Basilicata n. 43 del 30 novembre 2018);
b) l'art. 8, comma 18 autorizza l'erogazione di contributi in favore delle 'associazioni Onlus" operanti nelle attività di distribuzione di beni di prima necessità e favore degli indigenti, per sostenerne i costi di locazione di immobili adibiti in via esclusiva o principale ad esercizio di attività sociali. Appaiono esclusi ad es. i soggetti aventi forma giuridica diversa da quella associativa e ugualmente provvisti della qualifica di Onlus o le associazioni che pur svolgendo tali attività sono privi della qualifica fiscale di Onlus. La disposizione comporta una lesione sia del principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost., che dell'art. 118 Cost. in materia di sussidiarietà orizzontale che assegna agli enti territoriali ii compito di favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale.
c) l’art. 8, al comma 34 limita la concessione dei contributi per la sterilizzazione dei cani e la prevenzione del randagismo alle sole associazioni di volontariato iscritte nel registro regionale e alle cooperative sociali che si occupano statutariamente di randagismo, escludendo le associazioni di promozione sociale che svolgono le medesime attività di tutela degli animali e prevenzione del randagismo ai sensi dell' art. 5 comma 1 lett. e) del Codice del terzo settore e della 1. n. 281/1991 (la quale non fa riferimento solo elle associazioni di volontariato ma alle associazioni protezioniste e zoofile e al loro personale volontario). Si rammenta che ai sensi del Codice del terzo settore anche le associazioni di promozione sociale svolgono le proprie attività con rapporto prevalente dei volontari associati; che tra le associazioni di promozione sociale iscritte al Registro nazionale delle APS vi é ad esempio la lega nazionale per la difesa del cane. La disposizione pertanto contrasta con il Codice del Terzo settore e viola gli artt. 3 e 118 Cost.;
d) l’art. 8, al comma 35 limita alle sole ODV la concessione di contributi per assistenza veterinaria e sterilizzazione dei gatti. La disposizione pertanto contrasta con il Codice del Terzo settore e viola gli artt. 3 e 118 Cost.;
e) l’art. 9, infine, relativo ella prevenzione e contrasto della violenza di genere prevede il finanziamento dei centri antiviolenza promossi da enti, Onlus e organizzazioni di volontariato escludendo da tali attività le associazioni di promozione sociale; l'esclusione non è motivata e quindi lesiva degli artt. 3 e 118 u.c. Cost.

ART. 3, comma 1 - prevede che, nelle more della stipula dell'accordo di finanza pubblica tra lo Stato e la Regione autonoma della Sardegna concernente la definitiva quantificazione del concorso agli obiettivi di finanza pubblica della Regione per gli anni 2019-2021 e in ossequio alla sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 2015, sono accertati e impegnati in favore dello Stato euro 250.245.000 per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, a titolo di contributo alla finanza pubblica a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali.
Il predetto importo di euro 250.245.000, determinato senza tener conto del concorso di cui all’articolo16, comma 3, del D.L. 95/2015, pari ad euro 285.309.000, risulta sottostimato per euro 446.000 annui.
Nel merito, si segnala che l’articolo 1, comma 875, della legge 30 dicembre 2018. n. 145, pone a carico della Regione, nelle more dell'Accordo con lo Stato, il contributo alla finanza pubblica pari a complessivi 536 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021.

In particolare, il contributo normato mantiene sostanzialmente inalterato il livello di concorso alla finanza pubblica previsto dalla legislazione previgente (ivi compreso quello previsto dall'articolo 16, comma 3, del D.L. 95/2015 oggetto della sentenza n. 77 del 2015), nelle more della ridefinizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione mediante la conclusione di apposito accordo.
Ciò posto, si rappresenta che la Corte costituzionale con la recente sentenza n. 6 del 2019 ha censurato il ritardo dello Stato nell'attuazione della precedente sentenza n. 77 del 2015 (che ha circoscritto temporalmente all'anno 2017 il concorso alla finanza pubblica previsto dal citato articolo 16, comma 3, dei decreto legge n. 95/2012), affermando la necessità di tener conto, nella sostanza e non solo nella formale petizione di principio, dell'esigenza attuativa della sentenza n. 77 del 2015".
Considerato che la sentenza n. 6/2019 potrebbe indebolire la difesa erariale in un eventuale giudizio di legittimità costituzionale sul comma in esame e che sono stati avviati confronti tra lo Stato e la regione Sardegna per addivenire alla stipula di una intesa diretta ad "una diversa modulazione dei flussi finanziari" che tenga conto dei criteri sanciti dalla Corte costituzionale nella sentenza richiamata, si rappresenta che la norma in esame genera minori entrate per il bilancio dello Stato prive di idonea copertura finanziaria per 285.309 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021.
Tanto premesso, considerata la portata applicativa della richiamata sentenza n. 6 del 2019, in assenza della preventiva copertura finanziaria prevista dall'articolo 17, comma 13, della legge n. 196 del 2009, si ritiene che la disposizione sia lesiva dell'articolo 81 della Costituzione.


Articolo 3, comma 6 prevede che il disavanzo di cui al comma 1 dell'articolo 2 della legge regionale n. 40 del 2018, pari ad euro 680,712 milioni, non costituisce impedimento ai fini dell'utilizzo del margine corrente consolidato quale copertura degli investimenti pluriennali.
Al riguardo, si rileva che tale disposizione non risulta conforme alla disciplina dettata in materia di copertura degli investimenti pluriennali dal D. Lgs. n. 118/2011, in quanto la stessa consente alla Regione di utilizzare, in deroga al principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria di cui al punto 5.3 (allegato 4/2 al d. Lgs. 118/2011), il saldo positivo dell'equilibrio di parte corrente in termini di competenza finanziaria, risultante dal prospetto degli equilibri allegato al bilancio di previsione, pur avendo registrato un disavanzo di amministrazione in entrambi gli ultimi due esercizi di riferimento (anni 2017 e 2018). In altri termini, la norma regionale in esame non considera come effettivo disavanzo regionale il disavanzo generato dall'accantonamento al risultato di amministrazione delle perdite del sistema sanitario regionale, pari a complessivi euro 680.712.119,30, registrato nell'esercizio finanziario 2017, di cui all'articolo 2, comma 1, della legge regionale n. 40 del 2018.
Il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 - principio generale della competenza finanziaria - prevede che può costituire copertura agli investimenti imputati all'esercizio in corso, secondo le modalità individuate nel principio applicato della contabilità finanziaria, il saldo positivo dell'equilibrio di parte corrente in termini di competenza finanziaria, risultante dal prospetto degli equilibri allegato al bilancio di previsione.
In particolare, va evidenziato che in caso di disavanzo di amministrazione registrato negli ultimi due esercizi (se l'esercizio precedente non è ancora stato rendicontato, si fa riferimento alla situazione risultante dal prospetto concernente il risultato di amministrazione presunto) il margine corrente consolidato non può costituire copertura degli impegni concernenti investimenti imputati agli esercizi successivi. Ai fini di tale riscontro si considera il risultato di amministrazione determinato tenendo conto degli accantonamenti, dei vincoli e delle risorse destinate, mentre non rileva il disavanzo costituito esclusivamente da maggiore disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui, da disavanzo tecnico e da debito autorizzato e non contratto dalle regioni. Inoltre, fino a quando il più vecchio degli ultimi due esercizi non è stato rendicontato il margine corrente consolidato non può costituire copertura degli impegni concernenti investimenti imputati agli esercizi successivi.
La deroga normata dalla Regione si pone in contrasto con le modalità di copertura degli investimenti sopra indicate, come definite dal principio contabile generale della competenza finanziaria, dal principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria e dal principio contabile generale della prudenza, da applicarsi in modo da garantire che la copertura delle spese di investimento, in particolare quelle imputate agli esercizi successivi, risulti "credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri".
Per le argomentazioni sopra riportate, si ritiene che la disposizione debba formare oggetto di impugnativa innanzi alla Corte Costituzionale. La stessa, infatti, si pone in contrasto con i principi contabili generali della competenza finanziaria e della prudenza che costituiscono parte integrante del decreto legislativo 23 giugno 2011. n. 118, confliggendo con l'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni.


Articolo 8, comma 31 - viene disposto uno specifico stanziamento di risorse, nelle annualità 2019, 2020 e 2021, per garantire al personale non dirigente del servizio sanitario regionale un'integrazione del trattamento accessorio, finalizzata in maniera prioritaria quale incentivo per la smaltimento delle liste d'attesa.
Al riguardo, si fa presente che la disposizione in esame, ponendosi in contrasto con l'articolo 23, comma 2, dei d.lgs. n. 75/2017, oltre a essere suscettibile di determinare maggiori oneri si pone in contrato con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, atteso che le vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa delle Amministrazioni, ivi incluse quelle degli enti del Servizio Sanitario nazionale, si configurano quali principi di coordinamento della finanza pubblica.

ART. 10, comma 10 - Viene stabilito che, a seguito del trasferimento del personale delle autonomie locali nell'amministrazione regionale e in deroga a quanto disposto dal comma 5 dell'art. 70 della legge regionale n. 2/2016, i fondi per la retribuzione di posizione, per la retribuzione di rendimento, per il lavoro straordinario e per le progressioni dell'Amministrazione regionale sono incrementati a decorrere dall'esercizio finanziario 2019. Parimenti vengono rideterminati i fondi per la retribuzione accessoria del personale delle Amministrazioni di provenienza, mentre rimangono invariati il fondo unico di cui all'art. 10 della legge regionale n. 2/2007 e il contributo annuo previsto dall'art. 25 della legge regionale n. 7/2005.
Al riguardo, considerato che la citata normativa in tema di salario accessorio fissa dei valori assoluti di incremento del fondo, che non consentono di comprendere, in assenza di relazione tecnica, in che misura tale incremento sia correlato al trasferimento di personale, si ritiene che la disposizione debba formare oggetto di impugnativa innanzi alla Corte Costituzionale.
La stessa, infatti, si pone in contrasto con l'art. 23, comma 2, del d. Igs. n. 75/2017 - che rappresenta una cornice di regolazione in materia di contrattazione integrativa che tutte le pubbliche amministrazioni devono rispettare - confliggendo con l'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal Codice civile.

Le disposizioni regionali si pongono, peraltro, in contrasto con gli stessi limiti dettati dallo Statuto Regionale, ai sensi del quale la Regione esercita la propria potestà legislativa “in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico sociali della Repubblica.”
Per le suesposte considerazioni la legge in esame, limitatamente alle norme sopra descritte, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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