Dettaglio Legge Regionale

Modifiche urgenti alla legge regionale 7 novembre 2018, n. 44: “Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 ‘Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell’equilibrio ambientale e disciplina dell’attività venatoria’ e disposizioni urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria”. (12-12-2018)
Marche
Legge n.46 del 12-12-2018
n.110 del 13-12-2018
Politiche infrastrutturali
7-2-2019 / Impugnata
La legge regionale , che reca "Modifiche urgenti alla legge regionale 7 novembre 2018, n. 44: "Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 'Norme per la proiezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria' e disposizioni urgenti sulla pianificazione faunistico- venatoria" è censurabile, per i motivi di seguito specificati , con riferimento agli articoli 1 e 2, per violazione degli articoli 111 e 117, secondo comma, lett. s) della Costituzione.
In particolare :
L’articolo 1 della legge regionale in esame dispone che il comma 2 dell'articolo 3 della legge regionale 7 novembre 2018, n. 44 (Modifìche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria" e disposizioni urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria), sia sostituito dal seguente:
"2. Nei siti di cui al comma 1 è autorizzato l'esercizio venatorio secondo le modalità e le condizioni indicate nel calendario venatorio vigente(Allegato A)."
Il successivo articolo 2 della medesima legge regionale prevede l'aggiunta dell'Allegato A alla Lr. 44 del 2018.
Dette previsioni , intervenendo a regolamentare il calendario venatorio ed altri profili dell'attività di caccia nei siti della Rete Natura 2000 (siti nei quali in mancanza di un piano faunistico venatorio vigente e sottoposto a valutazione d' incidenza ex arti. 5 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, la caccia non può essere consentita), risultano lesiva della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente, confliggendo altresì con il diritto dell'Unione europea, ponendosi quindi in contrasto con gli standard di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema posti dal legislatore statale nell'esercizio della competenza esclusiva ex art. 117, comma 2, lett. s).
Va rappresentato , in punto di fatto, che l'associazione WWF Italia ONG Onlus ha proposto ricorso al TAR Marche chiedendo l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, della Deliberazione della Giunta Regionale n. 1068 del 30 luglio 2018, avente ad oggetto la «L. R. n. 7/1995 art. 30- Calendario venatorio regionale 2018/2019» (ivi compreso il «Documento istruttorio» allegato alla delibera impugnata e il «Calendario venatoria regionale 2018-2019»), nonché della Deliberazione della Giunta Regionale n. 950 del 9 luglio 2018, avente ad oggetto la «Richiesta di parere alla competente Commissione assembleare permanente sullo schema di deliberazione concernente L. R. n. 7/1995, art. 30 - Calendario venatorio regionale 2018-2019», ivi compreso il «Documento istruttorio» allegato alla delibera impugnata e la «Proposta di Calendario venatorio regionale 2018-2019».
L'adito giudice amministrativo, con l'ordinanza n. 195 del 13 settembre 2018, ha respinto, per le motivazioni ivi addotte, la suddetta domanda cautelare presentata dalla ricorrente.
Proposto appello cautelare, con ordinanza 7625/2018 del 22 ottobre 2018 il Consiglio di Stato ha accolto l'istanza cautelare di WWF Italia ONG Onlus, considerata sul piano del periculum in mora la sussistenza di un grave e irrimediabile danno con riferimento all'esercizio della caccia nei siti Natura 2000 e quanto al prelievo delle specie ghiandaia, gazza, cornacchia grigia e colombaccio nei giorni 2, 3, 6, 7, 9 e 10 febbraio 2019. Per l'effetto ha riformato l'ordinanza impugnata sospendendo l'efficacia degli atti impugnati in primo grado con esclusivo riferimento ai profili ivi indicati.
La Regione Marche, in pendenza della citata ordinanza del Consiglio di Stato del 22 ottobre 2018, con l'emanazione della legge regionale 7 novembre 2018, n. 44 (articolo 3) e l'approvazione della delibera di Giunta n. 1468/2018 del 8 novembre 2018, ha quindi provveduto a ripristinare l'esercizio della caccia nelle aree suddette.
Successivamente il TAR delle Marche, con l'ordinanza cautelare n. 265/2018 del 7 dicembre 2018, ha accolto l'istanza cautelare proposta da parte della Lega per l'Abolizione della Caccia (L.A.C.) Onlus, da WWF Italia Ong Onlus e dall'Ente Nazionale Protezione Animali (E.N.P.A.), sospendendo l'efficacia della Deliberazione della Giunta Regionale n. 1468 dell'8 novembre 2018 avente ad oggetto "Attuazione art. 3 comma 2 della Legge regionale n. . 44/2018" e ripristinando così il divieto di esercizio della caccia nei siti natura 2000 e quanto al prelievo delle specie ghiandaia, gazza, cornacchia grigia e colombaccio nei giorni 2, 3, 6, 7, 9 e 10 febbraio 2019.
A detta pronuncia giurisdizionale ha fatto seguito l'approvazione da parte della Regione Marche della legge regionale n. 46, qui in esame, che ha ripristinato ex novo la caccia in tali aree, "eludendo" di fatto gli effetti dell'ordinanza cautelare del TAR Marche del 7 dicembre 2018 n. 265/2018.
A tal riguardo, e in via preliminare, corre l'obbligo di evidenziare il carattere interferente che la legge regionale in parola (da annoverarsi, per i motivi che sì andrà in appresso a rassegnare, nel novero delle leggi provvedimenti) assume rispetto all'esercizio della funzione giurisdizionale esercitata dal giudice a quo attraverso i pronunciamenti cautelari dianzi citati, e che si sostanzia in un vero e proprio travalicamento di poteri da parte del legislatore regionale in aperto contrasto con l'articolo 111 Cost.
Con la sentenza n. 267 del 2007 la Corte costituzionale ha difatti affermato che le leggi provvedimento "sono ammissibili entro limiti specifici, qual è quello del rispetto della funzione giurisdizionale in ordine alla decisione di cause in corso", altresì evidenziando come nello scrutinio di costituzionalità delle leggi provvedimento sollevato con riferimento alla violazione della funzione giurisdizionale, "peculiare valenza sintomatica assume la considerazione del tempo, delle modalità e del contesto in cui è stata emanata la disposizione censurata".
Ne deriva che la legge non può interferire con l'esercizio della funzione giurisdizionale, al punto che "pare potersi affermare, (come nel caso di specie), che anche l'annullamento degli effetti giurisdizionali cautelari provocato da un atto avente forza di legge determini l'invasione di una sfera di competenza attribuita esclusivamente al potere giurisdizionale" (Corte Cost. n. 267/07 cit.).
Nel caso in esame è evidente che la legge regionale invade, in maniera non consentita ed in violazione del principio di separazione dei poteri, l'ambito della funzione giurisdizionale.
Ciò premesso, venendo al merito dell'intervento normativo si rileva che , secondo principi costantemente affermati dalla Corte Costituzionale, la disciplina sulla caccia ha per oggetto la fauna selvatica, che rappresenta «un bene ambientale dì notevole rilievo, la cui tutela rientra nella materia tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, che deve provvedervi assicurando un livello di tutela, non "minimo", ma "adeguato e non riducibile"» (Corte Cost., sent. N. 193 del 2010).
Da ciò consegue che le norme statali ed eurounitarie (nel caso di specie rappresentate anche dalle direttive comunitarie in materia di ambiente e fauna selvatica: art. 6. comma 3 della Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche( c.d. 'Direttiva Habitat)- e della Direttiva n. 79/4097CEE (c.d. 'Direttiva Uccelli’), rappresentano limiti invalicabili per l'attività legislativa della Regione, dettando norme imperative che devono essere rispettate sull'intero territorio nazionale per primarie esigenze di tutela ambientale.
Quand’anche la materia caccia fosse ricondotta alla competenza legislativa residuale della Regione ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost., è tuttavia necessario che la legislazione regionale rispetti la normativa statale adottata in tema di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ove essa esprime regole minime uniformi (ex plurimis, Corte Cost. sentenze n. 2 del 2015, n. 278 del 2012, n. 151 del 2011 e n. 315 del 2010). Costituenti (come nel caso della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio)) il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica e il cui rispetto deve essere assicurato sull'intero territorio nazionale (Corte Cost. n. 233/2010).
In tale contesto l'articolo 18, comma 2, della legge n. 157 del 1992, espressivo della suddetta competenza di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., stabilisce che le Regioni possono modificare il calendario venatorio, con riferimento all'elenco delle specie cacciabili e al periodo in cui è consentita la caccia, indicati dal precedente comma 1 , attraverso un procedimento che contempla l'acquisizione del parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (nelle cui competenze oggi è subentrato l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - ISPRA).
Lo stesso articolo 18 della legge n. 157 del 1992, al relativo comma 4, nella parte in cui dispone che il calendario venatorio sia approvato con regolamento, esprime, altresì, una scelta compiuta dal legislatore statale che attiene alle modalità di protezione della fauna e si ricollega, per tale ragione, alla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema" (cfr. Corte Cost., sentenza n. 536 del 2002; in seguito, con riferimento alla determinazione della stagione venatoria. Sentenze n. 165 del 2009, n. 313 del 2006, n. 393 del 2005, n. 391 del 2005, n.311 del 2003 e n. 226 del 2003).
Dalle indicate disposizioni statali si evince che il procedimento deve concludersi con l'adozione di un provvedimento amministrativo e non, come è avvenuto nel caso di specie, con una legge.
Tale conclusione è da ritenersi avvalorata da ulteriori considerazioni, discendenti da consolidata giurisprudenza in materia della Corte Costituzionale che è più volte intervenuta (cfr. sentenze n. 20/2012 e n. 105/2012), censurando calendari venatori o modifiche di essi inseriti all'interno di leggi regionali anziché attraverso un atto amministrativo di giunta, ritenendo con tutta evidenza lesa la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.
L'endiadi utilizzata dal legislatore all'art. 18, comma 4, della l. n. 157/1992 , secondo cui le Regioni hanno l'obbligo di pubblicare «il calendario regionale ed il regolamento relalivi all’intera annata venatoria», è da intendersi, difatti, come riferita a un unico atto di natura regolamentare, contenente le specifiche norme applicabili nel territorio regionale durante il periodo venatorio preso in considerazione.
Il carattere temporaneo (annuale) poi del provvedimento indicato dal citato art. 18 si concilia solo con l'adozione di un provvedimento amministrativo e non anche di una legge, non essendo permesso al legislatore regionale sostituirsi all'amministrazione della Regione nel compimento dì un'attività di regolamentazione che l'art. 18, commi 2 e 4, della legge n. 157 del 1992 riserva alla sfera amministrativa.
Con la formulazione attuale della Legge Regionale n. 46 del 2018 il contenuto del Calendario Venatorio non è inoltre più limitato allo specifico anno di riferimento, cui peraltro ogni anno si riferisce l'obbligatorio parere ISPRA, ma diventa replicabile di anno in anno.
Circa, invece, la natura di tale legge regionale di approvazione del calendario venatorio, la stessa Corte Costituzionale si è già espressa riconducendo siffatti provvedimenti nell'alveo delle tipiche leggi-provvedimento, in quanto le disposizioni che esse contengono sono prive dì astrattezza e generalità, e sono destinate ad esaurire i propri effetti contingenti con lo spirare della stagione di caccia.
L'intervento regionale viene, infatti, consentito espressamente dalla legge dello Stato proprio allo scopo di modulare l'impatto delle previsioni generali recate dalla normativa statale, in tema di calendario venatorio e specie cacciabili, sulle specifiche condizioni dell'habitat locale, alla cui verifica ben si presta un'amministrazione radicata sul territorio.
In questa prospettiva l'art. 18 della legge a. 157 del 1992, se da un lato predetermina gli esemplari abbattibili, specie per specie e nei periodi indicati, dall'altro lato permette alla Regione l'introduzione di limitate deroghe ispirate a una simile finalità, e chiaramente motivate con riguardo a profili di natura scientifica: ne è conferma la previsione del parere dell'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), richiesto dall’art. 18, comma 2, e dall’art. 18, comma 4, con specifico riferimento all'approvazione del calendario venatorio.
Quindi la scelta di provvedere con atto amministrativo non solo è l'unica coerente con il peculiare contenuto che nel caso di specie l'atto andrà ad assumere, e si inserisce armonicamente nel tessuto della legge n. 157 del 1992, ma si riconnette altresì ad un regime di flessibilità certamente più marcato che nell' ipotesi in cui il contenuto del provvedimento sia cristallizzato nella forma della legge.
Ove sì tratti di proteggere la fauna, un tale assetto è il solo idoneo a prevenire i danni che potrebbero conseguire a un repentino ed imprevedibile mutamento delle circostanze di fatto in base alle quali il calendario venatorio è stato approvato: è sufficiente, a tale proposito, porre mente all'art. 19, comma 1, della legge n. 157 del 1992, che prevede il ricorso da parte della Regione a divieti imposti da «sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o per altre calamità».
Appare, pertanto, evidente che il legislatore statale, prescrivendo la pubblicazione del calendario venatorio e contestualmente del "regolamento" sull'attività venatoria e imponendo l'acquisizione obbligatoria del parere dell' ISPRA, ed esplicitando la natura tecnica dell'intervento, abbia inteso realizzare un procedimento amministrativo, al termine del quale la Regione è tenuta a provvedere con divieto dì impiegare, invece, la legge-provvedimento.
Alla luce di quanto fin qui rappresentato e del quadro normativo eurounitario e statale in cui si colloca la tutela delle specie oggetto della disposizione censurata, si rileva il contrasto della norma regionale con il secondo comma, lettera s), dell'art. 117 Cost., poiché tendente a ridurre in pejus il livello di tutela della fauna selvatica stabilito dalla legislazione nazionale e dalle direttive comunitarie in materia (art. 6. comma 3, Direttiva 92/43/CEE c.d. "Direttiva habitat" e Direttiva n. 79/409/CEE c.d. "Direttiva Uccelli"), invadendo illegittimamente la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.

Per i motivi esposti la legge regionale, limitatamente alle norme sopra descritte, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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