Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni per il riconoscimento della lingua dei segni italiana e la piena accessibilità delle persone sorde alla vita collettiva. (20-11-2017)
Basilicata
Legge n.30 del 20-11-2017
n.46 del 21-11-2017
Politiche socio sanitarie e culturali
/ Rinuncia impugnativa
Con deliberazione del Consiglio dei Ministri in data 12 gennaio 2018, è stata impugnata da parte del Governo la legge della Regione Basilicata n. 30 del 20 novembre 2017, recante "Disposizioni per il riconoscimento della lingua dei segni italiana e la piena accessibilità delle persone sorde alla vita collettiva.”, per violazione dell’art. 117, primo comma, secondo comma, lett. l), e terzo comma della Costituzione.

E’ stata sollevata questione di legittimità costituzionale in quanto gli artt. 4, 5, 6, 7 e 9 della predetta legge regionale, nel prevedere l’istituzione di un Albo regionale degli interpreti della Lingua dei Segni, stabilendo i requisiti per l’esercizio della relativa attività in ambito regionale e disponendo altresì che l’attività di interprete della Lingua dei Segni sia preclusa, in regione, a chi non sia iscritto nell’albo stesso, contrastava sia con la normativa statale di riferimento che preclude l’introduzione di una nuova professione, sia con la normativa comunitaria di riferimento che prevede la libertà di circolazione dei lavoratori.

Successivamente la Regione Basilicata, con l’art. 1 della legge regionale 29 giugno 2018, n. 11, recante “Collegato alla Legge di stabilità regionale 2018”, ha modificato le disposizioni sopra citate adeguandole alla normativa statale e comunitaria di riferimento.

Pertanto, considerato che appaiono venute meno le ragioni che hanno determinato l’impugnativa della legge in oggetto, su parere conforme del Ministero della giustizia e dell’Ufficio legislativo del Ministro per gli affari europei e a seguito di comunicazione da parte della Regione della mancata applicazione delle disposizioni censurate, sussistono i presupposti per rinunciare al ricorso.

Si propone pertanto la rinuncia all'impugnazione legge della regione Basilicata n. 30 del 20/11/2017.
12-1-2018 / Impugnata
La legge della regione Basilicata 20 novembre 2017, n. 30 recante “Disposizioni per il riconoscimento della lingua dei segni italiana e la piena accessibilità delle persone sorde alla vita collettiva” presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento agli artt. 4, 5, 6, 7 e 9, per violazione dei principi fondamentali in materia di professioni di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. e per violazione dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea di cui all’art. 117, primo comma, Cost., nonché per invasione della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile e penale di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

Gli artt. 4, 5, 6, 7 e 9 della legge in esame, riguardante il riconoscimento e la diffusione della lingua dei segni, contengono le seguenti previsioni:
a) l'istituzione di un Albo (regionale) degli interpreti della Lingua dei Segni Italiana (articolo 4);
b) i relativi requisiti di iscrizione (articolo 5);
c) una Commissione di garanzia dell'Albo regionale degli interpreti LIS (articolo 6); d) le modalità di diffusione dell'elenco degli interpreti LIS agli enti pubblici e quelle di impugnazione dell'eventuale rigetto della domanda di iscrizione (articolo 7),
e) l’impiego degli iscritti all'Albo regionale degli interpreti LIS nelle strutture organizzative regionali da allocare prioritariamente presso le strutture di relazione con il pubblico.
In particolare l’art. 4, che prevede, al comma 2, l’istituzione dell’“Albo regionale degli interpreti della Lingua dei Segni Italiana (LIS)”, stabilisce, al comma 3, che ad esso potranno iscriversi tutti coloro che siano in possesso dei requisiti previsti dall’art. 5 della legge in esame "e quanti, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano in possesso della qualifica professionale di ‘Interprete Lingua Italiana Segni" rilasciata dagli Enti preposti ai sensi della normativa vigente”. Ai sensi del comma 4 del predetto articolo inoltre “ La mancata iscrizione all'Albo regionale preclude il diritto all'esercizio della professione di interprete LIS presso gli enti pubblici e privati, i quali si obbligheranno ad utilizzare quali interpreti LIS solo coloro che siano iscritti all'Albo Regionale; per gli affidamenti delle suddette attività si pone come titolo preferenziale per gli Assistenti alla Comunicazione e per Interpreti LIS, aver conseguito le suddette qualifiche tramite i Voucher formativi e Enti Formativi messi a disposizione dalla stessa Regione Basilicata atti a far acquisire competenze e qualifiche in materia di comunicazione LIS, ai sensi della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie adottata dal Consiglio d'Europa il 5 novembre 1992, in armonia con le risoluzioni del Parlamento europeo del 17 giugno 1988, n. C187 e 7 dicembre 1988, n. C379, e nell'ambito delle finalità e dei diritti di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persona handicappate)."

L’art. 4, sopra descritto, nonché gli artt. 5, 6, 7 e 9, recanti precetti, come sopra illustrato, ad esso inscindibilmente connessi o dipendenti, sono incostituzionali sotto i seguenti aspetti.

1) Tali articoli, che prevedono un Albo regionale degli interpreti della Lingua dei Segni, stabilendo i requisiti per l’esercizio della relativa attività in ambito regionale e disponendo altresì che l’attività di interprete della Lingua dei Segni sia preclusa, in regione, a chi non sia iscritto nell’albo stesso, istituiscono una nuova figura professionale, ancora non regolamentata a livello nazionale, e invadono in tal modo la competenza statale in materia di professioni, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
La Corte Costituzionale in molteplici occasioni ha avuto modo di affermare che la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni deve rispettare il principio secondo cui l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale; tale principio si configura quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale, da ciò derivando che non è nei poteri delle regioni dar vita a nuove figure professionali (sentenze n. 98 del 2013; n. 178 del 2014; n. 138 del 2009; n. 93 del 2008; n. 300 del 2007; n. 40 del 2006, e n. 424 del 2005).
Inoltre la Consulta, con le sentenze n. 138 del 2009, n. 300 e n. 57 del 2007 n. 424 e 40 del 2006, n. 424 e n. 355 del 2005, ha affermato che spetta allo Stato - nell'ambito della propria competenza a legiferare sui principi fondamentali in materia di professioni - l'individuazione delle figure professionali con i relativi requisiti di accesso, albi ed elenchi, i quali ultimi (sent. 355/05) hanno una funzione individuatrice delle professioni, preclusa, in quanto tale, alla competenza regionale.

2) Le disposizioni contenute nei menzionati artt. 4, 5, 6, 7 e 9, violano inoltre l’art. 117, primo comma, Cost. (violazione degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea) sotto un duplice profilo. Esse, per un verso, limitano la libertà di circolazione dei lavoratori sancita dall'articolo 45 TFUE in quanto ostacolano l’esercizio - in regione - dell’attività di “Interprete della lingua dei segni” da parte di tutti quei cittadini europei che non abbiano acquisito, tramite la frequenza di corsi di formazione organizzati in Basilicata, la specifica qualifica professionale prevista unicamente da tale legge regionale. Per altro verso tali disposizioni determinano una sostanziale limitazione all'esercizio di un'attività di prestazione di servizi per il mancato rispetto dei principi comunitari sulla libera circolazione del lavoro e delle imprese di cui agli articoli 3, comma 1, lettera c), 49 e 57 del Trattato CE 25 marzo 1957 (Trattato che istituisce la Comunità europea).

3) Le norme regionali in esame, infine, precludendo il diritto all'esercizio della professione di interprete LIS presso gli enti pubblici e privati a chi non sia iscritto nel relativo Albo, invadono la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile e penale di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, considerato che detta attività rientra nella disciplina dei rapporti privatistici e la qualificazione di essa come “professione” potrebbe comportare che l’esercizio della stessa in carenza di iscrizione all’albo concreti la fattispecie di esercizio abusivo di una professione, penalmente rilevante.

4) L’art. 5, in particolare, nel determinare i requisiti per l'iscrizione all'Albo regionale degli interpreti LIS, prevede, al comma 2, lett. a), che possano richiedere l'iscrizione all'Albo solo “i cittadini in possesso della cittadinanza italiana o di altro paese appartenente all'Unione Europea”, e, al comma 3, lett. a), che possono, altresì, richiedere l’iscrizione all’Albo “i cittadini madrelingua - sordi - in possesso della cittadinanza italiana o di altro paese appartenente all'Unione Europea”.
La norma in esame, nel precludere l’accesso all’Albo LIS ad altre categorie di soggetti alle quali devono essere garantite le stesse condizioni di accesso al lavoro garantite ai cittadini italiani ed europei – quali i familiari di cittadini dell’Unione, i titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, nonché i titolari di protezione internazionale - contrasta con l’articolo 117, primo comma, Cost., per violazione degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
In particolare:
- con riferimento all’esclusione dall’iscrizione all’albo dei familiari di cittadini dell’Unione: la norma regionale in esame contrasta con l’art. 24 della direttiva 2004/38/CE, recepita dal d.lgs. 6 febbraio 2007, n. 30 che prevede che, nei campi di applicazione del Trattato, i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro, che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, godono di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato;
- con riferimento all’esclusione dall’iscrizione all’albo dei titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo: la norma regionale in esame contrasta con l’art. 11, comma 1, lettera a), della direttiva 2003/109/CE, recepita dal d.lgs. 8 gennaio 2007, n. 3, che prevede che “il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda: a) l'esercizio di un'attività lavorativa subordinata o autonoma, purché questa non implichi nemmeno in via occasionale la partecipazione all'esercizio di pubblici poteri, nonché le condizioni di assunzione e lavoro, ivi comprese quelle di licenziamento e di retribuzione”;
- con riferimento all’esclusione dall’iscrizione all’albo dei titolari di protezione internazionale: la norma regionale in esame contrasta con l’art. 26 della direttiva 2011/95/UE, recepita dal d.lgs. 21 febbraio 2014, n. 18, secondo la quale: “1. Gli Stati membri autorizzano i beneficiari di protezione internazionale a esercitare un'attività dipendente o autonoma nel rispetto della normativa generalmente applicabile alle professioni e agli impieghi nella pubblica amministrazione, non appena sia stata loro riconosciuta la protezione.
2. Gli Stati membri provvedono a che siano offerte ai beneficiari di protezione internazionale opportunità di formazione occupazionale per adulti, formazione professionale, compresi corsi di aggiornamento delle competenze, tirocinio sul luogo di lavoro e servizi di consulenza forniti dagli uffici di collocamento, secondo modalità equivalenti a quelle previste per i loro cittadini.
3. Gli Stati membri si adoperano per agevolare il pieno accesso dei beneficiari di protezione internazionale alle attività di cui al paragrafo 2.
4. Si applica la normativa vigente negli Stati membri in materia di retribuzione, di accesso ai regimi di sicurezza sociale connessa all'attività di lavoro dipendente o autonomo, nonché di ogni altra condizione di lavoro.”

Per i motivi esposti le norme regionali sopra menzionate devono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127 Cost.

« Indietro