Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni regionali in materia di disturbi dello spettro autistico e disturbi pervasivi dello sviluppo. (24-10-2017)
Molise
Legge n.16 del 24-10-2017
n.58 del 26-10-2017
Politiche socio sanitarie e culturali
22-12-2017 / Impugnata
La legge della Regione Molise n. 16 del 24/10/2017 recante “Disposizioni regionali in materia di disturbi dello spettro autistico e disturbi pervasivi dello sviluppo”, presenta profili di illegittimità costituzionale con riferimento agli artt. 2, 3, 4, 6, 7, 8, 9, 10, 11 e 14 per violazione degli artt. 81, 117, terzo comma, e 120 Cost., per i seguenti motivi.

1) Gli artt. 2, 3, 4, 6, 7, 8, 9 e 10, nonché l’intera legge avente carattere normativo omogeneo, che stabiliscono l’articolazione delle reti assistenziali e la creazione di appositi centri residenziali e semiresidenziali per la cura dei minori, degli adolescenti e degli adulti affetti da disturbi dello spettro autistico (ASD), e da disturbi del comportamento e disabilità intellettiva (DPS), interferiscono con le funzioni del Commissario ad acta per l’attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Molise, in violazione dell’art. 120 Cost., e si pongono, altresì, in contrasto con le previsioni di detto Piano, in violazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.

E’ opportuno premettere che la Regione Molise, per la quale è stata verificata una situazione di disavanzi nel settore sanitario tale da generare uno squilibrio economico-finanziario che compromette l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, ha stipulato il 30 marzo 2007 un accordo con i Ministri della Salute e dell’Economia e delle Finanze, comprensivo del Piano di rientro dal disavanzo sanitario, che prevede una serie di interventi da attivare nell’arco del triennio 2007-2009 finalizzati a ristabilire l’equilibrio economico e finanziario della Regione nel rispetto dei livelli assistenziali di assistenza, ai sensi dell’art. 1 comma 180, della legge 311 del 2004 ( legge finanziaria 2005).
La Regione Molise, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal Piano di rientro nei tempi e nelle dimensioni di cui all’art. 1, comma 180, della legge n. 311/04, nonché dell’intesa Stato – Regioni del 23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in materia, è stata commissariata ai sensi dell’art. 4 del decreto legge 1° ottobre 2007, n. 159, in attuazione dell’art. 120 della Costituzione, nei modi e nei termini di cui all’art. 8, comma 1, della legge n. 131/2003.
Ad oggi l’attuazione del Piano di rientro e del Programma operativo 2015-2018 è affidata al Presidente della Regione pro tempore nominato con delibera del Consiglio dei Ministri del 21 marzo 2013, e al sub-commissario nominato con delibera del Consiglio dei Ministri del 18 maggio 2015.
In particolare, la lettera b) di detta delibera del 18 maggio 2015 assegna all’attuale Presidente della Regione, quale Commissario ad acta, l’incarico prioritario di adozione e attuazione del Programma operativo 2015-2018. Tra le azioni e gli interventi prioritari elencati dal mandato commissariale è ricompreso:
- al punto “i”, “la definizione del fabbisogno sanitario e dei conseguenti interventi sull’offerta necessari a garantire, in maniera uniforme sul territorio regionale, l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza, sicurezza e qualità, in coerenza con il Patto per la salute 2014-2016 e con l’Accordo in Conferenza Stato Regioni del 5 agosto 2014 in materia di standard organizzativi e di qualità dell’assistenza”;
- al punto “ii”, “la declinazione e attuazione di quanto verrà previsto in sede di Accordo Stato-Regioni su un “Piano straordinario di risanamento del Servizio sanitario della Regione Molise” e in coerenza con il Patto per la salute 2014-2016 e con quanto previsto dal regolamento sugli standard ospedalieri, sancito con Intesa in Conferenza Stato-Regioni il 5 agosto 2014

Ciò premesso, le misure contenute nella legge regionale in esame interferiscono con le funzioni conferite al Commissario ad acta dai descritti punti “i” e “ii” della menzionata delibera del Consiglio dei Ministri del 18 maggio 2015 in quanto prevedono in interventi volti a garantire, seppure limitatamente ai disturbi dello spettro autistico e ai disturbi del comportamento e disabilità intellettiva, l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, alla quale, come sopra descritto, deve provvedere lo stesso Commissario ad acta.
L’interferenza con le attribuzioni commissariali è evidente in particolare nelle seguenti norme:
a) l’art. 2 prevede che la Regione, nel porre in essere gli interventi necessari a garantire la tutela della salute dei soggetti con disturbi dello spettro autistico, adotti i metodi e gli interventi diagnostici, terapeutici, educativi, abilitativi e riabilitativi validati a livello nazionale;
b) l’art. 3 stabilisce e disciplina i percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali per la cura dei soggetti affetti sia da disturbi dello spettro autistico sia da disturbi del comportamento e disabilità intellettiva;
c) l’art. 4 istituisce presso la Direzione generale per la salute il “Coordinamento regionale per i soggetti con disturbi dello spettro autistico e disturbi del comportamento e disabilità intellettiva”, che ha il compito, tra l’altro, secondo quanto previsto dall’art. 5, di coordinare le attività di tutti i soggetti presenti nelle filiere assistenziali specifiche attivabili nella Regione, valorizzandone tutti gli apporti utili individuati e promuovendone l'integrazione nei processi assistenziali specifici;
d) gli artt. 6, 7 e 8, istituiscono i due Centri regionali di riferimento per i soggetti con disturbi dello spettro autistico e con disturbi del comportamento e disabilità intellettiva, riguardanti rispettivamente l’età evolutiva e l’età adulta e ne disciplinano l’organizzazione. Tali Centri organizzano i servizi diretti alla diagnosi, alla cura e alla riabilitazione di tali soggetti al fine di favorire l'integrazione degli interventi e le prestazioni sanitarie necessarie per assicurare la presa in carico globale del soggetto. Detti Centri includono personale di Neuropsichiatria infantile, pediatri di libera scelta, medici di medicina generale e tutti i soggetti erogatori di servizi sanitari, sociosanitari e sociali utili alla presa in carico e alla continuità assistenziale dei menzionati soggetti.
e) L’art. 9 istituisce la Consulta delle associazioni di soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico e da disturbi del comportamento e disabilità intellettiva, e ne individua l’organizzazione e le funzioni, che attengono, tra l’altro, alla presentazione di proposte e di osservazioni sulla programmazione regionale che interessa, anche indirettamente, tali soggetti;
f) L’art. 10, comma 1, costituisce una rete integrata di cura e di assistenza multiprofessionale e multisetting per i soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico, comprensiva di attività diurne e di appositi centri residenziali e semiresidenziali. Il comma 2 di tale articolo prevede inoltre che la Giunta regionale stabilisca i criteri e le modalità per la realizzazione dei centri indicati al comma 1 secondo le norme vigenti e i regolamenti in materia di autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie e sociosanitarie. Tali centri devono tra l'altro: - garantire sostegno alle famiglie attraverso lo svolgimento di attività psico-educative, di socializzazione ed integrazione con il territorio;- prevedere una dotazione organica, idonea a garantire i livelli di assistenza previsti nei PDTA specifici, composta da figure professionali qualificate e con comprovata formazione nell'ambito dei disturbi ASD;- avvalersi della consulenza e supervisione del Centro regionale autismo per l'età evolutiva e del Centro regionale autismo per l'età adulta, in rapporto all'età della persona ospite dei centri medesimi.

Da tale esame emerge che, relativamente agli interventi previsti dalla legge regionale in esame, ad esempio riguardo l’articolazione delle reti assistenziali e la creazione di appositi centri residenziali e semiresidenziali per la cura dei soggetti affetti dai menzionati disturbi (art. 10), si pone un problema di competenza funzionale, nel senso che anche laddove dette misure dovessero trovare riscontro nelle previsioni del Programma operativo, comunque, spetterebbe al Commissario darvi attuazione con propri strumenti e non all'organo legislativo regionale. Le norme in esame, infatti, contenendo disposizioni puntuali sulla definizione di una parte della rete assitenziale, ed essendo di fatto esecutive, condizionano l'operato del Commissario ad acta, che avrebbe dovuto adottare un decreto commissariale ad hoc, e interferiscono, altresì, con il monitoraggio dei Tavoli tecnici preposti alla verifica della corretta esecuzione del mandato commissariale (descritto in premessa).

Le menzionate disposizioni della legge in esame, e l’intera legge avente contenuto normativo omogeneo, sono pertanto incostituzionali sotto un duplice aspetto.

1.1. Esse interferiscono con le funzioni commissariali, in violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.
Al riguardo la Corte Costituzionale ha costantemente affermato che, anche qualora non sia ravvisabile un diretto contrasto con i poteri del commissario, ma ricorra comunque una situazione di interferenza anche solo potenziale con le attribuzioni commissariali, tale situazione è idonea ad integrare la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.
Recentemente infatti la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 14 del 2017, ha ribadito che, ai sensi dell’art. 120, secondo comma, Cost., «il Governo può nominare un commissario ad acta, le cui funzioni, come definite nel mandato conferitogli e come specificate dai programmi operativi (ex art. 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009), pur avendo carattere amministrativo e non legislativo (sentenza n. 361 del 2010), devono restare, fino all’esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi regionali – anche qualora questi agissero per via legislativa – pena la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 266 del 2016; n. 278 e n. 110 del 2014; n. 228, n. 219, n. 180 e n. 28 del 2013 e già n. 78 del 2011). L’illegittimità costituzionale della legge regionale sussiste anche quando l’interferenza è meramente potenziale e, dunque, a prescindere dal verificarsi di un contrasto diretto con i poteri del commissario incaricato di attuare il piano di rientro (sentenza n. 110 del 2014)» ( nello stesso senso, n. 266 del 2016 e n. 227 del 2015). Il divieto di interferenza con le funzioni commissariali si traduce, dunque, in un «effetto interdittivo di qualsiasi disposizione incompatibile con gli impegni assunti ai fini del risanamento economico-finanziario del disavanzo sanitario regionale» (sentenza n. 51 del 2013), potendo essa intervenire in maniera disarmonica rispetto alle scelte commissariali e, dunque, indirettamente ostacolare l’unitarietà dell’intervento (sentenza n. 266 del 2016).

1.2. Inoltre le medesime disposizioni intervengono in materia di organizzazione sanitaria senza rispettare le previsioni e i vincoli posti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario.
Le disposizioni regionali in esame, pertanto, non rispettando le previsioni ed i vincoli imposti dal piano di rientro dal deficit sanitario vigente nella Regione Molise, pregiudicano il conseguimento degli obiettivi di risparmio in esso previsti, ledendo i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza di Piano di rientro è preclusa alla regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano, essendo le previsioni dell'Accordo e del relativo Piano vincolanti per la regione stessa. Dette disposizioni regionali pertanto violano l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto contrastano con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.
La Corte Costituzionale ha recentemente ribadito, con la sentenza n. 14 del 2017, che la disciplina dei piani di rientro dai deficit di bilancio in materia sanitaria è riconducibile a un duplice ambito di potestà legislativa concorrente, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.: tutela della salute e coordinamento della finanza pubblica (ex plurimis, sentenza n. 278 del 2014). In particolare, ha affermato che costituisce un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica quanto stabilito dall’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, per cui sono vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli accordi previsti dall’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», finalizzati al contenimento della spesa sanitaria e al ripianamento dei debiti (da ultimo, sentenza n. 227 del 2015).
Tali accordi, secondo la Corte, assicurano, da un lato, la partecipazione delle Regioni alla definizione dei percorsi di risanamento dei disavanzi nel settore sanitario e, dall’altro, escludono che la Regione possa poi adottare unilateralmente misure – amministrative o normative – con essi incompatibili (sentenza n. 51 del 2013)

2) Dal combinato disposto dei precetti contenuti negli artt. 11 e 14, emerge che i percorsi formativi propedeutici all'inserimento lavorativo dei soggetti affetti da disturbi dello spettro autistico e da disturbi del comportamento e disabilità intellettiva sono finanziati con risorse del Fondo sanitario regionale. Tale previsione, che stabilisce il finanziamento di prestazioni di natura sociale con risorse del Fondo sanitario, contrasta con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., violando altresì il principio di copertura finanziaria di cui all’art. 81 Cost. Infatti, il divieto per le Regioni sottoposte al Piano di rientro di effettuare spese non obbligatorie, tra le quali è ricompreso il finanziamento di prestazioni di natura sociale (come tali non sussumibili nei LEA), trova la propria ragione nell’art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nonché nell’art. 2, comma 80, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. Tali norme statali stabiliscono infatti che le regioni sottoposte al piano di rientro non possono effettuare spese non obbligatorie, e che gli atti emanati in violazione di tale divieto sono nulli (art. 1, comma 174, l. n. 311 del 2004); esse prevedono inoltre che gli interventi individuati dal piano sono vincolanti per la regione, che è obbligata a non adottare nuovi provvedimenti legislativi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro (art. 2, comma 80, l. n. 191 del 2009). In tal senso si è espressa la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 51 del 2013, specificando che le prescrizioni contenute nel Piano di rientro sono inderogabili e impediscono qualsiasi estensione di spesa a servizi diversi da quelli compresi nel Piano stesso.

3) L’art. 14, recante le disposizioni finanziarie, prevede che "All'attuazione della presente legge si provvede mediante risorse del Fondo sanitario regionale di parte corrente”.
La formulazione della norma, laddove prevede che la copertura finanziaria della legge in esame si rinviene nelle " risorse del Fondo sanitario regionale di parte corrente ", risulta generica e pertanto in contrasto con i principi dell'attualità e della certezza della copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla legge, più volte affermati dalla consolidata giurisprudenza costituzionale. Pertanto la norma viola l'articolo 81, terzo comma, della Costituzione.
La norma finanziaria in esame, inoltre, nel prevedere interventi che implicano nuovi e maggiori costi non quantificati a carico del Fondo sanitario regionale di parte corrente non è coerente con la cornice programmatoria già definita dal Piano. Essa contrasta infatti, oltre che con il principio di copertura finanziaria di cui all’art. 81 Cost., con i principi di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., per un duplice motivo:
- prevede interventi in materia di organizzazione sanitaria che non sono contemplati nel piano di rientro dal disavanzo sanitario ( Corte Cost. 131/2012);
- non rispetta l’imposizione dei risparmi di spesa imposto alle Regioni in piano di rientro. La Consulta (Sent. n. 91/2012) ha ripetutamente affermato che «l'autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell'ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa», peraltro in un «quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario» (sentenza n. 193 del 2007). Pertanto, il legislatore statale può «legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l'equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenza n.163 del 2011 e n. 52 del 2010).

Per i motivi esposti le norme della legge in esame sopra indicate, e l’intera legge regionale, avente carattere normativo omogeneo, devono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale per violazione dell’art. 127 Cost.

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