Dettaglio Legge Regionale

Valutazione ambientale per piani, programmi e progetti. (13-10-2017)
Bolzano
Legge n.17 del 13-10-2017
n.42 del 17-10-2017
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia impugnativa
Con delibera del Consiglio dei Ministri dell’11.12.2017, il Governo ha impugnato dinanzi alla Corte Costituzionale gli articoli 16 comma 3 e comma 4, 17 comma 3, 18 comma 6 e 7, 19 comma 2, 20 commi 1, 3 e 4 della legge della Provincia Autonoma di Bolzano del 13 ottobre 2017 n. 17 recante
“Valutazione ambientale per piani, programmi e progetti”, pubblicata nel B.U. della Regione Trentino – Alto Adige n.42 del 17 ottobre 2017.
Le disposizioni censurate eccedevano dalle competenze riconosciute alla Provincia Autonoma di Bolzano, risultando invasive delle competenze esclusive statali in materia di livelli essenziali delle prestazioni riguardanti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di cui all’articolo 117, secondo comma lettere m) ed s) della Costituzione.
Con l’articolo 16 della legge provinciale n. 2/2020, pubblicata nel B.U. Trentino-Alto Adige 2 aprile 2020, n. 14, Numero Straordinario n. 1, la Provincia autonoma di Bolzano ha apportato varie modifiche, alla legge provinciale n. 17/2017, a suo tempo impugnata innanzi alla Corte Costituzionale, e concordate in un tavolo tecnico instaurato fra i funzionari del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e quelli della Provincia Autonoma di Bolzano, al fine di superare i sopracitati rilievi. Con riferimento in particolare al comma 15 dell’articolo 16, che ha sostituito l’articolo 18 della legge provinciale 13 ottobre 2017, n. 17, prevedendo il termine di 180 giorni per la conclusione della conferenza di servizi, si è trattato di un errore materiale nella predisposizione del testo in lingua italiana e in lingua tedesca della disposizione provinciale. La Provincia di Bolzano ha dichiarato la disponibilità ad impegnarsi a sostituire il termine di 180 giorni con quello di 120 giorni con prossimo provvedimento legislativo. Pertanto, il Segretario Generale del Consiglio della Provincia Autonoma di Bolzano, con nota dell’11 giugno 2020, ha certificato che l’11 giugno 2020 è stata approvata dal Consiglio della Provincia Autonoma di Bolzano, la norma che prevede la modifica del comma 10 dell’articolo 18 della legge provinciale 13 ottobre 2017, n.17, come modificato dall’art. 16 comma 15 della citata l.p. 2/2020, con la sostituzione delle parole “180” giorni” con le parole “120 giorni” , appaiono così superate tutte le questioni che avevano condotto all’impugnazione della legge provinciale n. 17 del 2017. La modifica del comma 10 dell’articolo 18 della legge provinciale 13 ottobre 2017, n.17, recante “Valutazione ambientale per piani, programmi e progetti”, contenuta nell’articolo 3 della legge provinciale 16 giugno 2020 n.5 recante “ Debito fuori bilancio e altre disposizioni” e pubblicata nel BU della Regione Trentino Alto Adige , modifica i termini di decorrenza ed entra in vigore dal 19 giugno 2020.

Alla luce delle modifiche introdotte e acquisito il parere favorevole del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, competente per materia, si ritiene che i rilievi formulati dal Governo con riferimento alla legge provinciale n. 17/2017 siano stati superati e sussistono i presupposti per deliberare la rinuncia al ricorso pendente avverso la suddetta l.p. n.17/2017
11-12-2017 / Impugnata

La legge provinciale, che reca norme per la valutazione ambientale per piani, programmi e progetti, che spaziano dalla VAS, alla VIA, all’AIA, presenta norme che eccedono dalle competenze riconosciute alla Provincia Autonoma di Bolzano dallo Statuto speciale di autonomia, risultando invasive delle competenze esclusive statali in materia di livelli essenziali delle prestazioni riguardanti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di cui all’articolo 117, secondo comma lettere m) ed s) della Costituzione.


Con riferimento alle disposizioni specificamente dedicate alla VIA, si ricorda come di recente la materia sia stata interessata da una importante riforma, che ha trovato corpo nel d.lgs. n. 104 del 2017. Tale atto normativo pone infatti una nuova disciplina della VIA, anche modificando numerose disposizioni della Parte seconda del d.lgs. n. 152 del 2006.
Preliminarmente, occorre evidenziare come la disciplina della VIA sia stata inserita dalla giurisprudenza costituzionale, senza esitazione e con un indirizzo ormai consolidato, tra gli oggetti rientranti nella competenza esclusiva statale in materia di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» di cui all’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. Si veda, tra le molte che è possibile evocare, la sent. n. 186 del 2010, ove il Giudice costituzionale afferma di aver «precisato più volte che la normativa sulla valutazione d’impatto ambientale attiene a procedure che valutano in concreto e preventivamente la “sostenibilità ambientale” e che “rientrano indubbiamente nella materia della tutela dell’ambiente, di cui all’art. 117, comma secondo, lettera s), Cost.” (sentenza n. 225 del 2009)» (più di recente, cfr. anche la sent. n. 117 del 2015). La esclusività della competenza statale nella materia de qua, pur in presenza di talune sovrapposizioni con «ambiti materiali di spettanza regionale», determina la “prevalenza” della normativa statale, «in ragione della precipua funzione cui assolve il procedimento in esame, il citato titolo di legittimazione statale» (cfr. sentenza n. 234 del 2009)». Da ciò la conseguenza secondo la quale, «le Regioni sono tenute, per un verso, a rispettare i livelli uniformi di tutela apprestati in materia, per l’altro a mantenere la propria legislazione negli ambiti di competenza fissati dal Codice dell’ambiente, nella specie quanto al procedimento di VIA» (così, ancora, la sent. n. 186 del 2010; la necessità costituzionale che le Regioni si mantengano «negli ambiti di competenza fissati dal legislatore statale» tramite il c.d. “Codice dell’ambiente” è affermata anche dalle sentt. nn. 300 del 2013, 93 del 2013, n. 227 del 2011, n. 186 del 2010).
In tale contesto, di particolare importanza nella presente sede è,da un lato, l’art. 23, comma 4, del menzionato d.lgs. n. 104, ai sensi del quale le Regioni e Province autonome sono chiamate, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto, ad adeguare il proprio ordinamento alle nuove disposizioni statali, e dall’altro l’art. 7-bis del d.lgs. 152 del 2006, aggiunto dall’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 104 del 2006. Tale disposizione, infatti, prevede che «le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplin(i)no con proprie leggi o regolamenti» esclusivamente «l’organizzazione e le modalità di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonché l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali», e che tale potestà normativa «è esercitata in conformità alla legislazione europea e nel rispetto di quanto previsto» nello stesso d.lgs. n. 152 del 2006 «fatto salvo il potere di stabilire regole particolari ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalità della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonché per la destinazione alle finalità di cui all'articolo 29, comma 8, dei proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie». Infine, si precisa che «in ogni caso non sono derogabili i termini procedimentali massimi di cui agli articoli 19 e 27-bis».
I margini di manovra riconosciuti oggi al legislatore regionale e provinciale in materia di VIA sono dunque limitati a quanto appena evidenziato, nel puntuale rispetto delle previsioni del d.lgs. n. 152 del 2006, ovviamente nel testo attualmente in vigore.
La giurisprudenza costituzionale conferma inequivocabilmente la ricostruzione appena accennata. La Corte, infatti, ha chiaramente affermato che «le Regioni sono tenute, per un verso, a rispettare i livelli uniformi di tutela apprestati in materia, per l’altro a mantenere la propria legislazione negli ambiti di competenza fissati dal Codice dell’ambiente, nella specie quanto al procedimento di VIA». (così, ancora, la sent. n. 186 del 2010; la necessità costituzionale che le Regioni si mantengano «negli ambiti di competenza fissati dal legislatore statale» tramite il c.d. “Codice dell’ambiente” è affermata anche dalle sentt. nn. 300 del 2013, 93 del 2013, n. 227 del 2011, n. 186 del 2010). Sul punto può peraltro essere il caso di precisare come tali conclusioni siano state ribadite, con una giurisprudenza ormai consolidata, anche per le Regioni ad autonomia speciale e per le Province Autonome. Si vedano, al riguardo, le sentt. nn. 104 del 2008, con rinvio alla sentenza n. 378 del 2007, nn. 225 e 234 del 2009 e nn. 1 e 67 del 2010.
Le Regioni – sia ordinarie che speciali – e le Province Autonome dispongono dunque in materia di VIA di una potestà legislativa non dissimile da quella un tempo regolata dal “vecchio” art. 117, secondo comma, Cost, vigente prima della riforma costituzionale del 2001, ai sensi del quale «le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione». Il titolo regionale (e provinciale) per la disciplina della VIA, dunque, è tutto nella legge statale, non in disposizioni costituzionali o statutarie. Di talché è necessario concludere che tale disciplina deve rigorosamente mantenersi negli ambiti dalla legge riconosciuti, pena l’incostituzionalità per violazione del titolo costituzionale su cui quest’ultima si fonda.
Alla luce del nuovo quadro normativo sopra rappresentato, alcune disposizioni della legge provinciale in esame eccedono la potestà normativa attualmente riconosciuta alle Regioni e alle Province autonome dal citato articolo 7-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Con riferimento alla VIA si rappresenta che il contrasto delle disciplina provinciale con il parametro statale interposto si traduce senz’altro in una lesione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., che affida alla competenza esclusiva statale la «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema». Inoltre, si rappresenta che le norme a carattere semplificatorio reperibili nella disciplina da ultimo dettata con il d.lgs. n. 104 del 2017 è legittimata anche dalla potestà esclusiva dello Stato in tema di «livelli essenziali delle prestazioni» concernenti i diritti civili e sociali che devono essere assicurati su tutto il territorio nazionale di cui all’art. 117, secondo comma, lett. m), Cost. Da qui la violazione, in caso di contrasto con il parametro interposto, anche di tale norma costituzionale.
In merito ai singoli articoli della legge provinciale si formulano i seguenti rilievi .



1) Illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 3, per violazione dell’art. 117, comma secondo, lett. s), Cost., in riferimento all’art. 19, commi 6 e 7, del d.lgs. n. 152 del 2006.
L’art. 16, comma 3, della legge provinciale indicata in oggetto dispone quanto segue: «L'Agenzia può richiedere, per una sola volta, al proponente integrazioni documentali o chiarimenti da presentare entro un termine non superiore a 30 giorni. In tal caso il termine per la pronuncia è sospeso fino al deposito della documentazione integrativa da parte del proponente. Qualora, entro il termine stabilito, il proponente non depositi la documentazione completa degli elementi mancanti, l'istanza si intende ritirata. È fatta salva la facoltà per il proponente di richiedere una proroga del termine di presentazione della documentazione integrativa in ragione della complessità della documentazione da presentare».
Tale previsione presenta profili di contrasto con l’art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale, a sua volta, ha il seguente contenuto precettivo: «L’autorità competente può, per una sola volta, richiedere chiarimenti e integrazioni al proponente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 4. In tal caso, il proponente provvede a trasmettere i chiarimenti richiesti entro e non oltre i successivi quarantacinque giorni. Su richiesta motivata del proponente l’autorità competente può concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione delle integrazioni e dei chiarimenti richiesti per un periodo non superiore a novanta giorni. Qualora il proponente non trasmetta la documentazione richiesta entro il termine stabilito, la domanda si intende respinta ed è fatto obbligo all’autorità competente di procedere all'archiviazione».
In particolare, il contrasto della disposizione provinciale con quella statale è apprezzabile sotto i seguenti profili: a) innanzi tutto, la prima non prevede un termine temporale massimo per la richiesta di chiarimenti ed integrazioni, mentre la seconda individua tale termine in 30 giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 4 della stessa; b) in secondo luogo, il termine entro il quale il proponente può produrre chiarimenti o integrazioni documentali è fissato in 30 giorni dalla norma che qui si contesta, a fronte dei 45 stabiliti dalla norma statale; c) infine, l’art. 16, comma 3, della legge provinciale in oggetto prevede un meccanismo di sospensione “automatica” del termine, mentre l’art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 152 prevede che tale sospensione venga concessa solo a seguito di richiesta motivata del proponente.
Infine deve essere messo in evidenza come il menzionato art. 16, comma 3, si ponga in contrasto anche con il comma 7 dell’art. 19 del d.lgs. n. 152 del 2006. Tale ultima disposizione, infatti, prevede che «in casi eccezionali, relativi alla natura, alla complessità, all'ubicazione o alle dimensioni del progetto, l’autorità competente può prorogare, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, il termine per l'adozione del provvedimento di verifica». Tale possibilità deve invece ritenersi esclusa in base tenore testuale della disposizione provinciale de qua.
L’evidenziata difformità della normativa provinciale rispetto a quella statale si traduce, per le ragioni illustrate in premessa, in una lesione delle competenze legislative esclusive di cui all’art.117, secondo comma, Cost., in materia di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema».

2). Illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 4, per violazione dell’art. 117, comma secondo, lett. s), Cost., in riferimento agli artt. 5, comma 1, lett. o-ter), e 19, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006.
L’art. 16, comma 4, della legge provinciale indicata in oggetto prevede quanto segue: «Se il progetto non ha significativi impatti negativi sull'ambiente, l'Agenzia dispone l’esclusione dalla procedura di valutazione ambientale e, se del caso, impartisce le necessarie prescrizioni».
Tale disposizione è in contrasto con gli artt. 5, comma 1, lett. o-ter, e 19, comma 8, del d.lgs. n. 152 del 2006. La prima delle norme citate prevede infatti che «qualora l’autorità competente stabilisca di non assoggettare il progetto al procedimento di VIA, specifica i motivi principali alla base della mancata richiesta di tale valutazione in relazione ai criteri pertinenti elencati nell'allegato V, e, ove richiesto dal proponente, tenendo conto delle eventuali osservazioni del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per i profili di competenza, specifica le condizioni ambientali necessarie per evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi e negativi». Il menzionato art. 5, comma 1, lett. o-ter, invece, nel definire la nozione di «condizione ambientale del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA» dispone che essa debba intendersi quale «prescrizione vincolante, se richiesta dal proponente, relativa alle caratteristiche del progetto ovvero alle misure previste per evitare o prevenire impatti ambientali significativi e negativi, eventualmente associata al provvedimento negativo di verifica di assoggettabilità a VIA».
Come si vede, mentre per la previsione provinciale, in caso di provvedimento negativo l’Agenzia «impartisce le necessarie prescrizioni», le disposizioni nazionali prevedono che le «condizioni ambientali» possano essere associate al provvedimento solo se richieste dal proponente e siano necessarie per le specifiche finalità di «evitare o prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi e negativi».
Il contrasto della normativa provinciale con la disposizione legislativa statale che si è appena mostrato si traduce, per le ragioni illustrate in premessa, in una lesione delle competenze legislative esclusive di cui all’art.117, secondo comma, Cost., in materia di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema».

3) Illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, per violazione dell’art. 117, comma secondo, lett. s), Cost., in riferimento agli artt. 20, del d.lgs. n. 152 del 2006.
Ai sensi della disposizione che qui si contesta, «il proponente può presentare all'Agenzia una bozza del progetto e dello studio di impatto ambientale, al fine di definire la portata delle informazioni da includere nel progetto e nello studio di impatto ambientale, il relativo livello di dettaglio e le metodologie da adottare». La medesima disposizione precisa che, «a tale scopo il/la presidente del Comitato ambientale procede alla nomina del Gruppo di lavoro, che si pronuncia entro 60 giorni».
La richiamata individuazione del termine di 60 giorni è in palese contrasto con l’art. 20, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, che invece prevede un termine di 30 giorni.
Il contrasto della normativa provinciale con la disposizione legislativa statale si traduce, per le ragioni illustrate in premessa, in una lesione delle competenze legislative esclusive di cui all’art.117, secondo comma, Cost., in materia di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema».


4) Illegittimità costituzionale dell’art. 18, commi 6 e 7, per violazione dell’art. 117, comma secondo, lett. s), Cost., in riferimento agli artt. 27-bis, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006.
Il comma 6, dell’art. 18 della legge provinciale n. 17 del 2017 prevede quanto segue: «Il proponente può prendere visione delle osservazioni pervenute e replicare alle stesse entro dieci giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 4. Entro lo stesso termine il proponente può comunicare l'intenzione di modificare gli elaborati, anche a seguito di osservazioni o di rilievi emersi nel corso dell'inchiesta pubblica. In tal caso la documentazione deve essere presentata entro il termine di 30 giorni, prorogabili su istanza del proponente per giustificati motivi. I termini del procedimento si intendono sospesi dalla data della comunicazione fino alla presentazione della documentazione».
Tale disposizione appare in contrasto con l’art. 27-bis, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale ha il seguente tenore: «Entro i successivi trenta giorni l'autorità competente può chiedere al proponente eventuali integrazioni assegnando allo stesso un termine non superiore a trenta giorni. Su richiesta motivata del proponente l'autorità competente può concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a centottanta giorni. Qualora entro il termine stabilito il proponente non depositi la documentazione integrativa, l'istanza si intende ritirata ed è fatto obbligo all'autorità competente di procedere all'archiviazione. L'autorità competente, ove motivatamente ritenga che le modifiche o le integrazioni siano sostanziali e rilevanti per il pubblico, dispone, entro quindici giorni dalla ricezione della documentazione integrativa, che il proponente trasmetta, entro i successivi quindici giorni, un nuovo avviso al pubblico, predisposto in conformità all'articolo 24, comma 2, del presente decreto, da pubblicare a cura della medesima autorità competente sul proprio sito web, di cui è data comunque informazione nell'albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate. In relazione alle modifiche o integrazioni apportate al progetto e alla documentazione, i termini di cui al comma 4 per l'ulteriore consultazione del pubblico sono ridotti alla metà».
In particolare, si evidenzia : a) che la modifica degli elaborati e della documentazione in base ad una comunicazione da parte del proponente, prevista dalla disposizione provinciale, contrasta con la norma statale, ai sensi della quale le modifiche/integrazioni alla documentazione possano essere apportate dal proponente a seguito di richiesta da parte dell’autorità competente; b) che la previsione della sospensione del procedimento fino alla data delle presentazione della documentazione modificata/integrativa (sempre su iniziativa del proponente) è in contrasto con la previsione secondo la quale l’autorità competente può concedere, su richiesta del proponente e per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a centottanta giorni.
Il successivo comma 7 della medesima disposizione provinciale, invece, contrasta con la sopra richiamata disposizione statale nella parte in cui prevede che «entro 60 giorni dalla pubblicazione dell'avviso di deposito delle modifiche del progetto, chiunque abbia interesse può prendere visione del progetto e del relativo studio di impatto ambientale, presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi in relazione alle sole modifiche apportate al progetto». Il termine de quo è infatti fissato dall’art. 27-bis, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, tramite un rinvio al precedente comma 4, in 30 giorni.
Dalla difformità della disciplina statale rispetto a quella provinciale deriva, per quanto evidenziato in premessa, l’illegittimità costituzionale della seconda per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.

5) Illegittimità costituzionale dell’art. 19, comma 2, per violazione dell’art. 117, comma secondo, lett. m) ed s), Cost., in riferimento agli artt. 27-bis, comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006. Illegittimità costituzionale, per la violazione dei medesimi parametri costituzionali ed interposti, dell’art. 18, comma 2, nella parte in cui non prevede che la comunicazione ivi disciplinata debba avvenire a beneficio di tutte le autorità competenti in merito alla realizzazione del progetto.
L’art. 19, comma 2, della legge provinciale n. 17 del 2017, prevede quanto segue: «Entro il termine di 120 giorni dalla data della pubblicazione, il Comitato ambientale esamina il progetto e il relativo studio di impatto ambientale ed emette un parere motivato sul suo prevedibile impatto ambientale, tenendo conto delle valutazioni del Gruppo di lavoro e delle osservazioni presentate o espresse nell'inchiesta pubblica. Il proponente e il sindaco del Comune interessato hanno diritto di essere ascoltati dal Comitato ambientale prima che venga rilasciato il parere. Il parere può contenere anche indicazioni sugli interventi idonei a evitare, limitare o compensare gli impatti negativi e sulle misure di controllo da adottarsi in fase di realizzazione del progetto».
Tale disposizione contrasta con l’art. 27-bis, comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale così dispone: «Fatto salvo il rispetto dei termini previsti dall'articolo 32 per il caso di consultazioni transfrontaliere, entro dieci giorni dalla scadenza del termine di conclusione della consultazione ovvero dalla data di ricevimento delle eventuali integrazioni documentali, l'autorità competente convoca una conferenza di servizi alla quale partecipano il proponente e tutte le Amministrazioni competenti o comunque potenzialmente interessate per il rilascio del provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione e all'esercizio del progetto richiesti dal proponente. La conferenza di servizi è convocata in modalità sincrona e si svolge ai sensi dell'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il termine di conclusione della conferenza di servizi è di centoventi giorni decorrenti dalla data di convocazione dei lavori. La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e comprende il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l'esercizio del progetto, recandone l'indicazione esplicita. Resta fermo che la decisione di concedere i titoli abilitativi di cui al periodo precedente e' assunta sulla base del provvedimento di VIA, adottato in conformità all'articolo 25, commi 1, 3, 4, 5 e 6, del presente decreto».
La difformità del menzionato comma 2 rispetto alla previsione statale è agevolmente apprezzabile ove si consideri che nel primo non è prevista la conferenza dei servizi e le relative funzioni nell’ambito del procedimento di VIA di competenza regionale, ai sensi dell'articolo 14 comma 4 e 14-ter della legge n. 241 del 1990, secondo quanto invece si dispone nella seconda. La fase di valutazione da parte del «Comitato ambientale», è infatti destinata a concludersi con un «parere» che «può contenere anche indicazioni sugli interventi idonei a evitare, limitare o compensare gli impatti negativi e sulle misure di controllo da adottarsi in fase di realizzazione del progetto».
L’art. 18, comma 2, della legge in oggetto prevede che l’Agenzia pubblichi l’avviso del deposito del progetto, il progetto, lo studio di impatto ambientale e la sintesi non tecnica nel proprio sito web e comunichi l'avvenuta pubblicazione della documentazione nonché alle autorità con competenza ambientale nelle materie di cui all'articolo, ossia tutela delle acque, tutela dall'inquinamento atmosferico e acustico, gestione dei rifiuti e tutela del suolo, tutela della natura e del paesaggio, tutela degli ambienti acquatici, gestione delle risorse idriche e vincoli idrogeologici forestali. Tale previsione, limitando a quelle sopra richiamate la comunicazione, non mette in condizioni di partecipare al procedimento autorizzatorio unico tutte le possibili amministrazioni interessate. Nella parte in cui non prevede che la comunicazione in questione debba avvenire a beneficio di tutte le autorità competenti in merito alla realizzazione del progetto, la disposizione de qua si pone quindi in contrasto con l’art. 27-bis, comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006, che – come si è visto – prevede il provvedimento autorizzatorio unico regionale.
Il contrasto della normativa provinciale con la disposizione legislativa statale che si è sopra illustrato si traduce, per le ragioni illustrate in premessa, in una lesione delle competenze legislative esclusive di cui all’art.117, secondo comma, Cost., in materia di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema».
Il menzionato art. 27-bis, inoltre, rappresenta una norma di semplificazione amministrativa adottata dal legislatore statale nell’esercizio della propria competenza in materia di «livelli essenziali delle prestazioni» ex art. 117, secondo comma, lett. m), Cost., in grado di vincolare anche i legislatori regionali, conformemente a quanto il Giudice costituzionale ha ritenuto possibile – tra le altre – con la sent. n. 203 del 2012. Da ciò, dunque, la violazione anche di questo parametro costituzionale.

6) Illegittimità costituzionale dell’art. 20, commi 1, 3 e 4, per violazione dell’art. 117, comma secondo, lett. s), Cost., in riferimento agli artt. 27-bis, comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006.
L’art. 20, commi 1 e 3, della legge provinciale n. 17 del 2017 prevedono quanto segue: «1. La Giunta provinciale si pronuncia sulla compatibilità ambientale del progetto entro 150 giorni dalla pubblicazione, tenendo conto del parere del Comitato ambientale, delle osservazioni presentate o espresse nell'inchiesta pubblica. (…) 3. Il provvedimento di VIA sostituisce a tutti gli effetti ogni altra autorizzazione, parere, visto o nulla osta sul progetto, richiesti dalle vigenti disposizioni di legge nelle materie di cui all'articolo 4, comma 1».
Il contenuto precettivo delle sopra richiamate disposizioni contrastano con l’art. 27-bis, comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006, già riportato più sopra. Per la normativa provinciale, infatti, il procedimento deve concludersi con una «pronuncia sulla compatibilità ambientale» che costituisce il «provvedimento di VIA», il quale, a sua volta, è destinato a sostituirsi ad ogni altro atto di assenso. In base alla disciplina statale, invece, dovrebbe svolgersi un procedimento unico, che ha il suo fulcro nella conferenza di servizi in modalità sincrona sensi dell'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, e che è destinato a concludersi in un provvedimento autorizzatorio unico che, pur comprendendo il provvedimento di VIA e dovendo essere basato sul medesimo, è rispetto ad esso logicamente e giuridicamente distinto.
Il comma 4 della disposizione provinciale che qui si contesta, a sua volta, prevede che «Ii rilascio della concessione edilizia o di altri titoli abilitativi alla costruzione, ove richiesti, è subordinato all'approvazione di cui al comma 2».
Anche questa previsione è in contrasto con il richiamato art. 27-bis, comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006, in quanto dispone che il rilascio di titoli abilitativi alla costruzione (concessione edilizia o equivalente titolo) sia subordinato, e quindi successivo, al provvedimento di VIA, confermando la totale difformità rispetto alla natura e alle funzioni del provvedimento autorizzatorio unico regionale, comprensivo del provvedimento di VIA e di tutti titoli abilitativi contestualmente rilasciati per la realizzazione e l’esercizio del progetto, delineata dal menzionato art. 27-bis, comma 7.
Dalla difformità della disciplina statale rispetto a quella provinciale deriva, per quanto evidenziato in premessa, l’illegittimità costituzionale della seconda per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. Poiché l’art. 27-bis, comma 7, del d.lgs. n. 152 del 2006 rappresenta, come ricordato al paragrafo precedente, una norma volta a porre «livelli essenziali delle prestazioni» che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ex art. 117, secondo comma, lett. m), Cost., il sopra illustrato contrasto di traduce anche in una violazione, da parte della disposizione provinciale, di tale parametro costituzionale.

Per i motivi sopra descritti la legge provinciale – limitatamente alle norme indicate - eccede dalle competenze attribuite alla Provincia autonoma di Bolzano dallo Statuto speciale di autonomia della Regione Trentino Alto Adige e deve quindi essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione

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