Dettaglio Legge Regionale

Istituzione Rete Escursionistica Alpinistica Speleologica Torrentistica Abruzzo (REASTA) per lo sviluppo sostenibile socio-economico delle zone montane e nuove norme per il Soccorso in ambiente montano. (27-12-2016)
Abruzzo
Legge n.42 del 27-12-2016
n.28 del 28-12-2016
Politiche socio sanitarie e culturali
23-2-2017 / Impugnata
La Legge della Regione Abruzzo 27 dicembre 2016, n. 42, recante l’“Istituzione Rete Escursionistica Alpinistica Speleologica Torrentistica Abruzzo – REASTA”, presenta profili d’illegittimità costituzionale.

Si premette che la legge in esame prevede l’istituzione, l’individuazione e la definizione delle modalità di gestione di una rete escursionistica in Abruzzo (REASTA), «quale infrastruttura viaria necessaria alla gestione, al controllo, alla fruizione ed alla valorizzazione delle aree naturali montane dell’Abruzzo» (art. 1, comma 3). Tale rete interessa tutto il territorio regionale, compreso quello ricadente nei parchi nazionali e nelle aree protette regionali. La legge in oggetto, inoltre, stabilisce le relative funzioni concernenti il tema in esame attribuite alla stessa Regione, ai Comuni, al CAI Abruzzo, ai collegi regionali dei maestri di sci, delle guide alpine e delle guide speleologiche, al comitato regionale della Federazione ciclistica, e ad un Coordinamento tecnico regionale.
Al riguardo si segnala come la menzionata normativa sia gravemente lesiva delle funzioni che la legge attribuisce agli Enti Parco e ai soggetti gestori delle altre aree protette esistenti nel territorio regionale, nonché – più in generale – contrastante con importanti norme della legislazione statale ascrivibili alla competenza esclusiva in tema di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”.
E’ inoltre opportuno evidenziare in premessa come le criticità in questione appaiono, nel caso in esame, di particolare gravità. Ciò in quanto nella regione Abruzzo sono presenti tre parchi nazionali, che ricoprono complessivamente più di 233 mila ettari, e si trovano esclusivamente in aree montuose, oltre a tre Riserve Naturali Statali esterne agli stessi anch’esse prevalentemente in aree di montagna. Tenendo conto che la superficie dell’intero Abruzzo è di 1.079.121,72 ettari, dunque, ben il 21,97% del territorio regionale è interno ad un’area protetta nazionale ed il territorio non incluso è costituito perlopiù dalle aree collinari e planiziari.
La giurisprudenza costituzionale ha da tempo chiarito come la «materia delle aree protette» statali e regionali, di cui la legge n. 394 del 1991, rappresentando la disciplina fondamentale, sia ascrivibile all’«esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.» (tra le altre, cfr. le sentt. n. 20 e n. 315 del 2010; n. 44 del 2011). La Regione, dunque, può certo esercitare le proprie funzioni legislative anche quando incidano su tale sfera, ma «senza potervi derogare», potendo viceversa «determinare, sempre nell’àmbito delle proprie competenze, livelli maggiori di tutela» (sentenze n. 193 del 2010 e n. 61 del 2009; sent. n. 44 del 2011). Più nello specifico, la giurisprudenza costituzionale ha chiarito come «il territorio dei parchi, siano essi nazionali o regionali, ben (possa) essere oggetto di regolamentazione da parte della Regione, in materie riconducibili ai commi terzo e quarto dell’art. 117 Cost., purché in linea con il nucleo minimo di salvaguardia del patrimonio naturale, da ritenere vincolante per le Regioni» (sentt. nn. 232 del 2008 e 44 del 2011). Il Giudice costituzionale, inoltre, ha avuto modo di precisare che «la disciplina statale delle aree protette, che inerisce alle finalità essenziali della tutela della natura attraverso la sottoposizione di porzioni di territorio soggette a speciale protezione», risponde a tali finalità per mezzo di due differenti tipi di strumenti: la regolamentazione sostanziale delle attività che possono essere svolte in quelle aree, come le «limitazioni all’esercizio della caccia» (sentenza n. 315 del 2010, n. 44 del 2011), e la «predisposizione di strumenti programmatici e gestionali per la valutazione di rispondenza delle attività svolte nei parchi, alle esigenze di protezione della flora e della fauna» (sentenza n. 387 del 2008, n. 44 del 2011). Ebbene, la legge regionale indicata in epigrafe contiene profili di contrasto con strumenti dell’uno e dell’altro tipo tra quelli predisposti dalla legislazione statale, e dunque deve ritenersi costituzionalmente illegittima nelle parti e per i motivi di seguito illustrati.

1. Illegittimità costituzionale dell’articolo 5, commi 1 e 2, nella parte in cui non prevede che le funzioni di cui al comma 2, lett. b), d), e), h) ed i) siano esercitate – nei casi in cui interessino aree rientranti in Parchi nazionali – in conformità al Piano del Parco ed al Regolamento del Parco, nonché alle misure di salvaguardia eventualmente dettate dal provvedimento istitutivo, per violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. s), e sesto comma, nonché dell’art. 118, primo e secondo comma, in riferimento agli artt. 8, 11 e 12 della legge n. 394/1991.
L’articolo 5, comma 1, prevede quanto segue: «1. La Regione Abruzzo, per il tramite della struttura regionale competente in materia di pianificazione territoriale ed il supporto del Coordinamento tecnico regionale di cui all'articolo 8, provvede alla gestione e organizzazione della REASTA con la collaborazione dei Comuni, dell'Amministrazione Separata dei Beni di Uso Civico (ASBUC), del CAI Abruzzo, del Collegio regionale maestri di sci Abruzzo, del Collegio regionale guide alpine Abruzzo, del Collegio regionale guide speleologiche Abruzzo, della Federazione Ciclistica Italiana - comitato Abruzzo e degli enti gestori dei parchi nazionali e delle aree protette regionali». Il successivo comma 2 specifica in quali attività si sostanzia la «gestione e organizzazione» della REASTA, attribuendo alla Regione – per quel che è qui di più prossimo interesse – di «b) promozione dell'attività di validazione in ambito regionale dei nuovi sentieri e percorsi per lo svolgimento delle attività escursionistiche, alpinistiche e speleologiche»; «d) approvazione del programma triennale degli interventi straordinari di cui all'articolo 10»; «e) promozione della formazione e coordinamento della rete delle strutture ricettive funzionali alle attività escursionistiche, alpinistiche, speleologiche e torrentistiche»; h) «promozione, anche attraverso appositi finanziamenti, della ordinaria gestione e manutenzione della REASTA e attivazione dei controlli sull'esecuzione degli interventi»; «i) predisposizione, all'occorrenza, di programmi di gestione della REASTA, ivi inclusi i progetti afferenti ai percorsi escursionistici a valenza regionale nonché quelli di coordinamento e collegamento con reti escursionistiche nazionali».
Al riguardo occorre ricordare come l’art. 11 della legge n. 394 del 1991 affida al regolamento del Parco il compito di disciplinare «l’esercizio delle attività consentite entro il territorio del Parco» (comma 1), precisando inoltre come il medesimo debba regolare «la tipologia e le modalità di costruzione di opere e manufatti», «il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo di trasporto», «lo svolgimento di attività sportive, ricreative ed educative», «i limiti alle emissioni sonore, luminose o di altro genere», nonché «l’accessibilità nel territorio del parco attraverso percorsi e strutture idonee per disabili, portatori di handicap e anziani». Il successivo art. 12, inoltre, prevede che «la tutela dei valori naturali ed ambientali» del Parco avvenga attraverso lo strumento del Piano per il Parco, nel quale dovrà essere pianificata – tra l’altro – l’«organizzazione generale del territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela» e i «sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del parco, musei, centri di visite, uffici informativi, aree di campeggio, attività agroturistiche» (comma 1). A questo fine il Piano è chiamato a suddividere il territorio in base al diverso grado di protezione, giungendo fino alla identificazione di «riserve integrali nelle quali l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità» (comma 2).
Ebbene, nella parte in cui le disposizioni regionali sopra richiamate non prevedono che le attività della Regione sopra illustrate destinate ad interessare il territorio dei Parchi nazionali debbano svolgersi in conformità al Regolamento ed al Piano di ciascun Parco, si pongono in contrasto con le norme della legge n. 394 del 1991 sopra richiamate. Così facendo, peraltro, contrastano innanzi tutto con l’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., poiché, come si è visto più sopra, incidono sul nucleo di salvaguardia predisposto dalla legge statale, in esercizio della propria competenza esclusiva in materia di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, con riferimento ad una particolare categoria di aree protette. Analoghe conclusioni, ancora, devono raggiungersi per la mancata previsione della conformità alle «misure di salvaguardia» eventualmente dettate, ai sensi dell’art. 8, comma 5, della medesima legge, fino alla entrata in vigore della specifica disciplina dell’area protetta. La mancata previsione della conformità al regolamento del Parco, d’altra parte, implica anche la violazione dell’art. 117, sesto comma, Cost., poiché comporta la lesione della potestà regolamentare in una materia di competenza legislativa esclusiva statale, nella specie destinata ad essere esercitata, in base al citato art. 11 della legge n. 394 del 1991, dagli Enti Parco. Infine, la possibilità che l’attività gestionale e organizzatoria regionale si esplichi in difformità dal Piano del Parco comporta a sua volta la lesione dell’art. 118, primo e secondo comma, Cost., dal momento che in tal modo si pregiudica una funzione amministrativa di tipo programmatorio affidata dalla legge statale in una materia di propria competenza, ad un ente pubblico nazionale quale l’Ente Parco.

2. Illegittimità costituzionale dell’articolo 5, comma 2, ove si interpreti nel senso che le funzioni di cui al comma 2, lett. b), d), e), h) ed i) – nei casi in cui interessino aree rientranti in Parchi nazionali – possano portare alla identificazione di interventi realizzabili senza il nulla osta dell’Ente Parco anche ove necessario ai sensi dell’art. 13 della legge n. 394 del 1991, per violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. s), e sesto comma, nonché dell’art. 118, primo e secondo comma, in riferimento al menzionato art. 13 della legge n. 394/1991.
L’art. 5, comma 2, della legge regionale in esame è incostituzionale anche per un diverso motivo. Infatti, ove dovesse interpretarsi nel senso di legittimare interventi all’interno dei territori dei Parchi nazionali – quali apertura di nuovi sentieri o realizzazione di strutture ricettive – senza il nulla osta dell’Ente Parco, anche ove necessario ai sensi dell’art. 13 della legge n. 394 del 1991, la menzionata disposizione non potrebbe che essere ritenuta in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lett. s) – in quanto lesiva di un importante standard ambientale stabilito dalla legge statale con riferimento al settore delle aree protette – e 118, primo e secondo comma Cost., poiché pregiudicherebbe irrimediabilmente una funzione amministrativa legittimamente assegnata dallo Stato in una materia di propria competenza esclusiva.

3. Illegittimità costituzionale dell’articolo 5, commi 1 e 2, nella parte in cui prevede che le funzioni di cui al comma 2, lett. c ), d), e), h) ed i) siano esercitate «con la collaborazione», nonché dell’art. 5, comma 2-bis , che affida all’amministrazione regionale specifici compiti gestori – nell’uno e nell’altro caso limitatamente alle funzioni e attività da svolgersi nel territorio dei Parchi – per violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. s), e 118, primo e secondo comma, in riferimento agli artt. 1, comma 4, 9 e 12 della legge n. 394 del 1991.
Come si è visto, l’articolo 5, comma 1, della legge regionale in esame prevede che le funzioni di gestione e organizzazione della REASTA» siano effettuate «con la collaborazione dei Comuni, dell’Amministrazione Separata dei Beni di Uso Civico (ASBUC), del CAI Abruzzo, del Collegio regionale maestri di sci Abruzzo, del Collegio regionale guide alpine Abruzzo, del Collegio regionale guide speleologiche Abruzzo, della Federazione Ciclistica Italiana-comitato Abruzzo e degli enti gestori dei parchi nazionali e delle aree protette regionali». In particolare, tale norma – per quel che qui di più prossimo interesse – si applica alle funzioni specificamente individuate dal successivo comma 2 alle lett. c), d), e), h), ed i).
Le funzioni individuate dalle menzionate lettere dell’art. 5, comma 2, sono di tipo specificatamente gestorio. Comprendono, dunque, anche la pianificazione, la promozione e la realizzazione di interventi. La legge n. 394 del 1991, tuttavia, è chiara nell’affidare l’attività di gestione dei Parchi nazionali all’Ente Parco. In tal senso depone, inequivocabilmente, l’art. 1, comma 3, di tale atto normativo, che esplicitamente individua nella disciplina dal medesimo dettata lo «speciale regime (…) di gestione» cui i territori delle aree protette sono sottoposti. Tale speciale regime di gestione, in particolare per i Parchi nazionali, è imperniato – dal punto di vista del soggetto titolato allo svolgimento dell’attività di gestione – sull’Ente Parco, individuato e disciplinato dall’art. 9, e – dal punto di vista funzionale – sul Piano del Parco, di cui al già citato art. 12. Ancora, nello stesso senso depone l’art. 29 della legge n. 394 del 1991, che affida agli organismi gestori delle aree protette speciali poteri di controllo sulla conformità delle attività realizzate all’interno delle medesime rispetto al regolamento, al Piano, o al nulla osta.
Ora, essendo la REASTA destinata ad includere anche porzioni di territorio ulteriori rispetto a quelle dei Parchi nazionali, ed essendo volto l’intervento legislativo regionale a mettere in connessione e coordinare tutti i percorsi escursionistici regionali, si può riconoscere alla Regione la possibilità di predisporre atti gestori quali quelli sopra menzionati. Tuttavia, appare del tutto evidente che, nella misura in cui gli atti gestori siano destinati a dispiegare i propri effetti anche all’interno dei territori dei Parchi nazionali, pregiudicano le funzioni affidate agli Enti Parco dalla legge statale, nell’esercizio della propria competenza esclusiva in materia di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, determinando così una violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.
Risulta inoltre violato l’art. 118, primo e secondo comma, Cost., poiché si tratta di funzioni affidate – da parte del legislatore competente per materia – in base ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza ivi contenuti.
Non basta, evidentemente, a sanare le richiamate violazioni costituzionali la previsione secondo la quale tali attività devono essere svolte dalla Regione «con la collaborazione» degli Enti Parco, poiché tale forma di intervento è palesemente troppo debole per tutelare le prerogative di questi ultimi. Risulta infatti evidente che la disposizione regionale ammette anche forme di intervento su cui – nonostante lo svolgimento di pratiche collaborative – l’Ente Parco non abbia al fine prestato il proprio consenso. E ciò risulta precisamente lesivo dello standard di tutela ambientale predisposto dalla legge n. 394 del 1991, che ha posto tale ente a presidio dei «valori naturalistici, scientifici, estetici, culturali educativi e ricreativi» presenti nel Parco nazionale (art. 2, comma 1, della legge n. 394 del 1991).
Le prerogative dell’Ente Parco sarebbero garantite solo ed esclusivamente ove la mera “collaborazione” fosse sostituita dalla necessaria previsione di una «intesa» – la cui mancanza non può essere superabile in alcun modo – con i soggetti gestori dei Parchi.

4. Illegittimità costituzionale dell’articolo 6, comma 1, lett. a) n. 1, lett. b) n. 1 e 3, lett. d) n. 1 e 3, che attribuiscono al CAI Abruzzo, al Collegio guide alpine Abruzzo, e al Collegio Guide Speleologiche Abruzzo funzioni di tipo gestorio su percorsi, sentieri e segnaletica – limitatamente alla parte in cui tali attività siano destinate a svolgersi nel territorio dei Parchi – per violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. s), e 118, primo e secondo comma, in riferimento agli artt. 1, comma 4, 2, comma 1, e 12 della legge n. 394 del 1991.
L’art. 6 della legge in oggetto affida ad alcuni soggetti specificamente individuati una serie di funzioni e compiti, tra i quali, in questa sede, rilevano specificamente i seguenti: al CAI Abruzzo viene affidata la funzioni di «controllo, indicazione e monitoraggio degli interventi di segnaletica sentieristica»; al Collegio guide alpine Abruzzo il compito della «attribuzione del numero identificativo sul terreno di ogni singolo sentiero, via ferrata, via alpinistica, via di arrampicata sportiva, tratturo, ippovia, pista ciclabile e di mountain biking e itinerario free ride» e quello della «manutenzione dei sentieri e percorsi inseriti nella REASTA»; al Collegio Guide Speleologiche Abruzzo viene affidato la funzione consistente nella «attribuzione del numero identificativo all'ingresso di ogni cavità e di ogni torrente», nonché il compito di «manutenzione dei percorsi attraverso le grotte ed i torrenti inseriti nella REASTA».
Si tratta di funzioni specificamente e immediatamente gestorie, che in base agli artt. 1, comma 4, 9 e 12 della legge n. 394 del 1991 devono ritenersi spettanti agli Enti Parco. Da qui, dunque – per ragioni analoghe a quelle illustrate nel precedente punto 3 – l’incostituzionalità della previsione legislativa regionale per violazione degli artt. 117, comma secondo, lett. s), e 118, primo e secondo comma, Cost.

5. Illegittimità costituzionale dell’articolo 7, comma 1, lett. a), b), c), d) ed f), che attribuisce ai comuni e alle ASBUC funzioni di tipo gestorio con riferimento al REASTA – limitatamente alla parte in cui tali attività siano destinate a svolgersi nel territorio dei Parchi – per violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. s), e 118, primo e secondo comma, in riferimento agli artt. 1, comma 4, 2, comma 1, e 12 della legge n. 394 del 1991.
Anche l’art. 7, comma 1, lett. a), b), c), d) ed f), deve ritenersi incostituzionale per ragioni non dissimili a quelle più sopra illustrate. Tali disposizioni affidano ai comuni e alle ASBUC il compito di gestire «la porzione di REASTA afferente al proprio territorio» e presiedere «all’ordinaria manutenzione dei percorsi e sentieri di cui al comma 1 dell'articolo 3, in collaborazione e raccordo con gli enti gestori dei parchi nazionali e delle aree protette regionali ricadenti nel territorio di loro competenza e stipulando convenzioni e collaborazioni con il CAI Abruzzo, il Collegio regionale maestri di sci Abruzzo, il Collegio regionale guide alpine Abruzzo ed il Collegio regionale guide speleologiche Abruzzo»; di predisporre ed approvare «entro il 30 novembre di ogni anno un programma per l'anno successivo di manutenzione ordinaria dei percorsi escursionistici, alpinistici, speleologici e torrentistici ricadenti nel territorio di loro competenza, ivi inclusi quelli interni ad aree naturali protette, individuandone i costi»; di verificare «che la manutenzione dei percorsi sia effettuata nel rispetto di quanto previsto dalla presente legge e dal regolamento attuativo di cui all'articolo 14»; di «stipulare convenzioni con le forze dell'ordine e con le associazioni preposte, per l'affidamento dell'attività di controllo e vigilanza del rispetto dei divieti di cui all'articolo 12».
Anche in questo caso si tratta di funzioni di gestione diretta che, in base alle norme della legge n. 394 del 1991 sopra richiamate, deve inequivocabilmente ritenersi di spettanza dei soggetti gestori dei Parchi nazionali. Da qui la radicale incostituzionalità della previsione in esame nella parte in cui prevede che le funzioni e i compiti sopra elencati possano essere svolti dai Comuni e dalle ASBUC anche con riferimento a porzioni del territorio regionale ricadenti all’interno del perimetro di Parchi nazionali.

6. Illegittimità costituzionale dell’articolo 10, comma 1, nella parte in cui affida alla Regione l’approvazione del programma triennale degli interventi straordinari sul REASTA comprendendo anche interventi riguardanti il territorio dei Parchi nazionali, per violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. s), e 118, primo e secondo comma, anche in riferimento agli artt. 1, comma 4, 2, comma 1, e 12 della legge n. 394 del 1991.
Ai sensi dell’art. 10, comma 1, della legge regionale in parola «la Regione Abruzzo approva ogni tre anni il programma triennale degli interventi straordinari sulla REASTA». Tale programma, «predisposto dal Dipartimento regionale competente in materia di pianificazione territoriale, in collaborazione con il Dipartimento competente in materia di turismo e con il supporto del CTR, è approvato dalla Giunta regionale, previa acquisizione delle proposte dei Comuni e degli enti gestori dei parchi nazionali e delle aree protette regionali». Il “programma triennale”, in particolare, comprende tra l’altro iniziative volte a favorire la «creazione» e il «mantenimento» della rete delle strutture ricettive funzionali all’attività escursionistica (lett. e); a «favorire l’integrazione con la rete del trasporto pubblico locale (…) anche attraverso la creazione di nuove connessioni con la rete esistente» (lett. k); «favorire l’intermodalità del trasporto ecologico incentivando la nascita di percorsi turistici integranti la mobilità pedonale, ciclistica e ippica e dei necessari punti di incontro» (lett. l); «garantire la fruibilità e la sicurezza dei percorsi escursionistici (…) attraverso programmi di manutenzione straordinaria» (lett. n); regolamentare «l’utilizzo della REASTA in funzione delle differenti tipologie di attività sportive e del tempo libero» (lett. p); «garantire la fruibilità e la sicurezza dei percorsi» inseriti nella rete dei REASTA (lett. q).
Anche in questo caso la norma della Regione Abruzzo affida dunque all’amministrazione regionale una importantissima funzione programmatoria e gestoria che, nella parte in cui interessa porzioni del territorio regionale ricadenti all’interno del perimetro di Parchi nazionali è senz’altro di spettanza degli Enti Parco. Non essendo sufficiente, evidentemente, a soddisfare la pretesa costituzionale della allocazione a questi ultimi delle funzioni in esame la mera acquisizione delle loro «proposte». Risulta infatti evidente che la disposizione regionale ammette anche forme di intervento su cui l’Ente Parco non abbia al fine prestato il proprio consenso. E ciò risulta precisamente lesivo dello standard di tutela ambientale predisposto dalla legge n. 394 del 1991, che ha posto tale ente a presidio dei «valori naturalistici, scientifici, estetici, culturali educativi e ricreativi» presenti nel Parco nazionale (art. 2, comma 1, della legge n. 394 del 1991).
Anche in questo caso, peraltro, la disposizione in esame potrebbe essere ritenuta compatibile con i precetti costituzionali rilevanti per il caso de quo solo ove richiedesse che il Programma triennale degli interventi debba essere approvato – nelle parti in cui interessa il territorio dei Parchi nazionali – “previa intesa” con gli Enti Parco specificamente interessati, fermo restando che, ove non si addivenisse ad una determinazione condivisa tra questi ultimi e l’amministrazione regionale, la mancanza dell’intesa non potrebbe essere superabile in alcun modo.
In assenza di tale previsione la norma non può che essere considerata contrastante con gli artt. 117, secondo comma, lett. s), e 118, primo e secondo comma, Cost.

7. Illegittimità costituzionale dell’articolo 10, comma 1, nella parte in cui non prevede che il programma triennale degli interventi straordinari sul REASTA – con riferimento agli interventi riguardanti il territorio dei Parchi nazionali – debba essere conforme al Piano del Parco ed al Regolamento del Parco, per violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. s), e sesto comma, nonché dell’art. 118, primo e secondo comma, in riferimento agli artt. 11 e 12 della legge n. 394/1991.
La sopra richiamata norma regionale concernente il programma triennale degli interventi è costituzionalmente illegittima per una ulteriore ragione. Essa, infatti, non prevede che tale programma, per la parte in cui si rivolge alle porzioni di territorio regionale ricomprese nel perimetro dei Parchi nazionali, debba necessariamente rispettare il regolamento ed il Piano del Parco.
Come si è già evidenziato più sopra, tuttavia, l’art. 11 della legge n. 394 del 1991 affida al regolamento del Parco il compito di disciplinare «l’esercizio delle attività consentite entro il territorio del Parco» (comma 1), mentre il successivo art. 12 prevede che «la tutela dei valori naturali ed ambientali» del Parco avvenga attraverso lo strumento del Piano per il Parco. Nella parte in cui le disposizioni regionali sopra richiamate non prevedono che le attività della Regione sopra illustrate destinate ad interessare il territorio dei Parchi nazionali debbano svolgersi in conformità al Regolamento ed al Piano di ciascun Parco, si pongono in contrasto con le citate norme della legge n. 394 del 1991, violando dunque, per conseguenza, l’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., poiché esse incidono sul nucleo di salvaguardia predisposto dalla legge statale, in esercizio della propria competenza esclusiva in materia di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, con riferimento ai Parchi nazionali. La mancata previsione della conformità al regolamento del Parco, d’altra parte, implica anche la violazione dell’art. 117, sesto comma, Cost., poiché comporta la lesione della potestà regolamentare in una materia di competenza legislativa esclusiva statale, nella specie destinata ad essere esercitata dagli Enti Parco in base al citato art. 11 della legge n. 394 del 1991. Infine, la possibilità che l’attività gestionale e organizzatoria regionale si esplichi in difformità dal Piano del Parco comporta a sua volta la lesione dell’art. 118, primo e secondo comma, Cost., dal momento che in tal modo si pregiudica una funzione amministrativa di tipo programmatorio affidata dalla legge statale in una materia di propria competenza, ad un ente pubblico nazionale quale l’Ente Parco.

8. Illegittimità costituzionale dell’articolo 10, comma 1 e 2, della legge regionale Abruzzo n. 42 del 2016, ove si interpreti nel senso che gli interventi compresi nel “piano triennale” ivi disciplinati possano essere realizzati in assenza del nulla osta dell’Ente Parco anche ove esso dovesse essere necessario ai sensi dell’art. 13 della legge n. 394 del 1992, per violazione degli artt. 117, secondo comma, lett. s), e sesto comma, nonché dell’art. 118, primo e secondo comma, in riferimento al menzionato art. 13 della legge n. 394/1991.
L’art. 10, commi 1 e 2, è incostituzionale anche per un diverso motivo. Infatti, ove dovesse interpretarsi nel senso di legittimare interventi all’interno dei territori dei Parchi nazionali senza il nulla osta dell’Ente Parco, anche ove necessario ai sensi dell’art. 13 della legge n. 394 del 1991, la menzionata disposizione regionale non potrebbe che essere ritenuta in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lett. s) – in quanto lesiva di un importante standard ambientale stabilito dalla legge statale con riferimento al settore delle aree protette – e 118, primo e secondo comma, Cost., poiché pregiudicherebbe irrimediabilmente una funzione amministrativa legittimamente assegnata dallo Stato in una materia di propria competenza esclusiva.

9. Illegittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 2, lett. a), b) ed e), nella parte in cui prevede che il regolamento attuativo ivi disciplinato stabilisca, anche con riferimento alla porzione di territorio ricompresa nel perimetro dei Parchi nazionali, le caratteristiche tecniche della segnaletica, i criteri per la progettazione e realizzazione degli itinerari escursionistici, nonché i criteri di manutenzione dei percorsi della REASTA, per violazione dell’artt. 117, secondo comma, lett. s), e sesto comma, in riferimento agli artt. 11 e 12 della legge n. 394/1991.
L’art. 14, comma 2, della legge regionale in esame attribuisce al regolamento attuativo ivi disciplinato il compito di stabilire «le caratteristiche tecniche a cui deve essere uniformata la segnaletica della REASTA, prevedendo anche un termine per l'adeguamento della segnaletica esistente» (lett. a); «i criteri e le prescrizioni per la progettazione e la realizzazione degli itinerari escursionistici, alpinistici, speleologici e torrentistici rientranti nella REASTA» (lett. b); «i criteri generali di manutenzione dei percorsi della REASTA» (lett. e).
L’art. 11 della legge n. 394 del 1991, invece, attribuisce al regolamento del Parco il compito di disciplinare «l’esercizio delle attività consentite entro il territorio del Parco» (comma 1), precisando inoltre come il medesimo debba regolare «la tipologia e le modalità di costruzione di opere e manufatti», «il soggiorno e la circolazione del pubblico con qualsiasi mezzo di trasporto», «lo svolgimento di attività sportive, ricreative ed educative», «i limiti alle emissioni sonore, luminose o di altro genere», nonché «l’accessibilità nel territorio del parco attraverso percorsi e strutture idonee per disabili, portatori di handicap e anziani». Il successivo art. 12, inoltre, prevede che «la tutela dei valori naturali ed ambientali» del Parco avvenga attraverso lo strumento del Piano per il Parco, nel quale dovrà essere pianificata – tra l’altro – l’«organizzazione generale del territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela», i «sistemi di accessibilità veicolare e pedonale» nonché i «sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del parco, musei, centri di visite, uffici informativi, aree di campeggio, attività agroturistiche» (comma 1).
Come si vede, le disposizioni sopra indicate della legge regionale n. 42 del 2016 pretendono di affidare al regolamento attuativo settori che invece la legge n. 394 del 1991 attribuisce all’attività regolatoria degli Enti Parco. Si noti, peraltro, che – come ha efficacemente messo in luce la Corte costituzionale con la sent. n. 108 del 2005 – la legge statale «rimette la disciplina delle attività compatibili entro i confini del territorio protetto, al Regolamento del parco, che è adottato dall’Ente parco, e approvato dal Ministro dell’ambiente, previo parere degli enti locali, e comunque d’intesa con le Regioni». Lo standard ambientale qui in discussione – con riferimento al quale si veda anche la sent. n. 70 del 2011 – non manca dunque di tener conto anche della incidenza che la funzione regolatoria in esame ha sulle funzioni regionali, predisponendo adeguati strumenti di collaborazione con la medesima.
Per le ragioni qui esposte, dunque, nella parte in cui l’art. 14, comma 2, della legge regionale n. 42 del 2016 facultizza il regolamento a disciplinare i sopra richiamati oggetti anche con riferimento al territorio degli Enti Parco, deve ritenersi incostituzionale per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), e sesto comma, in riferimento agli artt. 11 e 12 della legge n. 394/1991.

10. Illegittimità costituzionale delle disposizioni regionali sopra indicate con riguardo alla loro applicazione anche in riferimento a porzioni del territorio regionale incluse nel perimetro di riserve naturali statali e di aree protette regionali.
Le disposizioni della legge regionale in esame, su cui più sopra ci si è soffermati, devono ritenersi incostituzionali anche con riguardo alla parte in cui la loro applicazione è destinata a coinvolgere porzioni del territorio incluse nel perimetro di riserve naturali statali e aree protette regionali.
Quanto alle prime, risulta innanzi tutto chiaramente dall’art. 1 della legge 394 del 1991 come anch’esse debbano risultare sottoposte ad uno «speciale regime» che coinvolge sia la loro «tutela» che la loro «gestione». Il successivo art. 17, inoltre, precisa come sia compito del loro decreto istitutivo determinare «i confini della riserva ed il relativo organismo di gestione» nonché «indicazioni e criteri specifici cui devono conformarsi il piano di gestione della riserva ed il relativo regolamento attuativo, emanato secondo i principi contenuti nell’articolo 11 della presente legge». Anche se disciplinate in modo certamente meno dettagliato, anche per le riserve naturali statali la legge n. 394 del 1991 pone, a tutela della loro missione ambientale, vincoli organizzativi e funzionali analoghi a quelli che caratterizzano i Parchi nazionali, prevedendo in particolare: a) l’affidamento della loro gestione ad uno specifico organismo, individuato ad hoc dal decreto istitutivo; b) lo svolgimento di una attività di pianificazione dell’attività di gestione; c) l’esistenza di un momento regolatorio delle attività consentite nell’area protetta.
Quanto alle aree protette regionali, occorre innanzi tutto ricordare come sia del tutto consolidato l’orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo il quale la disciplina delle aree protette, rientrando nella competenza esclusiva dello Stato in materia di «tutela dell’ambiente» prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., detta norme fondamentali del settore cui la legislazione regionale deve uniformarsi anche con riferimento alle aree protette regionali (cfr., ad es., sentt. nn. 212 del 2014; 171 del 2012; 325 del 2011; 41 del 2011). In particolare, per quel che qui è di più prossimo interesse, le norme statali cui la legislazione regionale deve uniformarsi prevedono l’esistenza di un soggetto gestore dell’Area protetta regionale, che non può essere spogliato delle competenze sugli interventi nella medesima, secondo quanto prevedono gli artt. 1, comma 4, e 23 della legge n. 394 del 1991. Le norme statali prevedono inoltre l’esistenza di un regolamento dell’area protetta, ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. d) - in tema si vedano tra le altre, le sentt. nn. 171 del 2012, 41 del 2011 e 325 del 2011) - e di un Piano del parco regionale, di cui all’art. 23, cui sono affidati compiti analoghi agli omologhi strumenti di regolamentazione e pianificazione degli enti parco dello Stato.
Sia alle riserve naturali statali che alle aree protette regionali, infine, si applica l’art. 29 della legge n. 394 del 1991, che – ad ulteriore conferma di quanto rilevato più sopra – affida all’«organismo di gestione dell’area naturale protetta» importanti poteri di controllo circa la conformità delle attività realizzate nell’area rispetto al regolamento, al Piano e al nulla osta.
In sintesi, sussistono dunque ragioni di incostituzionalità delle disposizioni regionali sopra menzionate, per ragioni analoghe a quelle già illustrate, anche con riferimento a quelle porzioni del territorio regionale rientranti nel perimetro di riserve naturali statali e di aree protette regionali.

Per i motivi esposti le disposizioni regionali sopra indicate devono essere impugnate dinanzi alla Corte costituzionale ai sensi dell’art. 127 Cost.

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