Dettaglio Legge Regionale

Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 9 aprile 2015, n. 11 (Testo unico in materia di Sanità e Servizi sociali) e alla legge regionale 30 marzo 2015, n. 8 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2015 in materia di entrate e di spese - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali). (17-8-2016)
Umbria
Legge n.10 del 17-8-2016
n.39 del 19-8-2016
Politiche socio sanitarie e culturali
/ Rinuncia parziale

RINUNCIA PARZIALE

Con deliberazione del Consiglio dei Ministri dell’11 ottobre 2016 è stata impugnata da parte del Governo la legge della regione Umbria n. 10 del 17/08/2016, recante “Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 9 aprile 2015, n. 11 (Testo unico in materia di Sanità e Servizi sociali) e alla legge regionale 30 marzo 2015, n. 8 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2015 in materia di entrate e di spese - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali).”

Tra le disposizioni per le quali è stata deliberata l’impugnativa, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, è ricompreso l’art. 7, comma 1, che, nel modificare la legge regionale n.11 del 2015, prevedeva una spesa per il personale sanitario che si poneva in contrasto con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Successivamente la regione Umbria, con l'art. 10, comma 1, della legge regionale n. 18 del 29 dicembre 2016, recante “Ulteriori misure di razionalizzazione della spesa - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali”, ha abrogato la norma impugnata, eliminando in tal modo i vizi di illegittimità costituzionale che inficiavano tale norma.
Il Consiglio dei Ministri nella riunione del 23 febbraio 2017 ha deliberato la non impugnativa di detta legge n. 18 del 2016.

Pertanto, considerato che appaiono venute meno le ragioni che hanno determinato l'impugnativa del menzionato art. 7, comma 1, della legge regionale in oggetto, su conforme parere del Ministero della salute, sussistono i presupposti per rinunciare al ricorso nei confronti di detta norma.
Si propone pertanto la rinuncia parziale all'impugnazione legge della regione Umbria n. 10 del 17/08/2016 limitatamente all’art.7, comma 1.
Permangono ancora validi gli altri motivi di impugnativa di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri dell’11 ottobre 2016.
11-10-2016 / Impugnata
La legge della regione Umbria n. 10 del 17 agosto 2016 recante “Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 9 aprile 2015, n. 11 (Testo unico in materia di Sanità e Servizi sociali) e alla legge regionale 30 marzo 2015, n. 8 (Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2015 in materia di entrate e di spese - Modificazioni ed integrazioni di leggi regionali).”, presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale.

1) L’art. 7, comma 1, della legge in esame, nell’aggiungere l'art. 47-bis alla legge regionale n. 11/2015, prevede che “ Le aziende sanitarie regionali possono essere considerate adempienti rispetto al limite di spesa posto dall'articolo 9, comma 28 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, laddove, sulla base degli esiti del Tavolo adempimenti di cui all'articolo 12 dell'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, risulti rispettato dalla Regione il vincolo di spesa del personale, pari alla spesa sostenuta nell'anno 2004 ridotta dell'1,4 per cento, vincolo già fissato dall'articolo 1, comma 565, lettera a) della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)) e da ultimo confermato dall'articolo 17, commi 3 e 3-bis del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come modificato e integrato dall'articolo 1, comma 584 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)).".

La norma regionale in esame prevede pertanto che le aziende sanitarie regionali possano essere considerate adempienti rispetto al limite di spesa posto dall'art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 - che prevede che gli enti del Servizio sanitario “possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009” - qualora risulti rispettato dalla Regione stessa il vincolo di spesa volto a garantire che le spese del personale non superino il corrispondente ammontare dell'anno 2004 ridotta dell'1,4 per cento, stabilito dell'art. 1, comma 565, della legge n. 296/2006 e ribadito (per gli anni successivi al 2009) dall’art. 2, comma 71, della legge 191/2009 e dall'art. 17, commi 3 e 3-bis, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98.

Al riguardo appare opportuno premettere che in base alla normativa statale richiamata, gli enti del SSN devono rispettare i principi generali di coordinamento della finanza pubblica contenuti sia nel richiamato art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, finalizzato a garantire da parte di tutti gli enti afferenti al sistema delle autonomie (ivi compresi gli enti del SSN), una tendenziale riduzione della spesa per lavoro flessibile , sia nel citato art. 2, comma 71, della legge 191/200 (e successive modifiche), che pone per i medesimi enti del SSN un obiettivo generale di contenimento della spesa complessiva di personale.

Peraltro, si segnala che, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 173/2012, pronunciandosi sulla questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, ha affermato che la norma in discorso, da un lato pone "un obiettivo generale di contenimento della spesa relativa ad un vasto settore del personale e, precisamente, a quello costituito da quanti collaborano con le pubbliche amministrazioni in virtù di contratti diversi dal rapporto di impiego a tempo indeterminato", dall'altro " lascia alle singole amministrazioni la scelta circa le misure da adottare con riferimento ad ognuna delle categorie di rapporti di lavoro da esso previste" con la conseguenza - conclude la sentenza - che "ciascun ente pubblico può determinare se e quanto ridurre la spesa relativa a ogni singola tipologia contrattuale, ferma restando la necessità di osservare il limite della riduzione del 50 per cento della spesa complessiva rispetto a quella sostenuta nel 2009".

Appare pertanto chiaro, anche alla luce della sentenza della Consulta, che le predette disposizioni normative statali perseguono due distinte finalità di contenimento della spesa del SSN e, di conseguenza, il disposto normativo recato dall'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, non può ritenersi assorbito negli obiettivi di cui all’art. 2, comma 71, della legge 191/2009 (e successive modifiche).

La norma regionale in esame, pertanto, che prevede l’adempimento da parte degli enti del Servizio Sanitario della Regione dello specifico obbligo posto dall'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010 qualora gli stessi rispettino il vincolo di spesa del personale stabilito in via generale dall’art. 2, comma 71, della legge 191/2009 (e successive modifiche), contrasta con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica contenuti nelle menzionate disposizioni statali, in quanto l’obbligo imposto agli enti del SSN di rispettare lo specifico principio di contenimento della spesa pubblica previsto dalla norma speciale contenuta nel predetto art. 9 non può ritenersi implicitamente assolto dai medesimi enti mediante l’adempimento del generale obbligo di cui al citato art. 2, comma 71, della legge 191/2009 (e successive modifiche).

Ne consegue la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost. per contrasto con i principi fondamentali coordinamento della finanza pubblica contenuti nell'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010.

2) L’art. 8, comma 1, della legge in esame, nell’aggiungere l'art. 47-ter alla legge regionale n. 11/2015, prevede che “ Le aziende sanitarie regionali danno attuazione ai commi 6, 7, 8 e 9 dell'articolo 4 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, con le procedure di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 marzo 2015 (Disciplina delle procedure concorsuali riservate per l'assunzione di personale precario del comparto sanità), anche con riferimento ai dirigenti del ruolo professionale, tecnico e amministrativo del Servizio sanitario regionale, nel rispetto della programmazione del fabbisogno e nel limite massimo del cinquanta per cento delle risorse finanziarie occupazionali di ciascuna azienda relative allo stesso anno.".

La disposizione regionale in esame, così come formulata, estende le procedure concorsuali volte all’assunzione di personale di cui al dPCM 6 marzo 2015 ai dirigenti del ruolo professionale, tecnico e amministrativo del Servizio sanitario regionale.

Al riguardo si evidenzia che il DPCM 6 marzo 2015, che dà attuazione ai commi 6, 7, 8 e 9 dell'art. 4 del d.l. n. 101 del 2013, nel contribuire alla generale azione di razionalizzazione della spesa pubblica, prevede la possibilità di indire procedure concorsuali riservate al personale precario del servizio sanitario e in particolare al personale del comparto sanità e al personale appartenente all’area della dirigenza medica e del ruolo sanitario.
Infatti, l’art. 1, comma 1, del D.P.C.M. sopra citato prevede che “il presente decreto in attuazione dei commi 6, 7, 8, 9 e 10 dell'art. 4 della legge decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, disciplina le procedure concorsuali riservate per l'assunzione presso gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale, e prevede specifiche disposizioni per il personale dedicato alla ricerca.”.
Il comma 2 del medesimo articolo aggiunge che “le procedure di cui al presente decreto sono riservate al personale del comparto sanità e a quello appartenente all'area della dirigenza medica e del ruolo sanitario.”.

Pertanto, la disposizione regionale in esame si pone in contrasto con il comma 2 dell’articolo 1 del D.P.C.M. 6 marzo 2015, nonché con le disposizioni del d.l. n. 101 del 2013 alle quali detto articolo dà attuazione, che non ricomprende, nell’ambito delle procedure di stabilizzazione, il personale appartenente all’area della dirigenza del ruolo professionale, tecnico ed amministrativo del servizio sanitario nazionale.

Si aggiunge che la disposizione regionale in esame oltre a contrastare con i principi sanciti dal menzionato D.P.C.M., che delinea specifiche procedure concorsuali per l'assunzione presso gli enti del Servizio sanitario nazionale riservandole al solo personale del comparto sanità e a quello appartenente all'area della dirigenza medica e del ruolo sanitario, contrasta altresì con l'art. 1, comma 543, della legge n.208/2015 che, introducendo una deroga a quanto previsto dal richiamato DPCM, prevede procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico necessario a far fronte alle eventuali esigenze assunzionali secondo i termini ivi disposti.

La norma regionale in argomento, pertanto, nel prevedere per l’assunzione del personale del servizio sanitario regionale procedure concorsuali difformi da quelle stabilite dalla disciplina statale menzionata, viola sia l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi), sia l'art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica e in materia di tutela della salute.

Per tali motivi la legge regionale in esame deve essere impugnata dinanzi alla corte Costituzionale, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione.

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