Dettaglio Legge Regionale

Promozione di interventi di recupero e valorizzazione dei beni invenduti. (23-6-2015)
Piemonte
Legge n.12 del 23-6-2015
n.25 del 25-6-2015
Politiche infrastrutturali
31-7-2015 / Impugnata
La legge regionale, che detta norme detta volte alla promozione di interventi di recupero e valorizzazione dei beni invenduti, presenta profili di illegittimità costituzionale e deve quindi essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione, relativamente alla disposizione contenuta nell’articolo 2, comma 1, lettera g), per i motivi di seguito illustrati.
Con la finalità di “sostenere le fasce di popolazione più esposte al rischio di impoverimento, consentire una riduzione dei rifiuti conferiti in discarica, ridurre i costi di smaltimento, favorire la creazione dei posti di lavoro” la legge regionale promuove e sostiene azioni da parte di soggetti individuati dalla legge medesima (enti locali, associazioni, cooperative sociali, organizzazioni di volontariato e di promozione sociale, Onlus) (articolo 1), anche mediante la concessione di contributi per la realizzazione di appositi progetti volti, appunto, al recupero e alla valorizzazione dei beni invenduti.
Nel definire i beni invenduti ai fini della legge medesima, in particolare, l’articolo 2, comma 1, lettera d) della legge regionale in esame, che qui si censura, prevede che tra questi rientrano anche “ [...] d) i prodotti farmaceutici e parafarmaceutici di prossima scadenza e destinati all’eliminazione dal circuito commerciale; [….]”.
Si rileva in proposito , in via preliminare, che la disciplina delle condizioni di commerciabilità dei farmaci, del loro utilizzo e della loro destinazione, nonché delle eventuali ipotesi di ritiro dal commercio, attengono, per gli evidenti profili di sicurezza e tutela della salute connessi a tali aspetti, ai principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute, rimessi alla potestà legislativa dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione. Tali profili, dunque, non possono essere disciplinati dalle regioni, tantomeno in contrasto con i predetti principi.
Da questo punto di vista, la citata disposizione regionale si configura, da un lato, come poco chiara e contraddittoria e, dall’altro, come pericolosa per la salute dei cittadini, per i motivi di seguito illustrati.
Occorre evidenziare, in via generale, il decreto legislativo n.219/2006 recante “Attuazione della direttiva 2001/83/CE relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE”, disciplina tutto il ciclo di vita dei prodotti farmaceutici dalla produzione alla commercializzazione. Esso prevede, altresì, in più parti, le ipotesi di ritiro dal commercio dei medicinali (si vedano artt. 37, 38, 70, 104, 141, 142, 142-bis, 144, 152 e 153). Tutte queste ipotesi rispondono all’esigenza di eliminare dal mercato i medicinali che, per i più vari motivi, possono essere dannosi per la salute dei cittadini. Peraltro, l’autorità competente in materia è l’AIFA, cioè un ente statale vigilato dal Ministero della salute.
In particolare ( e a titolo esemplificativo ) l’articolo 142 del richiamato decreto legislativo n. 219/2006 detta disposizioni concernenti il divieto di vendita e di utilizzazione di medicinali e stabilisce le condizioni in presenza delle quali il medicinale deve essere ritirato dal commercio, nonché le ipotesi di sequestro dei medicinali.
L’articolo citato recita, al comma 1,: “1. L'AIFA vieta la vendita e la utilizzazione del medicinale e dispone il ritiro dal commercio dello stesso, anche limitatamente a singoli lotti, se a giudizio motivato della stessa, ricorre una delle condizioni di cui al comma 2 dell'articolo 141, ovvero risulta che non sono stati effettuati i controlli sul prodotto finito, o sui componenti e sui prodotti intermedi della produzione, o che non sono stati osservati gli obblighi e le condizioni imposti all'atto del rilascio dell'autorizzazione alla produzione o successivamente, o il medicinale presenta difetti di qualità potenzialmente pericolosi per la salute pubblica.”.
Da evidenziare che le condizioni di cui al comma 2 dell’articolo 141, richiamato dalla citata disposizione, si verificano, in particolare, quando sussistono le seguenti ipotesi: “a) il medicinale è nocivo nelle normali condizioni di impiego; b) il medicinale non permette di ottenere l'effetto terapeutico o l'effetto per il quale è stato autorizzato; c) il rapporto rischio/beneficio non è favorevole nelle normali condizioni d'impiego; d) il medicinale non ha la composizione qualitativa e quantitativa dichiarata”.
Il comma 2 del predetto articolo 142, poi, aggiunge che “l'AIFA può disporre altresì il sequestro del medicinale, anche limitatamente a singoli lotti, quando sussistono elementi per ritenere che solo la sottrazione della materiale disponibilità del medicinale può assicurare una efficace tutela della salute pubblica”, mentre il comma 3 specifica che le richiamate disposizioni si si estendono, per quanto applicabili, anche alle sostanze attive.

Dalla quadro normativo statale così come delineato emerge chiaramente che le ipotesi di ritiro dal commercio dei farmaci sono giustificate dalla necessità di assicurare la tutela della salute e, pertanto, da questo punto di vista, non è ammissibile che tali prodotti, destinati ad essere rimossi dal commercio in base alla legislazione statale, possano poi essere riutilizzati e ridistribuiti – come invece sembra prevedere la norma regionale in esame – in quanto ciò metterebbe in serio pericolo la salute dei cittadini che ne dovessero beneficiare.
Dunque, la citata disposizione regionale, prevedendo il riutilizzo dei medicinali nelle ipotesi in cui, invece, la normativa statale ne prevede il definitivo ritiro dal commercio, lede i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute, recati dalle citate norme del d.lgs. n. 219/2006 (in particolare, articoli 142 e 141), violando, conseguentemente, l’articolo 117, comma 3, della Costituzione.
Qualora , poi, la norma regionale in argomento intendesse fare riferimento ad altre e non meglio specificate ipotesi di farmaci “destinati all’eliminazione dal circuito commerciale”, non coincidenti e ulteriori rispetto a quelle di cui al citato d.lgs. n. 219/2006, essa sarebbe, in primo luogo, contraddittoria, in quanto non appare chiaro per quali motivi (diversi da quelli illustrati) un farmaco, non ancora scaduto, dovrebbe essere ritirato dal mercato; in secondo luogo, essa sarebbe comunque illegittima, perché eventuali ulteriori ipotesi di ritiro dal mercato, diverse da quelle giustificate per motivi di tutela della salute (le quali, come detto, sono comunque rimesse alla legislazione statale, in quanto connesse ai principi fondamentali della materia e, in ogni caso, impediscono il riutilizzo e la ridistribuzione dei farmaci ritirati dal commercio), inciderebbero sulla libertà di iniziativa economica dei produttori e degli altri soggetti interessati e, di conseguenza, interverrebbero in materia di “ordinamento civile”, riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, lettera l) della Costituzione.
La censurata disposizione regionale, inoltre, interferisce con le funzioni che la richiamata legislazione statale, come detto, affida all’AIFA, che è un ente pubblico statale. Da questo punto di vista, pertanto, la predetta norma regionale viola anche l’articolo 117, comma 2, lettera g), che affida alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia dell’ “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”.
Per i predetti motivi, l’articolo 2, comma 1, lettera d) della legge regionale deve essere impugnato dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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