Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione delle discipline bionaturali. (7-11-2014)
Umbria
Legge n.19 del 7-11-2014
n.52 del 12-11-2014
Politiche socio sanitarie e culturali
24-12-2014 / Impugnata
La legge della regione Umbria n. 19 del 2014, recante “Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione delle discipline bionaturali” presenta profili di illegittimità costituzionale in riferimento alle seguenti disposizioni:
1) L’art. 2, comma 1, demanda alla Giunta regionale il compito di individuare, con proprio atto, le discipline bionaturali genericamente definite quali attività e pratiche che, pur non avendo carattere di prestazione sanitaria, hanno per finalità il mantenimento o il recupero dello stato di benessere della persona per il miglioramento della sua qualità di vita. Il medesimo comma dispone che tali pratiche non hanno carattere di prestazione sanitaria e tendono a stimolare le risorse vitali dell’individuo con metodi ed elementi naturali la cui efficacia sia verificata nei contesti culturali e geografici in cui le discipline sono sorte e si sono sviluppate.
2) L’art. 5, comma 1, istituisce l’elenco regionale degli operatori in discipline bionaturali, demandando ad un atto della Giunta regionale la definizione delle modalità, delle procedure e della documentazione necessaria ai fini dell’iscrizione.
Le norme in esame, demandando alla Giunta regionale l’individuazione delle pratiche rientranti nelle discipline bionaturali, istituendo l’elenco regionale degli operatori in tali discipline e affidando alla Giunta regionale del compito di definire gli standard qualitativi e i requisiti organizzativi che devono essere posseduti dagli operatori per poter essere iscritti nell’elenco predetto, violano l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto contrastano con i principi fondamentali della legislazione statale sia in materia di professioni, sia in materia di tutela della salute. Dette materie, infatti, sono rimesse, dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, alla potestà legislativa concorrente Stato-Regioni, nell’ambito della quale, come noto, lo Stato è tenuto a dettare i principi fondamentali, mentre le Regioni sono abilitate a legiferare nel rispetto dei principi stessi.
Con riferimento, in particolare, alla regolamentazione da parte delle Regioni delle discipline bionaturali, la Corte costituzionale ha costantemente affermato che la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle “professioni” deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, “è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale”. La Corte ha espressamente sancito che tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera dei singoli precetti normativi, si configura “quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale”, e che da esso deriva “che non è nei poteri delle Regioni dare vita a nuove figure professionali (sentenze n. 178 del 2014, n. 98 del 2013, n. 138 del 2009, n. 93 del 2008, n. 300 del 2007, n. 40 del 2006 e n. 424 del 2005) non rilevando, a tal fine, che esse rientrino o meno nell’ambito sanitario (sentenza n. 355 del 2005).
A tale riguardo la Consulta precisa che “tra gli indici sintomatici della istituzione di una nuova professione è stato ritenuto esservi quello della predisposizione di appositi elenchi, disciplinati dalla Regione, connessi allo svolgimento delle attività che la legge regolamenta, giacché “l’istituzione di un registro professionale e la previsione delle condizioni per l’iscrizione in esso hanno, già di per sé, una funzione individuatrice della professione, preclusa alla competenza regionale” (sentenze n. 178 del 2014, n. 93 del 2008, nn. 57 e 300 del 2007 e n. 355 del 2005), prescindendosi dalla circostanza che tale iscrizione si caratterizzi o meno per essere necessaria ai fini dello svolgimento delle attività cui l’elenco fa riferimento (sent. 300 del 2007).
Né vale a superare i profili di illegittimità di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i principi di tutela della salute, la precisazione di cui all’art. 2, comma 1, in base alla quale le attività rientranti nelle discipline bionaturali non hanno carattere di prestazione sanitaria. Il legislatore regionale ha usato espressioni così ampie, come ad esempio “il mantenimento o il recupero dello stato di benessere della persona per il miglioramento della sua qualità di vita”, oppure quella in base alla quale tali attività “tendono a stimolare le risorse vitali dell’individuo con metodi ed elementi naturali la cui efficacia sia verificata nei contesti culturali e geografici in cui le discipline sono sorte e si sono sviluppate”, che rischiano di far ricadere, nell’ambito di applicazione della legge proprio attività curative per le quali non sussiste alcuna evidenza scientifica né alcun riscontro pratico tratto dall'esperienza, che garantiscano la loro efficacia e la loro non lesività per la salute, con conseguenze pratiche difficilmente prevedibili e certo non conciliabili con la necessità che tali attività siano svolte da soggetti titolati. Si tratta di vere e proprie norme in bianco, suscettibili di applicazioni e interpretazioni estensive, non ammissibili in una materia delicata come quella della salute dell'individuo, per la quale il principio di prevenzione non può essere ignorato.

Pertanto, le sopracitate norme regionali, nonché le altre disposizioni della legge con esse inscindibilmente connesse, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali nelle materie delle "professioni" e della “tutela della salute, violano l’art. 117, comma terzo, della Costituzione.

« Indietro