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L.R. 21 maggio 2014 n. 32 recante: Provvidenze sociali a favore dei malati oncologici e dei soggetti trapiantati, modifiche alle leggi regionali 20/2010, 2/2013, 23/2014, 24/2014, sostegno alimentare alle persone in stato di povertà e finalizzazione di risorse e determinazione aliquote addizionale Irpef per l'anno d'imposta 2014 e aliquote imposta regionale sulle attività produttive per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014. (21-5-2014)
Abruzzo
Legge n.32 del 21-5-2014
n.22 del 4-6-2014
Politiche socio sanitarie e culturali
23-7-2014 / Impugnata
La legge regionale della Regione Abruzzo n. 32 del 2014, recante: “Provvidenze sociali a favore dei malati oncologici e dei soggetti trapiantati, modifiche alle leggi regionali 20/2010, 2/2013, 23/2014, 24/2014, sostegno alimentare alle persone in stato di povertà e finalizzazione di risorse e determinazione aliquote addizionale Irpef per l'anno d'imposta 2014 e aliquote imposta regionale sulle attività produttive per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2014”, presenta i seguenti profili d’illegittimità costituzionale.

1) In via preliminare, va considerata la questione relativa all’esercizio del potere dell’organo legislativo regionale in casi di scioglimento dell'assemblea regionale per fine legislatura, con specifico riferimento all’approvazione della legge regionale in esame.
Con la legge costituzionale n. 1/1999 la disciplina del sistema elettorale e dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità è stata devoluta al legislatore regionale. In particolare detta legge costituzionale ha attribuito allo statuto ordinario la definizione della forma di governo e l’enunciazione dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione, in armonia con la Costituzione (art. 123, primo comma, Cost.). Nel contempo, la disciplina del sistema elettorale e dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità è stata demandata allo stesso legislatore regionale, sia pure nel rispetto dei principi fondamentali fissati con legge della Repubblica, «che stabilisce anche la durata degli organi elettivi» (art. 122, primo comma, Cost.).
L’articolo 86, comma 3, dello Statuto della regione Abruzzo testualmente recita: “…nei casi di scioglimento anticipato e di scadenza della Legislatura:
a) le funzioni del Consiglio regionale sono prorogate, secondo le modalità disciplinate nel Regolamento, sino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni limitatamente agli interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea, a disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque, presentano il carattere della urgenza e necessità;
b) le funzioni del Presidente e della Giunta regionale sono prorogate sino alla proclamazione del nuovo Presidente della Regione limitatamente all'ordinaria amministrazione e agli atti indifferibili; in caso di impedimento permanente, morte e dimissioni volontarie del Presidente della Regione, le sue funzioni sono esercitate dal Vicepresidente.
La Corte Costituzionale ha già più volte riconosciuto che, anche in assenza di specifiche disposizioni statutarie, nel periodo antecedente alle elezioni per la loro rinnovazione e fino alla loro sostituzione, i Consigli Regionali, dispongono «di poteri attenuati confacenti alla loro situazione di organi in scadenza, analoga, quanto a intensità di poteri, a quella degli organi legislativi in prorogatio» (cfr. sentt. n. 468/1991; 515/1995; 196/2003; 68/2010).
Nel periodo pre-elettorale si verifica, in sostanza, una fase di depotenziamento delle funzioni del Consiglio regionale, la cui ratio è stata individuata dalla giurisprudenza costituzionale nel principio di rappresentatività connaturato alle assemblee consiliari regionali, in virtù della loro diretta investitura popolare e della loro responsabilità politica verso la comunità regionale.
L’istituto della prorogatio, come chiarito nella sentenza n. 515/1995, è volto a coniugare il principio di rappresentatività politica del Consiglio Regionale «con quello della continuità funzionale dell’organo». Questa esigenza di continuità funzionale porta ad escludere che il depotenziamento possa spingersi fino a comportare un’indiscriminata e totale paralisi dell’organo stesso, e consente al Consiglio Regionale di deliberare in circostanze straordinarie o di urgenza, o per il compimento di atti dovuti o di ordinaria amministrazione.
Tale orientamento giurisprudenziale è stato ribadito e specificato nella sentenza n. 68/2010, con cui la Consulta ha sottolineato che «nell’immediata vicinanza al momento elettorale, pur restando ancora titolare della rappresentanza del corpo elettorale regionale, il Consiglio regionale non solo deve limitarsi ad assumere determinazioni del tutto urgenti o indispensabili, ma deve comunque astenersi, al fine di assicurare una competizione libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori».
Pertanto, la legge in esame potrebbe essere ritenuta legittima soltanto laddove la sua adozione fosse giustificata dalla sussistenza di presupposti di urgenza e di indifferibilità, ovvero laddove la medesima costituisse un atto dovuto.
La Corte Costituzionale, al riguardo, ha affermato che spetta al Consiglio Regionale «selezionare le materie da disciplinare in conformità alla natura della prorogatio, limitandole ad oggetti la cui disciplina fosse oggettivamente necessaria ed urgente» e ha fatto riferimento ai lavori preparatori per verificare se fossero state addotte «specifiche argomentazioni in tal senso» (sentenza n. 68/2010, par. 4.5.).
Possono quindi essere approvati in regime di prorogatio solo gli atti costituzionalmente dovuti, quali il recepimento di una Direttiva comunitaria direttamente vincolante per le Regioni o progetti di legge che presentano i caratteri dell’indifferibilità ed urgenza, quali ad esempio il bilancio di previsione, l’esercizio provvisorio o una variazione di bilancio.
L’urgenza ed indifferibilità oltre a dover essere adeguatamente motivata, deve essere volta ad eliminare le situazioni di danno senza limitare la libertà di scelta dell’organo legislativo quando avrà riacquistato la pienezza dei suoi poteri.
Tutto ciò premesso si rileva che per il provvedimento legisaltivo in esame non emerge alcuno dei caratteri di indifferibilità ed urgenza, né di atto dovuto o riferibile a situazioni di estrema gravità da non poter essere rinviato per non recare danno alla collettività regionale o al funzionamento dell’ente.
Per quanto rilevato si ritiene che con riferimento alla legge in esame il Consiglio regionale abbia legiferato oltrepassando i limiti riconducibili alla sua natura di organo in prorogatio e che conseguentemente il provvedimento sia nella sua interezza censurabile per violazione dell’art. 86, terzo comma, dello Statuto regionale in relazione all’art. 123 Cost.

2) A prescindere da quanto sopra osservato, si ritiene che la legge regionale presenti anche aspetti di illegittimità costituzionale relativamente alla disposizione contenuta nell’articolo 9, che, sostituendo l’art. 13 della l. r. n. 23 del 2014, prevede che “le industrie insalubri, che emettono in atmosfera e che abbiano subito un provvedimento di sequestro del proprio impianto per violazioni al Testo Unico Ambientale ed al Codice Penale, al fine della riattivazione e riaccensione dell’impianto sono sottoposti a nuova procedura autorizzativa. Nelle more della nuova eventuale autorizzazione è sospesa l’attività relativa alle emissioni in atmosfera”.
Tale disposizione, nel sostituire l’art. 13 della l. r. n. 23 del 2014, che ha formato oggetto d’impugnativa governativa (deliberata nel Consiglio dei Ministri del 20 giugno 2014), ne riproduce pedissequamente formulazione, presentando pertanto gli stessi vizi d’illegittimità costituzionale evidenziati dal Consiglio dei Ministri nella relazione tecnica allegata alla delibera d’impugnativa del 20 giugno 2014.
L’art. 9 in esame si pone infatti in contrasto, analogamente all’13 della l. r. n. 23 del 2014, che sostituisce, con il sistema delle autorizzazioni previsto dalla Parte V, Titolo I, del D.Lgs. n. 152/2006 e, segnatamente, con l’art. 278 del Codice dell’ambiente, secondo cui “In caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 279 e delle misure cautelari disposte dall'autorità giudiziaria, l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:
a) alla diffida, con l'assegnazione di un termine entro il quale le irregolarità devono essere eliminate;
b) alla diffida ed alla contestuale temporanea sospensione dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione con riferimento agli impianti e alle attività per i quali vi è stata violazione delle prescrizioni autorizzative, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida o qualora la reiterata inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione determini situazioni di pericolo o di danno per la salute o per l'ambiente”.
Le funzioni di controllo esercitate dall’autorità competente, in caso di accertate violazioni da parte dei gestori degli impianti, dunque, consistono nella applicazione di misure che vanno dalla diffida e temporanea sospensione sino alla revoca dell’autorizzazione, con chiusura dell’impianto in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida stessa o a fronte di reiterate violazioni che determinino pericolo o danno per l’ambiente.
La disposizione regionale censurata, invece, non distingue tra sospensione temporanea e revoca dell’autorizzazione, attraverso una valutazione effettuata caso per caso in relazione alla gravità dell’infrazione, ed impone, per la riattivazione-riaccensione dell’impianto, che quest’ultimo sia sottoposto sempre ad una nuova procedura autorizzativa, determinando così un inutile aggravio del procedimento e un dispendio di costi per i privati.
Pertanto, l’art. 9 in esame, analogamente all’art. 13 della l.r. n. 23/2013, viola pertanto l’art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la legislazione in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ponendosi altresì in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo della irragionevole parificazione del trattamento riservato a situazioni potenzialmente anche assai diverse tra loro, nonché sotto il profilo del difetto di proporzionalità.

Per tali motivi la deve essere proposta impugnativa ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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