Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni in materia di esercizio di attività professionale da parte del personale di cui alla legge 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica) e successive modificazioni e integrazioni. (31-3-2014)
Liguria
Legge n.6 del 31-3-2014
n.4 del 2-4-2014
Politiche socio sanitarie e culturali
22-5-2014 / Impugnata
La legge della regione Liguria n. 6/2014, recante “Disposizioni in materia di esercizio di attività professionale da parte del personale di cui alla legge 10 agosto 2000, n.251 (disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica) e successive modificazioni e integrazioni", presenta i seguenti profili d’illegittimità costituzionale.

1) L’articolo 1, comma 1, prevede che “il personale che esercita le professioni sanitarie di cui alla l.251/2000 e successive modificazioni ed integrazioni, operante con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato nelle strutture pubbliche regionali, può esercitare attività libero professionale, al di fuori dell’orario di servizio, anche singolarmente all’interno dell’Azienda e in forma intramuraria allargata, presso le Aziende sanitarie locali, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) e gli altri enti equiparati”.
Tale previsione è in contrasto con i principi fondamentali sanciti dalle disposizioni statali vigenti, e in particolare con le disposizioni contenute nell’articolo 15-quinquies del d.lgs. n. 502/1992, secondo le quali l’attività libero professionale c.d. intramoenia è consentita a determinate condizioni e con determinate modalità solo ai medici e ai dirigenti del ruolo sanitario. Invece con riferimento alle professioni sanitarie di cui alla legge n.251/2000, che riguarda le professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica, è previsto che esse possano svolgere la propria attività esclusivamente nell’ambito dell’intramoenia d’equipe, quale attività di supporto.
L’attività intramoenia, infatti, costituisce una specificità, espressamente introdotta dalla legge n.662/1996 e poi disciplinata, nei principi, dal d. lgs. n.229/1999 di modifica del d.lgs. n.502/1992 e s.m.i., nonché dalla legge 3 agosto 2007, n.120 e s.m.i.
In particolare l’art.15-quinquies del d. lgs.n.502/1992 e s.m.i. ha definito le caratteristiche del rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti sanitari con particolare riferimento all’attività libero professionale, consentendo ai medici e ai dirigenti del ruolo sanitario di poterla esercitare, salvaguardando, al contempo, il corretto equilibrio tra le attività istituzionali e l’attività libero-professionale. Inoltre l’art. 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n.412 ha sancito l’unicità del rapporto di lavoro nell’ambito del servizio sanitario nazionale, correlandolo al principio di incompatibilità, all’esclusività ed all’assenza del conflitto di interessi.
Occorre osservare, a tal riguardo, che la disciplina dell’attività intramoenia coinvolge una pluralità di profili, strumentali al perseguimento del più efficiente ed efficace esercizio delle funzioni preordinate alla tutela della salute. Essa, infatti, presuppone un equilibrato bilanciamento di interessi potenzialmente confliggenti: da un lato, quello dei professionisti a svolgere l’attività libero professionale; dall’altro, quello dello Stato a garantire che il Servizio sanitario nazionale, preordinato a dare attuazione ad un diritto fondamentale come la tutela della salute, agisca secondo principi di imparzialità, efficienza ed efficacia. E’ proprio per il raggiungimento di tale delicato equilibrio che il legislatore statale ha subordinato l’attività professionale intramuraria a determinate condizioni e modalità di esercizio. Essa, infatti, costituisce una deroga al principio dell’esclusività del rapporto col Servizio sanitario nazionale e, quindi, necessita di precise garanzie e, soprattutto, di uniformità di regolamentazione su tutto il territorio nazionale.
Ciò è ancora più evidente ove si consideri che lo stesso principio di esclusività del rapporto col servizio sanitario nazionale, finalizzato, come detto, a garantire l’imparzialità, l’efficienza e l’efficacia di quest’ultimo, si pone in potenziale contrasto col principio del libero esercizio delle professioni, anch’esso costituzionalmente tutelato. Pertanto, il contemperamento tra i predetti due principi, con la definizione delle relative deroghe, eccezioni e modalità di attuazione, necessita di una disciplina unitaria sull’intero territorio nazionale, non essendo ammissibile una regolamentazione differenziata da parte delle varie regioni, specialmente con riguardo all’individuazione delle categorie di soggetti che possono svolgere l’attività intramuraria.
Pertanto la previsione introdotta dall’art.1, comma 1, della citata legge regionale lede i principi fondamentali in materia di tutela della salute di cui al richiamato articolo 15-quinquies del d.lgs. n. 502/1992, violando, conseguentemente, l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
La particolare cogenza nei confronti delle regioni delle disposizioni statali in materia di attività libero professionali intramoenia si desume peraltro dall’art.19 del d.lgs. n.502/1992 ai sensi del quale i principi desumibili da tale decreto legislativo, e pertanto anche quelli desumibili dal citato art.15-quinquies, costituiscono principi fondamentali in materia di tutela della salute e norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.

2)L’articolo 1, commi 2 e 3, l’art. 2 e l’art. 3, inscindibilmente connessi con la disposizione di cui all’art. 1, comma 1, sopra censurata, sono anch’essi incostituzionali per gli stessi motivi evidenziati sub 1.

Per i motivi esposti le disposizioni sopra indicate debbono essere impugnate dinanzi alla corte Costituzionale ai sensi dell’art. 127, Cost.

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