Dettaglio Legge Regionale

Modifiche e integrazioni alla legge regionale 7 giugno 1996, n. 36 (Adeguamento funzionale, riordino e norme per il risanamento dei Consorzi di Bonifica) e altre disposizioni normative. (16-7-2013)
Abruzzo
Legge n.19 del 16-7-2013
n.27 del 24-7-2013
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia impugnativa
Con delibera del 19/09/2013 il Governo ha impugnato l’art. 5 della l.r. n. 19/2013, concernente l’uso dei corsi d’acqua per piccoli impianti idroelettrici, in quanto la norma era parsa eccedere dalle competenze regionali in violazione dell’ articolo 117, secondo comma lettera s) della Costituzione, che affida allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

In particolare, la norma regionale ha fatto cessare, solo per taluni impianti idroelettrici di minore importanza (minori di 1500 kw) l’applicazione di motivi di preclusionealla realizzazionedi impianti idroelettrici, che la Regione stessa aveva invece previsto con l’articolo 8 della l.r. 17/2007, dove si prevedeva l’adozione di uno Studio , poi approvato dalla Giunta regionale con deliberazione n. 671 del 24.7.2008.
La norma dunque aveva , di fatto, rese nulle, solo per i previsti minori impianti, le disposizioni dell’art. 8 della l.r. n. 17/2007, nella parte in cui, in un quadro di programmazione delle risorse idriche destinabili alla produzione di energia idroelettrica, limitavano la realizzazione di impianti idroelettrici su rami di corsi d’acqua regionali alle ipotesi contemplate dallo “Studio a supporto della programmazione regionale” approvato con Delibera della Giunta .R. n. 671 del 24/07/2008.
La norma era quindi apparsa avere un effetto di depotenziamento della programmazione regionale in materia di utilizzo delle risorse idriche, indebolendo drasticamente le condizioni di tutela delle acque interne , con conseguente aggravamento delle situazioni di non conformità con gli obblighi comunitari stabiliti dalla Direttiva “Quadro” sulle acque 2000/60/CE .

La Regione Abruzzo, con l’art. 6 della l.r. 27/12/2013, n. 58 (Modifica alla legge regionale 21 dicembre 2012, n. 66 recante "Norme in materia di raccolta, commercializzazione, tutela e valorizzazione dei tartufi in Abruzzo" e modifiche alla legge regionale n. 10/2004, alla legge regionale n. 42/2011 e alla legge regionale n. 19/2013), valutata positivamente dal Governo nel Consiglio dei Ministri del 28 febbraio 2013, ha provveduto a modificare il citato art. 5 della l.r. 19/2013.
In particolare la nuova norma ha esplicitato che , se per gli impianti con potenza maggiore di 1500 KW, rimangono applicabili i motivi di preclusione di cui all'art. 8 della L.R. n. 17/2007 e dello Studio approvato dalla Giunta regionale con deliberazione n. 671 del 24 luglio 2008 e successive modifiche ed integrazioni, i restanti impianti , dunque di portata inferiore, rimangono comunque assoggettati alle procedure di concessione per le derivazioni di acqua pubblica di cui al D.P.G.R. 13 agosto 2007, n. 3/Reg di attuazione del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, consentendo quindi che il provvedimento di concessione sia rilasciato solo se:
a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d'acqua interessato;
b) è garantito il minimo deflusso vitale e l'equilibrio del bilancio idrico;
c) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane, ovvero, pur sussistendo tale possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo economico".
Poiché, con la modifica apportata , appaiono esplicitamente richiamati i requisiti di tutela ambientale richiesti dalle norme comunitarie e statali di riferimento, si ritiene, su conforme parere del ministero dell'ambiente,della tutela del territorio e del mare, che siano venute meno le motivazioni oggetto del ricorso avanti la Corte Costituzionale relativamente all’art. 5 della l.r. n. 19/2013, e che quindi, ricorrano i presupposti per rinunciare al ricorso.
19-9-2013 / Impugnata
La legge regione Abruzzo 16 luglio 2013, n. 19, recante “Modifiche e integrazioni alla legge regionale 7 giugno 1996, n. 36 (Adeguamento funzionale, riordino e norme per il risanamento dei Consorzi di Bonifica) e altre disposizioni normative” presenta profili di il legittimata costituzionale con riferimento all’articolo 5, riguardante l’uso dei corsi d’acqua per piccoli impianti idroelettrici, in quanto eccede le competenze regionali in violazione dell’ articolo 117, secondo comma lettera s) della Costituzione, che affida allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.
Detto articolo 5 prevede che “ 1. Fatte salve le procedure di cui alla Parte II del d.lgs 152/2006 e dell’articolo 6, comma 3, della direttiva 92/43/CEE, nonché, per gli impianti ricadenti in aree protette o posti su rami di corsi d’acqua interclusi tra aree protette, a condizione che l’acqua prelevata venga restituita in alveo in sito limitrofo al prelievo o comunque entro l’area interclusa, previo parere degli enti interessati, cessano i motivi di preclusione di cui all’articolo 8 della l.r. 17/2007 e dello Studio approvato dalla Giunta regionale con deliberazione n. 671 del 24.7.2008 e successive modifiche e integrazioni:
a) per gli impianti di cui all’articolo 4, comma 3, lett. b) del d.m. 6 luglio 2012 (Attuazione dell’art. 24 del Decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, recante incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai fotovoltaici);
b) per gli impianti di potenza nominale di concessione superiore a quella di cui alla lett. a) e fino a Kw 1500 di potenza nominale di concessione, se il proponente attiva, almeno per la durata di un anno, per i casi in cui non sia disponibile la serie storica dei dati idrometrici, proveniente da fonti ufficiali, relativi al corso d’acqua interessato, azioni di monitoraggio effettuate da soggetti terzi accreditati, reperisce ogni altro dato storico utile al fine di attestare le portate del corso d’acqua interessato dall’intervento e predispone una relazione idrologica, tesa ad individuare valori idrologici puntali e di dettaglio in corrispondenza della sezione di interesse, mediante la ricostruzione accurata del regime delle portate medie annue, mensili e cura di durata delle portate stesse.”.

La norma in esame rende, di fatto, nulle le disposizioni dell’art. 8 della l.r. n. 17/2007, nella parte in cui, in un quadro di programmazione delle risorse idriche destinabili alla produzione di energia idroelettrica, limitavano la realizzazione di impianti idroelettrici su rami di corsi d’acqua regionali alle ipotesi contemplate dallo “Studio a supporto della programmazione regionale” approvato con Delibera della Giunta .R. n. 671 del 24/07/2008.

In particolare, il citato art. 5, comma 1, lettera b), consente espressamente la realizzazione di impianti idroelettrici di potenza nominale fino a 1500 KW - per giunta su corsi d’acqua caratterizzati dalla totale assenza di serie storiche di dati idrometrici provenienti da fonti ufficiali - anche in quei tratti fluviali per i quali lo Studio sopra citato negava espressamente qualsiasi intervento di derivazione di acque e di realizzazione di impianti idroelettrici sulla base di considerazioni dettate da esigenze di tutela ambientale e di priorità d’uso delle acque stabilite dall’art. 95 del d.lgs. n. 152/2006.
L’ovvia conseguenza del disposto normativo appena citato è quella di azzerare l’attività programmatoria regionale favorendo un’ampia discrezionalità. In proposito, si evidenzia che la particolare indeterminatezza delle citate disposizioni regionali consente la realizzazione di derivazioni a scopo idroelettrico persino in aree protette, ponendo come unica condizione che l’acqua prelevata venga restituita in alveo in sito limitrofo al prelievo, senza minimamente precisare il concetto di limitrofo e, quindi, rendere meno discrezionale l’applicazione della normativa.

Pertanto, l’applicazione di detto articolo avrebbe l’effetto di depotenziare la programmazione regionale in materia di utilizzo delle risorse idriche, indebolendo drasticamente le condizioni di tutela delle acque interne attraverso la proliferazione di opere di derivazione a scopo idroelettrico delle acque fluenti, con conseguente incremento dei tratti di corsi d’acqua interessati da alterazioni morfologiche degli alvei e da depauperamento delle portate e conseguente aggravamento delle situazioni di non conformità con gli obblighi comunitari stabiliti dalla Direttiva “Quadro” sulle acque 2000/60/CE in materia di raggiungimento entro il 2015 dello stato ambientale “buono” delle acque. Altra conseguenza sarebbe la mancata salvaguardia delle priorità d’uso previste dall’art. 95 del d.lgs. n. 152/2006 e dell’esigenza stabilita dall’art. 144, comma 3, del medesimo d.lgs. n. 152/2006 secondo cui “la disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici” .

Da quanto esposto appare evidente che lo scopo fondamentale dello “Studio a supporto della programmazione”, come previsto dall’articolo 8, comma 1 e 3 della citata l.r. n. 17/2007, era quello fondamentale di fornire gli elementi di conoscenza necessari al rilascio delle nuove concessioni di derivazione ad uso idroelettrico, individuando i tratti fluviali per i quali la realizzazione di derivazioni determinerebbe evidenti violazioni di taluni requisiti stabiliti per legge, quali la salvaguardia delle aree protette ed il rispetto del deflusso minimo vitale.

Pertanto, la soppressione delle risultanze di tale Studio, operata di fatto dall’articolo 5 della legge in esame, tra l’altro con una formulazione ambigua e discutibile sul piano giuridico, determina la cessazione di ogni garanzia a che i procedimenti di rilascio di nuove concessioni idroelettriche vengano istruiti e conclusi con modalità razionalmente e scientificamente fondate ed esenti da discrezionalità.

Si segnala, in fine, che l’art. 12-bis del T.U. sulle acque ed impianti elettrici approvato con R.D. n. 1775/1933, sostituito dall’art. 96, comma 3, del d.lgs. n. 152/2006, stabilisce al comma 1, tra l’altro, che “il provvedimento di concessione è rilasciato se:
a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti per il corso d’acqua interessato; (è chiaro il riferimento allo stato ambientale “buono” che tutti i corpi idrici devono raggiungere entro il 2015 in conformità agli obblighi stabiliti dalla suindicata Direttiva europea);
b) è garantito il minimo deflusso vitale e l’equilibrio del bilancio idrico;”.
Per quanto sopra esposto, l’art. 5 della l.r. n. 19/2013, non rispetta gli standard di tutela volti a garantire il rispetto della citata normativa nazionale e comunitaria in materia di salvaguardia delle risorse idriche, e ciò in violazione dell’articolo 117, secondo comma lettera s) della Costituzione.

Per questi motivi la norma deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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