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Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale (Collegato alla manovra di finanza regionale per l'anno 2012). Art. 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002. (23-12-2011)
Calabria
Legge n.47 del 23-12-2011
n.23 del 29-12-2011
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia parziale
RINUNCIA PARZIALE
Con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 24 febbraio 2012 è stata impugnata da parte del Governo la legge della Regione Calabria n. 47 del 23/12/2011, pubblicata sul BUR n. 23 del 29/12/2011, recante “Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale (Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2012). Art. 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002”.
Nello specifico, tra le diverse disposizioni per le quali è stata deliberata l’impugnativa costituzionale ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, sono ricomprese le disposizioni recanti aumenti di tributi provinciali e regionali di seguito elencate:
- l’art. 10 che ridetermina l’ammontare delle tasse automobilistiche regionali;
- l’art. 14 che ridetermina l’ammontare della tassa sulle concessioni regionali;
- l’art. 15 che ridetermina degli importi del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi.
Successivamente alla citata delibera, il Consiglio dei Ministri ha emanato il decreto legge 2 marzo 2012, n. 16 (recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento”), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, che al comma 4 dell'art. 4 concernente la fiscalità locale, dispone l’abrogazione degli artt. 77 bis, comma 30, e 77 ter, comma 19, del decreto legge n. 112 del 2008, nonché l'articolo 1, comma 123, della legge n. 220 del 2010, prevedendo, in tal modo, che dall’entrata in vigore del suddetto decreto-legge n. 16/2012, le regioni e gli enti locali possono deliberare aumenti di tributi, e disponendo, altresì, che siano fatti salvi anche i provvedimenti normativi relativi all’anno d’imposta 2012, emanati prima dell'approvazione del medesimo decreto legge.
Il Ministero dell’economia e delle finanze – Ufficio Legislativo Finanze, con nota 3-3008 del 7 marzo 2012, ha comunicato che, per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 4, comma 4, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, sono da ritenere superati i rilievi di incostituzionalità precedentemente formulati dallo stesso Dicastero.
Per le ragioni sopra rappresentate si ritiene siano venuti meno i suesposti motivi del ricorso proposto innanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell'art. 127 della Costituzione e, pertanto, si propone la rinuncia parziale all'impugnazione limitatamente agli artt . 10, 14 e 15.
Permangono ancora validi gli ulteriori motivi di impugnativa di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 24 febbraio 2012.
24-2-2012 / Impugnata
La legge in esame recante “Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale (Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2012). Art. 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002”, presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale :
1) l’art. 10 della legge in esame ridetermina l’ammontare, aumentandone gli importi, delle tasse automobilistiche regionali.
Tale norma regionale contrasta con le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, nonché dell'articolo 1, comma 123, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, che sospendono, sino all’attuazione del federalismo fiscale, la facoltà concessa alle regioni e agli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato. Ad ulteriore conferma della volontà del legislatore statale di sospendere, in via generale, il potere delle regioni e degli enti locali di azionare la leva impositiva si fa rilevare che nei casi in cui lo stesso legislatore statale ha inteso operare una deroga al suddetto principio generale di sospensione, ha operato con interventi specifici e riferiti a singoli tributi (come ad esempio l’art. 1, comma 10 del d.l. n. 138/2011 che ha concesso alle regioni a statuto ordinario di aumentare l’addizionale regionale IRPEF a decorrere dall’anno 2012).
Pertanto la suddetta disposizione regionale determina la violazione dell’art.117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario nonché, la violazione dell’art. 119, secondo comma, della Costituzione, che subordina il potere delle regioni e degli enti locali di stabilire ed applicare tributi ed entrate propri al rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
2) L’art. 14 della legge in esame ridetermina l’ammontare, aumentandone gli importi, della tassa sulle concessioni regionali.
Tale norma regionale contrasta con le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, nonché dell'articolo 1, comma 123, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, che sospendono, sino all’attuazione del federalismo fiscale, la facoltà concessa alle regioni e agli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato. Ad ulteriore conferma della volontà del legislatore statale di sospendere, in via generale, il potere delle regioni e degli enti locali di azionare la leva impositiva si fa rilevare che nei casi in cui lo stesso legislatore statale ha inteso operare una deroga al suddetto principio generale di sospensione, ha operato con interventi specifici e riferiti a singoli tributi (come ad esempio l’art. 1, comma 10 del d.l. n. 138/2011 che ha concesso alle regioni a statuto ordinario di aumentare l’addizionale regionale IRPEF a decorrere dall’anno 2012).
Pertanto la suddetta disposizione regionale viola l’art.117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario e l’art. 119, secondo comma, della Costituzione, che subordina il potere delle regioni e degli enti locali di stabilire ed applicare tributi ed entrate propri al rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
3) L’art. 15 della legge in esame dispone una diversa articolazione e l’aumento degli importi del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi.
Tale norma regionale contrasta con le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, nonché dell'articolo 1, comma 123, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, che sospendono, sino all’attuazione del federalismo fiscale, la facoltà concessa alle regioni e agli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi attribuiti con legge dello Stato. Ad ulteriore conferma della volontà del legislatore statale di sospendere, in via generale, il potere delle regioni e degli enti locali di azionare la leva impositiva si fa rilevare che nei casi in cui lo stesso legislatore statale ha inteso operare una deroga al suddetto principio generale di sospensione, ha operato con interventi specifici e riferiti a singoli tributi (come ad esempio l’art. 1, comma 10 del d.l. n. 138/2011 che ha concesso alle regioni a statuto ordinario di aumentare l’addizionale regionale IRPEF a decorrere dall’anno 2012).
Pertanto la suddetta disposizione regionale viola l’art.117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario e l’art. 119, secondo comma, della Costituzione, che subordina il potere delle regioni e degli enti locali di stabilire ed applicare tributi ed entrate propri al rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
4) l’art. 16, comma 3, della legge in esame, aggiunge il comma 7-bis all’art. 27 della legge della Regione Calabria n. 34/2010, che prevede che l’esercizio dell’azione penale costituisca causa di interruzione della decorrenza del termine di prescrizione quinquennale previsto per il recupero dell’imposta sui carburanti per autotrazione.
Tale disposizione regionale nella parte in cui introduce norme concernenti il rapporto tra la giurisdizione penale e quella tributaria e, in particolare, una disciplina del decorso della prescrizione difforme rispetto alla norma statale, viola l’art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione che riserva alla competenza esclusiva dello Stato le materie della giurisdizione e dell’ordinamento civile.
5) L’art. 17 della legge in esame, istituisce, a decorrere dal sessantesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge, l’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili – IRESA.
Tale disposizione si pone in contrasto con l’art. 8 del d.lgs. n. 68/2011 che consente alle regioni, di trasformare l'imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili in tributo proprio regionale, a decorrere dal 1° gennaio 2013.
Pertanto, la disposizione regionale in esame, nel prevedere una decorrenza anticipata della trasformazione dell'imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili in tributo proprio regionale, determina la violazione dell’art.117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario nonché, la violazione dell’art. 119, secondo comma, della Costituzione, nell’ottica del coordinamento del sistema tributario.
6) L’art. 26 della legge in esame, nel novellare l’art. 7 della legge regionale n. 8/1996 ( concernente “Norme sulla dirigenza e sull'ordinamento degli Uffici del Consiglio regionale”), al comma 4 stabilisce che il trattamento economico dei dirigenti di Area funzionale sia definito dall'Ufficio di Presidenza.
Tale disposizione regionale, consentendo all’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale di derogare alle disposizioni del CCNL del personale dirigente delle Regioni ed Autonomie locali in materia di determinazione del trattamento economico, contrasta con le disposizioni del titolo III del d.lgs. n. 165/2001 (Contrattazione collettiva e rappresentanza sindacale), che obbligano al rispetto delle previsioni contrattuali e delle procedure da seguire in sede di contrattazione collettiva.
Pertanto la norma, nella parte in cui deroga ai principi generali di cui al d. lgs. n. 165/2011, viola l'articolo 117, comma 2, lettera l), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi).
Lo stesso articolo 26 della legge in esame, inoltre, inserisce l’art. 7-bis alla legge regionale n. 8/1996 che consente alla Direzione Generale istituita presso il Segretariato Generale del Consiglio regionale di poter costituire una struttura speciale composta da tre unità di personale, due dei quali possono essere esterni alla pubblica amministrazione.
Il combinato disposto di detto art. 7-bis con il suddetto art.7, come modificati dalla disposizione in esame, nel prevedere un ampliamento delle strutture e dei ruoli dirigenziali con oneri che non risultano quantificati e di cui manca la relativa copertura finanziaria, contrasta con le relative al contenimento delle spese in materia di impiego pubblico di cui al comma 28 dell’art. 9 del d.l. n. 78/2010 il quale dispone che “a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni e integrazioni, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per le medesime amministrazioni la spesa per personale relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni ed integrazioni, non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009. Le disposizioni di cui al presente comma costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale.(…)” ; contrasta, altresì, con le disposizioni in materia d turn over di cui al comma 7 dell’art. 66 del d.l. n. 112/2008, che nel novellare il comma 102 dell’art. 3 della legge n. 244/2007 (legge finanziaria 2008), dispone che “Per gli anni 2010 e 2011, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 523, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, possono procedere, per ciascun anno, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa al personale cessato nell'anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere, per ciascun anno, il 20 per cento delle unità cessate nell'anno precedente”.
L’art. 26 della legge in esame determina, pertanto, la violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, che riserva allo Stato il compito di fissare i principi di coordinamento della finanza pubblica.
La suddetta norma, inoltre, non prevedendo adeguata copertura finanziaria, determina la violazione dell'art. 81, comma 4, della Costituzione.

7) L’art. 43 della norma in esame, al comma 1 prevede il ripianamento delle perdite relative all’anno 2010 della Società di Gestione per l’aeroporto dello Stretto (SO.G.A.S.) S.p.A. per una spesa di euro 38.000 ed al comma 2 delibera la copertura di spesa pari a euro 400.000 necessari alla sottoscrizione da parte della Regione Calabria della quota di aumento di capitale sociale della SO.G.A.S. S.p.A.
In via preliminare si rappresenta che entrambe le misure presentano le caratteristiche di aiuti di Stato la cui compatibilità deve essere rimessa alla valutazione della Commissione europea. La SO.G.A.S. S.p.A., infatti opera in un settore, quello della gestione aeroportuale, aperto alla concorrenza di imprese pubbliche e private. L’entità relativamente esigua dei due aiuti, inoltre, non è ragione sufficiente ad escludere che vi sia una possibile distorsione degli scambi tra gli Stati membri.
La mancata notifica alla Commissione europea delle disposizioni contenute nell’articolo 43 prima della loro entrata in vigore costituisce, pertanto, una violazione degli obblighi comunitari in materia di aiuti di Stato.
Si segnala, inoltre, che la Commissione europea, con decisione del 20 luglio 2010, ha avviato un procedura di indagine formale nei confronti di analoghe iniziative di copertura delle perdite di SO.G.A.S. S.p.A. operate dagli azionisti pubblici della società nel periodo dal 2004 al 2005 e regolarmente notificate dalla Regione Calabria ai sensi dell’articolo 108, par. 3 del TFUE. La Commissione ha ritenuto che tali misure, oltre ad integrare la fattispecie di aiuti di Stato, presentino concreti elementi di incompatibilità con le regole comunitarie in materia. L’indagine ha, altresì, posto sotto osservazione ulteriori coperture di perdite relative all’anno 2006 nonché l’aumento di capitale sociale pari a euro 2.743.000 operato nel dicembre 2007 dai soci pubblici che non sono state oggetto di notifica alla Commissione europea.
Inoltre, dalla suddetta decisione della Commissione europea emerge che, relativamente all’aumento di capitale, le autorità calabresi hanno garantito alla Commissione la non attuazione di questa come di future analoghe misure prima di un pronunciamento dell’esecutivo comunitario sulla natura di aiuto di Stato della stessa.
La procedura di indagine formale è a tutt’oggi in corso.
Per le suesposte ragioni, si ritiene che le disposizioni contenute nell’articolo 43 non debbono trovare pratica attuazione prima di una definitiva valutazione della Commissione.
La disposizione regionale, pertanto, nella parte in cui omette di osservare l’obbligo di notifica dell’aiuto previsto dall’art. 108, paragrafo 3, del TFUE, determina la violazione dell’art. 117, comma 1, della Costituzione che impone il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario alla potestà legislativa regionale .

8) L’art. 44 della norma in esame dispone il contributo regionale straordinario di euro 150.000 a parziale copertura delle spese correnti dell’Ente Fiera di Cosenza. L’erogazione del contributo è subordinata all’analogo e contestuale impegno da parte di tutti i soggetti istituzionali soci dell’Ente Fiera – Provincia di Cosenza, Comune di Cosenza e Comune di Rende – a coprire pro quota la restante parte delle spese correnti.
Si premette che la Comunicazione interpretativa della Commissione europea per il settore fiere ed esposizioni (GUCE 1998, C 143, pag. 2), in materia di servizi posti in essere dagli enti fieristici, riconosce il carattere commerciale delle attività degli operatori fieristici anche qualora questi agiscano nella forma giuridica di enti autonomi senza scopo di lucro. Sulla stessa linea interpretativa si è mossa la giurisprudenza comunitaria che ha confermato il principio secondo il quale le attività che realizzano lo scopo complessivo delle società Ente Fiera sono pienamente contendibili sul mercato degli operatori fieristici tale che qualsiasi beneficio accordato dalla parte pubblica nei confronti dell’Ente medesimo può tradursi in un pregiudizio per la concorrenza con altri soggetti economici che operano nello stesso mercato.
Tanto premesso, la copertura di spese correnti operata dalla Regione con la disposizione in esame rientra nella fattispecie di cui all’articolo 107 del TFUE concretizzandosi in un aiuto al funzionamento distorsivo della concorrenza nel mercato di riferimento e, per tale ragione, la misura dovrebbe essere notificata ai sensi dell’art. 108, par. 3 del TFUE.
La disposizione regionale, pertanto, nella parte in cui omette di osservare l’obbligo di notifica dell’aiuto previsto dall’art. 108, paragrafo 3, del TFUE, determina la violazione dell’art. 117, comma 1, della Costituzione che impone il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario alla potestà legislativa regionale.

9) L’art. 52, comma 4, della legge in esame, stabilisce che la Giunta regionale è autorizzata, a domanda dell'interessato, a rinnovare i contratti di collaborazione al personale già assegnato all'Osservatorio per il turismo, attualmente in servizio presso il Dipartimento Turismo, Sport e Spettacolo.
Tale disposizione regionale contrasta con l'art. 7, comma 6, del d. lgs. n. 165/2001 in base al quale, per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei presupposti di legittimità indicati nel medesimo comma 6 dell’ articolo 7.
La norma, inoltre, si pone in contrasto con l’art. 9 del D.L. n. 78/2010 (recante “Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico”) il quale prevede che le amministrazioni dello Stato, comprese le regioni, le province autonome, gli enti locali, “possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009”.
Pertanto, la suddetta norma nella parte in cui prevede un generico rinnovo contrattuale e a domanda degli interessati, senza una preventiva valutazione, da parte della Regione, della necessità di avvalersi di detto personale, viola l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, il quale riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell'ordinamento civile e, nella parte in cui non prevede un contenimento della spesa di personale, l'art. 117, comma 3, della Costituzione, in materia di coordinamento della finanza pubblica, cui la regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.

10) L’art. 55, della legge in esame, relativo al piano di stabilizzazione del personale appartenente ai lavoratori socialmente utili, al comma 1 riproduce la disposizione contenuta nell'art. 16 della l.r. n. 34/2010, modificando il termine finale per l'attuazione del piano di stabilizzazione precedentemente previsto (31 dicembre 2011) e posticipandolo al 31 dicembre 2014.
Sul punto si fa rilevare che il Governo aveva già impugnato l’art. 16 della legge n. 34/2010 nella parte in cui fissava al 31 dicembre 2011 l’attuazione del piano regionale di stabilizzazione del personale appartenente ai lavoratori socialmente utili, e che la Corte Costituzionale, con sentenza n.310/2011, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del suddetto art. 16 precisando che “la proroga del termine finale (…), produce l’effetto di sottrarre le suddette stabilizzazioni ai vincoli previsti dall’art. 17, comma 10, del d.l. n. 78 del 2009, in quanto le normative regionali prorogate, anteriori al 2009, non prevedevano alcuno dei suddetti vincoli.”
Pertanto, la suddetta disposizione regionale, nella parte in cui proroga nuovamente i termini per l'attuazione del piano di stabilizzazione del suddetto personale contrasta con l'art. 17, comma 10, del D.L. n. 78/2009, il quale non consente una generica salvaguardia di tutte le stabilizzazioni, anche se programmate ed autorizzate ma prevede che “Nel triennio 2010-2012, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno nonché dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di assunzioni e di contenimento della spesa di personale secondo i rispettivi regimi limitativi fissati dai documenti di finanza pubblica, e per le amministrazioni interessate, previo espletamento della procedura di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono bandire concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato con una riserva di posti, non superiore al 40 per cento dei posti messi a concorso, per il personale non dirigenziale in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e all'articolo 3, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”.
L’art. 55 in esame, pertanto, determina la violazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica che, ai sensi dell'articolo 117, comma terzo, della Costituzione, la regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non può derogare.





Inoltre risultano costituzionalmente illegittime ulteriori disposizioni in materia sanitaria.

E’ opportuno premettere che la Regione Calabria, per la quale è stata verificata una situazione di disavanzi nel settore sanitario tale da generare uno squilibrio economico-finanziario che compromette l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, ha stipulato, il 17 dicembre 2009, un accordo con i Ministri della Salute e dell’Economia e delle Finanze, comprensivo del Piano di rientro dal disavanzo sanitario, che individua gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, ai sensi dell’art. 1 comma 180, della legge 311 del 2004 ( legge finanziaria 2005).
Con la delibera della Giunta regionale n. 845 del 2009 sono state poi approvate le “Proposte tecniche per l’integrazione/modifica del piano di razionalizzazione e riqualificazione del Servizio Sanitario Regionale della Regione Calabria” che costituiscono parte integrante dell’Accordo sul Piano di rientro del 17 dicembre 2009.
La Regione Calabria, peraltro, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal Piano di rientro nei tempi e nelle dimensioni di cui all’art. 1, comma 180, della legge n. 311/04, nonché dell’intesa Stato – Regioni del 23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in materia, è stata commissariata ai sensi dell’art. 4 del decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159, in attuazione dell’art. 120 della Costituzione, nei modi e nei termini di cui all’art. 8, comma 1, della legge n. 131/2003.
Nella seduta del 30 luglio 2010, infatti, il Consiglio dei Ministri ha deliberato la nomina del Commissario ad acta per la realizzazione del vigente piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della Regione Calabria, individuando lo stesso nella persona del Presidente della Regione pro tempore.

Ciò premesso la legge in esame presenta i seguenti profili di incostituzionalità:

11) l’art. 32 della legge in esame apporta modifiche all’art. 1 della l.r. n. 26/2007, concernente l’istituzione dell’autorità regionale denominata “Stazione Unica Appaltante”. In particolare la disposizione regionale in esame, modificando il comma 4 dell’articolo 1 della l.r. n. 26/2007, prevede l’incremento da una a tre delle “sezioni tecniche” della Stazione Unica Appaltante (SUA), e, introducendo il comma 4-bis dopo il comma 4 del medesimo art. 1 della stessa legge, dispone che “per ogni Sezione tecnica è previsto un dirigente equiparato a quello di servizio della Giunta regionale”. L’art. 32 precisa inoltre che le modifiche apportate non comportano “oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale”.
La disposizione in esame, che prevede l’istituzione di nuove strutture amministrative e di ulteriori posizioni dirigenziali, omettendo di quantificare gli inevitabili oneri da essa derivanti e omettendo altresì di individuare i relativi mezzi di copertura finanziaria, viola l’art. 81, quarto comma, della Costituzione.


12) l’art. 50 garantisce la copertura finanziaria dei debiti contratti dalla Regione nei confronti dei beneficiari della legge regionale n. 8/1999, che prevede provvidenze in favore di soggetti affetti da determinate patologie.

Tale disposizione, che garantisce ai propri residenti livelli di assistenza ulteriori rispetto a quelli stabiliti a livello nazionale, interferisce con l’attuazione del Piano di rientro, affidata al Commissario ad acta con il mandato commissariale del 30 luglio 2010.
Tale disposizione è, pertanto, incostituzionale sotto un duplice aspetto:

a) essa interferisce con le funzioni commissariali, in violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost. Al riguardo la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 78 del 2011, richiamando i principi già espressi nella sentenza n. 2 del 2010, ha precisato che anche qualora non sia ravvisabile un diretto contrasto con i poteri del commissario, ma ricorra comunque una situazione di interferenza sulle funzioni commissariali, tale situazione è idonea ad integrare la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.
Secondo tale sentenza in particolare “l’operato del commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all’esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti – malgrado il carattere vincolante (art. 1, comma 796, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007») dell’accordo concluso dal Presidente della Regione – ad un’attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. È, dunque, proprio tale dato – in uno con la constatazione che l’esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell’unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute – a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del commissario, ovviamente fino all’esaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali”.

b) Inoltre la medesima disposizione, oltre ad effettuare senza alcuna legittimazione il menzionato intervento in materia di organizzazione sanitaria, in luogo del Commissario ad acta, interviene in materia senza rispettare i vincoli posti dal Piano di rientro dal disavanzo sanitario.
Ne consegue la lesione dei principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali in costanza di Piano di rientro è preclusa alla regione l’adozione di nuovi provvedimenti che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano, essendo le previsioni dell'Accordo e del relativo Piano vincolanti per la regione stessa. La disposizione regionale in esame pertanto viola l’art. 117, terzo comma Cost., in quanto contrasta con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica. La Corte Costituzionale con le sentenze n. 100 e n. 141 del 2010 ha infatti ritenuto che le norme statali (quale l’art. 1, comma 796, lett. b, della legge n. 296 del 2006) che hanno “reso vincolanti, per le Regioni che li abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli atti di programmazione necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, oggetto degli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311”, possono essere qualificate come espressione di un principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e, dunque, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica. In particolare con la sentenza n. 141 del 2010 la Consulta ha giudicato incostituzionale la l. r. Lazio n. 9 del 2009, che istituiva nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale un nuovo tipo di distretti socio-sanitari, definiti "montani" (con rispettivi ospedali, servizio di eliambulanza, e possibilità di derogare alla normativa in materia di organizzazione del servizio sanitario regionale e di contenimento della spesa pubblica) in quanto “l’autonomia legislativa concorrente delle regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa”.

La disposizione in esame, inoltre, omettendo di quantificare gli inevitabili oneri da essa derivanti e di individuare i relativi mezzi di copertura finanziaria, viola l’art. 81, quarto comma, della Costituzione.

Per le motivazioni esposte, le disposizioni sopra indicate devono essere impugnate dinanzi alla Corte Costitizionale ai sensi dell'art. 127 Cost.

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