Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni urgenti in materia di orari di apertura e chiusura delle attivita' di commercio al dettaglio e disposizioni transitorie in materia di autorizzazione commerciali relative a grandi strutture di vendita e parchi commerciali. (27-12-2011)
Veneto
Legge n.30 del 27-12-2011
n.99 del 30-12-2011
Politiche infrastrutturali
24-2-2012 / Impugnata
La legge regionale in esame reca disposizioni relative ai servizi nel mercato interno, norme urgenti in materia di orari di apertura e chiusura delle attività di commercio al dettaglio e disposizioni transitorie in materia di autorizzazioni commerciali relative a grandi strutture di vendita e parchi commerciali.
Premesso che la disciplina degli orari degli esercizi commerciali rientra nella materia del commercio, attribuita alla competenza regionale residuale, si ricorda che la Corte Costituzionale, con consolidata giurisprudenza, ha affermato (sentt. nn. 430/2007 e 150/2011) che, nell’esercizio di siffatta potestà le Regioni possono dettare una disciplina che determini anche effetti pro-concorrenziali, mentre è , al contrario, illegittima una normativa che, se pure in astratto riconducibile al suddetto titolo di competenza, produca, in concreto, effetti che ostacolino la concorrenza, attraverso l’introduzione di nuovi o ulteriori limiti o barriere all’accesso al mercato ed alla libera esplicazione della capacità imprenditoriale.
La legge in esame impone agli esercizi commerciali vincoli che contrastano con tali principi, si ravvisano, pertanto, profili di incostituzionalità relativamente alle seguenti norme :
1) l’articolo 3, dopo aver previsto che “gli orari di apertura e di chiusura al pubblico delle attività di commercio al dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo e dei criteri emanati dai comuni” (...), detta poi ai successivi commi una serie di rilevanti limitazioni e restrizioni. In particolare, il comma 2 prevede che “Le attività di commercio al dettaglio possono restare aperte al pubblico in tutti i giorni della settimana dalle ore sette alle ore ventidue e osservano la chiusura domenicale e festiva. Nel rispetto di tali limiti, l‘esercente può liberamente determinare l ‘orario di apertura e di chiusura del proprio esercizio”. Il comma 3 dispone che “Le attività di commercio al dettaglio derogano all’obbligo di chiusura settimanale e festiva di cui al comma 2 nel mese di dicembre, nonché, in via sperimentale, in ulteriori sedici giornate nel corso dell’anno, scelte dai comuni interessati entro il 30 novembre dell’ anno precedente, sentite le organizzazioni di cui al comma 1 e favorendo la promozione di iniziative di marketing territoriale concertate con la piccola, media e grande distribuzione, finalizzate alla valorizzazione del tessuto commerciale urbano”.
Ulteriori norme vincolistiche sono poi dettate con riferimento ai comuni a prevalente economia turistica e alle città d’arte per i quali si prevede che “gli esercenti determinano liberamente gli orari di apertura e di chiusura e possono derogare all’obbligo di chiusura domenicale e festiva. I comuni possono individuare le zone del territorio e i periodi di maggiore afflusso turistico, nei quali gli esercenti possono esercitare la facoltà di cui al presente comma, secondo le modalità definite dalla medesima legge regionale 28 dicembre 1999, n. 62”(comma 6). E’ stabilito altresì che “Fatta eccezione per le zone del territorio e i periodi di maggiore afflusso turistico dei comuni a prevalente economia turistica e delle città d’arte, individuati ai sensi della legge regionale 28 dicembre 1999, n. 62, è prevista la chiusura obbligatoria degli esercizi di vendita al dettaglio nelle seguenti festività: 1 gennaio, Pasqua, 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno, 25 dicembre” (comma 7).
Le descritte norme regionali si pongono in contrasto con il quadro normativo vigente, risultante dall’art. 31, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici”, come convertito dalla legge 22 dicembre 2011. Tale norma, intervenendo sull’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n, 223, come convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha stabilito che le attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte senza il limite del rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio.
La previsione introdotta dal decreto n. 201/2011 , che si qualifica come norma di liberalizzazione, è direttamente vincolante anche nei confronti dei legislatori regionali. Come affermato da consolidata giurisprudenza costituzionale, la “tutela della concorrenza” riservata dall’art. 117, comma 2, lett. e), della Costituzione alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, comprende anche le misure legislative promozionali “che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l’apertura, eliminando barriere all’ entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese “ (cfr. sent. n. 401/2007).
La norma regionale in esame, dunque, introducendo una serie di vincoli e restrizioni in termini di orari di apertura e di giornate di chiusure degli esercizi commerciali , lungi dal produrre effetti pro-concorrenziali, si pone in aperto contrasto con la disciplina nazionale di liberalizzazione, e quindi viola l’art. 117, comma 2, lett. e) della Costituzione.

2)L’articolo 4 della legge della Regione Veneto, ha disposto “la sospensione, nelle more dell‘approvazione della nuova normativa regionale in materia di commercio al dettaglio su area privata e comunque entro e non oltre il termine dì un anno dalla entrata in vigore della presente legge, di tutti i procedimenti amministrativi per il rilascio di autorizzazioni commerciali relative a grandi strutture di vendita e parchi commerciali, compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della legge”. La norma regionale determina una ingiustificata restrizione della concorrenza, posto che la sospensione del rilascio di nuovi provvedimenti autorizzatori ha il chiaro effetto di cristallizzare il mercato nel suo assetto esistente e si traduce nella sospensione per un anno della libertà, costituzionalmente garantita, di accesso al mercato. L’illegittimità della norma discende dal contrasto con gli obiettivi e le previsioni della direttiva 123/2006/CE (c.d. direttiva Servizi), la quale proprio al fine di garantire un mercato interno dei servizi realmente integrato e funzionante ha sottoposto a condizioni assai stringenti la possibilità per i legislatori di subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione. In particolare l’art. 9, par. 1, della direttiva 2006/123/CE dispone che “gli Stati membri possono subordinare l’accesso ad una attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se la necessità di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale e se l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva.
Ne consegue che la normativa regionale in questione viola le disposizioni della citata direttiva , recepita nell’ordinamento italiano con decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, in quanto introduce una limitazione all’accesso ad un’attività di servizio che non si fonda su motivi imperativi di interesse generale, così come disposto dall’art. 14 del suddetto decreto legislativo e, in ogni caso, non appare rispettosa del principio di proporzionalità.
La norma in esame, frapponendo un ostacolo alla libera esplicazione delle forze economiche nel mercato dei servizi, si pone in contrasto con gli obiettivi e le previsioni della direttiva 2006/123/CE, e viola, conseguentemente, l’art. 117, primo comma, della Costituzione che impone anche alle Regioni l’osservanza dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, oltre ad interferire con la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di concorrenza riconosciuta dall’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
Per questi motivi le sopra evidenziate norme regionali deve essere impugnata di fronte alla Corte Costituzionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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