Dettaglio Legge Regionale

Modifiche alle leggi regionali 30 luglio 2008, n. 24 (Disciplina del regime di deroga previsto dall'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221 (Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia della protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione dell'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE) e 16 agosto 1993, n. 26 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività venatoria) (4-8-2011)
Lombardia
Legge n.13 del 4-8-2011
n.31 del 5-8-2011
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia impugnativa
Il Consiglio dei Ministri, in data 6 ottobre 2011, ha deliberato di rinunciare alla imugnativa.
22-9-2011 / Impugnata
La legge regionale, che reca la disciplina del regime di caccia in deroga e modifica l’articolo 4 della L.R. n. 24/2008 è censurabile , relativamente alla norma contenuta nell’articolo 1, per i seguenti motivi.

In via preliminare, si rileva che la scelta dello strumento legislativo per dettare tale disciplina anziché dell’atto amministrativo rappresenta una violazione della normativa statale di riferimento, in quanto, come anche ribadito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 250 del 25/06/2008, l’esercizio delle deroghe con legge provvedimento preclude l’esercizio del potere di annullamento da parte del Consiglio dei Ministri di cui all’art. 19 bis della legge 157/92, “finalizzato a garantire una uniforme ed adeguata protezione della fauna selvatica su tutto il territorio nazionale”.

Nel merito, la disciplina regionale delle deroghe appare priva dei presupposti e delle condizioni poste dall'art. 9, par. 1 e 2 della dir. 2009/147/CE. Infatti, la citata direttiva subordina la possibilità di autorizzare in deroga la cattura di determinate specie di uccelli in piccole quantità alla comprovata assenza di altre soluzioni soddisfacenti, in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo.
Di contro, nel testo del medesimo articolo 1, nonché degli allegati A e B che costituiscono parte integrante della legge regionale, non vengono adeguatamente motivate le ragioni che giustificano il ricorso alla deroga, né viene, tra l’altro, indicata la verifica di soluzioni alternative idonee ad evitare il prelievo delle specie protette.
Nello Stato italiano, la normativa vigente in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio è recata dalla legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157 , che all’articolo 19 bis disciplina la procedura del regime del prelievo in deroga stabilendo, al comma 2, che “le deroghe, in assenza di altre soluzioni soddisfacenti, possono essere disposte solo per le finalità indicate dall'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 79/409/CEE e devono menzionare le specie che ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati, le condizioni di rischio, le circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero dei capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e le forme di vigilanza cui il prelievo è soggetto e gli organi incaricati della stessa, fermo restando quanto previsto dall'articolo 27, comma 2. I soggetti abilitati al prelievo in deroga vengono individuati dalle regioni, d'intesa con gli ambiti territoriali di caccia (ATC) ed i comprensori alpini.
Il successivo comma 3 prevede che “le deroghe di cui al comma 1 sono applicate per periodi determinati, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), o gli istituti riconosciuti a livello regionale, e non possono avere comunque ad oggetto specie la cui consistenza numerica sia in grave diminuzione.”
Come richiamato dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 15 luglio 2010 relativa alla causa C-573/08, la Regione Lombardia nell’autorizzare la caccia in deroga ai sensi dell’art. 9, comma 1, lettera c), per le specie Fringuello e Peppola, già in passato aveva omesso di “[…] fornire alcuna indicazione sulle ragioni astratte e sui motivi concreti che renderebbero necessario il prelievo di alcuni esemplari di tali specie […]”.
Per evitare di incorrere in una nuova possibile censura da parte della Corte, l’Amministrazione regionale avrebbe dovuto indicare nel testo normativo in esame, le motivazioni del prelievo, ovvero avrebbe dovuto giustificare per quali ragioni si renda necessario autorizzare la caccia a passeriformi migratori protetti in periodi caratterizzati dalla possibilità di cacciare, in regime ordinario (ovvero ai sensi dell’art. 7 della direttiva e dell’art. 18 della legge n. 157/92), altre specie di passeriformi migratori, utilizzando medesime tecniche di prelievo.
Per quanto attiene il rispetto delle condizioni poste dall’articolo 9 della direttiva riguardo la cosiddetta piccola quantità, si rileva come l’articolo 1 della legge regionale in esame fissi in modo arbitrario le modalità con cui effettuare la caccia nel caso di cinque specie non cacciabili in Italia ai sensi dell’art. 7 della direttiva n. 2009/147/CE e dell’art. 18 della legge n. 157/92. Le modalità previste per consentire la caccia in deroga non possono essere ritenute valide per le seguenti motivazioni:
1 – il numero di soggetti abbattibili è stato ricavato da stime della “piccola quantità” prelevabile a livello nazionale effettuate dall’Ispra, per l’ultima volta, nel 2005. Tali stime, come più volte segnalato dall’Ispra, non possono essere utilizzate in modo corretto ai fini dell’applicazione del regime di deroga nella stagione venatoria 2011/12 per due ordini di motivi. In primo luogo perché è stato successivamente accertato che il metodo di calcolo indicato dalla Commissione Europea e utilizzato dall’Ispra nel 2005 non si presta ad essere impiegato per la determinazione della “piccola quantità” nel caso di uccelli migratori ampiamente distribuiti in Europa, come appunto le specie indicate dalla Regione Lombardia. In secondo luogo, i dati riferiti al 2005 risulterebbero comunque inutilizzabili in quanto non aggiornati.
2 – le modalità di riparto dei quantitativi cacciabili a livello nazionale non hanno seguito le procedure espressamente previste dall’intesa sancita in sede di Conferenza Stato-Regioni. In particolare, non sono state rispettate le indicazioni tecniche fornite dall’Ispra, non sono stati rispettati i tempi previsti per l’istruttoria e non è stato verificato l’interesse da parte di altre Regioni alla ripartizione dei quantitativi nelle opportune sedi istituzionali.
3 – Il riparto della “piccola quantità” avrebbe dovuto tenere in considerazione come le due Regioni, Lombardia e Veneto, che propongono di suddividere tra loro la quota nazionale sono attraversate solamente da una parte ridotta dei flussi migratori che interessano l’intera Penisola. Sarebbe stato necessario, pertanto, effettuare una nuova determinazione considerando solamente le popolazioni che in autunno migrano attraverso, rispettivamente, la Lombardia e il Veneto.
4 – Dal momento che le “piccole quantità” sono state calcolate considerando tutte le popolazioni migratrici che transitano attraverso l’Italia, la caccia in deroga potrebbe essere autorizzata correttamente solo in concomitanza del periodo in cui si manifesta la migrazione autunnale, affinché il prelievo possa risultare ugualmente distribuito sull’insieme delle popolazioni. Se la caccia proseguisse oltre il termine della migrazione, le popolazioni svernanti subirebbero un prelievo maggiore rispetto a quello ammesso dall’art. 9 della direttiva. Proprio per questa ragione, nel 2005 l’Ispra oltre ad effettuare la determinazione delle “piccole quantità” aveva provveduto a fornire, specie per specie, l’arco temporale più appropriato in cui consentire la caccia in deroga, tenendo conto anche della fenologia del transito riferita alla sola Regione Lombardia. I tempi fissati dalla legge in esame non tengono in considerazione quest’esigenza e autorizzano la caccia per periodi più lunghi di quelli indicati dall’Ispra.
Infine, in relazione alla medesima disposizione di cui all’articolo 1, si evidenzia che la legge regionale in questione non menziona l’acquisizione del parere dell’Ispra o dell’eventuale Istituto regionale, obbligatoria ex art. 19 bis, comma 3 della l. 157/92. A tal proposito, si rammenta che la Corte Costituzionale ha più volte ribadito (v. per tutte Cost. n.266/2010) che il parere dell’Ispra è normativamente prescritto quale standard minimo ed uniforme di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema inderogabile per il legislatore regionale.
Conclusivamente, la norma regionale in esame, contrastando con la vigente normativa comunitaria e nazionale afferente alla materia della “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema” per la quale lo Stato ha la competenza esclusiva, presenta profili di illegittimità per violazione dell’art.117, comma 1 e comma 2, lett. s) Cost.

La legge regionale deve quindi essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

« Indietro