Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni nei vari settori di intervento. (30-6-2011)
Sardegna
Legge n.12 del 30-6-2011
n.20 del 5-7-2011
Politiche infrastrutturali
28-7-2011 / Impugnata

La legge regionale in esame, che detta norme di modifica ed integrazione in vari settori di intervento, è censurabile per i motivi che di seguito si espongono:

1 ) La disposizione contenuta nell’articolo 3, comma 1 prevede che “ Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 8 dello Statuto speciale, così come sostituito dal comma 834 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2006), ancorché in assenza dell'adeguamento delle relative norme di attuazione, a decorrere dall'anno 2010, gli accertamenti delle compartecipazioni regionali ai tributi erariali sono effettuati anche sulla base degli indicatori disponibili relativi ai gettiti tributari”. Tale previsione disciplina unilateralmente con legge regionale aspetti demandati a norme di attuazione dello Statuto speciale di autonomia, consentendo di derogare alle vigenti norme di attuazione dell’articolo 8 dello Statuto Speciale di autonomia, contenute negli articoli da 32 a 38 del DPR n. 250 /1949. La norma regionale quindi eccede dalle competenze statutarie di cui agli articoli 4 e 5 dello Statuto speciale di autonomia (l.c. n.3/1948), ponendosi in contrasto con l’articolo 56 del medesimo Statuto speciale, che demanda ad una Commissione paritetica composta da membri statali e regionali, l’elaborazione delle norme di attuazione dello Statuto. La particolare procedura prevista da una disposizione di rango costituzionale quale il citato art. 56 dello Statuto rende le norme di attuazione derogabili solo da fonti pari ordinate adottate con la medesima procedura.
La Corte Costituzionale ha più volte affermato che le norme di attuazione degli Statuti Speciali “sono dotate di forza prevalente su quella delle leggi ordinarie (sentenze nn.213/1998, 160 del 1985 e 151 del 1972)” e che “ i decreti legislativi di attuazione statutaria, preceduti dalle proposte o dai pareri delle ricordate commissioni paritetiche, sono espressione di una competenza separata e riservata” (sent. n. 180/1980).

2) la disposizione contenuta nell’art. 17, comma 9 della legge in esame prevede che, ai sensi dell'articolo 6, comma 9, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili), l'installazione e l'esercizio di impianti di generazione elettrica alimentati da biogas e biometano, sono assoggettati alla procedura abilitativa semplificata solo per alcuni soggetti, ivi indicati.
Tale disposizione regionale contrasta con quanto previsto dall'art. 6 del D.Lgs. n.28/2011, il quale prescrive che per l’accesso alla procedura semplificata l'impianto non debba avere una potenza massima superiore ad a 1 MW, senza prevedere tuttavia la possibilità di usufruire della procedura abilitativa semplificata solo per determinati soggetti.
Inoltre, sempre l’art. 6, comma 9, D.Lgs. 28/2011 dispone che “Le Regioni e le Province autonome possono estendere la soglia di applicazione della procedura di cui al comma 1 agli impianti di potenza nominale fino ad 1 MW elettrico, definendo altresì i casi in cui, essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione e l'esercizio dell'impianto e delle opere connesse sono assoggettate all'autorizzazione unica di cui all'articolo 5”.
Risulta chiaro, però, che la disciplina nazionale prevede un criterio di differenziazione delle procedure amministrative fondato sulla diversa configurazione dell’impianto, non del soggetto richiedente l’autorizzazione stessa. A tal fine, la differenziazione tra procedure autorizzative maggiormente gravose si legittima in ragione della tipologia più complessa dell’impianto, come stabilito dall’art. 12 del D.Lgs. 387/2003, dagli artt. 4 e ss. del D.Lgs. 28/2011 e dalle linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010.
E' opportuno premettere che la Regione Sardegna, ai sensi dell'art. 4 primo comma lett. e) dello Statuto di autonomia ha competenza concorrente in materia di "produzione e distribuzione dell'energia elettrica".
Per tali motivi, il legislatore regionale, prevedendo all'art. 17 comma 9 disposizioni in contrasto con la normativa statale di riferimento, eccede dalla propria competenza statutaria di cui al citato art. 4 dello Statuto di autonomia ed invade la competenza esclusiva dello Stato in materia di "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema" di cui all'art. 117, comma 2 lett. s) della Costituzione in quanto, come ampiamente riconosciuto dalla Corte Costituzionale, la promozione e lo sviluppo delle fonti energetiche alternative rientra nella materia predetta.

3) la norma contenuta nell'articolo 18, comma 20, prevede che " i soggetti di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 (Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale), che intendono accedere all'esenzione IRAP ai sensi dell'articolo 17, comma 5, della legge regionale 29 aprile 2003, n. 3 (legge finanziaria 2003), trasmettono alla direzione generale dell'Assessorato regionale della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio, entro i termini previsti per la presentazione della dichiarazione dei redditi, una comunicazione con la quale attestano di avere diritto all'esenzione. La mancata trasmissione della comunicazione entro i termini previsti comporta la decadenza dall'esenzione". Tale previsione è particolarmente restrittiva nei confronti delle ONLUS della Sardegna ammesse a fruire dell'esenzione IRAP prevista dall'articolo 17 comma 5 della l.r. 3/2003, in quanto appare oltremodo eccessivo e in contrasto con la normativa statale prevedere la decadenza dall'esenzione in caso di mancata comunicazione che attesti il diritto a fruire di tale agevolazione. La disposizione in esame impone a carico delle Onlus un adempimento ulteriore rispetto a quello stabilito dalle norme statali che disciplinano la materia.
Infatti in base all'articolo11, comma 2 del d.lgs n. 460/1997 i soggetti che intraprendono l'esercizio delle attività previste all'art.10 devono effettuare una comunicazione all'Agenzia delle Entrate ai fini dell'iscrizione all'anagrafe delle Onlus di cui al comma 1 dello stesso articolo. Tale comunicazione è condizione necessaria per beneficiare delle agevolazioni previste dal decreto legislativo, appare quindi sufficiente, per il raggiungimento degli scopi perseguiti dalla regione, la mera verifica dell'iscrizione della Onlus alla citata anagrafe invece che condizionare il riconoscimento dell'agevolazione in questione alla presentazione di un'ulteriore specifica comunicazione non prevista dalla normativa statale. Si ricorda infatti che il successivo articolo 21 del medesimo d.lgs. n.460/1997 riconosce ai comuni, alle province, alle regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano la possibilità di deliberare nei confronti delle Onlus "la riduzione o l'esenzione dal pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti ", ma non consente a detti enti di introdurre specifici obblighi a carico dei contribuenti che si pongono in aperto contrasto con il principio generale dell'ordinamento tributario di cui all'articolo 6, comma 4, della l.27 luglio 2000, n. 212, in base al quale al contribuente non possono essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria o di altre pubbliche amministrazioni. La norma regionale quindi eccede dalle competenze statutarie e , ponendosi in contrasto con le citate norme statali, viola la competenza legislativa dello Stato in materi di sistema tributario, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e) Cost.

4) L’articolo 18, comma 23, lett. c) della legge regionale, che sostituisce l’articolo 6 della l.r. n. 6 del 2008 prevede che “i consorzi di bonifica possono realizzare e gestire gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili anche in deroga al limite dell'autoconsumo".
Tale disposizione contrasta con la normativa nazionale di cui all’art. 2 c. 2 del d. Lgs. 16 marzo 1999, n. 79, la quale prevede che l'“Autoproduttore e' la persona fisica o giuridica che produce energia elettrica e la utilizza in misura non inferiore al 70% annuo per uso proprio ovvero per uso delle società' controllate, della società controllante e delle società controllate dalla medesima controllante, nonché per uso dei soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell'energia elettrica".
La disposizione regionale in oggetto, al fine di far fronte ad esigenze di soddisfazione del bisogno energetico del servizio idrico, consente infatti al Consorzio di bonifica, una deroga, non consentita dalla disciplina statale, al limite dell’autoconsumo, strettamente connesso all’autoproduzione di energia.
Per tali motivi, il legislatore regionale, prevedendo disposizioni in contrasto con la normativa statale di riferimento, eccede dalla propria competenza statutaria di cui all' art. 4 dello Statuto di autonomia in materia di produzione e distribuzione dell'energia elettrica, il quale prevede che la regione emana norme legislative nella materia predetta nei limiti dei principi posti dalle leggi dello Stato.
Invade, altresì, la competenza esclusiva dello Stato in materia di "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema" di cui all'art. 117, comma 2 lett. s) della Costituzione in quanto, come ampiamente riconosciuto dalla Corte Costituzionali, la promozione e lo sviluppo delle fonti energetiche alternative rientra nella materia predetta.

5) Gli artt. 20 e 21 della legge in esame prevedono una interpretazione dell'art. 11, commi 2 e 3 della l.r. n.3/2009 ed un'interpretazione autentica dell'art. 3 l.r. 3/2009 così come modificato dall'art. 7, comma 1 della l.r. 1/2011.
Va, innanzitutto, premesso che sia la l.r. 3/2009 che la l.r. 1/2011 sono state oggetto di impugnativa da parte del Governo in relazione a norme analoghe alla legge in esame.
- In particolare, l'art. 20, primo comma, della legge in esame, nel procedere all'interpretazione autentica dell'art. 3 della l.r. 3 del 20009 così come modificato dall'art. 7 della l.r. 1 del 2011, prevede che l'Amministrazione regionale sia autorizzata a finanziare programmi pluriennali di stabilizzazione dei lavoratori precari delle amministrazioni locali i quali prevedono l'assunzione a tempo pieno ed indeterminato dei lavoratori stessi, previo superamento di specifica selezione concorsuale - funzionale alla verifica della idoneità all'espletamento delle mansioni di servizio della qualifica di inquadramento.
Tali programmi, costituiti da una graduatoria di merito, prescrivono l'assorbimento degli idonei entro un triennio e sono attuati dagli enti locali interessati avuto riguardo al personale precario che, entro la data di entrata in vigore della disposizione interpretativa abbia maturato almeno trenta mesi di servizio nelle pubbliche amministrazioni locali, anche non continuativi.
La disposizione in esame, pur a seguito della presente interpretazione autentica, continua a presentare i medesimi profili di illegittimità già impugnati nelle precedenti leggi regionali 3/2009 e 1/2011. In particolare, la previsione di un programma pluriennale di stabilizzazione dei lavoratori contrasta con l'art. 17 commi 10 e 12 del d.l. 78/2009 convertito con modificazioni dalla l. n. 102/2009, il quale non consente una generica stabilizzazione del personale.
Infatti, la disposizione statale richiamata dispone che, nel triennio 2010-2012, le amministrazioni pubbliche, nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno nonché dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di assunzioni e di contenimento della spesa di personale, possono bandire concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato con una riserva di posti, non superiore al 40 per cento dei posti messi a concorso.
Per tali motivi, il legislatore regionale, prevedendo all'art. 20 disposizioni in contrasto con l'art. 17, commi 10 e 12 del d.l. n.78/2009, eccede dalla propria competenza statutaria di cui all'art. 3 dello Statuto di autonomia ed invade la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile di cui all'art. 117, comma 2 lett. l) della Costituzione e l'art. 117, comma 3, in materia di coordinamento della finanza pubblica.
Inoltre, la disposizione regionale nel consentire lo stabile inserimento dei lavoratori nei ruoli delle amministrazioni pubbliche regionali, previo superamento di una generica procedura selettiva, viola l'art.97 della Costituzione, il quale prevede il concorso quale modalità di reclutamento del personale. (Cfr. Sent. C.C. n.235/2010).
- L'art. 20, secondo comma, modifica poi, il comma 1-quater della l.r. 1/2011, e dispone che al personale di cui al comma 1 ter il quale svolga o abbia svolto il proprio servizio come ultima sede nell’ente locale proponente il programma, sono attribuiti, in via prevalente, l’esercizio di funzioni e compiti relativi a materie delegate o trasferite dalla Regione al sistema delle autonomie locali. È stato eliminato rispetto al precedente comma 1 quater il riferimento all'art. 14, comma 24 bis del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, ma è prevista tuttora una deroga ai limiti posti in materia di spesa e di organici per le assunzioni negli enti locali.
Anche la disposizione regionale in esame, seppur novellata, si pone in contrasto con l’art. 17, commi 10 e 12, del d.l. n. 78/2009, convertito con modificazioni dalla l. n. 102/2009.
Inoltre, i commi novellati si pongono in contrasto anche con l'art. 14, comma 9, del d.l. n. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010 che fissa, a decorrere dal gennaio 2011, il limite percentuale di assunzioni, rispetto alle cessazioni di personale verificatesi nel 2010.
Sul punto è opportuno segnalare la Sentenza della Corte Costituzionale n. 235/2010, la quale, pronunciandosi sulla costituzionalità della legge regionale Sardegna n.3/2009, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme in materia di finanziamento di programmi pluriennali di stabilizzazione del personale dei lavoratori precari.
La Consulta ha in quella occasione stabilito che il finanziamento da parte della Regione di programmi di stabilizzazione del personale, prescindendo dall’espletamento di concorsi, si pone in aperto contrasto con l’art. 97 Cost., che impone il concorso quale modalità di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni e che consente deroghe a tale principio solo qualora ricorrano esigenze particolari e sia adeguatamente garantita la professionalità dei prescelti.
La Corte, d’altronde, ha già avuto modo di affermare che «l’aver prestato attività a tempo determinato alle dipendenze dell’amministrazione regionale non può essere considerato ex se, ed in mancanza di altre particolari e straordinarie ragioni, un valido presupposto per una riserva di posti» (Sentenza n. 205 del 2006); e che «il previo superamento di una qualsiasi “selezione pubblica”, presso qualsiasi “ente pubblico”, è requisito troppo generico per autorizzare una successiva stabilizzazione senza concorso, perché la norma non garantisce che la previa selezione avesse natura concorsuale e fosse riferita alla tipologia e al livello delle funzioni che il personale successivamente stabilizzato è chiamato a svolgere» (sentenza n. 293 del 2009).
- La disposizione contenuta nell’art. 21 rubricato “superamento del precariato” prevede che “al fine di promuovere opportunità di lavoro stabile in favore dei lavoratori socialmente utili ai sensi del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81(Integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 45, comma 2, della L. 17 maggio 1999, n. 144), ancora impegnati in attività socialmente utili, l'Amministrazione regionale, attraverso l'Assessorato competente in materia di lavoro, è autorizzata a predisporre, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, uno specifico programma nell'ambito del quale siano previste le misure da adottarsi”. Tale programma tiene conto dell'attuale collocazione territoriale dei lavoratori interessati, avuto prioritariamente riguardo agli attuali enti utilizzatori che possono, secondo le vigenti norme, continuare ad avvalersi delle maestranze stabilizzate senza costi aggiuntivi a carico del loro bilancio.
Quest’ultima disposizione, nel riservare totalmente i posti da ricoprire a personale interno, si pone in contrasto con l’articolo 12, comma 4, del D.Lgs. n. 468/1997 laddove si prevede che ai lavoratori socialmente utili, gli enti pubblici possano riservare una quota del 30% dei posti da ricoprire, mediante procedura selettiva.
Inoltre, la stessa Corte Costituzionale con sentenza n. 274/2003 ha dichiarato illegittimo l'articolo 3 della l.r. Sardegna n.11/2002, nella parte in cui prevedeva l'immissione nei ruoli organici dei soggetti addetti ai lavori socialmente utili, destinando agli stessi il 50% dei posti vacanti per i quali si sarebbero dovuti espletare concorsi non riservati.
Tali disposizioni, ponendosi in contrasto con il principio di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, violano gli articoli 3 e 97 della Costituzione, in quanto la regola del pubblico concorso, che come più volte ribadito dalla stessa Corte Costituzionale, è un principio dell'ordinamento giuridico della Repubblica che esula dalla rigida ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regione e al quale, anche il legislatore regionale deve uniformarsi.

Per tali ragioni, si ritiene di sollevare la questione di legittimità costituzionale della legge regionale in esame ai sensi dell'art. 127 della Costituzione.

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