Dettaglio Legge Regionale

Norme in materia di Servizio Idrico Integrato della Regione Abruzzo. (12-4-2011)
Abruzzo
Legge n.9 del 12-4-2011
n.30 del 4-5-2011
Politiche infrastrutturali
16-6-2011 / Impugnata
La legge regionale n. 9/2011, in materia di Servizio Idrico Integrato della Regione Abruzzo, presenta diversi profili di illegittimità costituzionale.
Si premette che, nonostante le Regioni abbiano una competenza legislativa concorrente in materia di “governo del territorio", la materia gestione delle risorse idriche rientra nella potestà esclusiva statale per i profili attinenti la tutela dell' ambiente, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s, Cost., nonché la tutela della concorrenza, di cui all'art. 117, comma 2, lettera e), Cost.
Sono, pertanto, vincolanti per i legislatori regionali le disposizioni di cui al d.lgs. 152/2006, che costituiscono standards minimi ed uniformi di tutela dell'ambiente validi sull’intero territorio nazionale, oltre che tutte le disposizioni nazionali concernenti le procedure di aggiudicazione del servizio idrico.

Sulla base di tali premesse sono censurabili le seguenti norme regionali :

1) L’art. 1, al comma 10, prevede che <>.
Inoltre, il comma 11, primo periodo, dispone che <>, e il comma 14, che <>.
Tali previsioni contrastano con la disciplina prevista dal d.lgs. n. 152 del 2006 in tema di Piano d’ambito, ad iniziare dall’art. 149, comma 3, secondo periodo, laddove è prescritto che <>.
Diversamente, il comma 10 della legge regionale prevede l’istituzione in ciascuna Provincia del territorio regionale dell'assemblea dei sindaci – di seguito denominata ASSI –, che si riunisce su base provinciale e si articola nei subambiti territoriali corrispondenti agli ambiti di competenza dei singoli soggetti gestori che operano nella Regione. All’assemblea dei sindaci è espressamente attribuita anche la competenza all’adozione del Piano d'Ambito provinciale, e, al di là della non piena linearità del disegno complessivo di riparto delle attribuzioni, detto organismo appare in concreto egemone rispetto all'ERSI, che per vero deve limitarsi a proporre gli atti fondamentali di pianificazione e di programmazione del Servizio alle ASSI, le quali esprimono parere obbligatorio e vincolante.
Rispetto al carattere vincolante di questo parere nemmeno ben si comprende in che modo l'ERSI potrebbe coordinare ed unificare a livello regionale le deliberazioni delle ASSI al fine di mantenere quell'uniformità di azione sull'intero territorio regionale, sottesa alla previsione di cui al comma 5 dell’art. 1 della LR in esame, secondo il quale <>.
In ogni caso, le norme suesposte attribuiscono all’ERSI la competenza a coordinare una somma di distinti Piani d'Ambito provinciali, piuttosto che a comporre la sintesi in modo pienamente coerente con quanto stabilito dal citato art. 149, comma 3, secondo periodo, come sarebbe se gli fosse stato demandata la funzione di redigere un autonomo (e unitario) Piano d’ambito (su scala regionale) e di procedere alla sua adozione. In tal modo, viene negata la necessaria prospettiva d’insieme che solo un Piano d’ambito unitario può assicurare, a tutela delle comunità locali e degli utenti.
Pertanto, mentre la disciplina statale prevede un programma unitario di interventi ed obiettivi, ponendo in capo all’AATO (e ora i soggetti individuati dalle regioni ai sensi dell’art. 2, comma 186 bis della L. 191/2009) le funzioni dell’attività di pianificazione, la norma regionale prevede espressamente che l’ERSI “coordina e unifica” le deliberazioni delle ASSI. Ne deriva un’impostazione delle attività di pianificazione opposta a quella statale in cui le esigenze di unitarietà sono assicurate dalla funzione di “coordinamento” e non dalla pianificazione stessa.

2 ) La norma contenuta nell’art. 1 , comma 16, prevede che <>.
Al riguardo, è noto che la figura dell’in house providing si configura, a legislazione vigente, come un modello eccezionale, i cui requisiti vanno interpretati con rigore poiché, ad avviso della giurisprudenza, costituiscono una deroga alle regole generali del diritto comunitario imperniate sul modello della competizione aperta. (Cons. Stato, sez. II, parere 18.4.2008, n. 456/2007; . C.G.A.R.S., 4.7.2007, n. 719; Cons Stato, se. VI, 1514/07),
Le condizioni legittimanti l’affidamento in house, così come in origine elaborate dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia nella sentenza Teckal, C-107/98, hanno subito un forte processo evolutivo da parte della giurisprudenza europea e nazionale attraverso un percorso volto a rendere sempre più stringente e rigoroso il contenuto dei presupposti, con particolare attenzione al cd. "controllo analogo" (in ultimo rispettivamente sent. Corte Cost. n. 326/08, Consiglio di Stato n. 2932/07, Corte di Giustizia, 13 novembre 2008, C-324/07).
Affinché si eserciti controllo analogo, infatti, "è necessario che si realizzi quello che è definito un controllo strutturale, e questo non può limitarsi agli aspetti formali” ma deve essere effettivo e svincolato da qualsiasi condizione futura ed eventuale (Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana 719/2007). I giudici della Corte di giustizia, hanno interpretato in maniera restrittiva l'affidamento dei servizi in tema di in house providing; la Corte riconduce il concetto di controllo da parte dell'amministrazione affidante alla possibilità di quest'ultima di esercitare un'influenza determinante, sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti, non considerando un elemento sufficiente la sola detenzione in mano pubblica dell'intero capitale sociale della società (Corte di giustizia, C-410/04, del 6 aprile 2006).
Quindi il controllo analogo, idoneo ad escludere la sostanziale terzietà dell’affidatario domestico rispetto al soggetto affidante, é da escludere in presenza di un potere assoluto di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività del soggetto partecipato da parte dell’ente controllante-affidante che consenta a quest’ultimo di dettare le linee strategiche e di influire in modo effettivo ed immediato sulle decisioni dell’affidatario.
In definitiva, il requisito del "controllo analogo" postula un rapporto che lega gli organi societari della società affidataria con l’ente pubblico affidante, in modo che quest’ultimo sia in grado, con strumenti pubblicistici o con mezzi societari di derivazione privatistica, di indirizzare "tutta" l’attività sociale attraverso gli strumenti previsti dall’ordinamento. Deve quindi trattarsi di una relazione equivalente, ai fini degli effetti pratici –pur se non identica in ragione della diversità del modulo organizzatorio- ad una relazione di subordinazione gerarchica, che si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell’ente pubblico sul soggetto societario.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha, altresì, reputato necessario che il consiglio di amministrazione della S.p.A. affidataria "in house" non abbia rilevanti poteri gestionali e che l’ente pubblico affidante (nella specie la totalità di soci pubblici), eserciti, pur se con moduli societari su base statutaria, poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria (Cons. Stato, sez. VI, 3.4.2007, n. 1514). Ne deriva un modello in cui le decisioni più importanti debbano essere sempre sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante o, in caso di in house frazionato, della totalità degli enti pubblici soci.
In questa direzione, non appare affatto sufficiente quanto stabilito dalla norma regionale in esame , ostando alla possibilità stessa di configurazione dell’in house providing sia il carattere non anche vincolante del parere obbligatorio sugli atti fondamentali del soggetto gestore in house, sia la clausola legale di (indiscriminato) rispetto dell'autonomia gestionale del soggetto gestore.
Poiché la disposizione regionale in questione non appare, come detto, in linea con il diritto comunitario, come applicato dai Giudici di Lussemburgo (v. ex multis sentenza della Corte di Giustizia 13 novembre 2008, in causa C-324-07, sulla vicenda "Coditel Brabant SA"), si evidenzia il contrasto con l’articolo 117, comma 1 della Costituzione che impone alle Regioni il rispetto degli obblighi derivanti dall’ordinamento comunitario.

Le norme regionali quindi , dettando disposizioni difformi dalla normativa statale di riferimento, risultano invasive della competenza statale in materia di «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» di cui all’art. 117, secondo comma , lett. s), della Costituzione, nonché di tutela della concorrenza, di cui all’art. 117, secondo comma 2, lett. e), della Costituzione.

Si ritiene, pertanto, che la legge in esame debba essere impugnata dinanzi alla Corte costituzionale, ex art. 127, Cost.

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