Dettaglio Legge Regionale

Modifiche all'articolo 2 della legge regionale 21 maggio 2002, n. 9 (Agevolazioni contributivi alle imprese nel comparto del commercio), interpretazione autentica dell'articolo 15, comma 12 della legge regionale 18 maggio 2006, n. 5 (Disciplina generale delle attività commerciali) e norme sul trasferimento dell'attività. (7-2-2011)
Sardegna
Legge n.6 del 7-2-2011
n.5 del 18-2-2011
Politiche infrastrutturali
13-4-2011 / Impugnata
La legge regionale in esame, che detta norme di modifica ed integrazione della l.r. 21 maggio 2002, n. 9 (Agevolazioni contributive alle imprese nel comparto del commercio) e della l. r. 18 maggio 2006, n. 5 (disciplina generale delle attività commerciali) è censurabile relativamente alla disposizione contenuta nell'articolo 3, che modifica la L. n. 5 del 2006 introducendo, dopo l'art. 15 riguardante la disciplina del commercio su aree pubbliche, l’art. 15-bis sul “Trasferimento dell’attività commerciale”. Si premette che alla regione Sardegna , in applicazione della clausola contenuta nell'articolo 10 della legge costituzionale n. 3/2001, che ha modificato il titolo V della Costituzione, è attribuita, al pari di tutte le altre Regioni e province autonome, competenza esclusiva di tipo residuale in materia di commercio. Tuttavia, detta competenza trova i suoi limiti nei principi di trasparenza del mercato, di concorrenza, della libertà d'impresa, di libera circolazione dei servizi.
Il comma 4 del predetto art. 15-bis della l.r. n. 5/2006, introdotto dall’articolo 3 della legge in esame, prevede che la cessione dell’attività per atto tra vivi non possa essere effettuata prima che siano decorsi tre anni dalla data del rilascio del titolo abilitativo all’esercizio dell’attività stessa.
Tale disposizione risulta in contrasto con i principi sanciti dalla Direttiva 2006/123/CE che, all’art. 16 rubricato “libera prestazione dei servizi”, prescrive che gli Stati Membri debbono assicurare il libero accesso alla attività di servizi ed il libero esercizio della medesima sul proprio territorio, nel rispetto dei principi di non discriminazione, di necessità, di proporzionalità . Tale direttiva è stata poi recepita con d.lgs. 59 del 26 marzo 2010 il quale all’art. 10 prevede che “l’accesso e l’esercizio delle attività di servizi costituiscono espressione della libertà di iniziativa economica e non possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate o discriminatorie”. Secondo quanto previsto anche nella Direttiva 123/2006, quindi, sono giustificate unicamente le limitazioni al libero esercizio dell’attività di servizi dettate da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, sanità pubblica o tutela dell’ambiente. La norma regionale quindi, dettando disposizioni non rispettose del citato principio espresso dal diritto comunitario viola l'articolo 3, comma 1 dello Statuto speciale di autonomia e l'articolo 117, primo comma, Cost.
La norma regionale in esame, inoltre, nel prevedere una limitazione temporale alla cessione dell'attività si pone in contrasto con il d. lgs. n.114/1998 il quale , nel prevedere una disciplina organica del settore del commercio, prescrive agli artt. 1 e 2 che l’attività commerciale si fonda sul principio della libertà di iniziativa economica privata ai sensi dell'articolo 41 della Costituzione e deve essere esercitata nel rispetto dei principi contenuti nella legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante norme per la tutela della concorrenza e del mercato. Quindi, nella materia oggetto di disciplina della norma in esame il legislatore regionale, nell'esercizio della propria competenza legislativa, è sottoposto al rispetto degli standards minimi ed uniformi di tutela della concorrenza posti in essere dalla legislazione nazionale, ex art. 117, comma 2, lettera e) Cost.
La norma in oggetto presenta altresì profili di illegittimità costituzionale in relazione al principio della libertà di iniziativa economica privata sancito dall'art. 41 Cost; considerato che la prevista restrizione si traduce in una discriminazione nell'eguale garanzia della libertà economica e della libertà di circolazione di persone e servizi nel Paese, per effetto di un vincolo temporale privo di un ragionevole fondamento.
Per i suddetti motivi, si ritiene di promuovere la questione di legittimità costituzionale della legge regionale dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.

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