Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2010 e pluriennale 2010 - 2012 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria Regionale 2010). (9-1-2010)
Abruzzo
Legge n.1 del 9-1-2010
n.1 del 15-1-2010
Politiche economiche e finanziarie
/ Rinuncia impugnativa

RINUNCIA IMPUGNATIVA

La legge n.1 del 09/01/2010 della Regione Abruzzo, recante “ Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2010 e pluriennale 2010 - 2012 della Regione Abruzzo (Legge finanziaria Regionale 2010)", è stata impugnata dinanzi alla Corte costituzionale, ex art. 127, Cost., giusta delibera del Consiglio dei Ministri del 01/03/2010.
La legge regionale è stata oggetto di censura sotto un duplice aspetto. L'articolo 21, che aggiungeva l’art. 22 bis alla l.r. n.77/1999, disponeva la prosecuzione del rapporto di lavoro dei direttori regionali anche dopo l’età pensionabile prevista dalla normativa statale di riferimento.
Così disponendo, la norma regionale si poneva in contrasto con i principi fondamentali che disciplinano l'organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. n.165/2001, principi ai quali tutte le Amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del medesimo d. lgs. devono attenersi. Pertanto, la norma regionale violava i principi di uguaglianza, buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione. L'articolo 22, comma 4, prevedeva che l'espletamento dell’incarico nelle Strutture Speciali di Supporto "Gabinetto della Presidenza" e"Segreteria del Presidente”, poteva essere equiparato ad ogni effetto di legge, a quello del personale con qualifica dirigenziale di cui al C.C.N.L dell’area della dirigenza delle Regioni e delle Autonomie locali.

Successivamente la Regione Abruzzo ha provveduto a modificare alcune disposizioni della l.r. 1/2010, tra cui quelle oggetto di impugnativa, attraverso la l.r. 14 del 05/05/2010 pubblicata sul Bur n. 31 del 14/05/2010 recante "Modifiche alla l.r. 9 gennaio 2010,n.1 (Legge Finaniaria Regionale 2010) e disposizioni di adeguamento normativo.
L’art. 2 di detta legge, ai commi 1 e 2, dispone l'abrogazione dell'art.21 e dell'art.22, comma 4, della l.r. n.1/2010.
Quanto sopra ha determinato quindi il venir meno delle motivazioni oggetto del ricorso dinanzi la Corte Costituzionale.
Pertanto, alla luce di quanto su esposto, si propone la rinuncia all'impugnazione.
1-3-2010 / Impugnata
La legge è censurabile per i motivi che di seguito si espongono.

- L'articolo 21, che aggiunge l’art. 22 bis alla l.r. n.77/1999, dispone la prosecuzione del rapporto di lavoro dei direttori regionali anche dopo l’età pensionabile prevista dalla normativa statale di riferimento.
In particolare, il comma 1 dispone che i Direttori regionali che maturano l’età anagrafica o contributiva utile per il collocamento a riposo nel corso della Legislatura, possono presentare richiesta di prosecuzione dell’attività lavorativa sino al termine della Legislatura stessa.
Il comma 2 prevede che tale richiesta può essere presentata anche dai Direttori regionali che maturano nel corso della Legislatura il sessantasettesimo anno di età a seguito della permanenza in servizio per l’ulteriore biennio, in deroga a quanto previsto dall’art. 16 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, recante norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.
Il comma 3 precisa che la prosecuzione dell’attività lavorativa dei direttori regionali non può essere estesa oltre il compimento del settantesimo anno di età.
Ed, infine, il comma 4 dispone che gli Organi di Direzione politica hanno facoltà di accogliere la richiesta in relazione ad esigenze correlate alla continuità nell’esercizio della funzione direttiva del richiedente e della particolare professionalità acquisita dal richiedente nella funzione esercitata.
Così disponendo, la norma regionale incide sulla materia del sistema pensionistico e della previdenza sociale, materie queste riservate alla competenza esclusiva del legislatore statale. Lo Stato, infatti, rivedendo i criteri di calcolo dei trattamenti pensionistici attraverso la commisurazione dei trattamenti alla contribuzione, le condizioni di accesso alle prestazioni con affermazione del principio di flessibilità, l'armonizzazione degli ordinamenti pensionistici nel rispetto della pluralità degli organismi assicurativi, la stabilizzazione della spesa pensionistica nel rapporto con il prodotto interno lordo e lo sviluppo del sistema previdenziale medesimo (L. n. 335/1995), ridefinisce il sistema previdenziale al fine di dare attuazione alla tutela di cui all'articolo 38 della Costituzione.
Per i commi 2, 3 e 4, è di tutta evidenza la volontà del legislatore regionale di derogare ai principi statali vigenti in materia pensionistica. Analoga volontà del legislatore regionale si evince anche per il comma 1, nella parte in cui autorizza anche la prosecuzione dell'attività lavorativa oltre i limiti massimi previsti dalla normativa statale vigente.
Pertanto, il legislatore regionale eccede dalla propria competenza e, nel dettare norme in tema di prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i limiti stabiliti dal legislatore statale sia con la L.n. 335/1995 e s.m.i. (in particolare modificata dal dl. n. 112/08, conv. in l. n. 133/08), che con il d. lgs. n. 503/92, si pone in contrasto con l'art. 117, comma 2, lett. l) ed o) della Costituzione in materia di ordinamento civile e previdenza sociale.
Inoltre, tale disposizione lede i principi di ragionevolezza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, fissati rispettivamente agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

- L’art.22, comma 4, introduce il comma 4 bis all’art. 2 della l.r. n. 17/2001, disponendo, tra l'altro, che l’espletamento dell’incarico nelle Strutture Speciali di Supporto "Gabinetto della Presidenza" e"Segreteria del Presidente”, è equiparato ad ogni effetto di legge, a quello del personale con qualifica dirigenziale di cui al C.C.N.L dell’area della dirigenza delle Regioni e delle Autonomie locali.
Tale disposizione, in particolare, prevede che per l’equiparazione al ruolo dirigenziale di cui al C.C.N.L dell’area della dirigenza delle Regioni e delle Autonomie locali, basti aver svolto un incarico presso gli Uffici di diretta collaborazione del Presidente per il cui accesso vale solo il rapporto fiduciario senza nè titoli accademici (ad esempio diploma di laurea), né alcuna procedura concorsuale.
Così disponendo, la norma regionale si pone in contrasto con i principi fondamentali che disciplinano l'organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. n.165/2001, principi ai quali tutte le Amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del medesimo d. lgs. devono attenersi. Pertanto, la norma regionale viola i principi di uguaglianza, buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Alla luce dei suddetti motivi di censura, si ritiene che la legge regionale debba essere impugnata dinanzi la Corte Costituzionale ai sensi dell'art. 127 della Costituzione.

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