Dettaglio Legge Regionale

Disposizione per la formazione del bilancio annuale 2010 e pluriennale 2010/2012 della Regione (legge finanziaria 2010). (22-12-2009)
Marche
Legge n.31 del 22-12-2009
n.9 del 24-12-2009
Politiche economiche e finanziarie
10-2-2010 / Impugnata
La legge in esame è illegittima per i seguenti motivi.

- l'articolo 11, recante "Razionalizzazione della spesa per il personale", al comma 5 dispone che ""Le risorse destinate al finanziamento del trattamento economico accessorio del personale addetto alle segreterie particolari dei componenti della Giunta
regionale, dei componenti l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea legislativa regionale, del personale dei gruppi politici, degli assistenti dei consiglieri regionali e degli autisti, previsto dalla l.r. 8 agosto 1997, n. 54 (Misure flessibili di gestione del personale della Regione e degli enti da essa dipendenti e norme sul funzionamento e sul trattamento economico accessorio degli addetti alle segreterie particolari), hanno carattere di certezza, stabilità e continuità e confluiscono tra quelle di cui all’articolo 31, comma
2, del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto delle Regioni e delle Autonomie locali per il quadriennio normativo 2002/2005 e il biennio economico 2002/2003". La norma in esame, stabilisce, quindi, che le risorse destinate al finanziamento del trattamento economico accessorio del personale ivi previsto hanno carattere di certezza, stabilità e continuità e confluiscono tra quelle di cui all’articolo 31, comma 2, del contratto collettivo nazionale di lavoro, comparto Regioni. Al riguardo si rappresenta che il citato articolo contrattuale stabilisce che l'importo è suscettibile di incremento in base a specifiche disposizioni contrattuali nonché per effetto di ulteriori applicazioni della disciplina di cui all'articolo 15 del CCNL dell'1.04.1999, limitatamente, però, agli effetti derivanti dall'incremento delle risorse aggiuntive. La norma regionale, invece, stabilizza in modo generico le risorse destinate al trattamento accessorio del suddetto personale.
Così disponendo, quindi, il legislatore legifera in una materia riservata per legge alla contrattazione collettiva e la norma regionale si pone in palese contrasto con le disposizioni contenute nel Titolo III (art. 40 e ss.) del d. lgs. n. 165/01, che indica le procedure da seguire in sede di contrattazione e l'obbligo del rispetto della normativa contrattuale, violando l'articolo 117, comma 2, lett. l), della Costituzione, il quale riserva allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi).

- l'articolo 57,comma 1, recante "Impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da biomasse"; tale comma dispone che, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera g), del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità) e secondo quanto previsto dal Piano energetico ambientale regionale (PEAR), approvato con deliberazione 16 febbraio 2005, n. 175, gli impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da biomasse da autorizzare nel territorio regionale devono possedere le seguenti caratteristiche:
a) capacità di generazione non superiore a 5 MW termici;
b) autosufficienza produttiva mediante utilizzo di biomasse locali o
reperite in ambito regionale;
c) utilizzazione del calore di processo, in modo da evitarne la
dispersione nell’ambiente.
La disposizione regionale, nonstante faccia espresso riferimento all'rt. 5, comma 1, lettera g) del DLGS 29 dicembre 2003 n. 387 (Attuazione della direttiva 200l/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità), dispone che gli impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da biomasse da autorizzare nel territorio regionale debbano, tra l'altro, possedere capacità di generazione non superiore a 5MW termici.
A tal proposito, si rileva che il citato art. 5, comma 1, lettera g), in ordine alla valorizzazione energetica delle biomasse, richiama espressamente le condizioni per la promozione prioritaria degli impianti cogenerativi di potenza elettrica inferiore a 5 MW, in conformità ai principi contenuti all'art. 6 della suddetta direttiva 2001/77/CE, in particolare la riduzione degli ostacoli normativi e di altro tipo all'aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili, nonché la garanzia che le norme siano oggettive, trasparenti e non discriminatorie e tengano pienamente conto delle particolarità delle varie tecnologie per le fonti energetiche rinnovabili.
L'art. 57, comma 1, della legge regionale in esame, invece, eccede la competenza della Regione nelle relative materie, in quanto in relazione alla citata capacità di generazione degli impianti non stabilisce criteri di promozione prioritaria, bensì limiti dimensionali cogenti, ponendosi in contrasto sia con il principio di cui all'art. 5, comma 1, lettera g) del DLGS 29 dicembre 2003, n. 387 sia con i principi di cui all'art. 6 della menzionata direttiva 2001/77/CE.
Giova, d'altra parte, ricordare, come la Corte costituzionale abbia già avuto modo di qualificare quali "principi fondamentali" le norme contenute nel suddetto DLGS n. 387/2003 (cfr. sent. 364 del 2006 e n. 282 del 2009).
Appare inoltre opportuno rappresentare che il suddetto art. 57, comma 1, si pone in contrasto con il principio di libertà dell'attività di produzione dell'energia elettrica sancito all'art. 1 del d. lgs. 16 marzo 1999 n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica) in quanto la norma regionale stabilisce un divieto di autorizzazione di impianti a biomassa (di generazione superiore a 5 MW termici, che non abbiano autosufficienza produttiva mediante utilizzo di biomasse locali o reperite in ambito regionale e che non siano cogenerativi) che non trova (e non potrebbe trovare) riscontro nella normativa di livello comunitario e nazionale.
In conclusione, divieti generali (anche di tipo programmatico, in riferimento al Piano regionale) per l'utilizzo di determinate fonti rinnovabili sono in contrasto con il citato principio, mentre eventuali restrizioni o divieti di utilizzo, per essere compatibili anche con il principio comunitario di libera circolazione delle merci, devono fondarsi su criteri di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità in relazione a problemi di salute pubblica o ambientali, da valutarsi comunque nell'ambito dell'istruttoria per i singoli procedimenti amministrativi.
La disposizione in esame, quindi, eccede dalla competenza legislativa regionale, invadendo quella statale in riferimento ai principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, rinvenibili nella normativa statale su richiamata, violando, così, l'articolo 117, comma 3, della Costituzione.
Così disponendo la norma in esame viola anche l’articolo 117, comma 1, della Costituzione, in quanto non coerente con i vincoli derivanti dall’Ordinamento comunitario in tema di libertà di stabilimento e tutela della concorrenza, violando, rispettivamente gli articoli 43 e 81 del Trattato CE. Nel quadro delle disposizioni del Tratto CE, infatti, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate (art. 43 e ss Trattato CE) e, inoltre, sono incompatibili con il mercato comune e vietati tutti gli accordi consistenti, tra l'altro, nel limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti (cfr. art. 81 Trattato CE, comma 1, lett. b).
La stessa norma viola, conseguentemente, anche l'articolo 120, comma 1, della Costituzione che fa espressamente divieto al legislatore regionale di adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né di limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.

Per i suddetti motivi si propone questione di legittimità costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione.

« Indietro