Dettaglio Legge Regionale

Interventi vari in materia di enti locali della Sardegna. Modifiche alla legge regionale n. 4 del 2012 e alla legge regionale n. 3 del 2009. (11-4-2022)
Sardegna
Legge n.9 del 11-4-2022
n.17 del 12-4-2022
Politiche ordinamentali e statuti
6-6-2022 / Impugnata
Oggetto: REGIONE SARDEGNA — legge regionale n. 9/2022 recante “Interventi vari in materia di enti locali della Sardegna. Modifiche alla legge regionale n. 4 del 2012 e alla legge regionale n. 3 del 2009.”

La legge regionale della Sardegna n. 9 del 2022 reca disposizioni concernenti il numero
di mandati consecutivi dei sindaci nonché detta disposizioni in materia di iscrizione all’Albo dei segretari comunali e provinciali.

Tuttavia la legge è censurabile per le seguenti motivazioni:


1)L’articolo 1, che modifica la legge regionale n. 4/2012, prevede che “1. Dopo l’articolo 1 della legge regionale 22 febbraio 2012, n. 4 (Norme in materia di enti locali e sulla dispersione ed affidamento delle ceneri funerarie), è inserito il seguente:
Art 1-bis (Durata del mandato del sindaco. Limitazione dei mandati)
1. Ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti è consentito un numero massimo di quattro mandati consecutivi;
2. Ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti è consentito un numero massimo di tre mandati consecutivi.”


La recente normativa statale legge 12 aprile 2022, n. 35, recante “Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di limitazione del mandato dei sindaci e di controllo di gestione nei comuni di minori dimensioni, nonché al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, in materia di inconferibilità di incarichi negli enti privati in controllo pubblico”, entrata in vigore dal 14 maggio 2022, pubblicata nella G.U. del 29 aprile 2022, all’articolo 3 che modifica l’articolo 51 del TUOEL (che non consentiva la rieleggibilità consecutiva del sindaco dopo il secondo mandato) stabilisce al comma 2 che per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti vige il limite di 3 mandati consecutivi.
Inoltre, la medesima legge statale all’articolo 3, comma 2 abroga l’articolo 1, comma 138, della legge n. 56 del 2014, che consentiva il numero massimo di tre mandati consecutivi per i sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti.
Si segnala che l’articolo 1 della legge in esame, che introduce l’articolo 1-bis della l.r. n. 4 del 2012, si poneva già in contrasto con il previgente articolo 51 del TUOEL nella versione vigente ratione temporis alla data di pubblicazione della legge regionale n. 9 del 2022 (BUR n. 17 del 12/4/2022) che non consentiva la rieleggibilità consecutiva del sindaco dopo il secondo mandato e con l’articolo 1, comma 138, della legge n. 56 del 2014, che prevedeva il numero massimo di tre mandati consecutivi per i sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti (ora abrogato dalla legge statale).
Comunque, considerata l’entrata in vigore dal 14 maggio 2022 della citata riforma dell’articolo 51 del TOUEL operata dall’articolo 3 della legge n. 35/2022, che pone il limite di tre mandati consecutivi per i sindaci dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, permane comunque l’illegittimità della previsione del comma 1 dell’articolo 1-bis della l.r. n. 4 del 2012, introdotta dall’articolo 1 della legge regionale in esame, in quanto consente ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti un numero massimo di quattro mandati consecutivi, ponendosi in contrasto con il novellato articolo 51 del TOUEL, in violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane.
Tale previsione, inoltre, eccede dalle competenze statutarie della regione Sardegna in quanto, pur riconoscendo alla stessa - al pari delle altre Regioni a statuto speciale - ai sensi dell’articolo 3 lettera b) del proprio Statuto (legge costituzionale n. 3 del 1948) la competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, la medesima deve essere esercitata in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica.
Il citato articolo 51 del TOUEL, nella versione previgente e come recentemente riformato, emanato in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, stabilisce la durata del mandato del sindaco e la limitazione dei mandati dei sindaci come sopra evidenziato, costituendo un limite inderogabile anche per la potestà legislativa prevista dallo Statuto sardo, in quanto norma posta a presidio dell’uniformità della disciplina degli organi di governo degli enti locali sull’intero territorio nazionale, al fine di evitare - in ossequio all’articolo 3 della Carta fondamentale - ingiustificabili disparità di trattamento tra sindaci di diverse regioni.
Inoltre, si evidenzia che la limitazione al mandato dei sindaci, prevista dall’articolo 51 del TUOEL, secondo costante giurisprudenza di legittimità "tende a tutelare la sovranità popolare, la libertà di voto e la buona amministrazione, impedendo forme di permanenza per periodi troppo lunghi nell'esercizio del potere di gestione degli enti locali, che possano dar luogo ad anomale espressioni di clientelismo e incidere quindi sulla libertà di voto dei cittadini e sulla imparzialità dell'amministrazione" (ex plurimis, Cassazione civile, Sez. I, 29/03/2013, n. 7949).
Se è pur vero che il Legislatore sardo è dotato di competenza piena in tema di ordinamento degli enti locali, e più in generale, in materia di legislazione elettorale degli organi comunali, occorre rammentare che la competenza in questione - come già precedentemente sottolineato - deve esercitarsi nei limiti dei principi generali dell’ordinamento giuridico.
In proposito, la Corte costituzionale, con riferimento alla materia elettorale regionale e locale, ha più volte affermato che “il disegno costituzionale presuppone livelli di governo che abbiano una disciplina uniforme, almeno con riferimento agli aspetti essenziali” (ex plurimis, sent. n. 50 del 2015).
In particolare, nella sentenza n. 143 del 2010, la Corte ha chiarito che: "Questa Corte, attraverso una costante giurisprudenza, non di rado relativa a leggi della stessa Regione siciliana, ha affermato che l'esercizio del potere legislativo da parte delle Regioni in ambiti, pur ad esse affidati in via primaria, che concernano la ineleggibilità e la incompatibilità alle cariche elettive incontra necessariamente il limite del rispetto del principio di eguaglianza specificamente sancito in materia dall'art. 51 Cost. In quest'ambito, di recente, la sentenza n. 288 del 2007 ha affermato che «questa Corte in specifico riferimento alla potestà legislativa esclusiva della Regione siciliana in tema di ineleggibilità ed incompatibilità dei consiglieri degli enti locali (di cui agli artt. 14, lettera o, e 15, terzo comma, dello statuto) ha in molte occasioni affermato che "la disciplina regionale d'accesso alle cariche elettive deve essere strettamente conforme ai principi della legislazione statale, a causa della esigenza di uniformità in tutto il territorio nazionale discendente dall'identità di interessi che Comuni e Province rappresentano riguardo alle rispettive comunità locali, quale che sia la Regione di appartenenza".
La Consulta ha altresì affermato che “discipline differenziate sono legittime sul piano costituzionale, solo se trovano ragionevole fondamento in situazioni peculiari idonee a giustificare il trattamento privilegiato riconosciuto dalle disposizioni censurate" (ex multis, Corte cost., sent. n. 143 del 2010) o quando vi sia la “necessità di adattare la disciplina normativa alle particolari esigenze locali” (cfr. Corte cost., sent. n. 82 del 1982).
Inoltre, la Corte, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale della legge regionale siciliana approvata il 14 ottobre 1993, recante “Norme integrative delle disposizioni di cui all’articolo 2 della legge regionale 10 settembre 1993, n. 26”, ha sancito che “discipline differenziate in tema di elettorato passivo adottate dalla Regione siciliana possano essere non costituzionalmente illegittime in presenza di situazioni concernenti categorie di soggetti, le quali siano esclusive per la Sicilia ovvero si presentino diverse, messe a raffronto con quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale, ed in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli, e finalizzati alla tutela di un interesse generale” (sent. n. 84 del 1994; v. anche sentenze nn. 108 del 1969 e 171 del 1984, nonché nn. 127 e 130 del 1987, 235 del 1988, 571 del 1989, 539 del 1990, 463 del 1992).
Orbene, nel caso in esame - come in quelli trattati dalle ultime citate pronunce della Corte - la disciplina prevista dalla legge regionale non opera una restrizione, bensì un allargamento dell’elettorato passivo, rispetto alla disciplina vigente nel territorio nazionale in base alla normativa statale.

Quanto sopra premesso, pertanto, le previsioni dell’articolo 1-bis, comma 1, della l.r. n. 4/2012, così come introdotte dall’articolo 1 della legge regionale in esame, ponendosi in contrasto con la citata normativa statale, violano l’articolo 117, secondo comma, lett. p), della Costituzione, nonché l’articolo 3 della Costituzione, in quanto la norma crea disparità di trattamento rispetto al restante territorio nazionale, oltre ad eccedere le competenze Statutarie.


2) L’articolo 3 (Iscrizione all’Albo dei Segretari comunali e provinciali - Sezione regionale Sardegna) al comma 1 prevede che: “1. Al fine di sopperire con urgenza all’attuale carenza di Segretari comunali iscritti all’Albo dei Segretari comunali e provinciali - Sezione Regionale Sardegna, in deroga alle ordinarie modalità di accesso all'A1bo stesso di cui all'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465 (Regolamento recante disposizioni in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali, a norma dell'articolo 17, comma 78, della L. 15 maggio 1997, n. 127), nelle more di una riforma regionale dell’ordinamento dei Segretari comunali e provinciali, e comunque non oltre il 31 dicembre 2024, gli istruttori direttivi e i funzionari di ruolo dei comuni e delle province della Sardegna, in possesso dei diplomi di laurea di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 465 del 1997 che ne facciano richiesta all’Albo nazionale dei Segretari comunali e provinciali e che ricoprano o abbiano ricoperto, alla data di entrata in vigore della presente legge, l’incarico di vicesegretario, sono iscritti all’Albo dei segretari comunali e provinciali - Sezione regionale Sardegna, nella fascia di appartenenza del comune o provincia ove prevalentemente abbiano svolto l’incarico.”

Al riguardo, in via preliminare, vanno richiamate le disposizioni che disciplinano le modalità di accesso alla carriera, nonché il ruolo e le funzioni del segretario.
L’articolo 13 del d.P.R. n. 465 del 1997 prevede l’accesso in carriera dei segretari e, in particolare al comma 1, l’iscrizione all’A1bo per coloro che abbiano conseguito l’abilitazione ai sensi del successivo comma 2; tale abilitazione è rilasciata al termine di un corso-concorso di 4 mesi, seguito da un tirocinio pratico, presso uno o più comuni, di altrettanti mesi. Al corso si accede mediante concorso pubblico per esami.
Su quest’ultimo aspetto giova sottolineare che il Giudice delle leggi ha sempre considerato il pubblico concorso quale sistema con cui garantire il rispetto del principio dell’imparzialità dell’azione della pubblica amministrazione, anche al fine di soddisfare i valori costituzionali orientati a garantire che l’azione della pubblica amministrazione corrisponda al pubblico interesse.
In via preliminare, si rileva che la funzione di Segretario comunale e provinciale risulta costituire una figura infungibile che deve rispondere a ben determinati requisiti stabiliti dalla legislazione nazionale, pertanto anche le disposizioni di natura urgente, finalizzate a consentire il regolare funzionamento degli enti in presenza di una sensibile carenza degli organici, nelle more delle misure di potenziamento previste dal legislatore, devono risultare ispirate a tali finalità di coordinata ed omogenea gestione a livello nazionale.
Peraltro, stante l’oggetto della disposizione regionale volta a soddisfare esigenze organizzative, ancorché contingenti e finalizzate ad assicurare la continuità dell’azione amministrativa, la norma in esame va ricondotta alla materia “ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni”, di cui all’articolo 3, lettera b) dello Statuto della regione Sardegna che le attribuisce competenza esclusiva. Sul punto si rileva però che, per espressa previsione statutaria, l’esercizio di tale competenza deve comunque avvenire in armonia con i principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica e, pertanto, la disposizione in argomento, ponendosi in contrasto con la citata normativa statale, eccede dalle competenze statutarie, in violazione della competenza esclusiva dello Stato di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, in materia di ordinamento civile.
Inoltre, il differente trattamento introdotto dalla disposizione regionale rispetto alle previsioni normative nazionali determina una ingiustificata disparità di trattamento nei confronti dei dipendenti degli enti locali delle altre regioni, con conseguente violazione dell’articolo 3 della Costituzione, nonché dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione di cui all’articolo 97 della Costituzione, che prevede l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni mediante concorso pubblico e dell’articolo 51, primo comma Cost.
A tale proposito occorre richiamare la sentenza della Corte costituzionale n. 95/2021 che, nel pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di alcune norme di una legge della Regione Trentino-Alto Adige relativa allo status giuridico ed economico del segretario comunale della Provincia Autonoma di Trento, ha ribadito come non basti, per l’accesso alla carriera di segretario comunale, il requisito del previo superamento di una qualsiasi selezione, ancorché pubblica (come quella propria degli istruttori direttivi e dei funzionari di ruolo dei comuni e delle province della Sardegna di cui all’art. 3 della legge censurata), quando essa non garantisce che la scelta abbia natura concorsuale e sia riferita alla tipologia e al livello delle funzioni che si è chiamati a svolgere (sentenze n. 277 del 2013, n. 127 del 2011 e n. 225 del 2010).
Il ruolo e le funzioni dei segretari — materia, anche questa, rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, ex articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione — sono disciplinati dall’articolo 97 del TUOEL. La disposizione contrasta anche con l’articolo 98 del medesimo decreto legislativo nel quale è stabilito che l’iscrizione all’Albo è subordinata al possesso dell’abilitazione concessa dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della p. a. locale ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore dell’amministrazione dell’interno e che al relativo corso si accede mediante concorso nazionale.
Si soggiunge che, in merito alla ripartizione della suddetta materia tra la potestà legislativa dello Stato e delle regioni, la Corte costituzionale si è più volte pronunciata (da ultimo, con la sentenza n.167/2021), ribadendo il principio in base al quale l’attribuzione e la ripartizione dei compiti istituzionali dei funzionari statali spetta al legislatore statale.
In particolare, la predetta sentenza, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale di alcune norme di una legge regionale del Friuli-Venezia Giulia relative ai segretari comunali nelle sedi di segreteria con popolazione fino a tremila abitanti, ha stabilito che la suddetta materia di competenza statale impediva alla Regione anche l’attribuzione transitoria delle funzioni vicarie del segretario comunale, funzionario del Ministero dell'Interno (cfr. sentenza n. 23 del 2019) ai “dipendenti di ruolo degli enti del Comparto unico del pubblico impiego regionale e locale”. A maggior ragione vale il principio in argomento, se rapportato alla norma della legge regionale sarda in esame, che prevede un’iscrizione definitiva, all’Albo dei segretari comunali, dei funzionari comunali e provinciali affidatari dell’incarico di vicesegretario.
In particolare, la normativa regionale in questione, essendo volta ad introdurre modalità eccezionali e derogatorie per il reclutamento dei segretari, rispetto a quanto previsto dalla normativa statale, tende a creare due differenti categorie di segretari, difficilmente conciliabili tra loro, alla luce dei principi di parità di trattamento, anche ai fini della successiva progressione in carriera. Sul punto anche la richiamata sentenza della Consulta n. 95/2021 ha sottolineato l’irragionevolezza della sottoposizione alla medesima disciplina di “possessori di titoli abilitativi di valenza oggettivamente diversa”.
La riconosciuta possibilità d’iscrizione all’albo nazionale dei segretari comunali e provinciali da parte degli istruttori direttivi e dei funzionari di ruolo dei comuni e delle province della Sardegna, che ne facciano richiesta e che ricoprano o abbiano ricoperto l’incarico di vicesegretario, determina una irrazionale equiparazione con coloro che, superando un concorso adeguato alle funzioni da svolgere (quello per l’iscrizione all’Albo nazionale ex articolo 98 del d.lgs. n. 267/2000), hanno ottenuto l’abilitazione da organi statali.

Pertanto, l’articolo 3 ponendosi in contrasto con la citata normativa statale viola l’articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione, in materia di ordinamento civile nonché gli articoli 3, 51, primo comma, e 97 della Costituzione, in quanto interviene sull’ordinamento dei segretari comunali e provinciali, funzionari statali il cui status giuridico rientra nella competenza esclusiva del legislatore statale ed eccedono le competenze statutarie

Considerato quanto sopra premesso, si ritiene di sollevare la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale della legge regionale in esame.

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