Dettaglio Legge Regionale

Norme in materia di pluralismo informatico, sull'adozione e la diffusione del software libero e sulla portabilità dei documenti informatici nella pubblica amministrazione. (26-3-2009)
Piemonte
Legge n.9 del 26-3-2009
n.13 del 2-4-2009
Politiche ordinamentali e statuti
21-5-2009 / Impugnata
La legge regionale n.9 del 26/03/2009 della Regione Piemonte, detta norme in materia di pluralismo informatico.
Talune disposizioni sono censurabili sotto il profilo della legittimità costituzionale in quanto violano la competenza statale in materia di tutela della concorrenza di cui all'art.117, comma 2, lettera e) Cost., nonché la tutela del diritto d'autore, incidendo sulla competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile e penale, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera l) Cost., come di seguito illustrato.
In particolare:

1) Il comma 3 dell'art. 1 prevede che alla cessione di software libero non si applichino le disposizioni di cui all'articolo 171-bis della Legge 22 aprile 1941, n. 633 ( Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), come sostituito dall'articolo 13 della legge 18 agosto 2000, n. 248.
Si fa al riguardo presente che il software c.d "libero" costituisce anch'esso un'opera dell'ingegno ed è, pertanto, oggetto di diritti d'autore esattamente come qualsivoglia altro programma per elaboratore.
La previsione quindi di deroga alle fattispecie di reato per il contrasto al fenomeno della contraffazione di software, disciplinate dalle norme statali succitate, travalica la potestà legislativa regionale, invadendo la sfera di competenza del legislatore nazionale, in deroga alla vigente disciplina penale della materia.

2) Analoghi problemi sorgono in relazione all'art. 3 che prevede la possibilità per chiunque di sviluppare, pubblicare e utilizzare un software originale compatibile con un altro software, anche proprietario. Anche in questo caso la disposizione interviene sulla materia del diritto d'autore, derogando la disciplina già dettata per tutti i programmi per elaboratori dagli artt. 64-bis e ss. della legge 22 aprile 1941, n.633 e successive modifiche ed integrazioni, in attuazione, peraltro, della disciplina europea in materia (Direttiva CE 91/250).

3) Il primo comma dell'art.6 nello stabilire che "la Regione utilizza, nella propria attività, programmi per elaboratore elettronico dei quali detiene il codice sorgente" e che "la disponibilità del codice sorgente consente alla regione di modificare i programmi per elaboratore in modo da poterli adattare alle proprie esigenze", appare anch'esso viziato sotto il profilo della legittimità costituzionale, già rilevato nei due punti precedenti, con il travalicamento della potestà legislativa regionale nei confronti della disciplina nazionale del diritto d'autore, in quanto consente ad una Amministrazione che ha la materiale detenzione del codice sorgente di intervenire sul codice sorgente medesimo, modificandolo secondo le proprie esigenze.

4) Inoltre, in relazione all'art.6, commi 1 e 2, il comma 1 dell'articolo 4 , che prevede l'utilizzo da parte della Regione di programmi per elaboratore a sorgente aperto per la diffusione di documenti soggetti all'obbligo di pubblicità e il comma 1 dell'articolo 5,che prevede l'utilizzo di programmi per elaboratore a sorgente aperto per il trattamento dei dati personali o di quei dati la cui diffusione a terzi non autorizzati può comportare pregiudizio per la pubblica sicurezza, appaiono costituzionalmente illegittimi in quanto invasivi del principio di concorrenza, come elaborato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia della Comunità Europea e recepito nel nostro ordinamento nella materia dei contratti pubblici con il Codice dei Contratti. Risulta escluso infatti che possa ricondursi nell'ambito delle materie afferenti alla potestà esclusiva o concorrente delle Regioni il potere di normare in modo autonomo, imponendo alle amministrazioni locali l'acquisto di software esclusivamente a codice sorgente aperto, considerando che siffatte disposizioni verrebbero a collidere con quanto disposto dall'art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione, ai sensi del quale la materia della "tutela della concorrenza" rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato. Ciò nell'esigenza di evitare che la differenziazione territoriale della disciplina dei vari mercati e settori economici determini una regolamentazione anticoncorrenziale, con conseguenze negative per l'economia nazionale (cfr. sentenza Corte Costituzionale n. 14/2004).
Pertanto, per i motivi suesposti, si ritiene che debba essere sollevata la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 Cost., nei confronti delle disposizioni regionali suddette e di quelle ad esse inscindibilmente connesse o collegate.

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