Dettaglio Legge Regionale

Disciplina delle cave, delle miniere e delle acque minerali naturali, di sorgente e termali. (13-3-2008)
Valle Aosta
Legge n.5 del 13-3-2008
n.17 del 22-4-2008
Politiche infrastrutturali
13-6-2008 / Impugnata
La legge regionale , recante una disciplina delle cave, delle miniere e delle acque minerali naturali, di sorgente e termali presenta profili di illegittimità costituzionale relativamente alla norma contenuta nell'articolo 64.
Tale disposizione modifica il comma 5 dell'articolo 14 della legge regionale 31/2007, recante "Nuove disposizioni in materia di gestione dei rifiuti", stabilendo, in particolare che l'ubicazione delle aree di stoccaggio attrezzate, alla cui individuazione provvedono i comuni, deve preferibilmente coincidere, tra l'altro, con "siti dismessi già adibiti ad attività di estrazione di materiali inerti" e che "in tali casi la gestione dei materiali inerti da scavo può essere assicurata anche avvalendosi dei soggetti gestori di detti impianti".
La norma sopra descritta eccede dalle competenze regionali per i motivi di seguito specificati.
Si premette che, nonostante le Regioni abbiano una competenza legislativa concorrente in materia di "governo del territorio", competenza riconosciuta anche alle Regioni a statuto speciale attraverso l'applicazione della clausola di maggior favore, di cui all'art. 10 della l.cost. 3/2001, la materia gestione dei rifiuti rietra nella potestà esclusiva statale per i profili attinenti la tutela dell'ambiente, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s, Cost. Sono, pertanto, vincolanti per i legislatori regionali le disposizioni di cui al d.lgs. 152/2006, che costituiscono standards minimi ed uniformi di tutela dell'ambiente validi sull'intero territorio nazionale. Si segnala, inoltre, che in materia è intervenuto anche il legislatore comunitario con le direttive 75/442/CE e 2006/12/CE, nonché la Corte di giustizia che ha elaborato una consolidata giurisprudenza ed ha provveduto a delineare dei principi generali, soprattutto per quanto concerne la definizione di "rifiuto". Si tratta di principi che non possono essere derogati dalla Regione dato il vincolo del rispetto del diritto comunitario derivante dal combinato disposto dell'art. 117, comma 1, Cost e dell'art. 2, comma 1, l. cost. 4/1948, recante lo Statuto speciale per la Regione Valle d'Aosta.
Sulla base di tali premesse la norma regionale si pone in contrasto con la normativa statale e comunitaria di riferimento consentendo lo stoccaggio dei materiali inerti anche in aree non attrezzate. La disposizione regionale, sottraendo alla disciplina concernente i rifiuti lo stoccaggio dei materiali inerti contrasta, in primo luogo, con le norme comunitarie secondo l'orientamento espresso dalla Corte di Giustizia, in base al quale al fine di individuare quando una sostanza rientri nella nozione di rifiuto è necessario effettuare una valutazione “caso per caso”. In particolare, nella sentenza C- 9/00, il giudice comunitario ha precisato che il campo di applicazione della nozione di rifiuto dipende dal significato del termine “disfarsi”, puntualizzando che l'esecuzione di un'operazione menzionata negli allegati II A o II B della direttiva non permette, di per sé, di qualificare una sostanza o un oggetto come rifiuto e che, inversamente, la nozione di rifiuto non esclude sostanze ed oggetti suscettibili di riutilizzo economico. Infatti, non è possibile adottare esclusioni generalizzate o presunzioni assolute di esclusione dal campo di applicazione della normativa in materia di rifiuti, ma è necessario effettuare una valutazione, caso per caso, al fine di verificare se l’intenzione del detentore sia quella di disfarsi del bene o della sostanza stessi dal momento che la dir. 2006/12 stabilisce all'art. 1 che per "rifiuto" debba intendersi qualsiasi sostanza o oggetto che rientri nelle categorie indicate negli allegati e di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo di disfarsi.
Inoltre, la norma regionale viola le disposizioni del D.Lgs.n.152/2006, che disciplina in modo puntuale le ipotesi in cui le terre e rocce da scavo che siano reimpiegate in un ciclo produttivo non siano da considerasi quali rifiuti, subordinando a condizioni e procedure molto dettagliate, la possibilità di impiegare tali materiali, in esclusione dall'ambito di applicazione della normativa in materia di rifiuti. In particolare, l'art. 186 del decreto su citato prevede che le terre e rocce da scavo, anche di gallerie ed i residui della lavorazione della pietra destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati non costituiscono rifiuti e sono esclusi dall'ambito di applicazione della parte quarta dello stesso decreto solo nel caso in cui, anche quando contaminati, durante il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione siano utilizzati, senza trasformazioni preliminari, secondo le modalità previste nel progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale ovvero, qualora il progetto non sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, secondo le modalità previste nel progetto approvato dall'autorità amministrativa competente, ove ciò sia espressamente previsto, previo parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente, sempre che la composizione media dell'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore a determinati limiti massimi. Si tratta di disposizioni finalizzate alla tutela dell'ambiente; pertanto la loro violazione determina una lesione della competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente, ex art. 117, comma 2, lettera s, Cost.
Si rappresenta, infine, che, nello scorso mese di febbraio, il Governo ha già impugnato, per ragioni analoghe, altre norme contenute nel medesimo articolo 14 della legge regionale della stessa regione Valle d'Aosta
A fronte delle ragioni su evidenziate, la legge in esame deve essere impugnata davanti alla Corte Costituzionale.

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