Dettaglio Legge Regionale

Riforma dell'assetto territoriale della Regione. Modifiche alla legge regionale n. 2 del 2016, alla legge regionale n. 9 del 2006 in materia di demanio marittimo e disposizioni urgenti in materia di svolgimento delle elezioni comunali. (12-4-2021)
Sardegna
Legge n.7 del 12-4-2021
n.24 del 15-4-2021
Politiche ordinamentali e statuti
10-6-2021 / Impugnata
Con la presente legge la Regione Sardegna istituisce la Città metropolitana di Sassari, modifica la circoscrizione territoriale della Città metropolitana di Cagliari, ampliandone la circoscrizione territoriale; istituisce le Province del Nord-Est Sardegna, dell'Ogliastra, del Sulcis Iglesiente e del Medio Campidano; modifica la circoscrizione territoriale della Provincia di Nuoro e sopprime infine le Province di Sassari e del Sud Sardegna. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale aggiorna lo schema di riforma dell'assetto territoriale della Regione che risulta articolato nelle Città metropolitane di Cagliari e Sassari e nelle Province di Nuoro, Oristano, Nord-Est Sardegna, Ogliastra, Sulcis Iglesiente e Medio Campidano.

Le regioni ad autonomia speciale, tuttavia, pur disponendo di potestà primaria in materia di “ordinamento degli enti locali”, incontrano taluni limiti indicati dagli stessi statuti speciali, in particolar modo il limite dell’”armonia con la Costituzione e con i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica”.

Infatti, pur avendo la Regione potestà legislativa esclusiva in materia di “ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni ai sensi dell’articolo 3, lettera b) dello Statuto di autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.3), la legge regionale presenta profili di illegittimità costituzionale, eccedendo dai limiti della competenza legislativa in materia, in violazione dell’articolo 43, comma 2, dello Statuto speciale.

La presente legge è censurabile per le seguenti motivazioni:

La legge regionale 12 aprile 2021, n. 7, delinea una nuova geografia amministrativa della Regione Sardegna, riproducendo sostanzialmente quella in vigore dal 2005 e abrogata con il referendum popolare regionale del 6 maggio 2012. Nel dettaglio, la citata legge istituisce la Città metropolitana di Sassari, modifica la circoscrizione territoriale della Città metropolitana di Cagliari, ampliandone la circoscrizione territoriale; istituisce le Province del Nord-Est Sardegna, dell'Ogliastra, del Sulcis Iglesiente e del Medio Campidano; modifica la circoscrizione territoriale della Provincia di Nuoro e sopprime infine le Province di Sassari e del Sud Sardegna. Non è stata modificata, invece, la circoscrizione territoriale della provincia dì Oristano.
Per quanto riguarda l'iter procedurale, la citata legge regionale prevede che, entro 30 giorni dalla pubblicazione della legge regionale (avvenuta il 15 aprile 2021), la Giunta regionale aggiorni lo schema dì riforma dell'assetto territoriale della regione, secondo quanto stabilito nella legge stessa; lo schema deve poi essere pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione (BURAS). Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dello schema, ciascun comune il cui status è modificato dalla legge regionale può esercitare l'iniziativa per il distacco rispettivamente dalla città metropolitana o dalla provincia nella quale è incluso; deve essere garantita la continuità territoriale tra il comune che esercita l'iniziativa di distacco e l'ente al quale intende di aderire.

Agli enti locali è specificamente dedicato il titolo V dello Statuto della regione Sardegna, e in particolare, l'articolo 43, che dispone: «1. Le province di Cagliari, Nuoro e Sassari conservano l'attuale struttura di enti territoriali. 2. Con legge regionale possono essere modificate le circoscrizioni e le funzioni delle province, in conformità alla volontà delle popolazioni di ciascuna delle province interessate espressa con referendum».
Lo Statuto, dunque, manteneva in essere le tre province storiche" nel primo comma dell'art. 43 e predisponeva nel contempo, al secondo comma, il procedimento per variarne le circoscrizioni. Pertanto, in base alla disposizione statutaria de qua, la legge regionale che dispone una variazione territoriale deve essere conforme «alla volontà delle popolazioni di ciascuna delle province interessate espressa con referendum». Ciò vuol dire, chiaramente, che ogni singola variazione deve essere approvata mediante consultazioni referendarie che si svolgano autonomamente entro le singole province di volta in volta interessate.
In sostanza, l'articolo 43 riserva la materia della "modifica delle circoscrizioni delle province" ad una speciale legge regionale rinforzata: rinforzata in quanto tale legge deve necessariamente essere preceduta dalla manifestazione della volontà delle "popolazioni interessate" tramite referendum e deve conformarsi al contenuto di tale volontà. Essa non affida senz'altro al solo referendum, né alla sola legge regionale, la decisione circa la modifica delle circoscrizioni provinciali, ma prevede il concorso necessario tra questi due atti. Certamente il referendum, nel procedimento disegnato dall'art. 43 dello Statuto, ha un ruolo di primaria importanza: ma esso di per sé, e senza il concorso della fonte legislativa regionale, non produce affatto la conseguenza giuridica della modifica delle circoscrizioni provinciali. Questo effetto può legittimamente conseguire solo e soltanto dall'adozione di un altro atto - la legge regionale - che non è vincolata nell'an dall'esito dei referendum.
La legge regionale, infatti, è vincolata da quest'ultimo solo nel senso che, ove il Consiglio regionale decida di procedere alla modifica delle circoscrizioni esistenti, non può farlo se non in conformità alla volontà delle popolazioni delle province interessate espressa mediante referendum. Si tratta chiaramente di una procedura "a doppia chiave". Non è il corpo elettorale delle province interessate, né, da sola, la rappresentanza politica regionale, a poter modificare le circoscrizioni provinciali. Secondo lo Statuto speciale, è necessaria quella che possiamo chiamare una “doppia conforme": ossia l'esistenza di due volontà conformi circa la modifica delle circoscrizioni: quella del corpo elettorale locale, tramite cui si garantiscono i territori e le collettività ivi stanziate contro imposizioni dall'alto, e quella del circuito della rappresentanza politica regionale, il cui compito è invece quello di valutare la modifica territoriale alla luce dell'interesse generale di tutta la Regione, al fine di assicurare che la variazione corrisponda a questo interesse, o che, quantomeno, non sia con esso in contrasto.
In altre parole, la norma statutaria prevede che il corpo elettorale delle province interessate si pronunci con un referendum avente natura obbligatoria e vincolante: natura obbligatoria, perché non si può prescinderne, ossia non si può decidere senza che si sia celebrato; natura vincolante, perché il Consiglio regionale potrà decidere di non adottare una legge di modifica delle circoscrizioni, ma non potrà decidere di adottare una legge di modifica che non sia stata già assentita (e solo nei termini in cui sia stata assentita) dalle popolazioni delle province interessate. Il risultato giuridico della modifica delle circoscrizioni si produce dunque per effetto della fusione di due distinte volontà: quella del Consiglio regionale espressa con legge, e quella, ovviamente conforme, espressa mediante referendum dal corpo elettorale delle province interessate.
Inoltre la legge regionale, svolge anche un altro ruolo forse meno evidente, ma non per questo meno importante: le variazioni territoriali, specialmente quando determinano la nascita di nuovi enti o il venir meno di enti esistenti, comportano sempre la necessità di regolare, con norme di carattere transitorio, i rapporti che fanno capo, in vario modo e a vario titolo, agli enti interessati dalle variazioni.
C'è da aggiungere, peraltro, che alla legge regionale deve essere riconosciuto anche un ulteriore ruolo nella questione delle modifiche alle circoscrizioni provinciali. La disposizione di cui all'art. 43, secondo comma, infatti, predispone un procedimento individuando i suoi passaggi in modo ovviamente sommario, come si conviene ad una norma di rango costituzionale. Risulta dunque evidente che quella previsione necessita, per poter funzionare in modo efficiente, di essere attuata e integrata dalla legge regionale che, altrettanto ovviamente, nel far ciò, non sarà però tenuta a seguire la procedura disciplinata dalla disposizione da attuare e potrà essere dunque la semplice legge ordinaria.
La successiva legge costituzionale n. 2 del 1993 non ha alterato il quadro normativo delineato limitandosi ad introdurre all'art. 3, comma 1, lett. b), dello Statuto una competenza legislativa generale di tipo esclusivo della Regione in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni», rispetto alla quale la previsione dell'art. 43, secondo comma, dello Statuto si pone come "norma speciale" che individua, per l'appunto, solo uno speciale procedimento legislativo rinforzato, di livello regionale, per la modificazione delle circoscrizioni provinciali.

La violazione dell'articolo 43 dello Statuto si prospetta nel caso della recente legge regionale 2021 n. 7 e segnatamente con riferimento all'articolo 6 che disciplinato l'iter procedurale per il riordino dell'assetto territoriale stabilisce che entro il termine perentorio di trenta giorni dalla pubblicazione dello schema di riassetto del territorio, i comuni appartenenti agli enti di area vasta come ridefiniti dalla legge, possano esercitare l'iniziativa per il distacco dall'ente di appartenenza e optare per l'accorpamento alla circoscrizione territoriale di una città metropolitana o di una provincia limitrofe, con deliberazione unanime di ciascun consiglio comunale. Si procede a referendum consultivo nel caso di inerzia del consiglio comunale o nel caso in cui non si raggiunga la maggioranza prescritta e, in ogni caso qualora ne faccia richiesta un terzo degli elettori. Entro trenta giorni dalla data di svolgimento dei referendum o dalla scadenza dell'ultimo termine utile per la loro richiesta in caso di mancanza di istanze, la Giunta regionale conferma lo schema di riforma dell'assetto territoriale di cui all'articolo 2, comma 3 o lo approva con le modifiche derivanti dalle volontà espresse dai consigli comunali o dal corpo elettorale. Lo schema di riforma dell'assetto territoriale definitivo è pubblicato nel Bollettino ufficiale entro cinque giorni dalla data di approvazione.
In base a quanto suesposto, è evidente che l'articolo 6 della citata legge regionale prevede il ricorso alla consultazione popolare solo in via eventuale (qualora i consigli comunali interessati non deliberino all'unanimità e in caso ne faccia richiesta un terzo degli elettori) ponendosi quindi in contrasto con l'articolo 43, comma 2, dello Statuto regionale dal momento che il nuovo assetto geografico non è realizzato mediante una legge regionale che recepisca il risultato di un referendum (obbligatorio e vincolante) e questo con riferimento alle modifiche territoriali e funzionali sia delle tre province storiche di Cagliari, Nuoro e Sassari; e sia delle restanti province qualora si applichi estensivamente la disposizione di cui all’articolo 43, comma 2, dello Statuto.
Non sfugge, tuttavia, che la travagliata vicenda degli enti locali intermedi in Sardegna si sia dipanata attraverso una serie di riforme, nessuna delle quali appare conforme all'art. 43, comma 2, dello Statuto (a partire addirittura forse - dalla stessa istituzione nel 1974 della Provincia di Oristano, avvenuta con legge dello Stato). Tuttavia, ciò nulla toglie circa la vigenza e il chiaro significato ditale disposizione, circa il suo rango costituzionale e dunque circa le conseguenze sulla valutazione della costituzionalità della legge che si valuta.
L’articolo 43 dello Statuto è tassativo nel prescrivere la consultazione referendaria come snodo necessario del procedimento, mentre il citato articolo 6 della legge regionale n. 7 del 2021 ne prevede l’esperibilità in termini eventuali.


Per i motivi suesposti, si ritiene di sollevare la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte Costituzionale della legge della Regione Sardegna n. 7 del 2021, relativamente all' articolo 6 della legge regionale in esame.

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