Dettaglio Legge Regionale

Disposizioni urgenti in materia di autonomie locali, finanza locale, funzione pubblica, formazione, lavoro, cooperazione, ricerca e innovazione, salute e disabilità, rifinanziamento dell’articolo 5 della legge regionale 3/2020 recante misure a sostegno delle attività produttive. (18-5-2020)
Friuli Venezia Giulia
Legge n.9 del 18-5-2020
n.21 del 20-5-2020
Politiche economiche e finanziarie
13-7-2020 / Impugnata
La legge regionale Friuli Venezia Giulia n. 9/2020 recante "Disposizioni urgenti in materia di autonomie locali, finanza locale, funzione pubblica, formazione, lavoro, cooperazione, ricerca e innovazione, salute e disabilità, rifinanziamento dell'articolo 5 della legge regionale 3/2020 recante misure a sostegno delle attività produttive" presenta alcuni profili di illegittimità costituzionale e va impugnata per le ragioni che di seguito si espongono.


L'articolo 1 della legge in esame introduce delle modifiche alla legge regionale 21/2019 e, al comma 6, prevede l'inserimento di un nuovo articolo, il 29-bis, che reca "Disposizioni per la liquidazione delle Unioni territoriali intercomunali che esercitano le funzioni delle soppresse Province", il cui comma 5 dispone:
"I beni immobili di proprietà delle Unioni territoriali intercomunali che esercitano le funzioni delle soppresse Province sono attribuiti ai Comuni nei cui territori essi insistono. I Commissari, nominati ai sensi dell'articolo 29, comma 4, redigono il relativo verbale di consegna, che ai sensi dell'articolo 2645 del codice civile, costituisce titolo per l'intavolazione, la trascrizione immobiliare e la voltura catastale di diritti reali sui beni immobili trasferiti. Il trasferimento della proprietà dei beni immobili decorre dalla data del verbale di consegna. Per il trasferimento della proprietà dei beni immobili si applica l'articolo 1, comma 96, lettera b), della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni). ".
Tale disposizione è da inquadrare nel contesto della legge regionale n. 19/2019 che, tra l'altro, ha previsto, all'articolo 27 il "Superamento delle Unioni territoriali intercomunali.", disponendo: 1. Le Unioni territoriali intercomunali di cui alla legge regionale 26/2014, esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, sono sciolte di diritto a decorrere dal 1° gennaio 2021." E, all'articolo 29, reca "Disposizioni speciali per il superamento delle Unioni che esercitano le funzioni delle soppresse Province." prevedendo che "4. Gli organi delle Unioni di cui al presente articolo sono sciolti a far data dall'1 aprile 2020. Dalla stessa data la gestione delle Unioni è affidata a un Commissario straordinario nominato dalla Giunta regionale, con il compito di curare gli adempimenti connessi alla liquidazione delle Unioni stesse e al subentro degli enti di cui all'articolo 30. Per l'adempimento dei compiti previsti in capo al Commissario, la Giunta regionale può nominare uno o più Vicecommissari. Le indennità dei Commissari e dei Vicecommissari sono determinate dalla Giunta regionale contestualmente alla nomina degli stessi, con oneri a carico degli enti commissariati. ".
Il comma 5 del neo-introdotto articolo 29-bis afferisce all'ordinamento civile nella parte in cui disciplina la proprietà (cfr. sui modi di acquisto art. 922 c.c. - nel caso specifico l'acquisto avviene ex lege) ed i titoli idonei alla trascrizione (compiutamente disciplinata dal codice civile, cfr. artt. 2643-2681, che, all'articolo 2645 cc. - Altri atti soggetti a trascrizione - dispone: "Deve del pari rendersi pubblico, agli effetti previsti dall'articolo precedente, ogni altro atto o provvedimento che produce in relazione a beni immobili o a diritti immobiliari taluno degli effetti dei contratti menzionati nell'articolo 2643, salvo che dalla legge risulti che la trascrizione non è richiesta o è richiesta a effetti diversi "; il trasferimento della proprietà di un bene immobile è il primo e tipico effetto dei contratti indicati dall'articolo 2643, c. 1, n. 1), all'intavolazione (cfr. R.D. 28/03/1929, n. 499, Disposizioni relative ai libri fondiari nei territori delle nuove province, articolo 9: "Nel libro fondiario possono essere intavolati o prenotati, in quanto si riferiscono a beni immobili, solamente il diritto di proprietà, le servitù, i diritti edificatori di cui all'articolo 2643, numero 2-bis), del codice civile, il diritto di usufrutto, salvo quello previsto al successivo articolo 20, lettera a), i diritti di uso, di abitazione, di enfiteusi, di superficie, di ipoteca, i privilegi, per i quali leggi speciali richiedano l'iscrizione nei registri immobiliari, e gli oneri reali."), alla voltura catastale (cfr. D.P.R. 26/10/1972, n. 650, Perfezionamento e revisione del sistema catastale).
La Regione richiama, poi, la legge 07/04/2014, n. 56, recante "Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni.", che all'articolo 1, comma 96, dispone che "Nei trasferimenti delle funzioni oggetto del riordino si applicano le seguenti disposizioni: (..) b) il trasferimento della proprietà dei beni mobili e immobili è esente da oneri fiscali".

La disciplina della proprietà, della trascrizione, dell’intavolazione e della voltura – incluso il profilo inerente all’idoneità del verbale di consegna ai fini della trascrizione – trovano una compiuta regolamentazione in fonti di rango statale (codice civile, decreti legislativi, regio decreto), senza effettiva necessità di interventi legislativi regionali “integrativi” (comunque esclusi dalla Corte Costituzionale, anche laddove finalizzati alla tutela di interessi pubblici, cfr. sentenza n. 228/2016), per quanto non contrastanti con le disposizioni statali.

Pertanto, si ritiene che la disposizione regionale in questione invada la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia dell’“ordinamento civile”, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma lett. l) della Costituzione.


Articolo 3: il comma 1 dispone che i Comuni, al fine di fronteggiare la situazione di crisi derivante dall'emergenza COVID- 19, deliberano, per l'anno 2020, riduzioni ed esenzioni della tassa sui rifiuti (TARI), ai sensi dell'articolo 1, comma 660, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), riduzioni della tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche (TOSAP) o del canone per l'occupazione di spazi e aree pubbliche (COSAP), nonché la possibilità di disporre la copertura del relativo minor gettito o minore entrata anche attraverso il ricorso a risorse derivanti dall'avanzo disponibile, nonché da trasferimenti regionali. Le deliberazioni di riduzione ed esenzione possono essere adottate anche successivamente all'approvazione del bilancio di previsione per l'esercizio 2020.
Il comma 2 prevede che la Regione concorre a sostenere i Comuni che adottano i provvedimenti di cui al comma 1, con un parziale ristoro delle minori entrate nei casi di riduzioni ed esenzioni della TARI per le utenze non domestiche e di riduzioni della TOSAP o del COSAP, mentre il comma 3 dispone che per le finalità di cui al comma 2, è istituito per l'anno 2020 un fondo speciale, pari a 11 milioni di euro, a favore dei Comuni, suddiviso in:
a) 8 milioni di euro, per ristorare il minor gettito conseguente alla riduzione ed esenzione della TARI per le utenze non domestiche;
b) 3 milioni di euro, per ristorare le minori entrate conseguenti alla riduzione della TOSAP o del COSAP.
Il concorso della Regione è pari alla metà del valore del minor gettito derivante dalla riduzione ed esenzione della TARI, della TOSAP e del COSAP.
Al comma 7 infine si prevede che "Qualora lo Stato provveda al ristoro totale o parziale del minor gettito derivante dalla riduzione ed esenzione della TARI per le utenze non domestiche, nonché alle minori entrate derivanti dalla riduzione della TOSAP o del COSAP, gli importi del ristoro regionale spettanti a ciascun Comune sono ridotti dell'importo corrispondente assegnato dallo Stato".
Al riguardo, in merito all'ultimo periodo del comma 1, laddove si dispone che “le deliberazioni di riduzione ed esenzione possono essere adottate anche successivamente all'approvazione del bilancio di previsione per l'esercizio 2020”, la disposizione è in contrasto con le norme statali che prevedono l'approvazione dei livelli tributari prima dell'approvazione dei documenti di bilancio.
In materia, la regola generale sulla tempistica è fissata dall'articolo 1, comma 169, della legge 296 del 2006, che stabilisce che gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data di approvazione del bilancio di previsione. In questo modo le delibere hanno effetto dal 10 gennaio dell'anno di riferimento.

In ordine al termine per l’approvazione dei regolamenti di disciplina dei tributi locali, poi, l’art. 53, comma 16, della legge n. 388 del 2000 prevede che: “Il termine per deliberare le aliquote e le tariffe dei tributi locali … e le tariffe dei servizi pubblici locali, nonché per approvare i regolamenti relativi alle entrate degli enti locali, è stabilito entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. I regolamenti sulle entrate, anche se approvati successivamente all’inizio dell’esercizio, purché entro il termine di cui sopra, hanno effetto dal 1° gennaio dell’anno di riferimento”.
La natura perentoria del termine previsto dall’art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006 è stata chiaramente affermata dal Consiglio di Stato nelle sentenze della Sezione Quinta n. 3808 e n. 3817 del 17 luglio 2014, n. 4409 del 28 agosto 2014, n. 1495 del 19 marzo 2015, nonché nell’ordinanza della Sezione Quarta n. 4434 del 6 ottobre 2016.
Il Consiglio di Stato ha affermato che le disposizioni relative all’approvazione del bilancio di previsione oltre il termine hanno natura eccezionale e sono finalizzate “ad evitare le gravi conseguenze che conseguono alla mancata approvazione del bilancio da parte dell’ente locale”. Pertanto, “in assenza di una specifica ulteriore disposizione di legge”, l’autorizzazione del Prefetto ad approvare il bilancio oltre il termine previsto dalla norma “non comprende, …, il termine per l’approvazione delle aliquote e delle tariffe, che trovano compiuta ed autonoma disciplina nel citato art. 1, comma 169, legge n. 296 del 2006 in materia di aliquote e tariffe, che contiene, peraltro, previsioni sanzionatorie, quale l’inapplicabilità delle nuove tariffe e aliquote, ove approvate dopo il termine del 30 novembre” (Consiglio di Stato, Sezione Quinta, citate sentenze n. 3808 e n. 3817 del 2014).
Bisogna, infatti, tener conto del principio dell’ineliminabile connessione fra la manovra tributaria e le previsioni di bilancio con l’intero impianto della disciplina normativa in materia di manovra di bilancio degli enti locali. Costituendo, infatti, le entrate tributarie elemento fondante della costruzione del bilancio di previsione, la loro approvazione deve necessariamente precedere l’adozione dello stesso, come risulta dalla lettura dell’art. 172, comma 1, lett. c), del TUEL, il quale prevede tra i documenti che devono essere allegati al bilancio, per l’appunto, le deliberazioni di determinazione delle aliquote e delle tariffe. La correlazione tra la definizione della manovra tributaria e l’adozione del bilancio di previsione è, anzi, così stringente da imporre all’ente locale che intenda modificare le aliquote o le tariffe entro il termine di cui all’art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006, ma dopo aver approvato il proprio bilancio, di riapprovarlo integralmente, non essendo sufficiente una mera variazione dello stesso (in tal senso, Sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 431 del 3 ottobre 2012).
Non si può, quindi, ammettere che oltre il termine di approvazione del bilancio il comune possa variare le aliquote o le tariffe con effetti sull’anno d’imposta in corso, in quanto significherebbe legittimare, al di fuori dei casi consentiti dalla legge e in qualunque fase dell’esercizio finanziario, una o più riapprovazioni del bilancio, in contrasto con i più basilari principi della programmazione finanziaria.

Consentendo all’ente locale di procedere alla modifica delle aliquote e delle tariffe dei tributi anche dopo la scadenza del termine fissato per l’approvazione del bilancio si verifica, altresì, un’evidente violazione dell’articolo 23 della Costituzione, in quanto i cittadini vengono assoggettati ad una prestazione patrimoniale imposta oltre il limite fissato dal legislatore statale, che, nel caso di specie, è rappresentato dal termine perentorio di cui all’art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006. Senza contare che verrebbero lesi i principi generali sanciti dalla legge 27 luglio 2000, n. 212, recante “Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente”, considerata l’assenza di un riferimento temporale certo per l’individuazione delle aliquote e delle tariffe applicabili per ciascun anno di imposta.

E’ necessario, ad ogni modo, rilevare che il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, con la sentenza n. 4104 del 29 agosto 2017, ha affermando che il superamento del termine di cui all’art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006 comporta indubbiamente l’inapplicabilità delle aliquote e delle tariffe all’anno d’imposta in corso ma non influisce sulla validità dell’atto. Conseguentemente la violazione del termine, non implicando “di per sé ed automaticamente l’illegittimità” delle deliberazioni in questione, non determina una pronuncia di caducazione delle stesse ma incide “solo sul regime di efficacia temporale”. Ferma restando la perentorietà del termine in esame, da un lato, il Consiglio di Stato ha chiarito che l’effetto dell’inapplicabilità delle aliquote per l’anno di riferimento si produce automaticamente, a prescindere dall’annullamento della deliberazione, e, dall’altro, in un’ottica di conservazione degli atti amministrativi, ha affermato che la stessa non è affetta da illegittimità, risultandone soltanto preclusa “l’applicazione (retroattiva) all’esercizio in corso (a partire dal 1° gennaio)”. Tale sentenza è stata seguita da altre pronunce di analogo contenuto (Cfr. sent. n. 175, n. 176 e n. 180 del 15 gennaio 2018, n. 260 e n. 263 del 17 gennaio 2018; n. 7273 del 27 dicembre 2018; n. 945 dell’8 febbraio 2018).
Occorre, inoltre, tener conto del fatto che, a seguito delle novità recate in materia di pubblicazione delle aliquote e delle tariffe dei tributi locali, l’eventuale approvazione della misura dei tributi oltre i termini stabiliti per l’approvazione del bilancio di approvazione finisce, altresì, per impattare sull’efficacia stessa delle relative deliberazioni.
Ciò in quanto l’art. 15-bis del D. L. n. 34 del 2019, nell’introdurre il comma 15-ter nell’art. 13 del D. L. n. 201 del 2011, ha stabilito per le deliberazioni tariffarie e i regolamenti relativi ai tributi diversi dall'IMU, dalla TASI, dall'imposta di soggiorno e dall’addizionale comunale all’IRPEF – vale a dire, a legislazione vigente, la TARI, l’ICP, il CIMP, la TOSAP e l’ISCOP – i medesimi termini di trasmissione e pubblicazione già vigenti per gli atti relativi all’IMU e alla TASI sulla base, rispettivamente, dell’art. 13, comma 13-bis, del D. L. n. 201 del 2011, e dell’art. 1, comma 688, della legge n. 147 del 2013.
Gli atti relativi all’IMU, alla TASI, alla TARI, all’ICP, al CIMP, alla TOSAP e all’ISCOP, quindi, acquistano efficacia dalla data della pubblicazione sul sito internet del Dipartimento delle finanze www.finanze.gov.it e sono applicabili per l’anno cui si riferiscono – e dunque dal 1° gennaio dell’anno medesimo in virtù del richiamato disposto di cui all’art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006 – a condizione che tale pubblicazione avvenga entro il 28 ottobre dello stesso anno.
Come precisato nella circolare n. 2/DF del 22 novembre 2019, al fine di consentire al MEF di provvedere alla pubblicazione entro il termine del 28 ottobre di ciascun anno, gli atti relativi ai tributi in questione – in virtù del citato art. 13, commi 13-bis (per l’IMU) e 15-ter (per la TARI, l’ICP, il CIMP, la TOSAP e l’ISCOP), del D. L. n. 201 del 2011 e art. 1, comma 688, della legge n. 147 del 2013 (per la TASI) – devono essere trasmessi, mediante inserimento nel Portale, secondo le modalità illustrate al paragrafo 3 della medesima circolare, entro il termine perentorio del 14 ottobre dello stesso anno.
Nella circolare viene, inoltre, sottolineato che le deliberazioni di approvazione delle aliquote o delle tariffe pubblicate oltre detta data sono comunque visibili in corrispondenza dell’anno cui si riferiscono ma vengono contrassegnate da un’apposita nota che ne evidenzia l’inefficacia per l’anno di riferimento.

La disciplina dei tempi di approvazione delle delibere dei tributi strettamente connesse a quello di approvazione del bilancio di previsione rappresentano estrinsecazione dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico posti a tutela del contribuente e finalizzati a garantire la certezza del diritto e non possono certo essere derogati da leggi regionali.
La disposizione viene impugnata in quanto lesiva dell’articolo 23 della Costituzione.

In merito alla totalità dell'articolo 3, il ristoro non completo delle minori entrate da parte della Regione è suscettibile di determinare minori entrate per gli enti locali.
Inoltre, la possibilità di utilizzare la quota libera dell'avanzo di amministrazione a copertura delle minori entrate contrasta con l'articolo 109, comma 2, del decreto legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020, che dispone che non possono essere destinate a riduzione di entrate le risorse rivenienti dalla quota libera dell'avanzo di amministrazione e i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni, per le quali è prevista la destinazione al finanziamento delle sole spese correnti connesse con l'emergenza in corso.
Diversamente, possono rientrare tra le politiche dirette a sgravare direttamente il contribuente dal pagamento delle imposte locali e/o a compensare le minori entrate derivanti dall'emergenza COVID- 19 le misure recate dal comma 1- ter del citato articolo 109, relative all'utilizzo dell'avanzo vincolato, nonché quelle previste dall'articolo 112, in materia di sospensione della quota capitale dei mutui Cassa DD.PP. - MEF.
Pertanto, qualora gli enti locali non siano in grado di poter utilizzare la quota libera dell'avanzo di amministrazione a copertura delle minori entrate, si possono determinare squilibri finanziari nei bilanci degli enti, anche considerato il non previsto ristoro da parte della Provincia per i minori incassi.
In ogni caso, l'ipotesi di ristoro da parte dello Stato di cui al comma 7 è disciplinata dall'articolo 106 del decreto legge 19 maggio 2020, n, 34, cd decreto Rilancio, attualmente all'esame della Camera dei Deputati ( AC 2500 ), che prevede "Al fine di concorrere ad assicurare ai comuni, alle province e alle città metropolitane le risorse necessarie per l'espletamento delle funzioni fondamentali, per l'anno 2020, anche in relazione alla possibile perdita di entrate connesse all'emergenza COVID-19, è istituito presso il Ministero dell'Interno un fondo con una dotazione di 3,5 miliardi di curo per il medesimo anno, di cui 3 miliardi di euro in favore dei comuni e 0,5 miliardi di euro in favore di province e città metropolitane. Con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 10 luglio 2020, previa intesa in Conferenza stato città ed autonomie locali, sono individuati criteri e modalità di riparto tra gli enti di ciascun comparto del fondo di cui al presente articolo sulla base degli effetti dell'emergenza COVID-19 sui fabbisogni di spesa e sulle minori entrate, al netto delle minori spese, e tenendo conto delle risorse assegnate a vario titolo dallo Stato a ristoro delle minori entrate e delle maggiori spese, valutati dal tavolo di cui al comma 2."
Nello specifico, le risorse in esame sono previste al fine di concorrere ad assicurare ai comuni, province e città metropolitane le risorse necessarie per l'espletamento delle funzioni fondamentali, per l'anno 2020, anche in relazione alla possibile perdita di entrate connesse all'emergenza COVID- 19, ma non per fàr fronte a riduzioni e agevolazione tributarie per il corrente anno 2020 previste dagli enti medesimi in modo autonomo.
In ogni caso, le risorse del fondo potrebbero compensare il non completo ristoro da parte della Regione.


La disciplina dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione, simultaneamente convergente, in tale fattispecie, nelle materie del sistema tributario e contabile dello Stato, dell’armonizzazione dei bilanci pubblici e delle perequazione delle risorse finanziarie, è competenza primaria dello Stato ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lett. e), della Costituzione, violato dalla disposizione regionale in esame.


L’articolo 11 prevede che fino alla riforma dell'ordinamento dei segretari comunali del Friuli Venezia Giulia e, comunque, non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni presenti, al fine di fare fronte alla grave e cronica carenza di segretari comunali iscritti alla sezione regionale dell'albo, anche in relazione alla imprescindibile operatività di tutti gli enti locali della regione nella fase successiva al superamento dell'emergenza epidemiologica, l'individuazione dei soggetti cui attribuire il ruolo dei segretari comunali nelle sedi di segreteria con popolazione fino a 3.000 abitanti.

Al riguardo, è necessario premettere che la disposizione in esame è sostanzialmente analoga a quella già emanata dalla Regione con la legge regionale n. 44/2017 recante: "Legge collegata alla manovra di bilancio 2018 - 2020" (articolo 10, comma 15) impugnata dal Governo. A seguito dell'impugnativa Costituzionale, la Regione Friuli-Venezia Giulia aveva emanato la legge regionale n. 20 del 9 agosto 2018 che, all'articolo 12, comma 5, ha abrogato la disposizione impugnata. Ne è conseguita la rinuncia all’impugnativa deliberata dal Consiglio dei Ministri in data 8 novembre 2018

Il comma 1 della disposizione regionale ora in esame, intervenendo sulla materia dell'ordinamento dei segretari comunali determina l'individuazione dei soggetti cui attribuire le predette funzioni di reggenza temporanea nelle sedi di segreteria con popolazione fino a 3.000 abitanti, prevedendo, al comma 2, l'istituzione presso l'Ufficio unico del sistema integrato di Comparto della Regione, la sede depositaria dell'Elenco dei soggetti cui può essere attribuita tale reggenza temporanea.
La disposizione, al comma 3, consente l'iscrizione al predetto Elenco dei dipendenti di ruolo del Comparto unico con rapporto di lavoro a tempo indeterminato in possesso dei requisiti per l'accesso alla qualifica funzionale previsti dalla legge regionale n. 24/2009, ma senza nessun ulteriore requisito in relazione al servizio prestato.
Il comma 4, dal punto di vista procedurale, prevede che i Sindaci dei Comuni dopo aver esperito senza successo la procedura di pubblicizzazione della sede di segreteria vacante e qualora non procedano a conferire l'incarico al Vice Segretario o, in assenza del Vice Segretario, ad un dipendente in possesso del titolo di studio richiesto per l'accesso alla qualifica di segretario comunale ai sensi dell'articolo 13, comma 13, della legge regionale n. 24/2009, individuano il soggetto cui conferire l'incarico di reggenza temporanea, scegliendolo nell'ambito di una rosa di nominativi predisposta dall'Ufficio unico della regione, sulla base delle manifestazioni pervenuti dagli iscritti all'Elenco.

Tanto premesso, al fine di fronteggiare la carenza di organico dei segretari comunali il legislatore nazionale è intervenuto con un'apposita disposizione normativa introdotta dall'articolo 16-ter del decreto legge n. 162/2019, recante “Disposizioni urgenti per il potenziamento delle funzioni dei segretari comunali e provinciali" che, al comma 9, consente per un periodo transitorio di un triennio, che nei comuni aventi popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero popolazione complessiva fino a 10.000 abitanti che abbiano stipulato tra loro convenzioni per l'ufficio di segreteria, e la procedura di copertura del posto vacante sia andata deserta e non risulti possibile assegnare a un segretario reggente, a scavalco, le funzioni attribuite al vice segretario possono essere svolte, su richiesta del sindaco, previa autorizzazione del Ministero dell'Interno, per un periodo non superiore a dodici mesi complessivi, da un funzionario di ruolo in servizio da almeno due anni presso un ente locale, in possesso dei requisiti per la partecipazione al concorso, previo assenso dell'ente locale di appartenenza e consenso dello stesso interessato.
Ciò posto, si evidenzia che la disposizione regionale in esame interviene sulla medesima materia relativa all'ordinamento dei segretari comunali e provinciali successivamente all'entrata in vigore della norma nazionale, peraltro con criteri differenti e senza raccordo con la legislazione nazionale.
Sul tale aspetto, rispetto alle discrasie presenti nelle due norme, si evidenzia che il citato art. 16-ter, comma 9, del decreto legge n. 162/2019, dispone che possono essere attribuite le funzioni di vice segretario comunale a un funzionario di ruolo in servizio da almeno due anni presso un ente locale, al fine di assicurare il possesso della necessaria esperienza professionale, mentre la disposizione regionale non richiede alcun requisito minimo di servizio ma consente il conferimento di tali incarichi indistintamente a tutti i dipendenti di ruolo del comparto unico regionale locale.
Inoltre, mentre l'incarico di cui trattasi, ai sensi della citata normativa nazionale, può essere attribuito, previa autorizzazione del Ministero dell'interno, per non più di 12 mesi, la norma regionale non prevede alcuna autorizzazione del Ministero dell'Interno.
Alla luce di quanto precede, nel rilevare che la funzione di Segretario comunale e provinciale risulta costituire una figura infungibile che deve rispondere a ben determinati requisiti stabiliti dalla legislazione nazionale, anche le disposizioni di natura urgente finalizzate a consentire il regolare funzionamento degli enti in presenza di una sensibile carenza degli organici, nelle more delle misure di potenziamento previste dal legislatore, risultano ispirate a tali finalità di coordinata ed omogenea gestione a livello nazionale di tale criticità.
Peraltro, tale differente trattamento introdotto dalla disposizione regionale rispetto alle previsioni normative nazionali, determina un’ingiustificata disparità nei confronti dei dipendenti degli enti locali delle altre regioni, a fronte dell'attribuzione delle medesime finzioni di reggenza temporanea delle sedi di segreteria, con conseguente violazione dell'articolo 97 della Costituzione in materia di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione.

La disposizione regionale in esame viola, pertanto, la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile e confligge con gli articoli 97 e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.


Comma 6: prevede, a differenza della normativa nazionale, che il soggetto cui è conferito l'incarico di reggenza temporanea delle sedi di segreteria con popolazione fino a 3.000 abitanti stipula un contratto di lavoro a tempo determinato regolato, per la parte giuridica e economica, secondo la disciplina dettata dai contratti collettivi dei segretari comunali e provinciali. La relativa spesa è esclusa dal limite per il lavoro flessibile di cui all’articolo 9, comma 28 del decreto legge n. 78/2010.

Al riguardo, la disposizione in esame si pone in contrasto con la normativa di contenimento della spesa di personale per le forme di lavoro flessibili sopra richiamata, in quanto la Regione interviene con una propria disposizione consentendo ai Comuni di derogare ad una norma nazionale che costituisce, per espressa previsione del citato art. 9, comma 28, principio generale ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

Ne consegue quindi la violazione all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione in materia di coordinamento della finanza pubblica.

Vero è, da un lato, che il decreto legislativo 20 giugno 1997, n. 9, recante "Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni", attribuisce alla Regione potestà legislativa in materia di ordinamento del personale dei comuni, delle province e degli altri enti locali (art. 15). Tuttavia, il successivo articolo 18 prevede che la legislazione dello Stato trova applicazione nel Friuli Venezia Giulia qualora la Regione non sia ancora intervenuta con proprie leggi: al riguardo si osserva che, come espressamente scritto nella disposizione regionale, il Friuli-Venezia Giulia non ha ancora posto in essere una riforma organica dell'ordinamento dei segretari comunali nella Regione.
In ogni caso, la potestà regionale deve svolgersi nel rispetto dei principi fondamentali posti dallo Stato, anche in considerazione delle interferenze su una materia (l'ordinamento civile) sulla quale sussiste competenza statale esclusiva ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. l), e non può spingersi al punto di delineare una nuova figura di segretario comunale, di derivazione locale, che si affianca a quella classica di origine nazionale e che coesiste con quest'ultima sul territorio regionale.
Si sottolinea che la funzione di segretario comunale e provinciale costituisce una figura peculiare che deve rispondere a ben determinati requisiti, come stabiliti dalla legislazione nazionale ai sensi degli articoli 97 e 98 del decreto legislativo n. 267 del 2000. Su di essa, la Corte costituzionale ha peraltro ribadito tale peculiarità, evidenziandone l'elevato profilo di professionalizzazione anche attraverso il riconoscimento della precipua procedura assunzionale del corso-concorso di formazione prevista per l'accesso all'Albo nazionale, con verifiche periodiche dell'apprendimento e obblighi formativi suppletivi nel biennio successivo alla prima nomina; il principio della non revocabilità ad nutum dell'incarico (salvo che per violazione dei suoi doveri d'ufficio) e la garanzia nella stabilità dello status giuridico ed economico, attraverso la permanenza nell'Albo anche nell'ipotesi di mancata conferma attraverso l'istituto del collocamento in posizione di disponibilità.

Diversamente, l'articolo 11, parlando di reggenza temporanea delle sedi di segreteria, consente di individuare soggetti cui attribuire il "ruolo di segretari comunali", individuandoli nei dipendenti degli enti locali regionali assunti con contratto a tempo indeterminato per i quali, pur in possesso dei requisiti per l'accesso alla qualifica di segretario comunale (comma 3), non si prevede alcun meccanismo di selezione né di formazione professionale. Istituiste inoltre presso l'Ufficio unico del sistema integrato di Comparto del personale del pubblico impiego regionale e locale di cui all'articolo 17 della legge regionale n. 18 del 2016 l'Elenco dei soggetti cui può essere conferita la reggenza. Anche sotto tale profilo la disposizione appare difforme rispetto alla legislazione statale che invece disciplina l'ipotesi della reggenza con riferimento esclusivo ai soggetti già iscritti nell'Albo dei segretari comunali all'esito della procedura di abilitazione prevista dall'articolo 98 comma 4, del TUEL, al termine della specifica procedura concorsuale (disciplinata dall'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465 e, transitoriamente, dall'articolo I6ter del decreto-legge 31 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 200, n. 8).
Fermo restando quanto sopra evidenziato circa la creazione, ad opera della legge regionale in esame, di una sorta di tertium genus di segretario comunale reggente, del tutto eccentrico rispetto al sistema ordinamentale, si reputa che, anche qualora si volesse ricondurre la figura del reggente alla disciplina dei vicesegretari, la norma regionale dovrebbe essere comunque rasa omogenea rispetto al modello delineato dal Legislatore nazionale, con particolare riferimento ai profili relativi ai requisiti soggettivi, alla selezione e alla formazione e all'aggiornamento periodico..-

Dal quadro delineato risulta, quindi, evidente la violazione da parte della disposizione regionale in oggetto, della potestà legislativa statale in materia di ordinamento civile di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), e dei principi di ragionevolezza, buon andamento ed imparzialità dell'Amministrazione pubblica di cui all'articolo 97 della Costituzione, anche perché essa potrebbe comportare richieste emulative da parte di altre regioni e far sorgere correlate aspettative da parte del corrispondente personale.

La disposizione regionale viola, peraltro, l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione in materia di coordinamento della finanza pubblica, cui la Regione, pur nel rispetto della propria autonomia, non può derogare e per la quale si ritiene di dover impugnare.

La disposizione eccede anche dalle competenze statutarie che, ai sensi dell’articolo 4 dello Statuto speciale della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia - Legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 devono essere svolte “In armonia con la Costituzione, con i principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali…”.

In relazione a quanto precede, si ritiene di dover impugnare innanzi alla Corte costituzionale il provvedimento regionale ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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