Dettaglio Legge Regionale

Norme contro le descriminazioni determinate dall'orientamento sessuale o dall'identita' di genere. (15-11-2004)
Toscana
Legge n.63 del 15-11-2004
n.46 del 24-11-2004
Politiche socio sanitarie e culturali
21-1-2005 / Impugnata
La legge della regione Toscana, che adotta politiche finalizzate a consentire ad ogni persona la libera espressione del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere, promuovendo il superamento delle situazioni di discriminazione nei vari settori della formazione professionale e delle politiche del lavoro, della sanità, delle attività turistiche e commerciali, eccede dalle competenze regionali.
Infatti, la disciplina che la legge regionale intende introdurre, seppure in materia di legislazione concorrente, collega ad un certo tipo di diversità sessuale diritti e situazioni giuridiche che costituiscono diritti fondamentali della persona la cui tutela deve realizzarsi dallo Stato in maniera uniforme sul territorio nazionale ai sensi degli artt. 2, 3 e 5 della Costituzione. Peraltro, tali diritti e situazioni finiscono per essere collegati a relazioni interpersonali ed incidono quindi nella sfera giuridica soggettiva dei terzi. Nonostante l'ordinamento statale e comunitario abbiano riconosciuto il diritto all'identità sessuale (cfr. sent. Corte Cost. n. 161 del 6-24 maggio 1985), la legge regionale in esame introduce altresì il concetto di orientamento sessuale che nell'ordinamento giuridico vigente non assume specifica rilevanza, infatti l'ordinamento statale non esprime alcun giudizio di valore nell'ovvio rispetto dei principi di libertà e di autonomia individuale. Non appare pertanto consentito che le situazioni in discorso trovino considerazione differenziata nelle singole regioni, non essendo ammissibile che le diverse comunità regionali possano tra loro diversificarsi in ragione del riconoscimento di valori diversi e contrastanti, che, oltre a contraddire il principio fondamentale di unità contenuto nell'art. 5 Cost., si concretizzerebbe, per i singoli, in un'ingiustificata disparità di trattamento violativa dell'art. 3 Cost. A questa disposizione coerentemente si collega la previsione dell'art. 117, comma 2, lett. l), Cost. (sull'ordinamento civile e penale) rimessa alla competenza esclusiva statale e violata da varie disposizioni della legge in esame. In particolare:
1) l'art. 2, configurando misure di sostegno e tutela nelle politiche del lavoro specificamente destinate a "persone discriminate per motivi derivanti dall'orientamento sessuale o dalla identità di genere" e ai transessuali e i transgender, determina una disparità di trattamento in favore di tali soggetti senza un'adeguata giustificazione razionale dal momento che l'ordinamento giurico è neutrale rispetto alle situazioni sessuali e l'articolo in oggetto finisce esso stesso col creare trattamenti differenziati per motivi sessuali. Tale articolo, inoltre ricomprende nelle "categorie svantaggiate", ai fini dell'accesso al lavoro, figure non indicate nell'art. 2, lett. k), del d. lgs. n. 276 del 2003, che deve considerarsi principio fondamentale in materia di tutela del lavoro, di cui all'art. 117, terzo comma, Cost.
2)analogamente l'art. 3, nel garantire opportune misure di accompagnamento, anche al fine di assicurare percorsi di formazione e di riqualificazione alle persone che risultino discriminate e esposte al rischio di esclusione sociale per motivi derivanti dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere, e l'art. 4, comma 1, nel favorire l'accrescimento della cultura professionale correlata all'acquisizione positiva dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere di ciascuno, esulano dalla competenza regionale, trattandosi di aspetti ricompresi nella materia dell'ordinamento civile di cui all'art. 117, secondo comma, lett. l), la cui disciplina spetta, a livello unitario su tutto il territorio, allo Stato.
3) L'art. 5, contenendo disposizioni in materia di responsabilità sociale delle imprese e della relativa certificazione, esula dalla competenza regionale, invadendo la materia del regime dell'impresa disciplinato dal codice civile, ed incidendo in tal modo nella materia dell'ordinamento civile, riservata alla competenza statale dall'art. 117, secondo comma, lett. l), Cost.
4) l'art. 7, comma 1, e l'art. 8 con i quali si riconosce e si stabilisce il diritto di designare la persona a cui gli operatori sanitari devono riferirsi per ricevere il consenso a un determinato trattamento terapeutico, e si demanda ad un successivo regolamento la disciplina della modalità, esula dalla competenza regionale. Si tratta infatti di aspetto ricompreso nei principi fondamentali in materia di tutela della salute che spetta allo Stato disciplinare, il quale vi sta infatti provvedendo con provvedimenti legislativi in itinere sulla base della Convenzione del Consiglio d' Europa sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, fatta ad Oviedo il 4 aprile 1997, già ratificata con la legge 28 marzo 2001, n. 145. Peraltro la materia è disciplinata anche da altre norme statali, di rango primario: dal Codice in materia di protezione dei dati personali, il quale, in attuazione della normativa internazionale e comunitaria, stabilisce particolari garanzie al riguardo e disposizioni anche di dettaglio sulle modalità di acquisizione del consenso, anche nei casi di incapacità legale, naturale o temporale (art. 20, 22, 76 e 82 ss. Dlg. N. 196/2003).
5) l'art. 7, comma 5, non indicando alcuna specifica ragione o motivo a sostegno del trattamento sanitario che abbia ad oggetto la modificazione dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere, si presta a consentire trattamenti sanitari legati non a esigenze terapeutiche o stati patologici ma anche a scelte diversamente motivate, incidendo in tal modo nell'ordinamento civile (art. 5 cod. civ.) e penale (artt. 582 e 583 cod. pen.) relativamente agli atti di disposizione del proprio corpo ( a loro volta coordinati al principio di tutela della dignità della persona umana di cui agli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione), riservati alla competenza statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma , lett. l), Cost. Tale disposizione contrasta inoltre con il principio fondamentale in materia di tutela della salute contenuto nell'art. 3 della Legge n. 164 del 1982 (recante norme riguardanti la rettificazione di attribuzione di sesso) che riserva al tribunale l'autorizzazione al trattamento medico-chirurgico quando lo stesso tribunale ritenga necessario un adeguamento dei caratteri sessuali.
6) l'art. 16, commi 1 e 4, introducendo la previsione di un regime sanzionatorio amministrativo a carico di esercenti di pubblici servizi e di operatori turistici e commerciali che nello svolgimento delle loro attività discriminino gli utenti "per motivi riconducibili all'orientamento sessuale o all'identità di genere" esula dalla competenza regionale. Infatti la Corte Costituzionale ha più volte sostenuto che la competenza sanzionatoria consegue a quella della materia cui la sanzione afferisce (Corte Cost. nn. 123/92 e 365/91), di talchè, non avendo la regione, per i motivi sopra esposti, competenza legislativa in tale specifica materia, alla stessa non può ritenersi attribuita la conseguente potestà sanzionatoria.

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