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Prime misure del 2021 connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 e conseguente variazione al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2021 – 2023. (17-5-2021)
Trento
Legge n.7 del 17-5-2021
n.19 del 17-5-2021
Politiche economiche e finanziarie
13-7-2021 / Impugnata
La legge della Provincia autonoma Trento n. 7 del 17/05/2021, recante “Prime misure del 2021 connesse all’emergenza epidemiologica da COVID – 19 e conseguente variazione al bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2021 - 2023” presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale.
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L’articolo 34 della legge in oggetto - che prevede che, per concorrere allo sviluppo economico del Trentino e per sostenere, anche in relazione all'emergenza epidemiologica da Covid-19, le iniziative di rafforzamento e a supporto del territorio provinciale, la Provincia è autorizzata a partecipare, direttamente o tramite Cassa del Trentino S.p.A., in qualità di socio sovventore, alla società di mutua assicurazione a responsabilità limitata "ITAS istituto Trentino-Alto Adige per Assicurazioni società mutua di assicurazioni – è costituzionalmente illegittimo per i seguenti motivi.
La disposizione in argomento si pone in contrasto con gli articoli 3, comma 1, e 4 del 'Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica" (TUSP) di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175.
L’articolo 3, comma 1, del TUSP, nel dettare disposizioni in ordine ai tipi di società in cui è ammessa la partecipazione pubblica, reca una elencazione tassativa, stabilendo che “le amministrazioni pubbliche possono partecipare esclusivamente a società, anche consortili, costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativo”.
Le mutue assicuratrici, invece, pur essendo, al pari delle cooperative, inquadrate nell'ambito della disciplina riportata al Libro V, Titolo VI, del codice civile concernente “imprese cooperative e mutue assicuratrici ", sono disciplinate da un Capo (il secondo) diverso da quello dedicato alle cooperative e pertanto non classificabili fra queste ultime.
Per quanto, poi, l'articolo 2547 del codice civile preveda che le società di mutua assicurazione sono regolate dalle norme stabilite per le società cooperative, in quanto compatibili con la loro natura, il rinvio in questione non presuppone, anzi implica, che le mutue assicuratrici costituiscano un genus distinto dalle società cooperative in senso stretto.
D’altro canto, se le mutue fossero a tutti gli effetti delle cooperative, il legislatore non avrebbe avuto ritenuto necessario precisare che esse sono regolate dalle norme stabilite per le cooperative.
Inoltre tali ultime norme, per espressa disposizione, sono applicabili alle mutue assicuratrici solo in quanto compatibili con la loro natura. Tale ulteriore necessità del legislatore di fornire tale precisazione, conferma che la natura di queste ultime deve ritenersi distinta da quella delle società cooperative.
Sotto altro profilo, va poi rilevato che l’articolo 2, comma 1, lett. l) del TUSP, ricomprende nel novero delle “società”, soltanto: “gli organismi di cui ai titoli V e VI, capo I, del libro V del codice civile, anche aventi come oggetto sociale lo svolgimento di attività consortili, ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile”, escludendo pertanto le mutue assicuratrici disciplinate dal Capo II del Titolo VI del Libro V del codice civile.
La scelta del legislatore della riforma di non includere espressamente nell'articolo 3, comma 1, del TUSP, le mutue assicuratrici fra i tipi di società a cui possono partecipare le pubbliche amministrazioni va pertanto interpretato come frutto di una precisa scelta del legislatore e, quindi, come espresso divieto.
Tale esclusione risulta coerente con le finalità tipiche del modello societario delle mutue assicuratrici che è quella di garantire ai soci, nel rispetto dei principi mutualistici, l'accesso a prodotti assicurativi a condizioni più favorevoli di quelle presenti sul mercato. La qualifica di socio è, infatti indissolubilmente legata a quella di contraente del rapporto assicurativo.
Peraltro. laddove una pubblica amministrazione intendesse perseguire l'obiettivo di contribuire allo sviluppo economico e sostenere le iniziative di rafforzamento e a supporto del territorio provinciale, aspetti che nella disposizione in esame paiono costituire il presupposto da cui muove l'iniziativa della Provincia, si ritiene possibile rinvenire nell'ordinamento giuridico forme di sostegno alternative all'acquisizione di una partecipazione societaria.
La norma in esame viola altresì l'articolo 4 (Finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche) del TUSP che, nel riprendere quanto già prescritto dall'articolo 3. comma 27, della legge n. 244 del 2007, al comma 1 stabilisce che “le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione dì beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società".
In buona sostanza, il citato articolo 4 del decreto legislativo n. 175/2016, introducendo il doppio vincolo - cd. 'vincolo di scopo pubblico" (comma I) ed il' "vincolo di attività" (comma 2) - consente la costituzione di società ovvero l'acquisizione di partecipazioni societarie solo se ciò permette, o favorisce, la cura di almeno uno dei fini istituzionali attribuiti all'amministrazione socia dal medesimo articolo 4 (secondo il Consiglio di Stato, parere n. 968/2016): "L importante novità dello schema di decreto è rappresenta dal secondo comma che aggiunge a tale limite un ulteriore vincolo di attività' - non presente nella disciplina vigente ('cfr. retro, parte I, par. 6) - ammettendo soltanto le società che svolgono «esclusivamente» le attività indicate alle lettere a), b), c), d) ed e)”.
L'articolo 34 della legge della Provincia autonoma di Trento prevede, infatti, l’acquisizione, diretta o indiretta, di una partecipazione di una società di mutua assicurazione la cui attività appare del tutto estranea alle finalità istituzionali della Provincia.
Sull'argomento si è più volte pronunciata la magistratura contabile, in particolare con riguardo alle questioni afferenti le modalità di applicazione degli articoli 20 e 24 del TUSP, riguardanti il processo di razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche.
La Corte dei Conti - Sezione regionale di controllo per la Lombardia, con la deliberazione 348/2017/PAR, ha sottolineato che “Il legislatore […] presuppone, che, in sede di revisione straordinaria, ex art. 24, gli enti pubblici provvedano a dismettere le società, non riconducibili alle missioni istituzionali attribuite dalle leggi, agli enti pubblici” e ancora “che tale forma di revisione straordinaria (…) non può non condurre all'adozione di provvedimenti di alienazione/scioglimento”.
Al comma 2 del richiamato articolo 4 il TUSP specifica, in positivo, le categorie di società legittimamente costituibili o detenibili da enti pubblici. Queste ultime possono esclusivamente espletare le seguenti attività: a) produzione di un servizio di interesse generale, inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti strumentali; b) progettazione e realizzazione di un'opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra PA (art. 193 del d.lgs. ".50 del 2016); e) realizzazione e gestione di un'opera pubblica odi un servizio d'interesse generale attraverso un contratto di partenariato (art. 180 del d.lgs. n. 50/2016); d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti, o allo svolgimento delle loro funzioni; e) servizi di committenza, incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici.
In tale contesto appare utile richiamare la nozione di servizio di interesse generale resa dal TUSP all'articolo 2. comma 1, lettera h), secondo cui sono tali "le attività di produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini dì accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione. qualità e sicurezza, che le amministrazioni pubbliche, nell’ambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale".
Alla luce della definizione di servizio generale introdotta dal decreto, che replica proposizioni già espresse dalla normativa comunitaria, la Corte dei conti (Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione 398/PARI20I6) ha chiarito che il servizio può essere svolto dall'ente locale se l’intervento dell'ente stesso sia necessario per garantire l'erogazione del servizio, alle condizioni stabilite nella disposizione appena richiamata, ossia se, senza l'intervento pubblico sarebbero differenti le condizioni di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione qualità e sicurezza al servizio oggetto di attenzione.
Alla luce di quanto sopra, può pertanto affermarsi che l'acquisizione della partecipazione in una mutua assicuratrice risulti del lutto estranea al conseguimento delle suddette finalità di interesse generale.
Sempre la Corte, con la citata deliberazione 398/PAR/2016 aggiunge che "nel caso in cui la partecipazione dell’ente sia minoritaria (ed in assenza di altri soci pubblici, che consentano il controllo della società), il servizio espletato non è da ritenere “servizio di interesse generale" posto che, a prescindere da ogni altra considerazione relativa alle finalità istituzionali dell'ente, l’intervento pubblico (stante la partecipazione minoritaria) non può garantire l'accesso al servizio così come declinato nell’articolo 4: l'accesso ai servizio non sarebbe svolto dal mercato o sarebbe svolto a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica, economica, continuità, non discriminazione. Infatti una partecipazione poco significativa non sarebbe in grado di determinare le condizioni di accesso al servizio che potrebbero legittimare il mantenimento della quota".
Del medesimo tenore quanto affermato dalla Corte dei conti - Sezione regionale di controllo per il Piemonte che, con la deliberazione 9/20I6ISRCPIE/VSG, ha sottolineato che le partecipazioni cd. "polvere”, non consentendo un controllo sulla partecipata da parte del socio pubblico, non sembrerebbero coerenti con una valutazione di strategicità della partecipazione, riducendosi al rango di mero investimento in capitale di rischio, oggi non più ammesso, per tutto quanto sopra riportato, dall'attuale quadro normativo.
Nel caso in esame, stante la misura quasi certamente minoritaria della partecipazione, non potrebbero realizzarsi, pertanto, le condizioni affinché la pubblica amministrazione possa determinare le condizioni di accesso al servizio pubblico e, per esso, perseguire le proprie finalità istituzionali come richiesto dall’articolo 4, comma I, del TUSP.
L’articolo 34 della legge provinciale in parola, pertanto, si pone in contrasto sia con l’articolo 3, comma 1, che con l'articolo 4 del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, in relazione agli articoli 8 e 9 dello Statuto della Regione autonoma Trentino Alto Adige approvato con D.P.R 31 agosto 1972, n. 670, con riferimento alla materia del coordinamento della finanza pubblica, di cui all'articolo 117, terzo comma, al principio di buon andamento di cui all'articolo 97, nonché la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lett. l) della Costituzione.
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Alla luce di tutto quanto sopra esposto, la legge regionale in parola, nell’articolo sopra indicato, deve essere impugnata ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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