Dettaglio Legge Regionale

Norme per la tutela della salute dei pazienti nell’esercizio delle attivita’ specialistiche odontoiatriche (20-4-2016)
Calabria
Legge n.10 del 20-4-2016
n.47 del 21-4-2016
Politiche socio sanitarie e culturali
10-6-2016 / Impugnata
La legge della regione Calabria 20 aprile 2016, n. 10 recante “Norme per la tutela della salute dei pazienti nell’esercizio delle attività’ specialistiche odontoiatriche”, presenta profili di illegittimità costituzionale.
E’ opportuno premettere che la regione Calabria, per la quale si è verificata una situazione di disavanzi nel settore sanitario tali da generare uno squilibrio economico-finanziario che compromette l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, ha stipulato, il 17 dicembre 2009, un accordo con i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze, comprensivo del Piano di rientro dal disavanzo sanitario, che individua gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, ai sensi dell’art. 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).
La Regione Calabria, peraltro, non avendo realizzato gli obiettivi previsti dal Piano di rientro nei tempi e nelle dimensioni di cui all'articolo 1, comma 180, della l. n. 311/04, nonché dall'intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, e dai successivi interventi legislativi in materia, è stata commissariata ai sensi dell’articolo 4 del decreto legge 1 ottobre 2007, n. 159, in attuazione dell’articolo 120 della Costituzione, nei modi e nei termini di cui all’articolo 8, comma 1, della legge n. 131/2003.
Nella seduta del 30 luglio 2010, infatti, il Consiglio dei Ministri ha deliberato la nomina del Commissario ad acta per la realizzazione del vigente piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della Regione Calabria, individuando lo stesso nella persona del Presidente della Regione pro tempore.
Successivamente, ai sensi dell’art. 2, comma 88, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, con la delibera n. 44/2010 del 3 agosto 2010, il Commissario ad acta ha approvato Programmi operativi con i quali ha dato prosecuzione al Piano di Rientro 2013-2015.
In seguito il Consiglio dei ministri, con delibera del 12 marzo 2015, ha conferito, ai sensi dell’art. 1, comma 569, della legge n. 190 del 2014, l’incarico di Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro all’Ing. Massimo Scura, secondo i Programmi operativi di cui all’articolo 2, comma 88, della legge 30 dicembre 2009, n. 191. Tale delibera attribuisce al nuovo Commissario ad acta i contenuti del mandato commissariale già affidato al Presidente pro tempore. Al nuovo Commissario è infatti assegnato l’incarico prioritario di adottare ed attuare i Programmi operativi e gli interventi necessari a garantire, in maniera uniforme sul territorio regionale, l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza, sicurezza e qualità, nei termini indicati dai Tavoli tecnici di verifica e nell’ambito della cornice normativa vigente.
In particolare il mandato commissariale del 12 marzo 2015 affida al Commissario ad acta, al punto 10), tra le azioni e gli interventi prioritari, l’ “attuazione della normativa statale in materia di autorizzazioni e accreditamenti istituzionali, mediante adeguamento della vigente normative regionale”

Ciò premesso, la legge regionale in esame, che detta disposizioni per la tutela della salute dei pazienti nell’esercizio delle attività specialistiche odontoiatriche, presenta i seguenti aspetti d’illegittimità costituzionale:
1) L’articolo 4 prevede che “Non sono soggetti ad autorizzazione sanitaria nell’esercizio, né a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), gli studi odontoiatrici che effettuano esclusivamente visite e/o diagnostica strumentale non invasiva”. L’articolo 5, inoltre, stabilisce che “E’ soggetta ad autorizzazione sanitaria all’esercizio, con integrale applicazione del procedimento previsto dalla l.r. 24/2008:
- a) l’attività volta ad erogare prestazioni odontoiatriche all’interno di ambulatori o di altri strutture sanitarie comunque non rientranti nella definizione di studio odontoiatrico di cui all’articolo 2;
- b) in via residuale, l’attività degli studi odontoiatrici che non rientra tra le prestazioni a minore invasività elencate nell’Allegato “B” alla presente legge, fatte salve le previsioni di cui all’articolo 4.”.

Le suddette disposizioni regionali che modificano la disciplina in materia sanitaria in costanza di Piano di rientro dal disavanzo sanitario, di stretta competenza del Commissario ad acta, sono incostituzionali sotto un duplice aspetto:
a) interferiscono con le funzioni commissariali di cui alla punto 10), del mandato commissariale del 2015, in violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.
Come confermato dalla Consulta nella sentenza n. 110/2014, la giurisprudenza costituzionale "ha più volte affermato che l'operato del commissario ad acta, incaricato dell'attuazione del Piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all'esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti ad un'attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. E’, dunque, proprio tale dato - in uno con la constatazione che l'esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell'unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute - a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del Commissario, ovviamente fino all'esaurimento dei suoi compiti di attuazione del Piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali". La giurisprudenza della Corte Costituzionale al riguardo è costante ed univoca (sul punto, si vedano le sentenze nn. 2/2010, 78/2011, 131/2012, 18/2013, 28/2013 e 79/2013).
La Corte Costituzionale inoltre, con sentenza n. 79/2013, ha ulteriormente precisato che anche "la mera potenziale situazione di interferenza con le funzioni commissariali è idonea - a prescindere dalla ravvisabilità di un diretto contrasto con i poteri del commissario - ad integrare la violazione dell' art. 120, secondo comma, Cost.";

b) le stesse disposizioni regionali, inoltre, prevedendo interventi in materia di organizzazione sanitaria non contemplati dal Piano di rientro, e in particolare dal “Programma 5” del Piano (approvato con decreto del Commissario ad acta n. 14 del 2 aprile 2015), riguardante le autorizzazioni e gli accreditamenti, si pongono in contrasto con i principi fondamentali diretti al contenimento della spesa pubblica sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, secondo i quali gli interventi previsti nell'Accordo e nel relativo Piano "sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro”.
Le disposizioni regionali in esame pertanto violano l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto contrastano con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica e di tutela della salute.
La Corte Costituzionale, con la citata sentenza n. 79 del 2013, ha ribadito, secondo il proprio consolidato convincimento, che «“l’autonomia legislativa concorrente delle Regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare nell’ambito della gestione del servizio sanitario può incontrare limiti alla luce degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa”, peraltro in un “quadro di esplicita condivisione da parte delle Regioni della assoluta necessità di contenere i disavanzi del settore sanitario” (sentenze n. 91 del 2012 e n. 193 del 2007). Pertanto, il legislatore statale può “legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente per assicurare l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva, in connessione con il perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari” (sentenze n. 91 del 2012, n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010)».
In tale contesto, la Corte ha già più volte riconosciuto all’art. 2, commi 80 e 95, delle legge n. 191 del 2009, invocato dal ricorrente come parametro interposto, la natura di principio fondamentale diretto al contenimento della spesa sanitaria, ritenuto, come tale, espressione di un correlato principio di coordinamento della finanza pubblica (ex plurimis: sentenze n. 79 del 2013, n. 91 del 2012, n. 163 e n. 123 del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010). Tale norma, analogamente all’art. 1, comma 769, lettera b), della legge n. 269 del 2006, ha, infatti, reso vincolanti per le Regioni che li abbiano sottoscritti, «gli interventi individuati negli accordi di cui all’art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005), finalizzati a realizzare il contenimento della spesa sanitaria ed a ripianare i debiti anche mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato» (sentenza n. 79 del 2013).

2) L’articolo 4 è incostituzionale anche sotto altro profilo. Esso prevede, infatti, con formulazione generica e poco chiara, che non sono soggetti né ad autorizzazione sanitaria né a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) quegli studi odontoiatrici che “effettuano esclusivamente visite e/o diagnostica strumentale non invasiva”.
Tale generica formulazione si pone in contrasto con quanto stabilito dall’art. 8, coma 4, del d.lgs. n. 502/1992 che prevede la definizione di “requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi richiesti per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private e la periodicità dei controlli sulla permanenza dei requisiti stessi”.
L’art. 8-bis del d.lgs. n. 502/1992 infatti stabilisce che “La realizzazione di strutture sanitarie e l'esercizio di attività sanitarie, l'esercizio di attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale e l'esercizio di attività sanitarie a carico del Servizio sanitario nazionale sono subordinate, rispettivamente, al rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 8-ter, […].”. E, in ordine agli studi odontoiatrici, l’art. 8-ter, comma 2, del d.lgs. n. 502/1992 prevede che “L'autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie è, altresì, richiesta per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, individuati ai sensi del comma 4, nonché per le strutture esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche, svolte anche a favore di soggetti terzi.”.
Ne consegue che la disposizione regionale in esame, nel prevedere in maniera generica l’esclusione dall’autorizzazione sanitaria e dalla segnalazione certificata inizio attività, per gli studi odontoiatrici, qualora effettuino visite e/o prestazioni diagnostiche strumentali non invasive, senza indicare il livello di invasività, si pone in contrasto con il principio fondamentale di tutela della salute di cui alle citate disposizioni del d.lgs. n. 502/1992 e, pertanto, viola la materia di tutela della salute di cui agli articoli 32 e 117, terzo comma, della Costituzione.
Con sentenza n. 59 del 2015 anche la Corte Costituzionale ha evidenziato come "la competenza regionale in materia di autorizzazione e vigilanza sulle istituzioni sanitarie private debba senz'altro essere inquadrata nella più generale potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute, che vincola le Regioni al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato (sentenze n. 134 del 2006 e n. 200 del 2005)" (sentenza n. 292 del 2012, e, nello stesso senso, sentenza n. 260 del 2012). Ne consegue che, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., le scelte del legislatore regionale devono svolgersi nel rispetto dei principi fondamentali riservati alla legislazione dello Stato (sentenze n. 162 del 2004 e n. 282 del 2002, ordinanza n. 323 del 2010). In ordine poi all’obbligatorietà di autorizzazione da parte degli studi medici ed odontoiatrici , la medesima sentenza n. 59 del 2015 ha precisato che “ gli artt. 8 e 8-ter del D.Lgs. n. 502 del 1992, stabiliscono "requisiti minimi" di sicurezza e qualità per poter effettuare prestazioni sanitarie" (sentenza n. 292 del 2012) ed esprimono principi fondamentali nella materia "tutela della salute" (sentenze n. 245 e n. 150 del 2010). Con tale sentenza la Consulta ha pertanto giudicato incostituzionale la legge della Regione Abruzzo che aveva espunto dal relativo regime autorizzatorio una serie di prestazioni, tra cui numerosi interventi dentali e ortodontici, in relazione ai quali, secondo la Corte, non è ipotizzabile il venir meno dei livelli essenziali di garanzia previsti dal legislatore statale in ordine alla qualità e sicurezza delle cure ed all'idoneità delle dotazioni tecniche e strumentali.
Per i motivi esposti le disposizioni sopra indicate devono essere impugnate dinanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell’art.127 Cost.

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