Dettaglio Legge Regionale

Legge di stabilità regionale 2016. (23-2-2016)
Veneto
Legge n.7 del 23-2-2016
n.18 del 26-2-2016
Politiche economiche e finanziarie
22-4-2016 / Impugnata
La legge regionale Veneto n. 7 del 2016 presenta i seguenti profili di illegittimità costituzionale, in relazione all’articolo 12, commi 1, 2, 3 e 4.

1. Art. 12, commi 1 e 2.

L’articolo 12, comma 1, istituisce un Fondo regionale per il patrocinio legale gratuito a sostegno dei cittadini veneti, residenti nel territorio veneto dal almeno quindici anni, colpiti dalla criminalità. Il successivo comma 2 stabilisce che il fondo è destinato ad assicurare il patrocinio a spese della Regione nei procedimenti penali per la difesa dei cittadini residenti in Veneto da almeno quindici anni che, vittime di un delitto contro il patrimonio o contro la persona, siano accusati di eccesso colposo di legittima difesa o di omicidio colposo per avere tentato di difendere se stessi, la propria attività, la famiglia o i beni, da un pericolo attuale di un’offesa ingiusta.
La previsione normativa in esame pone un equilibrio di interessi tra la condotta che può assumere le caratteristiche di fatto penalmente rilevante e la circostanza che, al tempo stesso, l’autore della medesima sia vittima di un reato, avendo subito l’aggressione al proprio patrimonio od alla propria persona.
Dal punto di vista sistematico, occorre evidenziare che la disciplina relativa al patrocinio a spese dello Stato trova fondamento normativo nell’articolo 24, terzo comma, della Cost. che riconosce ai non abbienti la tutela sostanziale al diritto inviolabile di agire e difendersi in giudizio, fornendo i mezzi per agire e per difendersi davanti a ogni giurisdizione. Il riconoscimento di tale diritto trova fondamento nell’esigenza di rimuovere un evidente ostacolo all'eguaglianza fra i cittadini, rappresentato dalla disparità di risorse economiche fra le parti e, conseguentemente, dalla diversa possibilità di ottenere la tutela dei propri diritti mediante una difesa tecnica adeguata.
È vero che la previsione costituzionale in esame trova applicazione con riferimento ai non abbienti, ma è anche vero che l’ordinamento riconosce, altresì, ipotesi di patrocinio a spese dello Stato anche in casi in cui il presupposto di fatto non è costituito dallo stato di indigenza dell'indagato, dell’imputato o del condannato (nonché del responsabile civile o civilmente obbligato per la pena pecuniaria), ovvero della vittima del reato.
Più in particolare, infatti, in favore delle vittime di alcuni reati (tra i quali, ad esempio, la violenza sessuale) è prevista la possibilità di ammissione al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito ordinariamente richiesti. Qui, è la particolare gravità del reato subito e la conseguente subordinazione psicologica della vittima a costituire la ragione fondante della misura di favore che giustifica un trattamento differenziato rispetto alla disciplina generale della tutela solo in favore dei non abbienti.
La norma regionale in esame introduce un diverso criterio di ammissione a questo beneficio, basato non più sulla condizione economica del richiedente, bensì sulla natura dell'accusa che a quest'ultimo viene mossa. Il presupposto di fatto su cui trova fondamento la particolare disciplina di favore è costituito dalla circostanza che il ritenuto autore del reato (in favore del quale è riconosciuto il beneficio del patrocinio a spese della Regione) è, al tempo stesso, vittima di un delitto contro il patrimonio o contro la persona.
Occorre allora valutare se la contestuale situazione di autore di un reato e di vittima (a propria volta) di un delitto contro il patrimonio o contro la persona, giustifichi un intervento di favore, riconoscendo anche in tal caso un patrocinio a spese della Regione.
Potrebbe ritenersi, sotto tale profilo, che la circostanza che l’autore del reato è altresì vittima di un delitto sia idonea a giustificare l’intervento di favore che prescinda dal reddito; ciò, sulla base della considerazione che il fatto commesso è strettamente correlato ad una situazione di pericolo nella quale lo stesso si è venuto a trovare, esponendo a rischio il proprio patrimonio o la propria persona.
Tuttavia, non è in linea con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione la limitazione, contenuta nella norma in esame, secondo cui il beneficio è riconosciuto solo in favore dei residenti nella Regione da almeno quindici anni. La suddetta limitazione temporale è lesiva del principio di uguaglianza in quanto crea una disparità di trattamento tra soggetti residenti nella Regione.
Se, invero, l’intervento normativo regionale ha la finalità di assicurare, a chi sia vittima di un delitto contro la persona o il patrimonio e, conseguentemente, autore di un fatto di reato, una misura di favore che tiene conto della peculiarità in cui la condotta illecita è stata posta in essere, la medesima dovrebbe ragionevolmente essere offerta in favore di tutti i residenti, a prescindere dal dato temporale della durata della residenza presso quella Regione.
Il presupposto della residenza della Regione, cui si correla il diritto a ricevere il beneficio in esame, è da collegarsi al solo fatto, di per sé rilevante, dell’inserimento del residente nell’ambito dell’amministrazione della Regione, con la conseguenza che lo stesso non solo è destinatario dell’azione amministrativa locale e sottoposto a tutti gli obblighi che derivano dall’acquisizione della residenza, ma, correlativamente, anche titolare di tutti i diritti che sono riconosciuti nell’ambito regionale.
Diversificare, come è fatto nella legge regionale in esame, il diritto al beneficio in relazione al dato temporale della residenza, si pone in termini di irragionevole trattamento diversificato nei confronti dei residenti che non ricevano tutela a eventuali diritti riconosciuti dall’ordinamento locale, pur essendo tenuti agli obblighi che derivano.
Inoltre, fermo restando quanto sopra espresso, si osserva che la previsione normativa regionale attua un generico riconoscimento del beneficio economico a tutti i soggetti accusati di eccesso colposo di legittima difesa o di omicidio colposo per avere tentato di difendere se stesso, la propria attività, la famiglia o i beni, da un pericolo attuale di un’offesa ingiusta. Tale sommario riconoscimento può essere valutato in termini di previsione normativa orientata nella possibile alterazione dell’equilibrio dei rapporti sociali, della sicurezza, nella misura in cui lo si configuri quale intervento di favore anche nei confronti di chi è autore di una condotta illecita commessa al di fuori della scriminante della legittima difesa e, quindi, sia stato condannato. Sotto tale profilo la disposizione regionale si pone in contrasto con la previsione costituzionale di cui all' articolo 117, comma secondo, lett. h), che riserva alla esclusiva potestà legislativa statale la materia dell'ordine pubblico e delle sicurezza, "materia che, per costante giurisprudenza di questa Corte, si riferisce «all’adozione delle misure relative alla prevenzione dei reati ed al mantenimento dell’ordine pubblico, inteso quest'ultimo quale complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale» (ex plurimis, sentenza n. 35 del 2011)" (Corte Cost. sent. n. 118/2013). Si veda anche la sent. n. 35/2012, nella quale si chiarisce che “questa Corte ha ripetutamente affermato che l'ordine pubblico e la sicurezza, ai fini del riparto della competenza legislativa, hanno per oggetto le “misure inerenti alla prevenzione dei reati o al mantenimento dell'ordine pubblico» (sentenza n. 407 del 2002; in seguito, ex plurimis, sentenze n. 35 del 2011, n. 226 del 2010, n. 50 del 2008, n. 222 del 2006, n. 428 del 2004).".
Si soggiunge, infine, che, in alcune pronunce, la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento penale (art. 117, secondo comma, lett. l) è stata intesa dalla Corte costituzionale in termini ampi. Si veda, a tale riguardo, la sent. n. 50/2008, nella quale si legge quanto segue: "nella parte in cui la norma ... destina risorse al Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere, essa, essendo finalizzata ad assicurare la prevenzione e repressione di reati, è riconducile sia all'ambito materiale dell'ordine pubblico e sicurezza, sia a quello dell'ordinamento penale, attribuiti entrambi alla competenza legislativa esclusiva statale (art. 117, secondo comma, lettere h e l Cost.)".
Per tali ragioni, la previsione normativa di cui all’art.12, commi 1 e 2, della legge della Regione Veneto, si pone in contrasto con l’art. 3 Cost. nella parte in cui limita il patrocinio a spese della Regione ai soli casi di cittadini residenti in Veneto da almeno quindici anni; nonché viola anche la previsione costituzionale di cui all' articolo 117, comma secondo, lett. h) ed l) , che riservanoesclusiva potestà legislativa statale la materia dell'ordine pubblico e della sicurezza, nonché la materia dell’ordinamento penale.
Pertanto le disposizioni di cui sopra devono essere impugnate ex art. 127 Costituzione.

2. Art. 12, commi 3 e 4.

La regione istituisce, all’articolo 12, comma 3, un apposito fondo denominato “Fondo regionale per il patrocinio legale ed il sostegno alle spese mediche degli addetti delle Polizie locali e delle Forze dell’ordine”, al fine di tutelare tale personale operante sul territorio. Il successivo comma 4 ne disciplina oggetto e finalità, volti a garantire l’anticipo di spese mediche, il ristoro di eventuali quote non rimborsate da assicurazioni ed il patrocinio legale al suddetto personale rimasto ferito o destinatario di procedimenti legali per azioni di prevenzione e di contrasto alla criminalità esercitate nel corso delle proprie funzioni.
Al riguardo è necessario premettere che:
- per quanto attiene gli addetti alle Polizie locali, si rileva che l’istituzione del menzionato Fondo regionale avviene al di fuori delle disposizioni contrattuali di comparto e crea una disparità di trattamento con gli addetti alle Polizie locali di altre regioni;
- in merito, poi, ai Corpi e Forze di polizia statali (di cui all’articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121), preliminarmente appare inopportuno utilizzare la dizione “Forze dell’ordine”, espressione di natura non normativa, in quanto genera criticità interpretative e confusione terminologica fra le Polizie locali ed i Corpi statali, tenuti nettamente distinti fra loro dal legislatore nazionale.
Operata tale premessa, si rileva che la previsione di istituire un apposito fondo regionale, per tutelare sia gli addetti alle Polizie locali che alle Forze di Polizia statali che svolgono servizio nella regione veneto, è un’innovazione che determina disparità di trattamento ingiustificate fra personale statale di identico grado o qualifica, solo a causa della diversa dislocazione territoriale in cui opera, con conseguenti contenziosi e illegittimità. Dettare una disciplina autonoma per gli operatori di polizia che prestano servizio nella Regione Veneto comporta una disparità di trattamento con il personale delle Polizie locali e delle Forze di Polizia (art. 16 L. n. 121/1981 citato) delle altre regioni che svolgono la medesima attività.
Più volte la Corte costituzionale si è pronunciata, in tema di perequazione del trattamento economico delle Forze di Polizia, per ribadire il “principio di equiparazione secondo l’omogeneità di funzione” (sentenza n. 455/1993) e l'obiettivo per le diverse forze di polizia di trattamenti armonizzati “nella prospettiva della omogeneizzazione complessiva attuata in un sistema a regime” (n. 451/2000). Ne consegue la violazione dei principi di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione.
In secondo luogo, la disposizione di istituire un apposito fondo regionale, per tutelare sia gli addetti alle Polizie locali che alle Forze di Polizia statali si pone in contrasto con la normativa statale sulla contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale, contenuta nel titolo III del d.lgs. n. 165/2001. La normativa nazionale, infatti, indica le procedure da seguire in sede di contrattazione e l’obbligo del rispetto della normativa contrattuale.
La disposizione regionale, pertanto, viola l’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l’ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile (contratti collettivi).
Stante poi la netta separazione fra Polizie locali, facenti parte del comparto Enti Locali e le Polizie statali, inserite con le Forze Armate nell’apposito Comparto Sicurezza-Difesa e la loro dipendenza ordinamentale da strutture centrali, la Regione Veneto non ha alcuna potestà che possa giustificare l’elargizione di benefici a personale totalmente al di fuori della propria competenza.
La materia della tutela legale, peraltro, è disciplinata, per gli appartenenti alle Forze di polizia, dall’art. 32 della legge n. 152/1975, c.d. “Legge Reale”, e dall’art.18 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito con modificazioni, nella legge 23 maggio 1997, n. 135 (Disposizioni urgenti per favorire l'occupazione), che rappresenta la disposizione di carattere generale per i dipendenti delle amministrazioni statali; in particolare, il riconoscimento del beneficio del rimborso delle spese legali è subordinato, dalla citata normativa statale, alla presenza di determinati requisiti soggettivi ed oggettivi di volta in volta valutati dall’Amministrazione di appartenenza nel corso della procedura attivata su richiesta dei dipendenti coinvolti in procedimenti giudiziari per fatti connessi con l’adempimento dei doveri istituzionali.
La previsione regionale, quindi, travalica i limiti della potestà legislativa regionale invadendo l’ambito assegnato dalla Costituzione alla legge dello Stato non solo per ciò che concerne la materia dell’”ordinamento civile e penale”, come sopra esposto, ma anche in materia di “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato”, art. 117, secondo comma, lett. g) della Costituzione.

Per le suesposte considerazioni, si propone l’impugnativa delle predette disposizioni innanzi alla Corte Costituzionale per violazione degli artt. 3 e 117, secondo comma, lettere h), g) ed l), della Costituzione.

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