Dettaglio Legge Regionale

Testo unico in materia di agricoltura (9-4-2015)
Umbria
Legge n.12 del 9-4-2015
n.21 del 15-4-2015
Politiche infrastrutturali
/ Rinuncia parziale
RINUNCIA PARZIALE

Con deliberazione del Consiglio dei Ministri dell' 11/06/2015, il Governo ha impugnato numerose disposizioni della legge della Regione Umbria n. 12 del 9/4/2015, pubblicata sul BUR n. 21 del 15/04/2015, recante "Testo unico in materia di agricoltura."

Successivamente, nella seduta del Consiglio dei Ministri del 28 luglio 2016, il Governo, in considerazione di modifiche legislative di adeguamento ai rilievi proposti intervenute con la l.r. n. 6 del 04/05/2016, ha deliberato una rinuncia parziale all’impugnativa, con riferimento alle disposizioni contenute negli articoli 9, comma 1, lett. a), 15 lett. a) ed e), 83, comma 1, 95, comma 2 e 127 della l.r. n. 12/2015.

All’esito di detta rinucia parziale, il ricorso pendente risultava quindi riguardare ancora le seguenti norme : articoli 10, comma 1, lett. b), 20, comma 1, lett. d), 43, comma 1, 46, 48, 64, comma 1, lett. a), 81, comma 3, lettere a), b), f) e g).

A seguito di ulteriori approfondimenti, considerato anche l’intervento di modifica legislativa operato dalla legge regionale n. 6/2016 che è apparso idoneo ad eliminare numerosi motivi censura mossi dal Governo, acquisito in proposito l’assenso del competente Ministero delle Politiche Agricole, si ritiene di poter rinunciare all’impugnativa pendente, per i motivi indicati, anche in relazione alle seguenti norme:
- articolo 10, comma 1, lettera b) (punto 4 del ricorso) - riguardante l’erogazione di contributi agli investimenti delle cooperative per la conduzione dei terreni, come emerso durante il tavolo tecnico del 20 ottobre 2015, i chiarimenti forniti dalla Regione hanno consentito una lettura orientata secondo legittimità della norma
- articolo 20, comma 1, lettera d), (punto 5 del ricorso) la norma è stata integrata dall’art. 3, comma 1, L.R. 4 maggio 2016, n. 6, richiamando il rispetto della normativa europea vigente.
- articolo 43, comma 1, (punto 6 del ricorso) riguardante il divieto generalizzato sul territorio reginale della coltivazione degli OGM, l’articolo è stato sostituito dall’art. 4, comma 1, L.R. 4 maggio 2016, n. 6, con un testo la cui formulazione è stata concordata con il Governo e che richiama i principi di precauzione posti dalla disciplina europea;
- articolo 46, (punto 7 del ricorso), la norma è stata modificata, come concordato, dall’art. 5, comma 1, L.R. 4 maggio 2016, n. 6, indicando correttamente il Ministero dell’Ambiente in luogo di quello della Salute per la comunicazione di talute informazioni sui prodotti agricoli.
- articolo 64, comma 1, lettera a), (punto 9 del ricorso) la norma è stata modificata, come concordato, dall’art. 7, comma 1, L.R. 4 maggio 2016, n. 6, richiamando il rispetto della normativa europea vigente;
- articolo 81, comma 3, lettere a), b), f) g) (punto 10 del ricorso) , le disposizioni, lette in combinato disposto con l'articolo 83, articolo modificato, come concordato, dall’ articolo 8, comma 1, L.R. 4 maggio 2016, n. 6, risulta meglio specificare in coerenza con le norme europee di riferimento, la disciplina degli aiuti alle cooperative agricole.

Pertanto, relativamente alle norme sopra richiamate, appaiono essere venuti meno i motivi del ricorso proposto innanzi alla Corte Costituzionale ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, e si propone quindi una ulteriore rinuncia parziale all'impugnazione della legge della Regione Umbria n. 12/2015 con riferimento agli articoli : 10, comma 1, lettera b), 20, comma 1, lettera d), art. 43, comma 1, art. 46, art. 64, comma 1, lettera a), art. 81, comma 3, lettere a), b), f) g).

Permane ancora valido il motivo di impugnativa di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri dell'11/6/2015, relativo all’articolo 48 della l.r. Umbria n. 12/2015.
11-6-2015 / Impugnata
“La legge regionale, che reca il Testo Unico in materia di Agricoltura , è censurabile relativamente alle disposizioni di seguito specificate, per i motivi sotto indicati.
Si premette che lo Statuto della Regione Umbria prevede, all’articolo 40, che :<2. Nel termine assegnato dalla legge la Giunta presenta all'Assemblea il progetto di testo unico delle disposizioni di legge. Il progetto è sottoposto all'approvazione finale dell'Assemblea con sole dichiarazioni di voto.
3. Le proposte di legge tendenti a modificare gli atti legislativi oggetto di riordino e di semplificazione e presentate nel periodo prefissato per la predisposizione del progetto di testo unico, sono discusse ed approvate solo sotto forma di proposte di modifica della legge di autorizzazione.
4. Le disposizioni contenute nei testi unici possono essere abrogate solo con previsione espressa; la approvazione di deroghe, di modifiche e di integrazioni deve essere testuale e prevedere, previa verifica del coordinamento formale, l'inserimento delle nuove norme nel testo unico.
5. Nelle materie oggetto del testo unico legislativo, la Giunta, nel rispetto dei criteri di riordino e semplificazione fissati dalla legge e acquisito il parere favorevole della Commissione competente, approva il testo unico delle disposizioni regolamentari di esecuzione di quelle autorizzate e provvede alla redazione di un testo unico compilativo, con l'indicazione per ogni disposizione della relativa fonte, legislativa o regolamentare>>

Sulla legittimità di detta norma statutaria si è pronunciata la Corte Costituzionale con la sentenza n.378/2004, affermando che “Ben può uno statuto regionale prevedere uno speciale procedimento legislativo diretto soltanto ad operare sulla legislazione regionale vigente, a meri fini “di riordino e di semplificazione”. La stessa previsione di cui al terzo comma dell'art. 40, relativa al fatto che eventuali proposte di revisione sostanziale delle leggi oggetto del procedimento per la formazione del testo unico, che siano presentate nel periodo previsto per l'espletamento dell'incarico dato alla Giunta, debbano necessariamente tradursi in apposita modifica della legge di autorizzazione alla redazione del testo unico, sta a confermare che ogni modifica sostanziale della legislazione da riunificare spetta alla legge regionale e che quindi la Giunta nella sua opera di predisposizione del testo unico non può andare oltre al mero riordino e alla semplificazione di quanto deliberato in sede legislativa dal Consiglio regionale” .

E’ fuor di dubbio dunque che la disposizione statutaria e la richiamata sentenza della Corte costituzionale, pur consentendo una particolare procedura per la redazione di testi unici a fini di riordino e semplificazione, presuppongono che le norme oggetto della raccolta siano costituzionalmente legittime e quindi rispettose sia del corretto assetto di competenze tra Stato e Regioni, sia della legislazione comunitaria che, ai sensi dell’articolo 117, comma 1 della Costituzione, vincola l’esercizio della potestà legislativa anche delle Regioni.

Pertanto il Testo Unico regionale, approvato dal’Assemblea regionale ai sensi della richiamata norma Statutaria e quindi con apposita votazione, seppure dopo un dibattito molto semplificato, soggiace al controllo di legittimità svolto dal Governo nell’esercizio del potere che l’art. 127, primo comma, Cost. gli riconosce , di impugnare di fronte alla corte Costituzionale le leggi regionali.

Sulla scorta di tali considerazioni, numerose norme contenute nella legge regionale in esame, recante “ Testo unico in materia di agricoltura”, ancorchè riproduttive di norme regionali contenute in precedenti leggi regionali, risultano impugnabili sia alla luce del mutato quadro normativo di riferimento, sia perché, come affermato da consolidata giurisprudenza costituzionale, l’omessa impugnazione, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, di precedenti norme analoghe “non ha alcun rilievo, dato che l’istituto dell’acquiescenza non è applicabile nel giudizio di legittimità costituzionale in via principale” (cfr. C.Cost . sent. n.139/2013) .

In particolare presentano profili di illegittimità costituzionale, per i motivi di seguito specificati, le seguenti disposizioni: art. 15, lettera a), art. 15 ed e), art. 9, comma 1, lettera a), art. 10, comma 1, lettera b), art. 20, comma 1, lettera d), art. 43, art. 46, art. 48, art. 64, comma 1 lettera a), art. 81, comma 3 lettere a), b), f) e g), art. 83, comma 1, lettere a), b), d) ed e), art. 83, comma 1, lettera c), art. 95, comma 2 e art. 127.

1 ) Articolo 15, lettera a): La norma in esame è diretta a disciplinare le modalità di riconoscimento delle c.d. “Organizzazioni dei produttori agricoli”, in attuazione del decreto legislativo 27 maggio 2005, n.102.Più precisamente, la disposizione attribuisce alla Giunta regionale il compito di stabilire i requisiti per il riconoscimento delle citate Organizzazioni, attraverso la definizione di tre parametri: «[i] i settori della produzione, [ii] la quantità minima di prodotto rappresentato e [iii] il numero minimo di soci, tale da garantire uno sviluppo coerente e sostenibile delle principali produzioni regionali».

- Con riferimento al requisito di cui al punto (i), concernente i c.d. “settori della produzione”, l’articolo 15, lettera a), della legge regionale in oggetto – nell’attribuire alla Giunta regionale la competenza all’individuazione degli stessi – si pone in contrasto con l’articolo 152, paragrafo 1, lettera a), del Regolamento (CE) 17 dicembre 2013 n. 1308/2013 (“Organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio”). Quest’ultima norma, infatti, statuisce che gli Stati membri possono riconoscere le organizzazioni in questione (solamente) qualora costituite da produttori «di un settore specifico elencato all'articolo 1, paragrafo 2» dello stesso Regolamento.E’ la normativa europea, pertanto, ad individuare direttamente ed in maniera precisa e dettagliata ventiquattro settori di produzione funzionali al riconoscimento delle Organizzazioni in esame, sottraendo così ogni discrezionalità ai singoli Stati membri.Ne consegue che l’articolo 15, lettera a), della legge regionale Umbria n. 12 del 2015, nella parte in cui attribuisce alla Giunta regionale una possibilità di scelta inibita dalla normativa europea, si pone in contrasto con l’articolo 117, primo comma, della Costituzione che impone al legislatore regionale di rispettare i vincoli posti dall’ordinamento comunitario.
- Per ciò che concerne, invece, i requisiti di cui ai punti (ii) e (iii), relativi alla definizione, da parte della Giunta regionale, della quantità minima di prodotto rappresentato e del numero minimo di soci necessari per il riconoscimento delle Organizzazioni dei produttori agricoli, la legge regionale si pone in contrasto con il combinato disposto dell’articolo 154, paragrafo 1, lettera b), del Regolamento n. 1308 del 2013 e dell’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 102 del 2005.
Il Regolamento citato statuisce che gli Stati possono riconoscere un’Organizzazione di produttori purché la stessa «abbia un numero minimo di membri o riunisca un volume o un valore minimo di produzione commercializzabile nella zona in cui opera, da stabilirsi dal rispettivo Stato membro» (articolo 154, paragrafo 1, lettera b)).
Sul punto il decreto legislativo n. 102 del 2005 dispone che «Ai fini del riconoscimento, le organizzazioni di produttori devono avere un numero minimo di produttori aderenti ed un volume minimo di produzione, conferita dagli associati, commercializzata stabiliti con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Fino alla data di entrata in vigore del predetto decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, ai fini del riconoscimento, le organizzazioni di produttori devono avere un numero minimo di cinque produttori aderenti ed un volume minimo di produzione, conferita dagli associati, commercializzata direttamente pari a 3 milioni di euro» (articolo 3, comma 3).
La norma nazionale appena citata, non attribuisce competenza alcuna alle Regioni ma, anche al fine di garantire uniforme applicazione del diritto europeo in Italia, attribuisce esclusivamente al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali il compito di individuare i menzionati parametri, sebbene previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Il coinvolgimento delle Regioni e delle Province autonome nella sede istituzionalmente competente, costituisce espressione del principio costituzionale di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo. Si tratta di un principio che permea il nostro sistema di regionalismo cooperativo e che, secondo la Corte costituzionale, «deve governare i rapporti fra lo Stato e le regioni nelle materie e in relazione alle attività in cui le rispettive competenze concorrano o si intersechino, imponendo un contemperamento dei rispettivi interessi (cfr. sentenza n. 341 del 1996). Tale regola, espressione del principio costituzionale fondamentale per cui la Repubblica, nella salvaguardia della sua unità, "riconosce e promuove le autonomie locali", alle cui esigenze "adegua i principi e i metodi della sua legislazione" (art. 5 Cost.), va al di là del mero riparto costituzionale delle competenze per materia, e opera dunque su tutto l'arco delle relazioni istituzionali fra Stato e regioni, senza che a tal proposito assuma rilievo diretto la distinzione fra competenze legislative esclusive, ripartite e integrative, o fra competenze amministrative proprie e delegate» (Corte costituzionale, sentenza n. 242 del 18 luglio 1997; si veda anche Corte costituzionale, sentenza n. 31 del 23 gennaio 2006).
Richiamando il necessario coinvolgimento delle Regioni e delle Province autonome nello stabilire il numero minimo di produttori ed il livello minimo di produzione, e quindi la necessità di rispettare il principio di leale cooperazione tra i diversi livelli di governo, l’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo citato intende ragionevolmente conciliare le prerogative delle regioni in materia di agricoltura con i concorrenti interessi e/o valori che tagliano trasversalmente la materia e che non sono riconducibili alla (esclusiva) competenza regionale.
Invero, la disciplina concernente il riconoscimento delle Organizzazioni dei produttori agricoli, incide anche su materie-valori di competenza statale quali, esemplificativamente, la “tutela della concorrenza” (articolo 117, comma 2, lettere e), della Costituzione) o la “tutela dell’ambiente” (articolo 117, comma 2, lettere s), della Costituzione).
Tale circostanza giustifica l’intervento del legislatore statale in una materia, quale quella dell’agricoltura, che riconducibile alla competenza legislativa residuale delle regioni.
Tra gli scopi istituzionali delle citate Organizzazioni, l’articolo 2, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 102 del 2005 inserisce quello di «promuovere pratiche colturali e tecniche di produzione rispettose dell'ambiente e del benessere degli animali, allo scopo di migliorare la qualità delle produzioni e l'igiene degli alimenti, di tutelare la qualità delle acque, dei suoli e del paesaggio e favorire la biodiversità». Si tratta, evidentemente, di una finalità che dimostra l’interferenza della disciplina in esame con la materia “tutela dell’ambiente”, di esclusiva competenza statale.
Il legislatore nazionale, pertanto, non solo è legittimamente intervenuto a disciplinare le Organizzazioni dei produttori agricoli attribuendo al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali il compito di individuare la quantità minima di prodotto ed il numero minimo di soci necessari per il riconoscimento delle stesse, ma, allo stesso tempo, tenendo in debito conto gli interessi regionali coinvolti, ha sancito la necessità del ricorso alla “previa intesa”, e quindi ad uno strumento attuativo del principio di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo coinvolti.
La norma regionale in oggetto viola tale principio poiché attribuisce alla competenza esclusiva della Giunta regionale il compito di individuare i menzionati requisiti di riconoscimento .
In un caso analogo, la Corte Costituzionale con sentenza n. 14 del 13 gennaio 2004 ha ascritto alla materia della tutela della concorrenza i sostegni finanziari che, in una programmazione economica, lo Stato aveva assegnato agli agricoltori. In particolare, dopo aver definito “aiuti di Stato” le misure di sostegno per il settore produttivo agricolo, la Corte ha concluso per la legittimità della previsione normativa contestata proprio richiamando la materia, di competenza esclusiva statale, della tutela della concorrenza, ovvero di garanzia di uguali chance per tutte le imprese ovunque allocate sul territorio nazionale. Ad avviso della Consulta, infatti, “le regole della concorrenza non sono quindi limitate all'attività sanzionatoria della trasgressione della normativa antitrust, ma comprendono anche il regime di aiuti, riguardanti sia il campo agricolo sia gli altri settori produttivi, sui quali l'azione della Comunità è sinora in larga parte intessuta”. D’altronde “la tutela della concorrenza, rende palese che quest'ultima costituisce una delle leve della politica economica statale e pertanto non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell'accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali”.
Alla luce di quanto sopra esposto, la seconda parte dell’articolo 15, lettera a), della legge regionale n. 12 del 2015, si pone in contrasto con gli articoli 5 e 117, comma secondo, lettere e) ed s) della Costituzione, con particolare riferimento al mancato rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, quale principio connaturato alla struttura stessa del regionalismo cooperativo.

2)Articolo 15, lettera e): Considerazioni analoghe a quelle sopra esposte, possono essere sviluppate per la disposizione contenuta all’articolo 15, lett. e), della legge regionale in oggetto che attribuisce alla Giunta regionale il compito di disciplinare il «controllo e la vigilanza sul mantenimento dei requisiti, nonché delle cause di decadenza e revoca e delle relative sanzioni».
La citata normativa regionale si pone in contrasto con l’articolo 4, comma 3, del decreto legislativo n. 102 del 2005. Tale norma, infatti, in ossequio al principio di leale collaborazione stabilisce che spetti non alle regioni ma al Ministro delle politiche agricole e forestali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano «definire le modalità per il controllo e per la vigilanza delle organizzazioni dei produttori, al fine di accertare il rispetto dei requisiti per il riconoscimento. “ Il decreto definisce altresì le modalità per la revoca del riconoscimento.
Anche in questo caso l’articolo 15, lettera e), della legge regionale Umbria n. 12 del 2015, si pone in contrasto con gli articoli 5 e 117, comma secondo, lettere e) ed s) della Costituzione, con particolare riferimento al mancato rispetto del principio di leale collaborazione.

3)Articolo 9, comma 1, lettera a): La norma esame, inserita nel Capo II, del Titolo III, della legge in oggetto, rubricato “Interventi di promozione e di sostegno a favore dello sviluppo della cooperazione nel settore agroalimentare”, statuisce che gli aiuti economici ivi previsti possono essere rivolti ad una pluralità di iniziative tra le quali si inserisce, alla lettera a), la «costituzione di nuove società cooperative con priorità per quelle costituite da giovani agricoltori di età non superiore ad anni quaranta».
Tale norma, nel limitare gli aiuti alla costituzione alle sole società cooperative, si pone in contrasto con l’articolo 19, paragrafo 2, del Regolamento (CE) 25 giugno 2014 n. 702/2014, rubricato «Regolamento della commissione che dichiara compatibili con il mercato interno, in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, alcune categorie di aiuti nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali e che abroga il regolamento della Commissione (CE) n. 1857/2006».
La disposizione sopra citata, infatti, prevede la possibilità per gli Stati di concedere aiuti all’avviamento, purché gli stessi siano destinati ad «associazioni o […] organizzazioni di produttori che sono state ufficialmente riconosciute dall'autorità competente dello Stato membro interessato sulla base della presentazione di un piano aziendale». La norma regionale, pertanto, nella parte in cui riconosce l’ammissibilità degli aiuti in questione alle sole società cooperative, escludendo in radice tutte le ulteriori tipologie di società ed imprese, introduce una irragionevole discriminazione tra i possibili destinatari degli aiuti in considerazione della mera forma giuridica assunta. Pertanto, la norma contrasta con l’articolo 19, paragrafo 2, del Regolamento sopra citato.
Ne consegue che l’articolo 9, comma 1, lettera a), della legge regionale Umbria n. 12 del 2015, viola l’articolo 117, primo comma, della Costituzione che impone al legislatore regionale di rispettare i vincoli posti dall’ordinamento comunitario.

4)Articolo 10, comma 1, lettera b: La disposizione contenuta all’articolo 10, comma 1, lettera b), primo capoverso, della legge regionale in oggetto prevede la possibilità di attribuire un contributo pubblico agli investimenti realizzati dalle sole «cooperative per la conduzione di terreni».
In questo caso emerge un contrasto della disposizione in esame con l’articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) rubricato “Aiuti concessi dagli Stati”. La normativa europea, infatti, stabilisce che «sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza» (articolo 107, comma 1).
L’articolo 10, comma 1, lettera b), primo capoverso della legge regionale in esame, limitando gli aiuti in questione alle sole «cooperative per la conduzione di terreni», determina un effetto distorsivo della libera concorrenza.
Ne consegue che l’articolo 10, comma 1, lettera b), primo capoverso, viola l’articolo 117, primo comma, della Costituzione che impone al legislatore regionale di rispettare i vincoli posti dall’ordinamento comunitario, oltre a risultare invasiva della ompetenza esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza.

5)Articolo 20, comma 1, lettera d): L’articolo in questione, rubricato “Aiuti alla ricerca” statuisce che la Regione favorisce l’offerta di ricerca e a tal fine concede finanziamenti, tra le altre cose, per: «la diffusione dei risultati della ricerca». La norma, nel concedere autonomo finanziamento alla diffusione dei risultati dell’attività di ricerca, si pone in contrasto con l’articolo 31, paragrafo 4, del Regolamento n. 702 del 2014 (“Aiuti alla ricerca e allo sviluppo nei settori agricolo e forestale”) nella parte in cui stabilisce che: «I risultati del progetto sovvenzionato sono messi a disposizione su Internet dalla data di conclusione del progetto o dalla data in cui le eventuali informazioni su tali risultati sono fornite ai membri di un particolare organismo, a seconda di cosa avvenga prima. I risultati restano a disposizione su Internet per un periodo di almeno cinque anni dalla data di conclusione del progetto sovvenzionato».
Dalla norma europea si evince che il finanziamento ricevuto per lo svolgimento dell’attività di ricerca deve coprire anche la diffusione via internet dei relativi risultati.
Pertanto, la previsione della Regione Umbria nella misura in cui autorizza autonomi finanziamenti per l’attività di diffusione dei risultati della ricerca, potrebbe dar luogo ad una sovracompensazione in quanto il medesimo costo deve considerarsi già incluso negli aiuti erogati per il finanziamento della ricerca.
Ne consegue che l’articolo 20, comma 1, lettera d), viola l’articolo 117, primo comma, della Costituzione che impone al legislatore regionale di rispettare i vincoli posti dall’ordinamento comunitario.

6)Articolo 43, comma 1: tale disposizione "Divieto di coltivazione di piante transgeniche" della legge in esame, al comma 1, dispone "1. Al fine di evitare perdite di reddito per le colture convenzionali e biologiche a seguito della commistione da colture transgenìche, in coerenza con le norme comunitarie vigenti in materia, è vietata la coltivazione in pieno campo, anche a fini sperimentali, su tutto il territorio regionale, di piante geneticamente modificate."
Va osservato che nell'ambito del vigente quadro normativo europeo, la possibilità di escludere la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) da vaste aree, al fine di evitare la presenza indesiderata in altri prodotti, è disciplinata dalla direttiva (UE)2015/432 dell'11 marzo 2015 che ha modificato l'articolo 26 bis della direttiva 2001/18/CE, inserendo anche gli articoli 26 ter e 26 quater che dettano una specifica procedura da seguire, stabilendo, inoltre, determinate misure transitorie per il periodo compreso tra il 2 aprile 2015 e il 3 ottobre 2015.
Risulta, pertanto, precluso a una regione, dopo il 2 aprile 2015, poter escludere dal territorio regionale la coltivazione di organismi geneticamente modificati, utilizzando un provvedimento normativo che non sia coerente con lo specifico procedimento previsto dalla citata normativa europea che prevede un imprescindibile coinvolgimento della Commissione europea.
Per tale motivo l’articolo 43, comma 1, della legge regionale Umbria n. 12 del 2015, viola l’articolo 117, primo comma, della Costituzione che impone al legislatore regionale di rispettare i vincoli posti dall’ordinamento comunitario.

7)Articolo 46: La disposizione contenuta nell’articolo 46 "Ricerca" della legge regionale prevede:
“1. La Regione riconosce titolo preferenziale alle ricerche finalizzate alla diversificazione dei sistemi agrari e a quelle volte alla individuazione, valorizzazione e tutela delle risorse geneticamente autoctone nonchè alla relativa creazione varietale basata su genotipi locali, tradizionali di interesse agrario.
2.Sono escluse dalla erogazione di finanziamenti regionali le ricerche che utilizzano tecniche di manipolazione genetica.
3.Le emissioni deliberate autorizzate dal Ministero della sanita ai sensi della direttiva comunitaria vigente potranno essere effettuate esclusivarnente nelle zone non contemplate dal presente Capo.".
In merito a tale disposizione, va precisato che l'autorità nazionale competente per quanto riguarda le autorizzazioni all'emissione deliberata nell'arnbiente di OGM per qualsiasi fine diverso dall'immissione in commercio, ovvero per scopi sperimentali, è il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare, secondo la procedura prevista dal Titolo II del d.lgs. 8 luglio 2003, n. 224. Il Ministero della Salute è autorità nazionale competente ai sensi del d. lgs. 12 aprile 2001, n. 206, per quanto riguarda l'attuazione della direttiva 98/81/CE concernente l'impiego confinato di rnicroorganisrni geneticarnente moditicati.
Considerato, quindi, che le disposizioni regionali in esame non appaiono conformi alla vigente normativa europea in materia di coesistenza tra coltivazioni di OGM e quelle convenzionali e biologiche, si ritiene che l’articolo 46 viola l’articolo 117, primo comma, della Costituzione che impone al legislatore regionale di rispettare i vincoli posti dall’ordinamento comunitario.

8) Articolo 48: la disposizione contenuta nell’articolo 48 "Ristorazione collettiva" della legge regionale prevede che “nei servizi di ristorazione collettiva di asili, scuole, università, ospedali, luoghi di cura, gestiti da enti pubblici o da soggetti privati convenzionati, è vietata la somministrazione di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati.”. Il comma 2 fa carico ai soggetti gestori dei predetti servizi, di verificare, attraverso dichiarazione del fornitore, l'assenza di organismi geneticamente modificati o di prodotti da essi derivati negli alimenti somministrati, comunque provenienti da produzioni segregate prive di organismi geneticamente modificati.
Tale disposizione si configura come costituzionalmente illegittima perché, in base al regolamento CE n. 1829/2003, è da ritenersi preclusa, per la Regione, la possibilità di vietare a livello regionale la somministrazione di prodotti contenenti OGM, il cui uso sia stato consentito da un’autorizzazione europea.
Ne consegue che l’articolo 48, della legge regionale Umbria n. 12 del 2015, viola l’articolo 117, primo comma, della Costituzione che impone al legislatore regionale di rispettare i vincoli posti dall’ordinamento comunitario.

9)Articolo 64, comma 1, lettera a): L’articolo in esame, inserito nel Capo rubricato “Incentivazione degli ammendanti ai fini della tutela della qualità dei suoli agricoli”, statuisce che «sono concessi contributi economici per: a) l’acquisto e l’uso di ammendanti compostati e/o letame sino ad un massimo di ottanta euro per ettaro per anno, per un periodo di cinque anni; […]».
Al riguardo, nel precisare che gli ammendanti sono quei fertilizzanti che migliorano le caratteristiche fisiche del suolo, va rilevato che la norma sopra citata si pone in contrasto in contrasto con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE nella misura in cui stabilisce che: «Possono considerarsi compatibili con il mercato interno: […] c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche».
Costituisce, infatti, principio generale in materia di ammissibilità degli aiuti di Stato, quello per cui gli stessi possono essere concessi esclusivamente per finanziare investimenti con effetti incentivanti sulla produzione. Tali aiuti, invece, sono esclusi per le c.d. spese di funzionamento, tra le quali rientrano le spese per l’utilizzo di ammendanti al terreno agricolo.
In questo senso può citarsi il considerando n. 38 del Regolamento n. 702 del 2014 secondo il quale: «Ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato, gli aiuti non dovrebbero avere come unico effetto la riduzione, in maniera continuativa o periodica, dei costi di esercizio che il beneficiario dovrebbe normalmente sostenere e dovrebbero essere proporzionati agli svantaggi da superare per conseguire i benefici socioeconomici auspicati nell'interesse dell'Unione. Gli aiuti di Stato unilaterali intesi meramente a migliorare la situazione finanziaria dei produttori senza contribuire in alcun modo allo sviluppo del settore e, in particolare, gli aiuti concessi esclusivamente sulla base del prezzo, della quantità, dell'unità di produzione o dell'unità dei mezzi di produzione dovrebbero essere considerati aiuti al funzionamento, incompatibili con il mercato interno. Se concessi nel settore agricolo, tali aiuti potrebbero inoltre interferire con i meccanismi delle organizzazioni comuni di mercato. È pertanto opportuno limitare il campo di applicazione del presente regolamento a determinate tipologie di aiuto».
Ne consegue che l’articolo 64, comma 1, lettera a), della legge regionale Umbria n. 12 del 2015, viola l’articolo 117, primo comma, della Costituzione che impone al legislatore regionale di rispettare i vincoli posti dall’ordinamento comunitario.

10)Articolo 81, comma 3, lettere a), b), f) e g); articolo 83, comma 1, lettere a), b), d) ed e):
Gli articoli citati, inseriti nel Capo rubricato “Interventi a favore degli allevatori per fronteggiare eventuali danni correlati all’epidemia della febbre catarrale dei ruminanti (blue-tongue)”, stabiliscono che, in caso di epidemia di c.d. blue-tongue, la Regione Umbria può erogare aiuti agli allevatori (anche) al fine di coprire taluni danni (quali (i) la morte, (ii) gli aborti tardivi, (iii) la riduzione della natalità e (iv) la riduzione della produzione lattea) derivanti non dalla malattia in sé ma dalla vaccinazione obbligatoriamente imposta come conseguenza del diffondersi della stessa epidemia.
Così strutturate tali disposizioni contrastano con il Regolamento (CE) 25 giugno 2014 n. 702/2014 che, all’articolo 26, paragrafi 7 e 8, nel disciplinare gli “Aiuti destinati a indennizzare i costi della prevenzione, del controllo e dell'eradicazione di epizoozie e organismi nocivi ai vegetali e aiuti destinati a ovviare ai danni causate da epizoozie e organismi nocivi ai vegetali” stabilisce, ai paragrafi 7 ed 8, che:
«7. Nel caso delle misure di prevenzione, gli aiuti finanziano i seguenti costi ammissibili:
a) controlli sanitari;
b) analisi, compresa la diagnostica in vitro;
c) test e altre indagini, compresi i test TSE e BSE;
d) acquisto, stoccaggio, somministrazione e distribuzione di vaccini, medicine, sostanze per il trattamento degli animali e prodotti fitosanitari;
e) abbattimento o soppressione preventivi degli animali o distruzione dei prodotti di origine animale e delle piante nonché pulizia e disinfezione dell'azienda e delle attrezzature.
8. Nel caso delle misure di controllo ed eradicazione, gli aiuti finanziano i seguenti costi ammissibili:
a) test e altre indagini in caso di epizoozie, compresi i test TSE e BSE;
b) acquisto, stoccaggio, somministrazione e distribuzione di vaccini, medicine, sostanze per il trattamento degli animali e prodotti fitosanitari;
c) abbattimento o soppressione e distruzione degli animali e distruzione dei prodotti ad essi collegati o distruzione di piante, comprese quelle morte o distrutte a seguito di vaccini o altre misure imposte dalle autorità competenti nonché pulizia e disinfezione dell'azienda e delle attrezzature».
La norma comunitaria dispone l’ammissibilità di aiuti pubblici solo qualora diretti a finanziare i costi direttamente connessi alle epizoozie, compresa l’esecuzione delle vaccinazioni, ma non i costi volti a compensare i danni che sono conseguenza non della malattia in sé ma della vaccinazione stessa, come invece previsto dalla legge regionale in oggetto.
Ne consegue che l’articolo 81, comma 3, lettere a), b), f) e g) e l’articolo 83, comma 1, lettere a), b), d) ed e) della legge regionale Umbria 9 aprile 2015, n. 12, violano con l’articolo 117, primo comma, della Costituzione che impone al legislatore regionale di rispettare i vincoli posti dall’ordinamento comunitario.

11)Articolo 83, comma 1, lettera c): La norma in esame, relativa alla “misura degli aiuti” in caso di epidemia di c.d. blue-tongue, dispone che nel caso di costi connessi allo smaltimento delle carcasse l’indennizzo può essere concesso «nella misura dell’ottanta per cento della spesa effettivamente sostenuta».
Tuttavia, al riguardo, il Regolamento (CE) n. 702 del 2014 statuisce che gli aiuti per la distruzione dei capi morti non possono eccedere il 75 per cento dei costi sostenuti (articolo 27, comma 1, lettera c)).
Ne consegue che l’articolo 83, comma 1, lettera c) della legge regionale Umbria 9 aprile 2015, n. 12, si pone in contrasto con l’articolo 117, primo comma, della Costituzione che impone al legislatore regionale di rispettare i vincoli posti dall’ordinamento comunitario.

12) Articolo 95, comma 2: L’articolo in questione relativo agli aiuti concessi in materia di apicoltura e rubricato “Concessione finanziamenti e intensità dell’aiuto” statuisce, al comma 2, che «Per gli interventi di cui al comma 1 lettera a) [investimenti immobiliari e mobiliari] è concesso un contributo fino al cinquanta per cento della spesa ammissibile».
La norma in esame, nel riconoscere un contributo pubblico per gli investimenti immobiliari e mobiliari pari al cinquanta per cento della spesa, contrasta con l’articolo 14, paragrafo 9, lettera d), del Regolamento n. 702 del 2014 nella parte in cui stabilisce che: «L'intensità di aiuto è limitata al:
a) 75% dell'importo dei costi ammissibili nelle regioni ultraperiferiche;
b) 75% dell'importo dei costi ammissibili nelle isole minori del Mar Egeo;
c) 50% dell'importo dei costi ammissibili nelle regioni meno sviluppate e in tutte le regioni il cui PIL pro capite nel periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013 è stato inferiore al 75% della media dell'UE-25 per il periodo di riferimento, ma superiore al 75% della media del PIL dell'UE-27;
d) 40% dell'importo dei costi ammissibili nelle altre regioni».
Invero la Regione Umbria, sulla base dei parametri economici indicati, rientra nella categoria di cui alla lettera d) e, pertanto, l’intensità dell’aiuto non può superare il limite del quaranta per cento dei costi ammissibili.
Ne consegue che l’articolo 95, comma 2, della legge regionale Umbria n. 12 del 2015, viola l’articolo 117, primo comma, della Costituzione che impone al legislatore regionale di rispettare i vincoli posti dall’ordinamento comunitario.

13)articolo 127: La disposizione, in materia di raccolta di funghi , contenuta all'art. 127 prevede che i cittadini non residenti nel territorio della Regione (ad esclusione dei residenti all'estero, iscritti nelle liste elettorali di un qualsiasi comune della Regione) sono autorizzati alla raccolta dei funghi solo a fronte del pagamento di un contributo, di euro 50,00, dovuto per le spese sostenute nell'esercizio delle funzioni amministrative.
Detta forma di imposizione, in quanto dovuta per il rilascio dell'autorizzazione alla raccolta dei funghi, appare sostanzialmente riconducibile alla tassa di concessione regionale, quale tributo proprio delle regioni ai sensi dell'art. 8, primo comma, del decreto legislativo n. 68 del 2011. (Norme in materia di federalismo regionale). La circostanza che il pagamento di tale tassa sia imposto esclusivamente ai cittadini non residenti nel territorio della regione Umbria (e quindi a soggetti provenienti da altre regioni), determina effetti discriminatori nei confronti di tali contribuenti. La previsione, pertanto, si pone in contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione.

Per tutti i motivi esposti le norme regionali sopra indicate devono essere impugnate ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione.

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